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Autore: Persychan    16/10/2009    6 recensioni
[Prima Guerra Mondiale]
Un unico sparo avrebbe ucciso quindici milioni di persone. Loro lo sapevano, ma non avrebbero mai fatto niente per fermare questa guerra: era nel loro sangue combattere.
I° classificata all'ottava edizione del Contest 2Weeks.
Genere: Guerra, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Germania/Ludwig, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Vargas, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: E un solo uomo.
Personaggi/Pairing: Francis Bonnefoy (Francia), Ludwig (Germania), Ivan Braginski (Russia), Feliciano Vargas (Nord Italia), Lovino Vargas (Sud Italia), Arthur Kirkland (Uk/Inghilterra), Roderich Edelstein (Austria) e Elizabeta Héderváry (Ungheria).
Genere: Storico, introspettivo.
Rating: verde. Gen
Avvertimenti: Nessuno.
Prompt: Il rumore dipende dal silenzio che lo precede. Più totale è il silenzio, più sconvolgente è il tuono. V For Vendetta
Note Autore: - teoricamente il primo incontro che abbiamo nella serie tra Germania e Italia è il famoso episodio della cassa di pomodori magica, ma, per motivi storici, ho dovuto far intendere che i due si siano quantomeno visti di sfuggita anche precedentemente. Nulla di importante, ma volevo specificarlo.
- Qui ci sono solo le note storiche più importanti – cioè quei fatti fondamentali per avere una più completa comprensione della fan fiction – i dettagli aggiuntivi sono sul fondo.
  - La fan fiction è ambientata allo scoppio della Prima Guerra Mondiale innescata dall’assassinio del Arciduca Francesco Ferdinando erede della corona Austroungarica (Attentato di Sarajevo).
  - Il trattato a cui fa riferimento Inghilterra è l’Entente Cordiale: accordo che costituì la base della Triplice Intesa sebbene, ufficialmente, il Regno Unito scenderà in guerra per via dell’invasione del Belgio, che era neutrale, da parte della Germania nel suo tentativo di raggiungere la Francia..
Betareader: Chris. Ebbene sì, questa fic è stata betata, a tempo di record oserei dire *-* Sono sinceramente convinta che la suddetta Chris possieda una giratempo perchè è umanamente impossibile fare un lavoro preciso e inquietantemente pignolo in così poco tempo.
- Nella prima versione pubblicata c'erano alcuni errori nelle note e alcune frasi che rileggendole ora a freddo non era particolarmente fluide, sono state apportate quindi piccole modifiche. Nulla di particolarmente visibile comunque.


E un solo uomo



Tre e tre, tre nell’osservare, tre nell’agire, due nel rumore, due nel silenzio e i restanti nel tuono, ma ne bastò uno solo per far cadere il loro castello.

Lo sapevano tutti che non sarebbe durata. Non erano in grado – o forse non lo erano gli uomini che li comandavano – di rendere eterno quel fragile frammento di tranquillità che stavano vivendo, ma in fondo, probabilmente, a nessuno di loro interessava prolungarlo ulteriormente: era nel loro animo combattere, come era parte di loro quel sogno insensato di grandezza che faceva ricoprire di sangue e cadaveri le loro terre.
Per ogni nazione, dall’impero più esteso alla più debole delle regioni, la pace non era che un casuale attimo di quiete in una moltitudine di battaglie la cui unica differenza non si celava nelle motivazioni – nessuno realmente credeva alle spiegazioni ufficiali, era il desiderio di conquista l’unica ragione – ma chi o cosa ne fossero la causa scatenante .
Sinceramente, però, nessuno avrebbe mai scommesso un singolo centesimo – un penny, un rublo, un franco, un marco, una corona o una lira – sul fatto che la scintilla di questa nuova e sanguinosa guerra sarebbe stato il piccolo e insignificante Serbia, ma, forse, era giusto che quell’instabile tregua, costruita su accordi ormai scomparsi e fragile come le ali di una libellula, venisse distrutta da un singolo sparo riecheggiante nel silenzio.


Il rumore dipende

Il freddo vento dell’Atlantico spalancò la finestra, che vibrò con un tintinnare feroce di vetri squarciando la quiete della stanza, mentre la luce rossastra del tramonto si rifletteva sulle gocce dell’imponente lampadario in una miriade di frammenti scarlatti.
Francia si alzò dalla poltrona di velluto abbandonando a terra il manoscritto che fino a pochi istanti prima stava leggendo: in quell’unico istante tutto era cambiato e quello era un diventato un tempo inadatto a simili attività.
Non sapeva esattamente perché – ovviamente c’erano piani, alleanze e mire di conquista, ma era tutto nel mondo della possibilità - eppure era certo che fosse così.
Raggiunse la finestra, che ancora sbatteva sulla cornice di legno, strattonando, quasi, la tenda che molesta gli impediva di sentire la violenza del vento sulla pelle e di vedere la sua bella Parigi che, brulicante e allo stesso tempo immobile nella sua eterna bellezza, appariva ai suoi occhi come una statua antica, simile a quelle del Louvre, levigata nel marmo.
Rabbrividì. L’idea di perdere o di rovinare quella magnificenza lo faceva tremare di un freddo che non credeva di conoscere, eppure, nello stesso medesimo istante, il sangue gli ribolliva nelle vene all’idea di quello che sarebbe avvenuto.
Francis non era mai stato un amante della guerra o della violenza, preferiva mille volte sfide di dominazione a battaglie di dominio, ma la passione, di qualunque tipo essa fosse - dall’irresponsabile follia di notte sensuale all’eterno desiderio di qualcosa di irraggiungibile - era parte di lui, qualcosa che scorreva nel suo corpo e ottenebrava la sua ragione come la migliore delle droghe e sfortunatamente per il suo popolo, per la sua bella Parigi e per la sua stessa esistenza, Francia non era mai stato in grado di negarsi nulla di quanto gli piacesse.

Tic. Tac.
Il tempo scorreva. Ludwig non aveva tempo.
Tic. Tac.
Lui aveva una guerra da preparare e due fronti possibili, se avesse potuto avrebbe cacciato a pedate quell’incompetente del suo capo per non aver rinnovato l’accordo con Russia – sconfiggere Francia da solo sarebbe stato molto più semplice e rapido – ma non ne possedeva l’autorità, doveva solo ubbidire e preparasi alla battaglia.
Esplosioni e clangore metallico.
Il suo esercito si stava addestrando a combattere, dovevano farlo se voleva vincere la battaglia che presto sarebbe scoppiata: doveva essere forte perché poteva contare solo su se stesso.
 Aveva degli alleati, ma riponeva ben poche speranze nei loro confronti: Austria non era mai stato un gran combattente, anche se Ungheria suppliva molto a questa sua mancanza, e Italia, nelle poche volte in cui si erano incontrati, gli era sembrato ancora meno capace.
Corresse la posizione di tiro di uno dei suoi uomini - perfezione e precisione, questo doveva essere il motto del suo esercito – e di nuovo il soldato sbagliò. Allora Germania imbracciò il fucile e, sentendo il freddo acciaio sotto le dita, sparò.
Il bersaglio rosso e bianco ondeggiò. Germania restituì l’arma al soldato, che
gli sorrise ammirato: centro perfetto.
“Così si fa, capito?”
“Sì, signore.”
“Lo spero.”
Poi se ne andò senza aggiungere altro - aveva così tanto da fare e non poteva permettersi di perdere del tempo prezioso – con l’odore della polvere da sparo ancora nella mente e il freddo del metallo sulle mani.
Dei guanti.
Tic. Tac.
Sì, aveva bisogno di un paio di guanti, di certo quelli sarebbero stati perfetti per reggere meglio il fucile.
Tic. Tac. Tic. Tac. Boom.
Dietro di lui il mondo esplodeva poco a poco.


dal silenzio che lo precede. Più totale è il silenzio,

Solo il suo respiro, nient’altro rompeva la quiete di quel luogo, soltanto lui e la steppa.
Stranamente non faceva freddo e anche se non era ancora estate già un tiepido calore graziava i suoi territori: Generale Inverno doveva essere molto felice per ritirare così in fretta il suo candido mantello e Ivan era certo di saperne la ragione.
Serbia era stato velocissimo a correre da lui alla ricerca di aiuto, piangendo e urlando che non era colpa sua, che non si poteva punire una nazione per il comportamento di un solo uomo, e Russia lo aveva consolato stringendoselo addosso, accarezzandone i capelli scuri e dicendogli che sì, se ne sarebbe occupato lui e che no, non avrebbe mai permesso che gli facessero del male, perché nessuno poteva ferire - tranne lui - i suoi alleati – i suoi giocattoli - e che il comportamento di Austria era una dichiarazione di guerra che non sarebbe rimasta senza conseguenze. E così, presto, la fame del Generale sarebbe stata placata con il sangue di quegli sciocchi che, sfidandolo, avrebbero trovato la morte nel suo freddo e sul suo suolo.
Affondò le dita nella terra – quella terra nera e fertile – sentendone, sotto i palmi, il calore. La chiamavano la gelida Russia, non conoscendone il grembo caldo che, nascosto sotto la neve, aspettava il trascorrere dei lunghi mesi invernali per ridare vita a quei territori che avrebbero permesso la sopravvivenza del suo popolo.
Chissà se un giorno anche lui avrebbe potuto fare lo stesso e sprofondare in quel tepore; magari allora, sopra il suo corpo, sarebbero cresciuti splendidi girasoli nutriti nel suo sangue, quegli stessi che non nascevano in nessun luogo che lui potesse raggiungere per via di un sole crudele che non rischiarava la sua terra.
Di certo sarebbero stati dei fiori meravigliosi, ma si sarebbe accontentato di quelli cresciuti dai cadaveri dei suoi nemici. Almeno per ora.

Feliciano spense il fornello girando per un’ultima volta il sugo prima di buttare nella padella la pasta appena scolata, poi sospirando si passò una mano sulla fronte e sciolse i lacci del grembiule, mentre il fratello, come richiamato da un segnale che solo lui poteva udire, si sedeva a tavola nel più completo e assoluto silenzio.
I tagliolini furono divisi in due piatti identici in porzioni altrettanto identiche: Nord Italia non voleva che, almeno in questo, ci fossero differenze tra loro due soprattutto perché litigare in un momento così delicato sarebbe stato oltre il livello di idiozia che si potevano permettere.
“Allora cosa intendi, anzi, intendiamo fare?”
Feliciano raccolse un tagliolino e lo girò sulla posata lasciando cadere una singola goccia di sugo di pomodoro sul biancore immacolato della ceramica, mentre, con la mano libera, si versava un bicchiere di vino, ben attento che la bottiglia non facesse rumore contro il calice, per poi portarsi alla bocca la forchettata masticando silenziosamente. In realtà, aveva fatto tutto silenziosamente.
“Non intenderai veramente schierarti al fianco di quei mangia patate, vero? Anche se Austria ha ancora alcuni dei nostri territori questo non vuol dire che dobbiamo allearci con lui, di certo trov- “
“La pasta è buona?”
A Lovino, in quel momento, non interessava minimamente cosa ci fosse o non ci fosse nel suo piatto, ma gli occhi del fratello lo scrutavano in quel modo speranzoso e infantile che conosceva terribilmente bene – gli bastava guardarsi allo specchio – da non lasciargli alcuna possibilità se non quella di rispondere affermativamente. Prese una forchettata di tagliolini e li assaggiò: erano buoni, come sempre.
“Sì, ottima.”
“Bene.”
Cadde il silenzio.
Non poteva più ribattere, ne riprendere l'argomento e non era così sciocco da non capire che Feliciano non intendeva rispondere a nessuna delle sue domande: per il momento a Nord Italia bastava sapere che la pasta fosse buona, come sempre.
Fuori solo il frinire delle cicale, mentre l’ora della siesta si avvicinava.
Per l’ora della scelta, invece, c’era ancora tempo.


più sconvolgente è il tuono.

Fuori pioveva .
Se fosse stato vero nessuno se ne sarebbe stupito: Londra era tristemente famosa per il suo clima. Peccato che non stesse realmente piovendo.
Inghilterra osservava le pesanti gocce – come rame fuso – scendere lungo i vetri della sua finestra picchiettando contro il tetto d’ardesia ma sapeva che nessun’altro poteva vederle. Era una cosa che gli capitava di continuo, da secoli, e, anche se nessun’altro notava cose simili, lui aveva imparato a fidarsi di quelle visioni.
Fuori, un urlo – simile ad un tuono della tempesta – ruppe il ritmico ticchettio della pioggia. Arthur versò un altro cucchiaino di zucchero nel the.
Banshee, banshee e ancora altre banshee, erano ore – giorni, settimane – che le loro grida si alzavano alte in quella pioggia invisibile e, sfortunatamente, lui conosceva abbastanza bene i miti per saperne il perché: preannunciavano morte, una morte violenta e senza via di scampo.
Una guerra.
In realtà non gli servivano le urla di quelle magnifiche e disperate donne per saperlo, gli bastava osservare l’accordo che giaceva abbandonato sul suo tavolo poco lontano dalla teiera: il fatto che lui e Francia si fossero alleati era già di per sé un sinonimo di sventura.
Se qualcuno gli avesse detto pochi anni prima che un giorno sarebbe finito con il riappacificarsi – più o meno, escludendo i tentativi di palpeggio di Francis – con il suo rivale di sempre avrebbe di certo maledetto quello sciocco e tutti suoi discendenti fino alla centesima generazione, ma alla fine anche le cose più improbabili potevano accadere, si trattava solo di una questione di scelte e lui aveva soltanto scelto il male minore: quantomeno era in grado di trattare con quel maniaco di Francia - aveva secoli di esperienza alle spalle.
Un lampo squarciò il silenzio, mentre un altro urlo si levava alto e l’ennesimo cucchiaino di zucchero finiva nell’ormai gelido the.
Il tuono, però, non arrivò mai: era troppo lontano, era al di là di troppe montagne e mari. Era in Serbia.


Note cupe rimbombavano in ogni angolo della villa, con una forza e violenza più simili al marciare dei soldati che alle melodie che Ungheria sapeva bene potevano produrre quelle dita lunghe e bianchissime.
La musica, con i suoi tono bassi e lugubri, risuonava in ogni stanza, aggrappandosi ai muri come un mostro dai ricurvi artigli contro cui lei, per quanto coraggiosa e fiera, non era in grado di fare niente: quello non era un drago che poteva battere con il metallo della sua arma, era un demone che veniva dal profondo dell’animo del suo – amato - padrone Austria.
Elizabeta si strinse la stoffa della gonna tra le mani senza osare muovere un passo o proferire una singola parola. Non che avesse paura – lei, cresciuta tra gli orrori di una guerra santa come i cuori neri degli uomini che la combattevano non aveva mai avuto paura – ma, in quel momento, Roderich le pareva tremendamente fragile, come se si potesse rompere al suo minimo movimento.
Austria non era mai stato una persona debole – altrimenti non le sarebbe mai piaciuto - semplicemente non amava la guerra. Era lei solitamente ad occuparsi delle incombenze militari, e vederlo lì, curvo sopra i tasti bianchi e neri del pianoforte, con gli occhi chiusi e sofferenti, i capelli disordinati sulla fronte madida di sudore e le dita rapide nel muoversi simili a ragni impazziti sopra la tastiera, non faceva che aumentare il suo desiderio di battaglia e di sangue.
Mentre le note della Totentanz si inseguivano ordinate, Ungheria ne sentì una sola – una chimera sonora – riecheggiare dissonante per un’ultima volta nella stanza, e non potè fare a meno di trovarla somigliante a quell’unico colpo che aveva ucciso l’erede al trono.
Che avrebbe ucciso quindici milioni di persone.




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Appunti extra.
Note su Francia: Parigi rischierà anche in questa guerra di venir conquistata dalla Germania, cosa che poi gli riuscirà durante la Seconda.
Note su Germania: in precedenza la Russia e la Germania avevano firmato un accordo ( il trattato di controassicurazione) che assicurava la neutralità di uno dei due firmatari in caso di attacco da una terza potenza. Al congedo di Bismarck, l’imperatore Guglielmo II non rinnovò il trattato permettendo così alla Francia di stipularne uno con la Russia attuando così uno dei primi passi per la creazione della Triplice Intesa.
- Ok, questa cosa dei guanti è un mio kink, ma, insomma, nessuno ha mai notato che li porta sempre?
Note su Russia: anche se sarà poi effettivamente la Germania a dichiarare per primo guerra alla Russia, questa aveva già mostrato le sue intenzioni bellicose quando, all’ultimatum austriaco nei confronti della Serbia, le sue truppe di riserva furono spostate sul confine.
- La steppa è una delle terre più fertili esistenti al mondo, ha un colore molto scuro, quasi nero, ed è solo grazie a questa sua grande produttività che è possibile l’agricoltura in territori come quelli russi.
Note su Italia: l’Italia – unita ci terrei a ricordare – si dirà neutrale poiché la Triplice Alleanza era un patto di natura difensiva ed era stata la Germania ad attaccare per prima. Entrerà in guerra solo un anno dopo alleata con la Triplice Intesa con lo scopo di riprendersi i territori italiani sotto il dominio austriaco.
Note su Inghilterra: le Banshee sono tipiche della mitologia irlandese e scozzese e non inglese, ma in fondo Arthur rappresenta l’intero Regno Unito quindi l’utilizzo di questa creatura mitica è teoricamente corretto.
Note su Austria: il brano che Roderich suona esiste davvero ed è di un compositore ungherese Franz Liszt. Per ascoltarlo qui



Ok, io non ci credo ancora - sono esaltata come una marmotta in calore - ma, a quanto pare, sono arrivata prima all'ottava edizione del Contest 2Weeks organizzato da Kurenai. No, non credo proprio che mi riprenderò da questa notizia in tempo utile.

1^ Classificata - E un solo uomo di Persychan
Originalità 9 su 10: Sono poche le fic che trattano di quel periodo storico - diciamo che molte si soffermano soprattutto sulla seconda guerra mondiale o, addirittura, neanche utilizzano dei background storici - quindi l’ho trovata veramente originale. Mi è piaciuta.
IC dei Personaggi 9 su 10: Pochi dialoghi più parti descrittive dei vari personaggi che, sinceramente, ho trovato nei loro caratteri in ogni piccola cosa che hai mostrato. Ottimo lavoro.
Completezza 10 su 10: Grazie alle note e a quanto hai scritto tutto prende il suo posto, storicamente e nella mia testa, e non ho assolutamente alcuna domanda che mi fa pensare ad una possibile incompletezza della fic. Complimenti.
Attinenza al Tema 5 su 5: Hai suddiviso la citazione in piccoli frammenti scrivendo su di esse le varie parti della fic e, quindi, tutto è attinente al tema che hai scelto. Veramente un buon lavoro.
Totale 33 su 35: Complimenti! Non so che altro dirti, ti meriti il primo posto!



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