VIA LE MANI DAGLI OCCHI- NEGRAMARO.
Sii vai via,senza di me,
tu vai via,non puoi aspettare tanto tempo inutile,
e cosi tu vai sola via,
sii che vai via,ma che freddo fa se tu vai via,
non vuoi aspettare neanche il tempo utile,
perchè da me lo so si va soltanto
Via,via le mani dagli occhi,che senso ha se poi ti tocchi i pensieri ancora lontani,lontani,lontani,lontani
Strana magia in un istante,
tu vai via,non vuoi leccarmi tutte le ferite,
è cosi che tu vai via,
ma da quando in qua no,non sei più mia,tu sola che hai leccato tutte le ferite,
lo sai da me tu non puoi proprio andare
Via,via le mani dagli occhi,che senso ha se poi ti tocchi i pensieri ancora
lontani e vai via,via le mani dagli occhi che senso se poi mi blocchi le mani e
rimandi a domani,domani,domani,domani
domani e per sempre domani,
domani e per sempre rimani,
ma ora toccami le mani,Toccami le mani,Toccami le mani,amore toccami le
mani,Toccami le mani,Toccami le mani,Toccami le mani,Toccami le mani,Toccami le
mani,Toccami le mani,e vai
Via,via le mani via gli occhi,che senso ha se poi ti tocchi i pensieri ancora
lontani e vai via,via le mani via gli occhi che senso ha se poi mi blocchi la
mani e rimandi a domani,domani,domani,domani,domani,domani,domani,domani….
Ti prego Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani,
Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le
mani, Toccami le mani,Toccale!
1
VIA LE MANI DAGLI OCCHI.
Un
ragazzo se ne stava sdraiato su un prato nei pressi di un ruscello, la tenera
erba gli solleticava le braccia; teneva le mani intrecciate dietro la testa,
gli occhi scuri rivolti al cielo osservavano il lento intercedere delle nuvole,
una leggera brezza gli scompigliava i capelli corti e neri.
Un
incessante pensiero albergava nella sua mente, turbandolo e preoccupandolo,
forse più del dovuto.
Era
divorato da una sensazione di paura e amarezza: non ne aveva la certezza,
eppure il disagio di quegli ultimi tempi non si decideva a lasciarlo libero, ma
anzi gli incatenava il cuore sopprimendolo.
Si
lasciò andare ad un profondo sospiro, tornandogli a ricordo un ulteriore
elemento che rendeva quei giorni brutti da vivere, la fronte gli si increspò di
lievi rughe.
Tutto
era cambiato dal loro ultimo ritorno sulla Terra,ed in casa della sua ragazza
si era insediato un ospite che gli era sgradito: non sopportava l’aria di
sufficienza con cui trattava tutti, il suo tono prepotente...i suoi insulti.
Nonostante
le sue lamentele ai padroni di casa, nessuno aveva mostrato l’intenzione di
buttarlo fuori, ma anzi gli venivano pure esaudite assurde richieste.
E
l’ultima gli era quasi costata la vita: solo quel folle poteva richiedere una
stanza con la gravità trecento volte quella della Terra, sfidava lui che prima
o poi sarebbe esplosa.
Ed
ora, quella figura scomoda lo era diventata ancora di più, paralizzato a letto
e privo di coscienza, e ovviamente tutti i membri della famiglia vegliavano al suo
capezzale.
Mentre
il sottoscritto veniva messo in secondo piano, nessuno gli badava, nessuno
sembrava accorgersi della sua presenza…neanche la
ragazza che sentiva d’amare, ma che anzi ella preferiva star seduta su una
sedia accanto al letto del ferito.
Lo
faceva soffrire il vederla così preoccupata, le sue amorevoli cure erano
rivolte verso qualcuno che non le meritava, che non avrebbe mostrato la benché
minima gratitudine:eppure il suo fascino aveva ipnotizzato la famiglia che un
giorno aveva sperato che potesse diventare la sua.
Quel
senso d’esclusione lo aveva indotto a scegliere la solitudine, a non volersi
recare in quella casa fonte di bei ricordi:lontani erano i sorrisi compiaciuti
nel vederlo, e gli occhi delle due donne Brief non si
illuminavano più quando bussava alla loro porta.
Qualcuno
più forte di lui, le aveva rapite, allontanandole.
La
stanza era silenziosa, gli unici rumori che
si sentivano erano il ticchettio dell’orologio a muro e il respiratore
artificiale dell’infortunato steso a letto senza avere coscienza di dove si
trovasse.
Erano
ore che Bulma se ne restava seduta accanto al ferito,
la schiena cominciava a dolerle, però non trovava la forza per potersi alzare,
voltargli le spalle anche solo per sgranchirsi le gambe o concedersi un meritato
riposo su una superficie più morbida rispetto alla sedia, le sembrava
significasse abbandonarlo. Sentiva che non poteva farlo, non era giusto,
quell’uomo era stato troppo tempo da solo, senza le cure di nessuno.
La
ragazza sapeva che era circondata da affetto, ma quel calore non le arrivava.
Si sentiva divisa a metà, mancava qualcosa, Vegeta era steso a pochi passi da
lei, sporgendosi un poco in avanti avrebbe potuto sfiorargli il possente petto
scoperto. Ma si sentiva maledettamente sola: solo in quel momento si accorse di
come le mancavano gli improperi dell’uomo, la sua voce rude e prepotente.
“Ti
prego svegliati, ti prego svegliati…”
Una
preghiera nient’altro, una semplice richiesta, un gesto facile quello di
sollevare le palpebre eppure Vegeta non riusciva a farlo. Le sue iridi color
della notte si ostinavano a restare nascoste, sigillate.
Bulma sentiva un
groppo in gola, gli occhi gonfi di lacrime, ma era priva di qualsiasi forza
perfino quella di lasciarsi andare ad un pianto dirotto…le
lacrime non trovavano il coraggio di venir fuori,di prendere vita.
Un
lieve tocco la fece voltare:
<<
Non ti allontani mai >>
Incontrò
gli occhi di suo padre, nascosti da spesse lenti,senza riuscire a parlare
scosse desolatamente il capo.
<<
Forse dovresti >>
Il
consiglio era giusto, sensato…Bulma lo sapeva,
sentiva i muscoli indolenziti, le palpebre pesanti:si morse un labbro indecisa
su cosa fare.
<<
Cara, non chiedere uno sforzo così eccessivo al tuo fisico >> il padre
fece una pausa sorridendo << Resto io con lui >>
Ostinatamente
la ragazza scosse ripetutamente il capo, però al signor Brief
non sfuggì la sua stanchezza:
<<
Di là in salotto con tua madre c’è Yamco...sarebbe
meglio che lo vedessi >> si fermò ad osservare l’espressione di sua
figlia << E’ tanto preoccupato per te >>
Era
un circolo vizioso, lei era preoccupata per Vegeta e Yamco
per lei…solo il risveglio del Sayan
avrebbe posto fine a tutto quel tormento.
<<
Su, và >>
A
quell’ultimo, debole incitamento del padre, Bulma si
alzò. Impugnò la maniglia della porta e prima di uscire lanciò un ultimo
sguardo triste all’uomo profondamente addormentato.
Le
loro mani erano vicine sul divano senza sfiorarsi, i loro sguardi persi nello
stesso punto morto ma le loro menti non si intersecavano. Erano separati da un
muro invisibile, persi nelle rispettive preoccupazioni e paure.
La
fine di un bel periodo: quella di lui.
La
morte di una persona cara: quella di lei.
L’imbarazzo
continuava a crescere a dismisura, Yamco si
mordicchiava le labbra, le mani gli sudavano…che
fatica poter trovare un argomento di conversazione, uno qualsiasi pur di
interrompere quel silenzio di ghiaccio.
Alla
fine, l’unica cosa che avrebbe attirato l’attenzione della giovane sedutagli
accanto, era la salute di Vegeta, e per quanto gli costasse pronunciare quelle
parole, per lei lo fece:
<<
Allora, come sta…lui? >> le chiese schiarendosi
la gola.
Bulma non voltò il
capo ad incontrare gli occhi del suo interlocutore, come Yamco
aveva sperato, e con una tristezza capace di graffiare le orecchie del ragazzo,
rispose:
<<
Stabile…continua a dormire >>
Yamco strinse le mani
a pugno che vibrarono, la verità era trasparente…era
insita in quel silenzio, in quelle labbra rosee tese, in quegli occhi sinceri: Bulma amava un altro, non era più sua!
Continuare
a definirla la sua fidanzata equivaleva ad illudersi. Era finita, senza che lui
potesse far nulla.
<<
Bulma…>> la chiamò con voce strozzata.
<<
Sì? >>
<<
Tu…tu…>> non riusciva a dirlo, bloccato dallo
sconforto.
Bulma lo guardò-finalmente-sconcertata.
<<
Tu, non è me che vuoi >> ammise lui, abbassando lo sguardo sui suoi pugni
serrati.
Non
fu una rivelazione, Bulma lo aveva capito il giorno
dell’incidente di Vegeta. Vide la Gravity Room andare in frantumi seppellendo Vegeta sotto le
macerie; il suo ragazzo era accanto a lei, ma Bulma
si fiondò sulla struttura distrutta, scavando con affanno e quando il Sayan riuscì a riemergere cadde tra le sue braccia.
La
sensazione che provò, stringendolo a sé, fu nuova e mai provata. Fu come se
ogni fibra del suo corpo percepisse quella vicinanza, il cuore non le batté mai
così forte.
E
Yamco era alle sua spalle, il posto che si può
riservare ad un amico, ma la persona che si ama la si vorrebbe al fianco.
Era
consapevole che era giusto che Yamco sapesse, ma
davanti il malessere di Vegeta le sembrava cosa di poca importanza, così aveva
deciso di rimandare.
Nel
sentire quella parole, si accorse però che i suoi gesti erano valsi più di
mille parole e Yamco aveva intuito da solo ciò che le
stava succedendo:lui aveva trovato la forza di affrontare l’argomento, ma lei
si sentiva troppo stanca e fragile per poterlo fare.
<<
Non ora, Yamco, ti prego >> disse flebilmente
<< Sono così stanca >>
<<
E credi che io non lo sia?! >>
Quella
frase risuonò come un’accusa, tanto che Bulma sentì
il senso di colpa. Era vero, non si era mai posta nei panni di Yamco, non si era preoccupata se il suo cambiamento gli
avrebbe potuto far male.
Sospirando
gli toccò le mani, che delicatamente si schiusero come petali, le prese tra le
sue:
<<
Domani…ti prometto che domani ne riparleremo >>
si interruppe un istante, sbatté le ciglia per allontanare le lacrime <<
Ora sono davvero troppo stanca…ho bisogno di dormire
>>
<<
Non serve rimandare! >> disse Yamco con
tristezza, ritraendo le mani << Via le mani dagli occhi Bulma, la verità è in superficie…ed
io non sono così cieco da non averla vista >>
Vegeta
continuava a dormire, perso nei suoi incubi più profondi, ignorava il dolore
che la coppia seduta nel salotto stava provando.
Correva
lungo un nero corridoio, cadeva senza appigli, sentiva le guancie bagnate:
possibile che stesse piangendo?
Nonostante
il terrore ed il tormento che gli attanagliavano la bocca dello stomaco, tanto
che gli sembrò di affogare, non riusciva a risalire…e
continuava a vagare nel labirinto del suo inconscio.
Non
credeva neanche di essere ferito, che il suo corpo non era in grado di potersi
rialzare e scrollarsi via quel torpore.
Non
era consapevole che ciò che stesse vivendo non fossero altro che ombre delle
sue paure: essere inferiore a qualcuno, cosa mai poteva esserci di peggio?
Ma
improvvisamente la sua pelle fu illuminata da una tenue luce, si guardò le mani
con le labbra dischiuse per la sorpresa.
Voltò
il capo indietro, scrutò il buio alle sue spalle, e dopo qualche secondo
d’incertezza, corse a tutta velocità verso la luce che si fece sempre più forte
fino ad accecarlo: si portò una mano agli occhi, ma il bruciore non si
attenuava,diventando sempre più reale.
Ed
improvvisamente spalancò gli occhi, e gli fu tutto più limpido: il dolore che
soffriva era al petto, inspirò e si liberò del respiratore artificiale.
Cercò
di regolare il respiro ed in poco tempo il dolore scomparve.
Si
guardò intorno confuso, non sapeva dove si trovasse, un ricordo insisteva nel
voler essere riconosciuto…sì, ricordava, l’esplosione
della Gravity Room, il
dolore e…e…mancava qualcosa, non riusciva ad
afferrare i contorni sfuocati di un profilo femminile.
Ma
gli bastò volgere lo sguardo altrove, posarlo sulla figura che dormiva
accasciata su una sedia accanto ad una scrivania, per poter definire quei
contorni: lo stupore s’impossessò del suo animo, non capiva…non
voleva capire.
Yamco aveva detto che
la verità era in superficie, però Vegeta fu più cieco del terrestre nel
riconoscerla.