[Ricordi
dei nostri giorni casuali insieme.
Giorni in cui affidavano le nostre vite
l’uno all’altra, quando brandivamo le nostre spade].
- Kurosaki
Ichigo, Fade to black Novel -
Entrusting our lives to
each other
Ero seduto accanto ad un letto bianco e tamburellavo nervosamente le
dita sul bracciolo della sedia, i denti stretti e lo sguardo ostentatamente
rivolto verso un punto imprecisato della parete. Accanto a me, Rukia riposava avvolta dalle coperte bianche, ferita ma
totalmente sveglia.
Percepivo i suoi occhi alteri ed acuti perforarmi la schiena con
insistenza.
Oltre la sottile superficie della porta d’ingresso, pazienti e membri
della quarta brigata vociavano e chiacchieravano. Un paio di volte mi parve addirittura
di sentire la voce di Hanatarou che, probabilmente
vittima di uno dei consueti scherzi, invocava pietà a chiunque gli capitasse a
tiro.
Fu un pesante sospiro di Rukia, rimasta fino ad allora in totale silenzio, ad interrompere quella mia
quieta contemplazione.
«Allora?» esordì, burbera, «si può sapere che
accidenti hai? Ti hanno fritto la lingua?».
Feci finta di ignorarla. Se non l’avessi fatto, probabilmente mi sarei
messo ad urlare. E non mi andava, -col cavolo se mi andava!- di passare nuovamente
per l’Ichigo stupido ed apprensivo che finiva per
mettersi a frignare come una sottospecie di genitore isterico.
[Lei non poteva sapere
perché. Che soltanto io non volevo che anche lei si rompesse si rompesse si rompesse].
«Ichigo?». Stavolta Rukia
sbuffò pericolosamente. «Ti decidi a considerare la mia esistenza oppure vuoi
ignorarmi per il resto della tua vita?».
Tsk, mormorai nella mia testa, come se potessi riuscirci.
Ero già dannatamente furioso con lei
per essersi lanciata in un incarico tanto pericoloso senza chiedere alcun aiuto
e con me per averle permesso di
farlo. E tanto per dirne un’altra, anche con quel gruppo di Arrancar ribelli
che aveva ben pensato di apparire a Karakura-cho in
piena notte per fare un po’ di baldoria, proprio mentre tutti noi stavamo
ancora tentando di riprenderci dalla recente battaglia nell’hueco
mundo.
«Ichi…»
«Che cavolo vuoi!?».
Gemetti. Alla fine non ero riuscito a controllarmi. Mi morsi la lingua e
voltai le spalle ad un’alquanto irata Rukia, che
richiamò la mia attenzione strattonandomi malamente per una manica dello shihakusho.
Quando mi voltai verso di lei, senza ben sapere se scusarmi o urlarle
contro, mi trovai davanti a quei suoi occhi blu cosi odiosamente incredibili ed
allora tutto il resto perse di significato.
Vidi solo me stesso, un me stesso confuso ed irato, riflesso in quelle
iridi celesti. Vidi gli occhi di Rukia, severi e
spalancati, incatenarmi con la loro sorprendente sincerità e fierezza. Era
arrabbiata, questo ebbi modo di constatarlo dalle sopracciglia lievemente
inarcate e ravvicinate e dal modo in cui contraeva i lineamenti tentando di
risultare composta, cosa che faceva ogni qualvolta tentasse di nascondere le
proprie emozioni.
«E va bene!», sbottai, sconfitto da quello sguardo. «Smetterò
di ignorarti. Contenta?».
«Felicissima, vostra Altezza!
Non sa quanto mi rallegra il fatto che lei voglia finalmente rivolgermi la
parola!». La sua voce suonava pericolosamente ironica. Fece un altro profondo
sospiro e tornò a guardarmi negli occhi, insolitamente seria. «Insomma, Ichigo… vuoi forse farmi credere che al mio posto avresti
agito diversamente?».
«M-ma… eri
ancora ferita e non potevi combattere liberamente! Avresti dovuto…».
«Senti chi parla!». Rukia quasi gridò,
stringendo le lenzuola nei piccoli pugni. «Mister impazienza non sono mai stato
ferito in vita mia!».
Mi alzai dalla sedia di scatto, avvicinandomi a lei più di quanto mi
fossi mai concesso. «T-tu, maledetta…!».
«Non… non dire altro».
M’immobilizzai. Rukia si era fatta improvvisamente
cupa, gli occhi bassi e le labbra strette e tremolanti.
«Non dire altro, tanto so cosa
pensi. Secondo te non sono abbastanza forte da cavarmela da sola ed ho
costantemente bisogno della tua protezione, non è cosi?». Non riuscii ad
ignorare la nota dura nelle sue parole. Mi guardò con occhi spalancati e
freddi, nei quali fui capace di scorgere un guizzo di emozioni che non riuscii
ad identificare. Insicurezza, rabbia?
Volevo spiegarle. Volevo spiegarle perché avessi un bisogno cosi
disperato di proteggerla, perché… perché non volevo che anche lei, come mia
madre, si rompesse.
[«Cosa
vuol dire che è morta, papà?». Ichigo lo sapeva da
se, semplicemente non riusciva a capacitarsene.
Isshin gli
aveva sorriso, compassionevole. «Vuol dire che la sua vita si è rotta, Ichigo».
«Ma
allora…». Il bambino era scattato in piedi ed aveva allargato le braccia,
animato dall’ultima, vana speranza dell’infanzia. «… allora possiamo aggiustarla, papà? Possiamo sempre aggiustare ciò che si
rompe, no?»
Ichigo ricordava
suo padre che lo guardava con occhi pieni di compassione e da quel giorno era
diventato adulto].
Scossi il capo con veemenza per scacciar via quei ricordi.
Rukia mi fissava, immobile e
smarrita a causa della mia improvvisa incertezza. Allungò una mano a stringermi
il polso e mi guardò negli occhi, nei quali vidi la rabbia sciogliersi
gradualmente e venir sostituita da un’ improvvisa e
tenera preoccupazione.
«I-Ichigo…?».
Mi lasciai guidare dalla mano di Rukia,
insolitamente delicata, finché non mi ritrovai seduto tra le lenzuola candide
accanto a lei. La guardai negli occhi, non scorgendovi alcuna traccia della
rabbia dimostrata nei miei confronti pochi istanti prima. A quel punto, fui
incapace di trattenermi.
Strinsi i pugni e mi preparai a trattenere l’ondata di dolore che, ne
ero certo, sarebbe arrivata.
«Quando mia madre morì…». La voce mi uscì simile ad un sussurro
isterico. «…lo sai, allora ero ancora un bambino.
Nonostante fossi in grado di vedere i fantasmi, non sapevo precisamente cosa
fosse la morte. Quando una persona moriva, per me… semplicemente scompariva e
si trasformava in una delle tante figure evanescenti che solo io riuscivo a
vedere». Rukia mi ascoltava, in totale silenzio. «Poi… anche mia madre morì. A quel punto, il bambino che ero
allora si chiese per la prima volta cosa fosse la morte. Lo vuoi sapere, Rukia, cosa mi rispose mio
padre?».
Lei fece un’impercettibile cenno d’assenso,
probabilmente consapevole del fatto che lasciarmi parlare fosse la cosa più
giusta da fare. Ed io proseguii, con una specie di risata amara che non era da
me.
«Mio padre mi disse che quando
qualcuno muore la sua vita si rompe. Finisce in pezzi, cosi. E noi non possiamo
più aggiustarla».
Un raggio di sole proveniente dalla finestra aperta attirò la mia
attenzione. Lentamente, mi sollevai dal letto e mi avvicinai ad essa,
appoggiandomi al davanzale riscaldato dal sole. Il calore mi si trasmise nelle
braccia fino al cuore, rendendomi conscio di quanto mi sentissi finalmente
libero in quell’istante, privo del peso delle parole appena rivelate.
Sentii Rukia avvicinarsi ancor prima di
voltarmi. Non sorrise né proferì parola, ma mi fissò con occhi duri ed accesi
nei quali vidi riflesso tutto ciò che avrebbe voluto dirmi. Bastò.
Senza staccare gli occhi dal sole che mi bruciava gli occhi fuori dalla
finestra, pronunciai le parole che da tempo covavo gelosamente dentro di me.
«Io non voglio che anche la tua vita si rompa, Rukia».
Vidi le sue dita tremare leggermente, ma non esitai. «Però…
sappi che se tu affidassi la tua vita a me, io farei di tutto per impedirlo, e
per proteggerla fino alla fine. Lo giuro».
Strinsi i pugni ed abbassai lo sguardo, incapace di credere di aver
davvero pronunciato quelle parole che da tempo mi premevano sul cuore. Forse Rukia si sarebbe infuriata, forse avrebbe riso di me, o
forse…
«…Va bene».
Strizzai gli occhi, incredulo. A pochi passi di
me, le labbra sottili di Rukia erano piegate in
qualcosa di incredibilmente simile ad un sorriso. «Ad
una condizione, però. Promettimi che, se io affido la mia vita a te, tu
affiderai la tua a me. Io la proteggerò fino alla morte, come tu proteggerai la
mia».
«…M…ma…».
Rukia aggrottò le sopracciglia
ed incrociò le braccia, severa. «E’ un patto, Ichigo. Ci stai?».
Feci finta di pensarci un attimo, dopodiché sospirai, sconfitto. «Ho
altra scelta?».
Ridendo, Rukia scosse il capo. «Nessuna».
Mi chiesi come fosse riuscita ancora una volta ad incastrarmi in quel
modo. Con un mezzo sorriso esasperato, mi voltai verso la finestra spalancata.
«Okay, okay», feci, fingendomi spazientito. «Ci
sto, va bene? Io proteggerò la tua vita e tu la mia, qualunque cosa succeda».
«E se dovessero
rompersi…», sussurrò allora Rukia, con un filo di
voce.
Sbuffai, un po’ divertito ed un po’ seccato da
quell’affermazione. Con gli occhi accesi della consueta e ritrovata risolutezza,
alzai la mano a schermarmi gli occhi dai raggi pungenti del sole. «Le
proteggeremo a vicenda», dichiarai.
Fuori,
oltre la finestra aperta, il sole splendeva allo zenit.
Angolo autrice:
Okay, ce
l’ho fatta. Ce l’ho fattaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaH
<3333. Prima di tutto, preciso che questa fanfic
partecipa al contest your THIRTY-ONE ICHIRUKI FICTIONS indetto
dal mio (stupendo, bellissimo eccetera) forum, il Death & Strawberry. La parola scelta è la
numero 23, Rotto. Non sono per niente certa di averla usata bene, ma
questo toccherà ad Hota stabilirlo.
Comunque!
*___*. Finalmente eccomi tornata a scrivere su questi due. Potevo non farlo,
dopo il capitolo di stamattina? Sto’ fangherlando
come una scema, credetemi *_______*. Ichigo e Rukia INSIEME nel manga, finalmente, dopo forse un anno
*______*.
Non so
se saltellare per casa o sforzarmi di finire questo spazio autore. E come al
solito sto’ divagando, perciò adesso mi tocca parlare della fanfic
>ò<.
Dunque dunque dunque. Non mi piace totalmente, ma è di certo la
cosa più decente che io abbia scritto da aprile fino ad adesso. Certamente
meglio delle due ultime Ichiruki pubblicate, per
intenderci =ççç=. Spero ti ritornare presto quella
che sfornava una fanfic al giorno ed aveva sempre
altre idee, davvero.
Anyway, parlando di quella che avete appena letto… non so
perché, ma mi piace l’idea della vita che si rompe quando qualcuno muore, ed Ichigo che vuole proteggere quella di Rukia
per evitarlo. L’idea mi è venuta da questa bellissima frase
della novel di Fade to Black, talmente Ichiruki da
trasudare zucchero da ogni pagina: “Ricordi
dei nostri giorni casuali insieme. Giorni in cui affidavano le nostre vite l’uno all’altra, quando
brandivamo le nostre spade”.
Non appena l’ho letta, ho detto “è leeeeei +____+”.
E adesso dopo mesi di pausa dovrei
come minimo scrivere qualcosa di decente in questo angolo autore, ma proprio
non ci riesco. Sono troppo in fanghèrl mode per il
capitolo, sapete >òòòò<. Spero che anche voi
possiate condividere la mia gioia *A*. E adesso
scappo, che devo proprio correre a rileggermi il capitolo ù___ù. Aspetto le
recensioni di Hota, B e YuaH
che devono valutare questa fanfic. Non spero di
vincere, ma almeno mi sono impegnata un po’ :sasa:
La cara Lu ♥