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Autore: maryana    16/10/2009    4 recensioni
L'esplosione della gravity room farà sorgere situazioni inaspettate ed imprevedibili...e tra le mura delle Capsule Corporatiion si instaura l'amore, strano ma intenso tra Bulma e Vegeta. Per raccontare questa stupenda storia d'amore,mi sono servita di alcune canzoni.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta, Yamcha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VIA LE MANI DAGLI OCCHI- NEGRAMARO.

Sii vai via,senza di me,
tu vai via,non puoi aspettare tanto tempo inutile,
e cosi tu vai sola via,
sii che vai via,ma che freddo fa se tu vai via,
non vuoi aspettare neanche il tempo utile,
perchè da me lo so si va soltanto
Via,via le mani dagli occhi,che senso ha se poi ti tocchi i pensieri ancora lontani,lontani,lontani,lontani
Strana magia in un istante,
tu vai via,non vuoi leccarmi tutte le ferite,
è cosi che tu vai via,
ma da quando in qua no,non sei più mia,tu sola che hai leccato tutte le ferite,
lo sai da me tu non puoi proprio andare
Via,via le mani dagli occhi,che senso ha se poi ti tocchi i pensieri ancora lontani e vai via,via le mani dagli occhi che senso se poi mi blocchi le mani e rimandi a domani,domani,domani,domani
domani e per sempre domani,
domani e per sempre rimani,
ma ora toccami le mani,Toccami le mani,Toccami le mani,amore toccami le mani,Toccami le mani,Toccami le mani,Toccami le mani,Toccami le mani,Toccami le mani,Toccami le mani,e vai
Via,via le mani via gli occhi,che senso ha se poi ti tocchi i pensieri ancora lontani e vai via,via le mani via gli occhi che senso ha se poi mi blocchi la mani e rimandi a domani,domani,domani,domani,domani,domani,domani,domani….
Ti prego Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani, Toccami le mani,Toccale
!

 

1

VIA LE MANI DAGLI OCCHI.

Un ragazzo se ne stava sdraiato su un prato nei pressi di un ruscello, la tenera erba gli solleticava le braccia; teneva le mani intrecciate dietro la testa, gli occhi scuri rivolti al cielo osservavano il lento intercedere delle nuvole, una leggera brezza gli scompigliava i capelli corti e neri.

Un incessante pensiero albergava nella sua mente, turbandolo e preoccupandolo, forse più del dovuto.

Era divorato da una sensazione di paura e amarezza: non ne aveva la certezza, eppure il disagio di quegli ultimi tempi non si decideva a lasciarlo libero, ma anzi gli incatenava il cuore sopprimendolo.

Si lasciò andare ad un profondo sospiro, tornandogli a ricordo un ulteriore elemento che rendeva quei giorni brutti da vivere, la fronte gli si increspò di lievi rughe.

Tutto era cambiato dal loro ultimo ritorno sulla Terra,ed in casa della sua ragazza si era insediato un ospite che gli era sgradito: non sopportava l’aria di sufficienza con cui trattava tutti, il suo tono prepotente...i suoi insulti.

Nonostante le sue lamentele ai padroni di casa, nessuno aveva mostrato l’intenzione di buttarlo fuori, ma anzi gli venivano pure esaudite assurde richieste.

E l’ultima gli era quasi costata la vita: solo quel folle poteva richiedere una stanza con la gravità trecento volte quella della Terra, sfidava lui che prima o poi sarebbe esplosa.

Ed ora, quella figura scomoda lo era diventata ancora di più, paralizzato a letto e privo di coscienza, e ovviamente tutti i membri della famiglia vegliavano al suo capezzale.

Mentre il sottoscritto veniva messo in secondo piano, nessuno gli badava, nessuno sembrava accorgersi della sua presenza…neanche la ragazza che sentiva d’amare, ma che anzi ella preferiva star seduta su una sedia accanto al letto del ferito.

Lo faceva soffrire il vederla così preoccupata, le sue amorevoli cure erano rivolte verso qualcuno che non le meritava, che non avrebbe mostrato la benché minima gratitudine:eppure il suo fascino aveva ipnotizzato la famiglia che un giorno aveva sperato che potesse diventare la sua.

Quel senso d’esclusione lo aveva indotto a scegliere la solitudine, a non volersi recare in quella casa fonte di bei ricordi:lontani erano i sorrisi compiaciuti nel vederlo, e gli occhi delle due donne Brief non si illuminavano più quando bussava alla loro porta.

Qualcuno più forte di lui, le aveva rapite, allontanandole.

 

La stanza era silenziosa, gli unici rumori che  si sentivano erano il ticchettio dell’orologio a muro e il respiratore artificiale dell’infortunato steso a letto senza avere coscienza di dove si trovasse.

Erano ore che Bulma se ne restava seduta accanto al ferito, la schiena cominciava a dolerle, però non trovava la forza per potersi alzare, voltargli le spalle anche solo per sgranchirsi le gambe o concedersi un meritato riposo su una superficie più morbida rispetto alla sedia, le sembrava significasse abbandonarlo. Sentiva che non poteva farlo, non era giusto, quell’uomo era stato troppo tempo da solo, senza le cure di nessuno.

La ragazza sapeva che era circondata da affetto, ma quel calore non le arrivava. Si sentiva divisa a metà, mancava qualcosa, Vegeta era steso a pochi passi da lei, sporgendosi un poco in avanti avrebbe potuto sfiorargli il possente petto scoperto. Ma si sentiva maledettamente sola: solo in quel momento si accorse di come le mancavano gli improperi dell’uomo, la sua voce rude e prepotente.

“Ti prego svegliati, ti prego svegliati…

Una preghiera nient’altro, una semplice richiesta, un gesto facile quello di sollevare le palpebre eppure Vegeta non riusciva a farlo. Le sue iridi color della notte si ostinavano a restare nascoste, sigillate.

Bulma sentiva un groppo in gola, gli occhi gonfi di lacrime, ma era priva di qualsiasi forza perfino quella di lasciarsi andare ad un pianto dirotto…le lacrime non trovavano il coraggio di venir fuori,di prendere vita.

Un lieve tocco la fece voltare:

<< Non ti allontani mai >>

Incontrò gli occhi di suo padre, nascosti da spesse lenti,senza riuscire a parlare scosse desolatamente il capo.

<< Forse dovresti >>

Il consiglio era giusto, sensato…Bulma lo sapeva, sentiva i muscoli indolenziti, le palpebre pesanti:si morse un labbro indecisa su cosa fare.

<< Cara, non chiedere uno sforzo così eccessivo al tuo fisico >> il padre fece una pausa sorridendo << Resto io con lui >>

Ostinatamente la ragazza scosse ripetutamente il capo, però al signor Brief non sfuggì la sua stanchezza:

<< Di là in salotto con tua madre c’è Yamco...sarebbe meglio che lo vedessi >> si fermò ad osservare l’espressione di sua figlia << E’ tanto preoccupato per te >>

Era un circolo vizioso, lei era preoccupata per Vegeta e Yamco per lei…solo il risveglio del Sayan avrebbe posto fine a tutto quel tormento.

<< Su, và >>

A quell’ultimo, debole incitamento del padre, Bulma si alzò. Impugnò la maniglia della porta e prima di uscire lanciò un ultimo sguardo triste all’uomo profondamente addormentato.

 

Le loro mani erano vicine sul divano senza sfiorarsi, i loro sguardi persi nello stesso punto morto ma le loro menti non si intersecavano. Erano separati da un muro invisibile, persi nelle rispettive preoccupazioni e paure.

La fine di un bel periodo: quella di lui.

La morte di una persona cara: quella di lei.

L’imbarazzo continuava a crescere a dismisura, Yamco si mordicchiava le labbra, le mani gli sudavano…che fatica poter trovare un argomento di conversazione, uno qualsiasi pur di interrompere quel silenzio di ghiaccio.

Alla fine, l’unica cosa che avrebbe attirato l’attenzione della giovane sedutagli accanto, era la salute di Vegeta, e per quanto gli costasse pronunciare quelle parole, per lei lo fece:

<< Allora, come sta…lui? >> le chiese schiarendosi la gola.

Bulma non voltò il capo ad incontrare gli occhi del suo interlocutore, come Yamco aveva sperato, e con una tristezza capace di graffiare le orecchie del ragazzo, rispose:

<< Stabile…continua a dormire >>

Yamco strinse le mani a pugno che vibrarono, la verità era trasparente…era insita in quel silenzio, in quelle labbra rosee tese, in quegli occhi sinceri: Bulma amava un altro, non era più sua!

Continuare a definirla la sua fidanzata equivaleva ad illudersi. Era finita, senza che lui potesse far nulla.

<< Bulma…>> la chiamò con voce strozzata.

<< Sì? >>

<< Tu…tu…>> non riusciva a dirlo, bloccato dallo sconforto.

Bulma lo guardò-finalmente-sconcertata.

<< Tu, non è me che vuoi >> ammise lui, abbassando lo sguardo sui suoi pugni serrati.

Non fu una rivelazione, Bulma lo aveva capito il giorno dell’incidente di Vegeta. Vide la Gravity Room andare in frantumi seppellendo Vegeta sotto le macerie; il suo ragazzo era accanto a lei, ma Bulma si fiondò sulla struttura distrutta, scavando con affanno e quando il Sayan riuscì a riemergere cadde tra le sue braccia.

La sensazione che provò, stringendolo a sé, fu nuova e mai provata. Fu come se ogni fibra del suo corpo percepisse quella vicinanza, il cuore non le batté mai così forte.

E Yamco era alle sua spalle, il posto che si può riservare ad un amico, ma la persona che si ama la si vorrebbe al fianco.

Era consapevole che era giusto che Yamco sapesse, ma davanti il malessere di Vegeta le sembrava cosa di poca importanza, così aveva deciso di rimandare.

Nel sentire quella parole, si accorse però che i suoi gesti erano valsi più di mille parole e Yamco aveva intuito da solo ciò che le stava succedendo:lui aveva trovato la forza di affrontare l’argomento, ma lei si sentiva troppo stanca e fragile per poterlo fare.

<< Non ora, Yamco, ti prego >> disse flebilmente << Sono così stanca >>

<< E credi che io non lo sia?! >>

Quella frase risuonò come un’accusa, tanto che Bulma sentì il senso di colpa. Era vero, non si era mai posta nei panni di Yamco, non si era preoccupata se il suo cambiamento gli avrebbe potuto far male.

Sospirando gli toccò le mani, che delicatamente si schiusero come petali, le prese tra le sue:

<< Domani…ti prometto che domani ne riparleremo >> si interruppe un istante, sbatté le ciglia per allontanare le lacrime << Ora sono davvero troppo stanca…ho bisogno di dormire >>

<< Non serve rimandare! >> disse Yamco con tristezza, ritraendo le mani << Via le mani dagli occhi Bulma, la verità è in superficie…ed io non sono così cieco da non averla vista >>

 

Vegeta continuava a dormire, perso nei suoi incubi più profondi, ignorava il dolore che la coppia seduta nel salotto stava provando.

Correva lungo un nero corridoio, cadeva senza appigli, sentiva le guancie bagnate: possibile che stesse piangendo?

Nonostante il terrore ed il tormento che gli attanagliavano la bocca dello stomaco, tanto che gli sembrò di affogare, non riusciva a risalire…e continuava a vagare nel labirinto del suo inconscio.

Non credeva neanche di essere ferito, che il suo corpo non era in grado di potersi rialzare e scrollarsi via quel torpore.

Non era consapevole che ciò che stesse vivendo non fossero altro che ombre delle sue paure: essere inferiore a qualcuno, cosa mai poteva esserci di peggio?

Ma improvvisamente la sua pelle fu illuminata da una tenue luce, si guardò le mani con le labbra dischiuse per la sorpresa.

Voltò il capo indietro, scrutò il buio alle sue spalle, e dopo qualche secondo d’incertezza, corse a tutta velocità verso la luce che si fece sempre più forte fino ad accecarlo: si portò una mano agli occhi, ma il bruciore non si attenuava,diventando sempre più reale.

Ed improvvisamente spalancò gli occhi, e gli fu tutto più limpido: il dolore che soffriva era al petto, inspirò e si liberò del respiratore artificiale.

Cercò di regolare il respiro ed in poco tempo il dolore scomparve.

Si guardò intorno confuso, non sapeva dove si trovasse, un ricordo insisteva nel voler essere riconosciuto…sì, ricordava, l’esplosione della Gravity Room, il dolore e…e…mancava qualcosa, non riusciva ad afferrare i contorni sfuocati di un profilo femminile.

Ma gli bastò volgere lo sguardo altrove, posarlo sulla figura che dormiva accasciata su una sedia accanto ad una scrivania, per poter definire quei contorni: lo stupore s’impossessò del suo animo, non capiva…non voleva capire.

Yamco aveva detto che la verità era in superficie, però Vegeta fu più cieco del terrestre nel riconoscerla.

 

  
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