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Autore: sushiprecotto_chan    16/10/2009    1 recensioni
Shikamaru spesso, da bambino, si ritrovava a pensare che a volte è solo chi non fa niente che riesce a non commette errori.
Ne era fermamente convinto – leggendo storie di ninja, parlando di missioni, conoscendo la storia della Zanna Bianca della Foglia ma soprattutto guardando il matrimonio dei suoi genitori – e questo aumentava solo il suo desiderio di osservare le nuvole e non pensare a nessun problema o seccatura del mondo reale.
Col tempo, invece, aveva capito che evitare le seccature era più facile, ma che per aiutare i compagni bisognava agire. Ed anche impegnarsi, sperando con tutto il cuore di riuscire a portare a casa la pelle propria e dei propri amici.
Era ormai da qualche tempo però che Shikamaru pensava seriamente a quanto fosse pesante il fare delle scelte, ma soprattutto sbagliarle.
[Shikamaru centric, Introspettiva, Spoiler!] [accenni ShikaShiho]
Seconda classificata al contest "Chose a sentence and start to write just what you dream", diretto da gaara4ever.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Shikamaru Nara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore/Autrice: sushiprecotto_chan
Titolo fanfic: Errors
Disclaimer: I personaggi appartengono a Masahi Kishimoto e non sono stati utilizzati a scopo di lucro.
Rating: Verde
Personaggi: Shikamaru Nara, Shiho.
Genere: Generale, Introspettivo.
Avvertimenti: One Shot, Spoiler.
Breve introduzione: Shikamaru spesso, da bambino, si ritrovava a pensare che a volte è solo chi non fa niente che riesce a non commette errori.
[E in quel periodo ne aveva sempre più paura]
Note dell’autrice: Ho voluto scegliere questa frase in primis per approfondirla, ed abbinarla a Shikamaru, un personaggio a cui questa citazione calza a pennello, ed infine soprattutto per il suo significato, che troppe volte troviamo nella vita reale.
Nel senso: Quante volte l’essere umano si è chiesto il perché degli errori propri e degli altri, quante volte si è domandato perché un parente o un amico è morto, quanto spesso ha chiesto a se stesso cosa fare, e cosa pensare?
Ed ho voluto dare una mia risposta, per quanto per alcune persone possa essere valida.
A mio parere infatti tutto appartiene ad un intreccio di casi, di scelte ed errori, che alla fine portano ad un disegno. O almeno così è come la penso io.
E quindi il tutto sarebbe dovuto al caso ed appunto a questo disegno, insieme, e quindi i fatti, gli errori, le scelte, conducerebbero sempre ad un loro perché. (Lo ripeto: questa è una mia idea, un po’ malsana forse e difficile da capire, ma è comunque come la pensoX3. Quando ho cercato di spiegarla al mio professore di Religione è stato un po’ un disastro. XDD)
Per quanto riguarda le coppie è presente la ShikaShiho, un pairing non molto amato ma che io adoro. È solo accennato, però.^^
Spero che la fiction possa piacere^^


Questa fiction è stata scritta un paio di mesi fa per un contest, "Chose a sentence and start to write just what you dream", di gaara4ever, con la frase "E' solo chi non fa niente che non commette errori".
Si è classificata seconda.

Ecco riportato il punteggio (su 3 punti per voce, per un totale di 9 punti):

2° classificato:

Nick autore: sushiprecotto_chan
Titolo: Errors
Grammatica: 2.5
Stile: 3
Originalità: 2.5
+1 per attinenza alla frase
Totale: 9


Dedicata alla benedetta pigrizia,
una santa donna.

[E alla signora Noemi,
ai nonni Atos e Claudio,
ai miei genitori,
alla pro(XD)zia Adriana,
alle nonne ed agli antenati.
Io so il perché.]

Errors.

Shikamaru spesso, da bambino, si ritrovava a pensare che a volte è solo chi non fa niente che riesce a non commette errori.
Ne era fermamente convinto – leggendo storie di ninja, parlando di missioni, conoscendo la storia della Zanna Bianca della Foglia ma soprattutto guardando il matrimonio dei suoi genitori – e questo aumentava solo il suo desiderio di osservare le nuvole e non pensare a nessun problema o seccatura del mondo reale.
Col tempo, invece, aveva capito che evitare le seccature era più facile, ma che per aiutare i compagni bisognava agire. Ed anche impegnarsi, sperando con tutto il cuore di riuscire a portare a casa la pelle propria e dei propri amici.
Era ormai da qualche tempo però che Shikamaru pensava seriamente a quanto fosse pesante il fare delle scelte, ma soprattutto sbagliarle.
Da bambino amava starsene a far niente, magari sdraiato sulla sua panchina preferita a guardare il cielo ed immaginare una vita tranquilla.
"Volevo sposarmi con una donna né bella né brutta... avere due figli, prima una bimba e poi un maschietto, e infine quando la figlia si fosse sposata e il figlio fosse diventato adulto mi sarei ritirato dall'attività e avrei trascorso una tranquilla vita da pensionato..."
Testuali parole, risalenti a quando aveva dovuto aiutare Naruto e Sakura nel raggiungere Sasuke, che a sua volta stava inseguendo l’ex arma segreta di Sunagature, Gaara.
In quel momento pensava che sarebbe morto, e invece pochi minuti dopo era arrivato il suo maestro, Asuma, che lo aveva salvato.
Lo stesso maestro che per un suo errore, ora si trovava sotto terra.
“Stava per avere un bambino..
Ancora non capiva come Kurenai fosse riuscita a perdonarlo – e persino a rincuorarlo. E quello che ora poteva fare era solo cercare di proteggere lei, l’essere che aveva in ventre e i compagni del team dieci. Proteggere quello che Asuma aveva di più caro, e che corrispondeva anche ai suoi, di affetti.
Proteggere la generazione attuale e quelle future. Proteggere Konoha.
Ma era più semplice a dirsi che a farsi – come ogni cosa al mondo, d’altronde.
Ed ora, nel mezzo della battaglia, fra le macerie di quella che era stata Konoha, Shikamaru era seriamente indeciso se fosse peggio avere la responsabilità della vita dei propri compagni e rischiare ogni momento la propria vita o il non poter fare nulla per salvare quella altrui.
In quel momento credeva fermamente di trovarsi in entrambe le posizioni.
E se solo fosse riuscito a decifrare più velocemente il codice cifrato, insieme a Shiho e Naruto, qualche tempo prima… Forse insieme sarebbero riusciti ad avere subito quelle informazioni che solo ora – Shikamaru lo aveva capito osservando i suoi occhi e la sua espressione quando finalmente aveva messo fuori gioco l’ultimo corpo di Pain – Naruto era riuscito a trovare.
Shikamaru si accasciò nuovamente fra le macerie, tenendo stretta la gamba rotta perché il dolore non peggiorasse.
<< Tutto bene, Shikamaru-san? >>
Era Shiho che, anche se provata ed esausta, si stava preoccupando per lui.
<< Certo, Shiho. Non ti preoccupare. >>
Il ninja tentò di osservare meglio come stava andando il combattimento, ma si ritrovò inesorabilmente a stringere la gamba con tutte e due le mani, impotente.
Non poteva alzare la testa o parte del corpo più di un millimetro.
La ragazza intanto si era alzata e, con non poco sforzo, era riuscita a mettersi in ginocchio di fianco a lui.
<< Posso aiutarti? >>
Shikamaru la guardò, un po’ sorpreso, poi annuì.
Shiho gli cinse il petto, imbarazzata ma decisa, e poi cominciò a sollevarlo, con lentezza e con cura.
<< Appoggiati a me, e poi a questo masso. >>
Il ragazzo fece quello che gli aveva ordinato Shiho.
Ora riusciva a vedere perfettamente l’incontro.
<< Grazie. >> disse, sorridendo.
<< Figurati. >>
Shiho sembrava felice.
Restarono immobili per un po’, l’uno che guardava l’incontro e l’altra che si limitava ad osservare il terreno.
Il silenzio e la tranquillità regnavano, cosa che il Nara non avrebbe mai sognato di provare tra le macerie del suo villaggio.
Shikamaru vide Naruto immobilizzare definitivamente quello che era stato il secondo corpo principale di Pain, e si calmò ancora una volta, osservando l’Uzumaki correre lontano.
Sospirò.
Il suo compagno ce l’avrebbe fatta, ora ne era sicuro.
“Certo che ne ha fatti di passi in avanti, quello scemo…” pensò, mentre il peso che aveva sul cuore diminuiva sempre di più.
<< Shiho, riesci a riappoggiarmi a terra? >>
La ragazza annuì, tornando a cingergli il petto.
Piano lo rimise sul terreno, assicurandosi che nessuna parte del suo corpo potesse sbattere o ferirsi a causa dei detriti e dei massi appuntiti di quello che prima era stato il laboratorio di ricerca.
<< Così va bene, Shikamaru-san? >>
<< Benissimo. Grazie di nuovo, Shiho. >>
Questa sorrise, poi si appoggiò nuovamente sul masso vicino, cercando di sfogare con un sospiro tutta la stanchezza che sentiva da giorni.
La notte prima non aveva dormito per poter aiutare Shikamaru e Naruto a decifrare il codice, e così il giorno prima ancora, nella speranza di riuscire a fare qualcosa per i due ragazzi e per Konoha.
Ed ora si sentiva esausta.
Tuttavia non poteva permetterselo.
Non poteva permettersi di abbassare la guardia di fronte al pericolo del combattimento vicino, non poteva assolutamente permettersi di assopirsi – Shikamaru aveva bisogno di aiuto per la sua gamba rotta – , non poteva sperare sull’aiuto di qualcun altro, né pretenderlo; stavano tutti vigilando o combattendo per il loro villaggio, la loro patria.
Inoltre… non voleva mostrarsi debole. Non di fronte a Shikamaru.
Si sollevò meglio dalla pietra, cercando poi di pulire i suoi spessi occhiali, e stringendo i denti cercò di tenere gli occhi bene aperti.
Non poteva permettersi di assopirsi.
<< Shiho? >>
La ragazza si voltò di scatto.
<< Puoi tranquillizzarti, ora. Il combattimento è terminato. Manca solo il corpo principale di Pain da distruggere, e si trova a miglia da qui. Siamo al sicuro. >>
Shikamaru stava sorridendo.
<< S-sì, b-bene. Grazie. >>
Il ninja sembrò soddisfatto.
Poi cominciò a togliersi la giacca, per poi appallottolarla e provare a darle la forma di un cuscino.
<< Vieni. Sarai stanca. >>
Shiho obbedì, imbarazzata ma impotente.
<< Appoggiati qui. >>
Quando vide che il Nara aveva messo il cuscino-giacca sulla sua spalla, come prima cosa fu colta dal panico.
Cercò di dire di no, ma lo sguardo del ragazzo sembrava piuttosto deciso.
<< Non penso che riuscirai a trovare un momento di riposo, dopo. Sei stanca morta, non è necessario che tu stia di guardia. Se succede qualcosa avverto io. >>
Shiho annuì, e con un sorriso imbarazzato si appoggiò a Shikamaru.
Pochi minuti dopo era già abbandonata tra le braccia di Morfeo.
<< Bene. >> sussurrò il Nara, al vuoto.
“Chissà se saresti contento di questa momentanea vittoria di Konoha, eh, Asuma? Speriamo che qualcuno si sia preso cura della maestra Kurenai…”
Anche lui era stanco, ma di una stanchezza diversa da quella provata da Shiho.
Era stanco di sentire la minaccia dell’Akatsuki farsi sempre più vicina e temibile, era stanco di provare paura per i suoi compagni ogni volta che uscivano in missione, era stanco di temere di continuo di perdere qualcun altro come Asuma, tremava all’idea di non riuscire a proteggere Kurenai e suo figlio…
Semplicemente, era stanco di lottare.
“È solo chi non fa niente che riesce a non commette errori.”, pensava, da bambino.
E più cresceva, più aveva paura che quella frase dicesse il vero.
Doveva proteggere i suoi compagni, quello che era rimasto di Asuma, compreso il suo sogno, doveva proteggere la donna che il suo maestro aveva amato, quella donna che era perfino riuscita a perdonare il suo errore… e doveva proteggere Konoha.
Era uno dei maggiori ninja del villaggio, specie ora che Asuma, Jiraya e da quello che poteva sapere perfino Kakashi se ne erano andati, ed uno dei migliori strateghi.
Era la sua abilità, quella di pensare. E, data la sua paura per la prospettiva di poter perdere dei suoi compagni e l’amore che nutriva per il suo villaggio, la Quinta Hokage era lungi dal non sfruttarlo in battaglia o altro.
Ed era proprio per quel motivo che Shikamaru aveva dovuto imparare a convivere con la sua paura.
Se non sbagliava, lui e i suoi compagni riuscivano a portare a casa la pelle, e fare qualcosa di buono per Konoha.
Se sbagliava, tutto quello a cui teneva poteva essere in pericolo.
Era un sistema semplice e terribile, ma che Shikamaru aveva imparato ad adottare.
Il ragazzo poggiò lo sguardo su Shiho, che dormiva appoggiata a lui.
Dopotutto, l’aveva conosciuta proprio grazie ad uno sbaglio.
Se Jiraiya-sama non avesse fatto lo sbaglio di essere colpito prima di poter dire a parole il segreto che aveva scoperto, mai avrebbe incontrato Shiho.
Se solo Jiraiya non fosse partito in missione, se solo non fosse morto in missione, Naruto non sarebbe mai maturato.
Se, quando il maestro rospo che aveva combattuto con Jiraiya la sua ultima battaglia era arrivato nel villaggio, Tsunade non avesse convocato anche lui dicendogli di aiutare l’Uzumaki, mai si sarebbe trovato nel laboratorio di ricerca accanto a Shiho.
Se lo stesso maestro rospo non avesse mai partecipato anche alla battaglia fra Naruto e Pain, in quel momento sarebbe stato ancora vivo, e sua moglie senza ferite interne ed esterne.
Se solo la tattica che aveva ideato per il suo maestro si fosse rivelata vincente, Asuma in quel momento sarebbe potuto stare ancora accanto a lui, e respirare? Avrebbe potuto vedere nascere suo figlio? E lui, Shikamaru, sarebbe mai cresciuto? Sarebbe stato capace di maturare anche senza quel dolore e quell’avvenimento?
“Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria” recitava la terza legge della fisica.
E il Nara si vide costretto a sostituire la parola “azione” con “errore”, per quanto riguardava se stesso e parte di quello che gli girava intorno.
Se Sasuke non avesse tradito Konoha, ai tempi del quartetto del Suono, Shikamaru non avrebbe mai partecipato alla missione, e mai avrebbe capito realmente la paura dell’avere la responsabilità della vita dei propri compagni.
Se il villaggio della Foglia non fosse andato distrutto, Shiho non sarebbe mai stata accanto a lui a dormire serenamente.
“Ad ogni errore corrisponde una reazione uguale e contraria.”
E forse era da egoisti pensarla in questo modo, eppure Shikamaru sapeva di poter essere felice, almeno in parte, di quella “reazione”.
Grazie alla morte di Asuma lui e i suoi compagni erano maturati, ed ora potevano mandare avanti il sogno del suo maestro di proteggere il villaggio.
Anche Naruto era cresciuto, e Shikamaru sapeva che sarebbe riuscito a battere Pain, in qualche modo.
Poi, a poco a poco, avrebbero dovuto ricostruire Konoha e rimettere tutto a posto, ma parte della battaglia ora era finita.
Avrebbero dovuto combattere Madara e Sasuke, e sconfiggere definitivamente l’Akatsuki.
Avrebbero dovuto impegnare tutte le loro forze per dimostrare che il villaggio della Foglia non era caduto ed era ancora solido e potente, benché questo sarebbe stato arduo se non impossibile.
Avrebbero dovuto ricostruire le loro vite e le loro case, piangere i morti e fare forza ai vivi.
Sarebbe stata una terribile seccatura, ma in qualche modo ce l’avrebbero fatta.
C’era la Quinta Hokage, e un giorno ci sarebbe stato Naruto.
Shikamaru fece un paio di respiri profondi, cercando un ritmo adeguato per non avere di nuovo problemi alla gamba.
Guardò di nuovo Shiho, sorridendo alla sensazione di tepore che sentiva alla spalla.
Guardò il cielo, immenso e pieno di nuvole. In tutto quel casino e quella distruzione, mai una volta si era scurito.
Forse era vero, forse solo se non si fa nulla è possibile riuscire a non commette errori, tuttavia per l’essere umano questo resta un fatto impossibile.
L’essere umano fa, e sbaglia.
Eppure, è proprio da quegli sbagli che si hanno le “reazioni” del presente e del futuro. Certo, aveva perso Asuma, ma con questo dolore era riuscito a maturare, ed ad imparare ad andare avanti.
Jiraiya era morto, tuttavia grazie a questo lui aveva incontrato Shiho.
“Ad ogni errore corrisponde una reazione uguale e contraria”.
Tuttavia, sono proprio quelle reazioni a darti la realtà di oggi, e spesso la forza di continuare a vivere.
E Shikamaru, questo – nonostante la paura, nonostante il dolore – l’aveva capito.
   
 
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