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Autore: Glance    14/10/2009    6 recensioni
Gli eventi entrano nella nostra vita prepotenti cambiandola alle volte in maniera sconvolgente. La guerra è uno di questi, dove la dimensione della realtà viene distorta dando a tutto una veste irreale come se si guardasse attraverso una lente. Si perde di vista il senso di tutto,si riesce a fare a meno di quello che prima era necessario con una sorta di fatalismo che da al tempo un ritmo nuovo inaspettatamente sconosciuto. Nessuno conosce il proprio futuro. Il destino, avidamente cela i suoi disegni e nel suo gioco di numeri interseca rette. A noi è concessa l’aspettativa di grandi cose migliori certamente di quelle che abbiamo. Alcuni dicono che nulla è scritto e siamo noi a determinare il futuro con le nostre azioni. Il tempo che passa non sa lenire le ferite che continuano a sanguinare anche se pudicamente si tenta di tenerle nascoste. Occhi attenti sanno scrutare il dolore che l’anima cerca di celare. Succede però che anche nel buio più profondo si accenda all’improvviso una luce e una mano si tenda in aiuto. Allora, che le parole sgorgano spontanee bagnandosi di lacrime che si credeva perdute per sempre nell’indurimento di un cuore a cui si era rinunciato perché il dolore era troppo grande da sopportare. Siamo l’ineluttabilità del tempo che passa e lascia dietro di se una scia di momenti , istanti che non sempre riusciamo a fotografare , ma che sono la parte più preziosa la dimensione che quasi mai assaporiamo perché il resto ci travolge con l’enormità dei suoi avvenimenti. Eppure gli attimi che fuggono non ci abbandonano mai salutandoci da lontano, passano tra un battito di ciglia e del nostro cuore. Giorno dopo giorno nella somma di istanti che fanno la vita. Un mondo minuscolo che da senso alla nostra esistenza. Fatto di piccole cose che condividiamo con chi incontriamo sul nostro cammino e a cui chiediamo aiuto per ricordare. In questa storia i personaggi sono tutti umani pur mantenendo i loro caratteri ad eccezioni dei loro poteri e sono presi in prestito dalla superlativa Stephenie Meyer a cui va ogni esclusiva e diritto. Siamo nel 1918 mentre in Europa imperversa la Prima Guerra Mondiale. Bella è invitata al fidanzamento della sua migliore amica non che vicina di casa e compagna di scuola: Alice Masen. Ci saranno tutti i personaggi Edward in primo piano ed anche quelli solo accennati nei libri o marginali che comunque ricopriranno dei ruoli diversi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Quella mattina la nebbia aveva dato una tregua al nostro campo di volo.
Sarebbe stata una ricognizione come tante. Routine: ero abituato. Quella notte l’avevo sognata: mia moglie. Non potevo credere di poter considerare Bella parte di me per la vita.
Il sogno era stato vivido e reale, tanto che al risveglio mi ero meravigliato di non trovarla lì accanto a me. Per qualche minuto avevo faticato a capire dove mi trovassi ero sicuro di essere a casa, con lei al mio fianco nel nostro letto. Potevo ancora avvertire il suo calore accanto a me.
Era stata dura realizzare che si era trattato solo di un sogno.
La convalescenza era passata velocemente. Il braccio era guarito più in fretta di quanto sperassi.
Mi ero alzato facendo attenzione a non svegliare il mio compagno di stanza.
Ero rientrato da qualche tempo e il viaggio a casa sembrava aver acquistato contorni nebulosi.
Pur avendo riabbracciato tutti loro e fatto la conoscenza dell’ultimo arrivato in famiglia, sembravano essere passati decenni dal mio rientro alla base.
Mi vestii indossando il pesante giubbotto di volo con cui avevo coperto Bella la sera del mio arrivo a casa, potevo distinguere chiaramente ancora la sua fragranza.
Ero intento a contemplare la sua immagine nel ritratto che avevo portato con me.
Non finivo mai di stupirmi di quanto fosse bella.
Vicino a lei mi sentivo sempre come un assetato nel deserto e Bella era la sola acqua che poteva soddisfare la mia sete.
Lei mi appagava totalmente.
Con Bella era facile parlare, le sue affermazioni non erano mai lasciate al caso. Era sensibile e dotata di una dolcezza disarmante.
Fisicamente non eravamo altro che le metà di un unico intero.
Tutto di noi combaciava in maniera perfetta. Corpo, mente, anima.
Non eravamo altro che l’uno il completamento dell’altra.
L’amore con lei era una continua scoperta, ogni volta nuovo e sorprendente.
Adoravo rimare a contemplare il suo viso, l’espressione e la luce che il suo sguardo assumeva tale da far sembrare diverso anche il colore dei suoi occhi.
Sembrava impossibile come in così poco tempo fosse cambiata trasformandosi da piccolo e tenero bocciolo in uno splendido fiore.
L’avevo osservata in quei giorni la creatura magnifica che avevo riabbracciato aveva lasciato andare la ragazzina timida e impacciata e al suo posto i miei occhi potevano osservare la donna magnifica che era diventata.
Ogni gesto, ogni parola non facevano che mettere in risalto il suo fascino e quel suo modo del tutto inconsapevole di possederlo.
Ero completamente immerso nei miei pensieri, quando un attendente, mi pregò di raggiungere il maggiore Connor nel suo ufficio.
A malincuore abbandonai l’immagine di Bella e mi diressi verso gli alloggi comando.
Annodai il foulard di seta e mi avviai.
Giunto davanti alla porta bussai.
La voce del maggiore risuonò decisa.
- Avanti!- Entrai e fermandomi davanti alla scrivania salutai scattando sull’attenti.
- Riposo capitano. Prego, sedete.- Mi invitò a prendere posto di fronte a lui.
- Bene capitano Masen.- Disse in tono pacato.- So che questa mattina siete in ricognizione.- Allungai la mano per prendere una delle sigarette che mi offriva dal suo porta sigarette.
- Si signore.- Risposi.- Mi guardò.
- Questa mattina porterete un passeggero con voi.- Lo guardai interdetto.
- So capitano che non siete propenso a portare passeggeri sul vostro aereo, ma devo chiedervi di fare un’ eccezione. Vi aspetta sulla pista.- Non era usuale come procedura e il mio sguardo dovette essere eloquente per il mio comandante.
- Capitano l’ospedale da campo ha subito un attacco mentre eravate via e gran parte del personale è rimasto ucciso o ferito. Stanno aspettando di sostituirli. E’ un infermiere e spetta a voi accompagnarlo lo lascerete al campo dove farete rifornimento, lì poi non sarà più un vostro problema.- Mi alzai e salutando mi congedai. Prima di raggiungere il mio aereo passai a prendere un caffè dovevo essere ben sveglio.
Raggiunsi il campo di volo e scambiai qualche informazione con il mio meccanico.
Mentre aspettavo per prendere posto sul mio velivolo venni raggiunto da qualcuno che all’inizio non riconobbi. Solo quando mi tese la mano mi resi conto che si trattava di Jacob il figlio di Billy.
- Cosa ci fai tu qui?- Domandai.
- Cerco di rendermi utile.- Sorrise.
- Sei l’ultima persona che pensavo d’incontrare.- Mi strinse la mano.
- Io invece speravo d’incontrarvi capitano.- Era proprio Jacob, il ragazzino timido e taciturno che ricordavo sempre per mano a Billy.
- Da quanto tempo sei qui?- Quando Bella mi aveva raccontato di cosa avevano condiviso insieme ero stato geloso di Jacob, gli ero riconoscente per averla aiutata, ma il fatto che qualcuno che non fossi io condividesse tempo ed esperienze con mia moglie mi irritava. Adesso però mi faceva piacere vederlo. Era solo Jacob non potevo continuare ad avercela con lui, ora che lo avevo davanti vedevo solo il bambino timido della mia infanzia.
- Sono arrivato qualche tempo prima del vostro rientro, ero nelle retrovie, ma adesso hanno bisogno di rimpiazzi in prima linea e vado a dare il mio aiuto.- Gli misi una mano sulla spalla.
- Bene, in bocca al lupo.- Gli feci cenno di salire eravamo pronti per il decollo.
Misi in moto e cominciai ad attraversare la pista prendendo man mano velocità.
Ci staccammo da terra senza difficoltà.
Il volo procedeva tranquillamente e il vento freddo mi sferzava il viso.
Ripensai al momento in cui avevo comunicato a Bella quello che facevo e come il suo viso si era contratto impercettibilmente. Mi aveva preso le mani e non aveva detto nulla. La sentii tremare e in quel momento mi odiai per averle dato quell’ennesima preoccupazione.
Ricordo che l’avevo abbracciata tenendola stretta. Era così incredibilmente delicata e fragile, ma al tempo stesso emanava un’energia e una forza che avvertivo chiaramente.
Stava lottando per noi, contro quelle avversità con tutte le sue forze e quei pensieri inespressi erano come una sorta di barriera che lei innalzava fra noi e la probabilità che potesse succedere l’irrimediabile. Se non gli dava voce non si sarebbero avverati.
Ero lì sospeso in quel cielo terso con negli occhi la sua immagine. Con il cuore che sembrava esplodere al solo ricordarla.
Con la mente ripetevo ogni parola di quello che ci eravamo detti prima di partire quando ad un tratto qualcosa mi colpì al collo che cominciò a bruciarmi.
Mi ero distratto tra quei pensieri e non mi ero accorto dell'aereo nemico: stava sparando.
Riuscii a reagire e rispondere al fuoco. Il combattimento fu breve, ma per me impegnativo. Ebbi la meglio, ma il dolore al collo non mi lasciava respirare e la vista si annebbiava.
Per tutto il tempo avevo sentito una stretta salda, la mano di Jacob, sulla ferita.
Stringeva per evitare che perdessi troppo sangue. Lo sentivo scivolare lungo la camicia.
I lembi del foulard di seta candida avevano assunto un colore rosso acceso. Sentivo venire meno le forze e la voce di Jacob continuare a dire di non mollare.
Con uno sforzo immane cercai di atterrare. Dovevo provare a salvare almeno lui.
Tra la nebbia della mia vista mi sembrò di distinguere uno spiazzo verde in mezzo agli alberi e mi diressi lì.
Percepii l’aereo toccare terra pesantemente e sobbalzare scivolando sull’erba. Poi tutto si ovattò e divenne indistinto e sembrò che il calore del mio corpo mi abbandonasse.
Ad un tratto fu solo buio e silenzio.




*************************




Non era stata una notte tranquilla la pioggia si era alternata alla neve, ma quando la mattina mi alzai il sole splendeva e una strana sensazione di tranquillità mi accompagnava.
Edward era ripartito e il vuoto che aveva lasciato in me si manifestava con quel freddo che non riuscivo a mitigare con nulla.
Era sempre così da quando lui era lontano.
Mi ero alzata e dopo essermi lavata e vestita mi accingevo a scendere per fare colazione ed andare a trovare Alice.
Avremmo passato la giornata insieme e poi saremmo andate con Jasper, che ancora non vedeva bene, dallo zio Carlisle per far medicare i suoi occhi e approfittato per salutare la zia e il piccolo Thomas.
Notai che la giornata era limpida e tersa come non succedeva da mesi. Prima di uscire dalla stanza decisi di aprire le finestre per far entrare un po’ di quel sole e sperai di poter godere del suo calore su di me.
Stavo uscendo quando qualcosa andò a battere contro la specchiera.
Mi voltai non riuscendo a capire cosa fosse successo. Qualcosa aveva colpito lo specchio, ma non vedevo nulla.
Quando avvicinandomi di più vidi un piccolo pettirosso privo di sensi sulla toletta.
Avevo il cuore che batteva all’impazzata e tremando cercai di prenderlo in mano per vedere se fosse ancora vivo.
Mi sentivo mancare il respiro.
- Fa che non sia morto.- Dissi in un filo di voce. Le mie mani percepirono il flebile battito di quel piccolo cuore.- Edward …- La mia voce si strozzò in un nodo che mi bloccò la gola.











Eccomi qui. Scusate il ritardo, ma gli impegni sono stati pressanti.
Non so se il capitolo sia all’altezza degli altri. Ho dovuto dividerlo postandone solo una parte, il resto lo sto ultimando, sperando di avere un po’ di tregua.
Siamo quasi alla fine di questa avventura e devo trovare il giusto ritmo per concludere il tutto senza dare un tono affrettato.
Quindi magari mi prenderò dei tempi un po’ più lunghi. Non me ne vogliate, ma desidero dare a questa storia, ai suoi personaggi e a tutte voi che avete seguito e commentato la giusta attenzione.
Come sempre ringrazio per i commenti:






arte


cloe cullen


samy88


frufru123


ginny89potter


darks


Tatydanza


beverlina


mine


midnightsummerdreams


free09


Shinalia




Leggere quel che pensate del mio modo di scrivere mi rende estremamente felice e vorrei essere in grado di non deludervi trovando un finale degno delle vostre aspettative, ma di per se i finali tolgono sempre qualcosa ad una storia. E’ pur sempre un ciclo che si conclude, che finisce, da cui ci si deve separare.
I miei sentiti ringraziamenti a chi ha seguito, preferito o semplicemente letto in maniera silenziosa. Felice di avere destato il vostro interesse.
Auguro a tutti una buona lettura e a presto.
  
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