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Autore: hikari_kudo    16/10/2009    4 recensioni
"Avrebbe voluto, almeno una volta allungare una mano sul suo viso, accarezzarlo, vedere le sue guancie imporporare al suo tocco e poi scendere sui capelli, così morbidi e vellutati, biondi e lucenti come il grano"
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una fotografia.

Ecco cos’era rimasto ad Edward Elric della sua vita. Una stupida e insignificante foto, che in qualche modo si portava sempre appresso. E si vergognava di quel suo comportamento, ritenendolo stupido e sentimentale. Lui era un tipo che non si era mai abbandonato ai sentimentalismi. Prima di lui, prima dei suoi sentimenti o delle sue emozioni c’era sempre qualcun altro, perché la verità è che egli stesso non si riteneva troppo importante. In fondo si considerava più un mostro che un uomo di scienza. Che cos’era, in fondo, quella scienza? Quell’alchimia basata sullo scambio equivalente, che fin da piccolo l’aveva accompagnato? Era tutta la fonte dei suoi guai. Anche se, si poteva dire, lui era un guai vivente: era colpa sua se il fratello aveva perso il suo corpo, colpa sua se in tanti erano morti, colpa sua se erano finiti in quel mondo così diverso eppure simile al loro e era colpa sua se lei soffriva. Non riusciva a chiudere più occhio da allora, da quel giorno in cui l’aveva rivista: gli occhi blu cobalto erano luci, sul punto di piangere di nuovo, le gote arrossate e il viso incredibilmente felice. Era cresciuta, in così poco tempo era diventata ancora più bella. Era stata un’eresia dire più volte di non amarla. Non che l’avesse mai detto a voce altra, ma era sempre stato combattuto per questo e continuava a negarsi, a negare con tutte le sue forze quel sentimento, perché lui, Edward Elric, non poteva permetterselo. Avrebbe voluto, almeno una volta allungare una mano sul suo viso, accarezzarlo, vedere le sue guancie imporporare al suo tocco e poi scendere sui capelli, così morbidi e vellutati, biondi e lucenti come il grano. Ma lui non poteva.

Si ritrovava molto spesso a pensare della sua vita, della sua altra vita e a chiedersi cosa sarebbe successo se… se quel giorno non avesse tentato la trasmutazione umana… se non fossero diventati cani dell’esercito… se non avessero richiuso il portale. Quello stupido portale pensò la mia dannazione eterna.

Ma, d’altro canto, lui era destinato alla dannazione e l’aveva sempre saputo. Da mostro qual’era non poteva permettersi di ambire a qualcosa di meglio.

Quindi di tutta quella felicità sfumata, ambita, rincorsa… gli era rimasta solo una foto.

Li erano felici. Erano insieme. Erano giovani e ingenui.

Chiuse gli occhi, pensando che, forse, gli sarebbe piaciuto ritornare a quei tempi dove la sua unica preoccupazione era se bere o meno il latte.

Gli sarebbe piaciuto tornare a rimirare il cielo azzurro di Rasembool, come gli occhi della ragazza.

Ripose la fotografia con cura nel cassetto, ripromettensosi di smettere di fare lo stupido.

Dopotutto, quei sentimentalismi non erano da lui.

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Breve one-shot buttata giù per caso mentre riguardavo delle vecchie fotografie. Non è niente di che, ma… chissà, avevo voglia di scrive su Fullmetal Alchemist.

  
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