A
Hogsmeade
“Scorpius.”
“Uhm?”
“Smettila.”
“Di fare cosa?”
“Di guardarmi!”
Rose aveva buttato fuori quella parola in un sussurro imbarazzato, quasi
contenesse più insidie di quante poteva dare a vedere, le guance arrossate e
gli occhi ostinatamente rivolti verso il foglio di pergamena che stava
imbrattando con la sua scrittura precisa e sottile.
Dinanzi a lei, comodamente stravaccato sulla sedia,
Scorpius e il suo invidiabile aplomb la fissavano con un cipiglio piuttosto
perplesso. “Non dirmelo. Oltre a parlare, è vietato anche guardarsi qui dentro,
per caso?” Più che una domanda, la sua era un’affermazione condita di una sana
ironia, la stessa che l’aveva da sempre contraddistinto nell’ambito dei
corridoi di Hogwarts.
Per tutta risposta, la Grifondoro sbuffò esasperata.
“Non è proibito.” Precisò con professionalità, mentre fingeva un marcato
interesse verso il tema di Trasfigurazione che stava portando avanti senza
alcun successo da parecchi minuti. “Mi dà solo fastidio.”
Era abbastanza intelligente da sapere dove voleva
andare a parare tutto quel continuo fissarla e, pertanto, era decisa a non
dargliela vinta per nessuna ragione al mondo. Sapeva che Scorpius non era il
tipo di persona da ambire a trascorrere un intero pomeriggio chiuso nella
polverosa biblioteca, chino sui libri a studiare carrellate di nozione che, con
ogni probabilità, avrebbe finito per dimenticare in poco meno di un’ora.
D’altro canto, in quasi sette anni di scuola non si era mai spaccato la schiena
per mostrare una conoscenza superiore a quella dottrinale imposta dai vari
professori ai fini di superare egregiamente la loro materia.
Lui era più per il trascorrere le giornate a
bighellonare per il parco, quando il sole brillava alto e c’era anche un
briciolo di tempo a disposizione per farlo. Era quello che non si tirava mai
indietro di fronte all’opportunità di giocare a Quidditch, si trattasse pure di
uno stupido allenamento. Quello che non esitava a tirare giochetti ai primini –
per quanto Rose lo strigliasse in continuazione – pur di farsi una bella risata
con gli amici.
Ma se lui era fatto così, era anche vero che lei
aveva le sue priorità e, di sicuro, arrivare preparata a lezione, di qualsiasi
lezione si stesse parlando, era una di queste. Senza contare che avevano i
M.A.G.O. quell’anno, da cui sarebbe dipeso gran parte del loro futuro
post-scuola e che, di conseguenza, avrebbero avuto un enorme impatto per la
professione che ognuno di loro prevedeva di fare. Per quanto le riguardava,
dopo Hogwarts avrebbe avuto tutto il tempo per crogiolarsi al solo, però adesso
doveva pensare a studiare e a cercare di ottenere il meglio dalla sua carriera
scolastica. Decidendo di stare con lei, Scorpius aveva dovuto finire per
l’accettare anche quella sua parte – così come aveva dovuto fare lei a sua
volta, d’altronde – e tentare di avvicinarsi quanto più possibile al suo stile
di vita, in un compromesso che non aveva né vinti né vincitori, ma solo due
ragazzi estremamente diversi che cercavano con ogni sforzo di superare le
reciproche diversità per stare insieme.
“D’accordo, facciamo così.” Esordì ad un tratto il
ragazzo, gli occhi grigi che mal celavano uno scintillio malandrino. “Io la
smetto di fissarti, per adesso, se tu
sabato vieni con me a Hogsmeade.”
Stavano insieme da qualche tempo, ormai, eppure alla
richiesta Rose non poté fare a meno di arrossire. Lei e lui, a Hogsmeade... era
la prima volta che sarebbero scesi in paese in qualità di coppia e la cosa, per
una strana ragione, la faceva sentire in ansia. Un conto era stare insieme nei
meandri di Hogwarts, un altro pubblicare la loro relazione per una strada dove l’abitante
più discreto era un pettegolo di proporzioni mastodontiche. Ma se doveva dire
che la cosa la infastidiva o che non la facesse sentire emozionata e piuttosto
compiaciuta, allora avrebbe detto una bugia.
Non aveva ancora detto niente alla sua famiglia, a
parte i vari cugini che ancora frequentavano la scuola, e una parte di lei
aveva il terrore che lo venissero a sapere tramite il pettegolezzo di turno,
tuttavia era troppo eccitata all’idea di poter trascorrere una gita ad
Hogsmeade con lui, stare fuori dal
castello con lui, camminare mano
nella mano con lui, per riuscire a
preoccuparsi come avrebbe dovuto di simili sottigliezze.
Perciò, con un’audacia che stupì lei per prima, Rose
alzò il capo e fissò gli occhi in quelli sardonici di Scorpius. “Ci sto, ma
devi promettermi che inizierai a studiare seriamente d’ora in poi.” Non riuscì
a non strappargli la promessa di un maggiore impegno, perché dopotutto, anche
se si sforzava di disinteressarsene, i M.A.G.O. erano un punto d’arrivo
importantissimo anche per lui.
Alla richiesta-inganno, Scorpius mostrò una smorfia
di disappunto, appena smorzata da una punta di orgoglio. “Ricattatrice.”
“Prendere o lasciare, Malfoy.” Sorrise di rimando
Rose, dovendo mordersi le labbra per non scoppiare a ridere di gioia.
Lui sbuffò. “Prendere.” E così sentenziò la sua
condanna a morte che, dovette ammetterlo mentre la scrutava studiare di
sottecchi, non sarebbe potuta essere più dolce di così.
≈♦≈♦≈♦≈
“Regina!”
“Potter!” Regina Spencer stava svolgendo impeccabile
il suo turno di ronda quando una voce prima e due meravigliosi occhi verdi poi
la bloccarono a metà corridoio, facendola sussultare dallo spavento e reagire
di conseguenza con un’occhiata al vetriolo che avrebbe fatto indietreggiare
chiunque.
Chiunque eccetto Albus Severus Potter ovviamente, che invece preferiva
rimanersene in piedi davanti a lei, a braccia conserte e il sorriso più
smagliante che gli avesse mai visto in faccia, troppo spudorato per non
insospettirsi sulla natura del suo arrivo. Lo conosceva da abbastanza tempo da
sapere che quando faceva così, c’era ben poco di cui fidarsi e, siccome lei
aveva smesso di fidarsi delle persone già da tantissimo tempo, se ne vide bene
dall’abbassare la guardia. Erano giorni che continuava ad avvicinarla nei
momenti più improvvisi, come fuori dalle serre dopo aver fatto Erbologia o in
Sala Grande per seguirla poi in Sala Grande per la colazione. Giorni in cui non
aveva fatto altro che sorriderle, birichino e anche un po’ troppo sfrontato per
i suoi gusti, e fingere di interessarsi alla sua vita con acceso trasporto,
talmente tanto che Regina non poteva fare a meno di innervosirsi. Non che
avesse tutti i torti, d’altra parte. Non si erano mai calcolati in quasi sette
anni di scuola, salvo rimbeccarsi con frasi pungenti e offensive qualora se ne
capitasse l’occasione, né si erano mai sforzati di fingersi troppo interessati
l’uno all’altra per giustificare un simile cambiamento di rotta. Avrebbe detto
che si erano persino detestati, se non fosse stato troppo anche quello per
loro.
Perciò, a conti fatti, c’era un unico motivo in
grado di spiegare quell’improvvisa attenzione da parte del ragazzo e Regina
sapeva anche che era pure l’unica ragione in grado di imbestialirla. La
commiserava. In un attimo si era vista sottrarre trono, corona e scettro da
quella che aveva reputato la sua quasi migliore amica, Samantha Thompson, e
dover combattere con l’indifferenza generale con la ferocia di una leonessa
nella gabbia delle iene. Il che, per un puro di cuore come Al Potter, era una pena
troppo grande per non intervenire e allungare la mano verso la povera donzella
in pericolo, con il mantello scintillante in buona mostra. Peccato solo che lui
non avesse niente del Principe Azzurro, visto che una parte della colpa era da
imputargli. Era o no una sua responsabilità quella di averla umiliata davanti
ai suoi sudditi, fronteggiandola come
se non fosse stata che un inutile insetto? Che poi fosse anche andato a
consolarla – beh, per quanto di incoraggiante poteva esserci nel prenderla in
giro prima e sbatterle in faccia la cruda realtà poi – era un altro paio di
maniche con cui non aveva voglia di confrontarsi, per il momento.
“Che diavolo vuoi?” Lo guardò truce, severa, come se
volesse scavargli quei maledetti occhi e andare direttamente a fondo della
questione, senza ulteriori pleonastiche parole.
Lui, per tutta risposta, si riservò un sorrisetto
divertito. “Proprio non riesco a starti simpatico, eh?”
Prego? Aveva sentito bene? E da quando si
preoccupava di starle simpatico?
“Proprio no, infatti.”
Al alzò gli occhi al cielo. “Sabato ci vieni a
Hogsmeade?” Domandò piuttosto, cambiando rapidamente discorso senza però
scomporsi di una virgola, sorriso raggiante in bella mostra.
Regina lo studiò diffidente. “Non vedo cosa dovrebbe
importartene.”
Lui sghignazzò. “Sapevo che avresti risposto così.”
La informò, del tutto a proprio agio.
“Mi fa piacere per te.” Non capiva: dove voleva
andare a parare?
“Allora, ci vieni o no?” Insistette tuttavia Albus,
per nulla infastidito dal tono seccato con cui lei continuava a rivolgersi a
lui. “Non dirmi che preferisci startene qui al chiuso!”
“Se anche fosse?” Lo guardò male lei.
Quello che non avrebbe mai ammesso, era che non se
la sentiva di scendere giù ad Hogsmeade e di starsene da sola come un cane per
tutto il giorno a guardare quell’oca opportunista di Samantha mentre si
prendeva le sue amiche – o quello che
erano, il concetto di fondo non cambiava – in tutta tranquillità, fingendo che
Regina Spencer non esistesse.
“Okay.” Si arrese finalmente lui, ma era troppo
allegro per illudersi che stesse davvero facendo retrofronte. “Come vuoi,
Regina!” Dichiarò e, così dicendo, le diede le spalle per ritornarsene da dove
era venuto, le mani nelle tasche e una nota canzone fischiettata dalla sua
bocca.
Non le piaceva, decise Regina quasi subito. Aveva
ceduto con troppa facilità e, per quanto le costasse dirlo, Albus Potter non
era il genere di persona così vile da rimangiarsi quanto detto o fatto. Se era
andato a cercarla per chiederle una simile questione, doveva avere un piano in
testa e lei pregava vivamente che non la riguardasse perché in tal caso
Hogwarts avrebbe dovuto assistere alla morte di un suo studente, e non era uno
scherzo.
≈♦≈♦≈♦≈
Rose si sentiva in imbarazzo. Ma non quel genere di
imbarazzo che faceva battere il cuore e infiammare le guance per l’emozione,
anche se rosse lo erano lo stesso. Rose si sentiva a disagio, fuori luogo, e
pertanto non poteva fare a meno di sentirsi imbarazzata.
Era stato tutto magnifico fino a quando erano stati
solo lei e Scorpius. Certo avevano battibeccato per quasi tutta la strada
dell’andata, ma dopotutto era normale per loro, era la routine che sopraffaceva
la loro vita e riempiva le giornate comuni. Ad un certo punto lui si era
persino offerto di accompagnarla in libreria e lui sapeva quanto tempo Rose era in grado di trascorrere in compagnia
di libri di ogni specie, insistendo pure per comprarle un libriccino su Rune
Avanzate.
Tirando un bilancio, si era comportato da vero
gentleman, senza mai lasciarle la mano e imbottendola di cibo anche quando non
aveva affatto fame, per poi sorridere nell’immaginare il suo titanico
fondoschiena se avesse continuato di quel passo... Vabbè, era un’altra storia
quella. Rimaneva comunque il fatto che il più delle volte Scorpius Malfoy aveva
tenuto fede alla sua fama di Ragazzo Da Appuntamenti Da Sogno, il tutto condito
come ovvio dallo charme e dall’eleganza intrinseca nella sua aristocratica
famiglia.
Perciò, quando l’aveva beccato soffermarsi a
scrutare con interesse attivo il gruppetto di Serpeverde riunitosi nei Tre
Manici di Scopa, Rose non aveva saputo impedirsi di proporgli una capatina dai
suoi amici, se voleva. Il che le era costato uno sforzo enorme considerato che,
a parte suo cugino Albus e la ragazza di Corvonero che si portava dietro, non
conosceva nessuno degli altri così bene da poterci scambiare più di tre parole
contate. Sforzo che ad ogni modo si era visto venir ripagato dal sorriso
spiccatamente felice apparso sul viso di Scorpius appena l’attimo dopo, quando,
con un bacio mozzafiato che le aveva in un attimo risucchiato tutto l’ossigeno
a disposizione, le aveva giurato che si sarebbero fermati solo per pochi
minuti, un saluto e via.
Tuttavia, dopo quasi un’intera ora trascorsa ad
ascoltare il suo ragazzo tenere banco con un’invidiabile carisma, la fiducia di
Rose di andarsene quanto prima, iniziava a subire profondi scossoni. Tanto più
che la maggior parte delle battute tra il gruppetto quasi esclusivamente
Serpeverde, le erano incomprensibili e, dunque, rimaneva l’unica scema che
quando c’era da ridere non coglieva mai l’occasione per farlo, finendo sempre
col rimanere a bocca semiaperta a scrutare i ghirigori del tavolino davanti a
lei. Cominciava a sentirsi un tantino idiota, oltre che imbarazzata, neanche
fosse stata l’unica straniera ad un gruppo di compagni di scuola e dunque non
capisse un accidenti di niente della lingua locale.
Sbuffando scocciata, alzò lo sguardo nel tenue
tentativo di cercare almeno la complicità di Al, o di Jesse, visto che Scorpius
sembrava completamente rapito da un acceso dibattito sul Quidditch con Maximilian
Zabini, meglio conosciuto come Max e basta, ma rimase l’amaro in bocca
nell’accorgersi che suo cugino era appena entrato nel dibattito mentre la sua
quasi ragazza appariva del tutto presa da una conversazione con l’amica che si
era portata dietro.
Possibile che lei fosse l’unica ad annoiarsi, lì?
“Beh, non è certo una novità che i Cannoni di
Chudley siano la squadra peggiore del campionato.”
Rose drizzò le orecchie. Aveva davvero sentito ciò che credeva di aver sentito? La bocca di Max
aveva appena sputato fuori una cavolata di proporzioni mastodontiche o se l’era
solo immaginato?
“Non hanno chance, è chiaro. I battitori fanno pietà
e il portiere non riesce a parare neanche sotto Felix Felicis. Insomma, le
Vespe di Winbourne sono nettamente superiori.”
“Sì, certo, come no.” Borbottò tra sé e sé Rose,
risentita.
“Come? Hai detto qualcosa Weasley?”
Beh, a quanto pareva non l’aveva detto poi tanto
sottovoce come sperato, a giudicare dal modo in cui Max e con lui l’intera
combriccola la stava fissando, Scorpius incluso.
Sgranchì la voce. “Niente, Zabini. Stavo
semplicemente constatando quanto siate frivoli voi Pungiglioni nel giudicare
una squadra da una qualche partita andata male. Tanto più che, correggimi se
sbaglio, i Cannoni vi hanno battuto pesantemente l’ultima volta. Il che mi
porta a credere che potrebbero benissimo replicare l’impresa.” In realtà era
più di qualche partita, ma preferì
sorvolare sulla faccenda.
La sua affermazione, comunque, aveva sortito gli
effetti sperati. Max si era levato via quell’espressione trionfale dal viso per
approdare in uno stato di stupore completo, quasi che in vita sua nessuno prima
di allora gli avesse mai detto una cosa del genere. Accanto a lei, invece,
Scorpius aveva alzato un sopracciglio, l’aria colpita e affascinata insieme,
mentre suo cugino Al non fingeva neppure di celare il sorrisetto furbesco sulle
sue labbra.
“Cioè, fammi capire bene.” Si riprese poco dopo Max,
raddrizzatosi sulla sedia per farsi più vicino, di modo da scrutarla con
attenzione in volto. “Tu stai seriamente
dicendo che i Cannoni di Chudley possano avere qualche possibilità di batterci?”
“No, Zabini.” Lo
corresse Rose, punta sul vivo. “Sto dicendo che i Cannoni hanno sicuramente molte più possibilità delle
Vespe di batterli. Ricordami, quanto avete perso l’altra volta...?”
Arrossì. “Dettagli.”
Mugugnò, infastidito, salvo riscuotersi subito dopo. “Se non ricordo male,
comunque, i Cannoni non godono di un’ottima posizione in classifica, ad oggi,
no?”
Scorpius ghignò, Al si
scatenò in un giubilo di risate e Rose avvampò.
“Dettagli.” Ripeté,
sdegnata.
“Perciò devo dedurne che sei una tifosa dei
Cannoni?” Adesso Max sembrava molto più interessato alla faccenda di quanto non
lo fosse mai stato, il viso disteso e gli occhi che brillavano, sinonimo di
aver appena trovato un degno rivale con cui disquisire per ore di Quidditch.
“Deduci bene, Pungiglione dei miei stivali.”
Al commento Scorpius dovette ingollare una lunga
sorsata di Burrobirra per non scoppiare a ridere a sua volta, il che sarebbe
stato sconveniente considerando l’occhiata di fuoco che l’unica Grifondoro
presente gli rivolse.
“Max, mi sa che hai trovato qualcuno che ti darà del
filo da torcere.” S’intromise con la solita scioltezza Albus, che stava ancora
ridacchiando, prima di assumere un’aria malandrina nello scontrare qualcosa
fuori dalla vetrina dei Tre Manici di Scopa. “Volete scusarmi un istante? Vengo
subito.” Dichiarò, alzandosi in piedi e dirigendosi verso la porta, non senza
aver lanciato uno sguardo di scuse verso Jesse che, in imbarazzo, si limitò ad
annuire col capo.
“Allora, Weasley.” Proruppe poco dopo Max, per nulla
intenzionato a lasciar cadere la questione. “Stavamo dicendo?”
“Di come i Cannoni batteranno le Vespe nella
prossima partita.”
Zabini sogghignò. “Oh, ovvio.”
≈♦≈♦≈♦≈
“Regina! Ehi, Regina! Eddai, aspettami!”
Una mano la agguantò per il polso, spingendola verso
di sé e costringendola in questo modo a fermarsi, seppur contro la sua volontà.
Il che ad ogni modo non le impedì di riservare l’occhiata più gelida e al
vetriolo del suo repertorio verso il ragazzo che l’aveva appena chiamata e che
le stava rovinando la vita. Ed eccolo lì, Albus Severus Potter, ritto dinanzi a
lei con quell’insopportabile sorrisino da incorreggibile furfante stampato in
faccia, con la migliore espressione amichevole e uno scintillio di sano
divertimento negli occhi smeraldini.
“Che cavolo vuoi?” Tuonò, per nulla intenzionata a
ritornare sui suoi passi.
Quel bastardo... Se avesse potuto gli avrebbe
lanciato contro uno di quegli incantesimi che nemmeno la Chips sarebbe stata in
grado di sciogliere. Ma purtroppo c’erano troppi testimoni di cui doversi
occupare poi per non venire espulsa da scuola con la scusa di attentato alla
vita di uno studente. Chiaramente, quella vecchia bacucca della McGranitt non
conosceva Al Potter, altrimenti sì che le avrebbe dato ragione. O forse no,
però...una donna aveva pur bisogno di togliersi delle soddisfazioni, alle
volte!
“Non dirmelo: ce l’hai con me?” Buttò ad indovinare
Al, un po’ troppo sorridente per apparire convincente.
Regina quasi si strappò via il polso dalla sua presa
ferrea. “Non osare mai più rivolgermi la parola, Potter!” Sentenziò,
ricomponendosi l’istante dopo per rivoltarsi verso la sua strada, impettita.
Come ovvio, due secondi dopo lui le era di fianco,
gongolante peggio di un mago al suo primo incantesimo. “Andiamo Regina, non
puoi avercela con me per così poco!” Tentò di farla ragionare, consapevole che
così avrebbe solo acceso l’ardore che bruciava nel petto della ragazza.
“Per così poco?!”
Ripeté difatti lei, bloccandosi a metà strada per lanciargli sguardi
dardeggianti. “Tu mi hai imbrogliata! Hai convinto quell’idiota di Lumacorno a
farmi fare la ronda quando era compito dei Corvonero! E gli hai fatto credere
che volevo farlo come volontaria‼”
Normalmente Regina era piuttosto brava a mostrarsi
impassibile, fredda e glaciale dinanzi agli inconvenienti, ma questo era perché
non si era mai trovata di fronte ad un inconveniente tanto grande e scomodo
quanto sapeva esserlo Albus.
Il ragazzo, dal canto suo, neanche si finse
rammaricato, come avrebbe dovuto, quanto piuttosto del tutto impunemente
sfoderò un sorriso conigliesco, il quale, per una ragione del tutto fuori luogo
e insignificante, la fece palpitare. Si ricompose subito dopo, riacquistando
l’aria altezzosa di sempre, mentre si premurava di lanciargli sguardi di fuoco
vivo nella speranza che vi cogliesse dentro tutto il suo scontento per quella
presa in giro. Era meglio mettere le cose in chiaro dall’inizio con quel tipo,
prima che l’istinto prevalesse sulla ragione e la spingesse a fare azioni per
cui avrebbe avuto seri problemi contro cui doversi rapportare in seguito.
“Non pensavo ti saresti arrabbiata tanto.” Scrollò
dunque le spalle Al, con una nonchalance degna di nota.
Regina lo guardò male. “Ah no? Credevi che ti avrei
ringraziato a vita, invece?”
“Ma perché devi sempre vedere le cose in negativo?”
“Ma perché non ti fai gli affari tuoi, Potter?”
Lui scrollò di nuovo le spalle e fece per dire
qualcosa, ma una voce dal timbro maturo e di signora interruppe tra loro con la
forza di un iceberg, impedendogli di continuare.
“Regina.”
Si girarono quasi contemporaneamente verso l’origine
del rumore, assumendo cipigli diversi nel ritrovarsi dinanzi una donna
dall’aspetto curato e di classe. Un tubino nero, semplice, dalle rifiniture
meticolose metteva in risalto un fisico perfettamente longilineo, nonostante la
non più giovane età, e su di esso un cappottino bordeaux cascava con
incredibile audacia, senza però risultare eccessivo o inadeguato, anzi. Sul
viso sapientemente truccato di quando in quando si poteva intravedere qualche
sporadica ruga, unico segno del passaggio del tempo su un corpo di per sé
inappuntabile, con le labbra carnose che dipingevano una o dai contorni rossastri.
Una bella signora, dunque, se non fosse stato per
gli occhi di un nero antracite che, ridotti a due fessure sottili, scrutavano
la ragazza accanto ad Al con ostinato criticismo. Se ne chiese la ragione,
all’improvviso interessato dalle faccende di Regina, ma la curiosità scemò non
appena intercettò un’ombra scura attraversare le iridi verdi della compagna di
Casa. Sembrava afflitta, così, di punto in bianco, e lui si sorprese dell’intensità
con cui continuava a chiedersene la ragione.
“Buongiorno, mamma.”
La voce di Regina, neanche lontanamente paragonabile
a quella sicura e anche un po’ sdegnosa di sempre, costrinse Albus a gettarle
occhiate stupite. Si era perso un passaggio, per caso? L’attimo prima lei era
lì ad infierire su di lui e sul tiro mancino che le aveva giocato, senza sapere
il perché di fondo ai suoi gesti, mentre il minuto dopo abbassava il capo
colpevole sotto lo sguardo fisso della donna che, con suo enorme stupore, aveva
appena etichettato quale sua madre.
Beh, dire che non avessero avuto nulla in comune,
equivaleva mentire. Il colore dei capelli, la forma del mento, gli zigomi
pronunciati, il taglio degli occhi e forse persino qualcosa del naso. Ma per il
resto, se non si andava ad analizzare quei piccoli dettagli, potevano sembrare
perfettamente due estranee.
Anche dal modo di rapportarsi, in fin dei conti,
l’idea non cambiava. Né un abbraccio, né una stretta di mano. Sua madre lo
avrebbe strapazzato a dovere se avesse avuto la fortuna di beccarlo in giro per
Hogsmeade in pieno anno scolastico, già si conteneva appena quando rientrava
dalle vacanze, un’occasione del genere era praticamente il suo sogno! La
signora Spencer, invece, non si era sbilanciata in nessun gesto emotivo che
potesse lasciare intendere la voglia matta di rivedere sua figlia e, da che ne
sapeva lui, Regina era anche la sua unica
figlia.
Un brivido gli percorse la schiena al pensiero, che
si affrettò a scacciare denegando col capo.
“Non mi avevi detto che saresti venuta ad Hogsmeade
oggi.” Riprese poco dopo parola la signora in giubbotto rosso, l’aria
sprezzante impressa in ogni centimetro del viso.
Per una strana motivazione, Al decise quasi subito
che quella donna non gli piaceva. Non gli aveva fatto nulla, né pareva averne
alcuna intenzione, eppure non riusciva a lasciarsi scivolare di dosso la
sensazione sgradevole che quell’incontro gli aveva messo. Inoltre sospettava
che indirettamente con la sua antipatica epidermica c’entrasse in qualche modo
anche lo sguardo scorto negli occhi di Regina, ma non ebbe il tempo per
approfondire che si ritrovò ad assistere ad un nuovo mutamento
nell’atteggiamento di quest’ultima.
“Infatti non dovevo venire. Sono stata costretta.” Sottolineò la parola con
rabbia, quasi avesse voluto staccargli la testa a morsi, e non si preoccupò nel
guardarlo in cagnesco, a volerlo incenerire con il solo potere visivo.
“Io scommetto che sotto sotto ti ha fatto piacere.”
Non poté fare a meno di aggiungere Al, sorridendo compiaciuto nel vederla
arrossire in zona orecchie per l’indignazione.
Prenderla in giro tanto spudoratamente e vederla
arrabbiarsi così, in netta opposizione con la rigida Regina Spencer di
sempre...oh, non aveva prezzo!
“Non scommettere troppi soldi allora. Finirai per
perderli.” Fu la pronta risposta della ragazza, ad un tratto dimentica della
presenza severa della madre.
Ma la donna ci mise poco e niente a farsi ricordare.
“Sei da sola? Samantha Thompson non è con te?”
“No, te l’ho detto. Noi...non siamo più amiche.” Avrebbe
voluto aggiungere che dopotutto non lo erano mai state, ma preferì tenere per
sé il pensiero, consapevole che alla madre non sarebbe interessato comunque.
Sentiva lo sguardo di Al fisso addosso e la cosa la
fece stranamente sussultare. Era come se i suoi occhi stessero cercando di
depredare la corazza d’acciaio per penetrare in ogni singolo pensiero, per
analizzare il rimasuglio di emozioni indistinte e tentare così di dare una
spiegazione abbastanza valida a ciò che stava succedendo proprio dinanzi a lui.
Regina s’irrigidì per istinto, non le piaceva essere letta come se fosse stata
un libro aperto.
“Perciò devo dedurne che non sei ancora riuscita a
riappacificarti con la tua unica amica.”
Al assottigliò le palpebre alle parole della signora
Spencer. Era stata una sua impressione, o aveva utilizzato un tono di voce
prettamente risentito, specie alla parola ‘unica’? Stava davvero cercando di –
gli risultava ridicolo anche solo congetturare una simile ipotesi – farla
sentire in colpa? Di cosa, poi? Per
aver chiuso i rapporti con quella che le aveva fatto lo scalpo alla prima buona
occasione?!
“No.” Denegò solo Regina, a capo chino e con le mani
intrecciate in grembo.
Non era la Regina Spencer di sempre, quella. Non
c’era rimasto più niente della fierezza da leonessa che sfoggiava imperterrita
per i corridoi di Hogwarts, né della lingua tagliente che non smetteva mai di
utilizzare su tutto, anche sulle sciocchezze. Della ragazza d’acciaio con una
schiera di ragazzette pronte a gettarsi da un dirupo per lei, non c’era neanche
più l’ombra.
Mosso da un’assurda voglia di rivalsa per lei, Albus
raddrizzò le spalle e, con un’agilità degna del suo ruolo di Battitore, allungò
un braccio ad avvolgere con sicurezza le spalle di Regina. Gli occhi puntavano
con insistenza sul viso severo della donna dinanzi a lui e non distolse lo
sguardo neanche quando la coetanea gli scoccò un’occhiata di rimprovero,
visibilmente furente. Era ovvio a cosa stesse pensando: che lui voleva
umiliarla e, pur non capendone il motivo, il saperlo gli procurò uno strano
bruciore all’altezza dello stomaco che puntualmente scacciò con una smorfia.
“Regina vi ha parlato di me? Scommetto di no. Sa,
tende ad essere piuttosto riservata quando si tratta di queste cose...”
Bisbigliò Al a mezza voce, lanciando un occhiolino complice all’indirizzo della
signora Spencer che avrebbe dovuto lasciar intendere un rapporto di natura
alquanto intima tra lui e la figlia, ricevendo
di rimando un sopracciglio inarcato con aria scettica.
“Perciò tu saresti...” Lasciò cadere la frase, con
molto poco interesse.
Ma Albus non si lasciò intimidire e, con un sorriso
sfrontato, le porse la mano libera dalla presa sulla spalla di Regina, la quale
intanto continuava a lanciargli tacite minacce di morte se non l’avesse finita
al più presto con quella pagliacciata.
“Albus Severus Potter, signora.” Si presentò con
sicurezza lui, sorridendo divertito nel constatare l’immancabile mutamento di
espressione che parve coinvolgere la donna, alla notizia.
Di solito Al non era il tipo da tirare in ballo il
suo cognome ovunque gli capitasse, benché sapesse che il solo pronunciarlo
riusciva a garantirgli più privilegi di quanti sarebbe mai riuscito a
smaltirne. Certo non era neanche disposto a negarlo, anzi era orgoglioso di
portarlo addosso come l’effige delle imprese compiute con estrema fatica e
tanto dolore da suo padre, anni addietro. Per alcuni versi, aveva sempre
preferito cavarsela da solo, per essere Al
e non il figlio di Harry Potter. Ma adesso, dinanzi all’occhiata addirittura imbarazzata
della madre di Regina, sapeva di aver centrato perfettamente la questione.
Nemmeno nei suoi sogni più rosei, doveva essersi figurata la figlia in
compagnia di un ragazzo tanto facoltoso e celebre quale il rampollo del Bambino
Sopravvissuto.
Adesso
sì –
avrebbe voluto poterle chiederle, mentre rafforzava per istinto la presa
attorno alle spalle di Regina – che tua
figlia è degna di essere tale, eh?
Scosse il capo, risentito, ma non lo diede a vedere
neppure per un istante. Sapeva essere un bravo attore quando voleva e quando il
caso lo richiedeva. Ora come ora, la necessità che rimanesse composto con un
bel sorriso da pubblicità del dentifricio stampato in faccia, era più imminente
di qualsiasi altra cosa.
“Oh.” Farfugliò dopo un silenzio interminabile la
donna, chiaramente stupita di udire proprio quel nome, prima di animarsi di un
cipiglio tanto affabile quanto falso. “È un piacere conoscerla, signor Potter.
In effetti Regina mi parla spessissimo
di lei.”
“Davvero?” Non poté fare a meno di rimarcare la cosa
Al, gettando un’occhiata alla ragazza al suo fianco, la quale stava lottando
duro per non mandarlo a quel paese come avrebbe voluto.
“Sì, in quasi tutte le lettere.” Confermò la donna,
tanto calorosa quanto visibilmente bugiarda. “Eppure non sapevo che stavate
insieme.”
“Cosa?” Stavolta Regina proprio non ce la fece a
rimanersene in silenzio e, recuperato un briciolo di padronanza di sé, s’infilò
di soppiatto nella conversazione.
“Non fare la timida adesso, tesoro.” Tentò di
buttarla sul ridere la madre, con scarsi risultati tra l’altro.
Regina corrugò la fronte. Da quando la chiamava
‘tesoro’?
“Beh, perché voi state insieme...no?” Domandò poi la
signora Spencer, fingendo una convincente genuinità nel porre l’interrogativo.
Al sorrise furbescamente. “Se per stare insieme
intende dire che ci piace trascorrere molto tempo assieme, da soli,
allora sì, stiamo insieme.” Convalidò, solido anche quando Regina gli tirò una
gomitata nelle costole, infuriata.
“Bene. Mi fa molto piacere saperlo.” Ricambiò al
sorriso l’altra, prima di buttare con nonchalance un’occhiata all’orologio; il
fatto di aver appena appreso che sua figlia con molta probabilità intrattenesse
rapporti molto poco pudichi con un ragazzo non pareva neppure averla sfiorata,
figurarsi impensierita. “Oh, com’è tardi. Spero mi perdonerà se non mi soffermo
ancora a parlare con lei, signor Potter. Avrei un impegno molto urgente a cui è
richiesta la mia preziosa presenza.”
“Ma si figuri, signora Spencer.”
“La prego, mi chiami pure Callista.” Celiò la donna,
allungando una mano nella sua direzione.
“Va bene, Callista.
Ma lei deve promettermi di darmi del tu, la prossima volta che ci
rincontreremo.” Ribatté lusinghiero Albus, prodigandosi in un profondo
baciamano che fece impallidire mortalmente Regina.
“Allora siamo d’accordo, Albus.” Acconsentì subito Callista, che non attendeva altro, prima
di rivolgersi finalmente verso il sangue del suo sangue. “Cerca di non
stancarti troppo, tesoro. E porta questo bel giovanotto a trovarci, qualche
volta. Tuo padre ne sarà felicissimo.”
“Immagino...” Sussurrò tra i denti Regina, senza
neanche sforzarsi di ricambiare all’abbraccio gelido che la madre le rivolse
con una nota d’insicurezza a delineare la sua mancata esperienza in quel campo.
“Arrivederci, Albus.” Disse ancora Callista prima di
voltarsi e, con passo elegante, incamminarsi verso una meta ignota ai due
ragazzi, senza neppure aver salutato la figlia...
“Leva immediatamente quel braccio di lì, Potter,
prima che te lo stacchi a morsi.” Regina manco aspettò che la madre fosse
troppo lontana che subito si affrettò a ripristinare la lontananza dovuta.
Di rimando, Al sbuffò sonoramente, ma non per questo
si vide scemare via il sorriso dalle labbra. “Sai, magari un grazie Al non guasterebbe poi troppo.”
“Sparisci Al
fa lo stesso?” Digrignò tra i denti lei, inviperita.
“Ci risiamo...!” Alzò gli occhi al cielo lui,
seccato dal comportamento assurdo di quella donna. “Che ho fatto stavolta? Ti
ho di nuovo aiutata?”
L’accusa, stranamente, la fece arrossire e, proprio
per questo, incattivire ancora di più. “Perché non provi a sparire dalla mia
vita una volta per tutte piuttosto, eh?”
“Non posso.”
“Dai? E sentiamo, perché no?”
Per un istante, un singolo istante che le fece
battere il cuore più forte di quanto fosse di suo gradimento, Al sembrò sul
punto di dire qualcosa di tendenzialmente serio e profondo, salvo poi scrollare
le spalle e cambiare idea all’ultimo minuto.
“Mi sembra ovvio. Tuo padre sarebbe felicissimo di vedermi!”
“Va al diavolo, Potter‼” E così dicendo, viso
in fiamme per la collera e nocche bianche tanto stringeva i pugni, Regina si
allontanò da lui con la grazia di un carro armato sul punto di fare fuoco, il
tutto sotto lo sguardo come imbambolato in uno stato di benessere surreale di
Al.
≈♦≈♦≈♦≈
“Perché stai sorridendo?” Rose gettò un’occhiata
sospettosa all’indirizzo di Scorpius mentre, mano nella mano, si apprestavano a
fare ritorno al castello.
“Niente.” Tentò di deviare il discorso lui,
soprapensiero.
“Scorpius!” Glielo impedì tuttavia lei che, quando
si intestardiva per una cosa, non c’era verso di smuoverla o di convincerla a
desistere.
Consapevole di questo suo aspetto caratteriale,
Scorpius roteò gli occhi e si passò con calma una mano nei capelli dorati, scompigliandoli
quel tanto che bastava a dar loro un aspetto inselvatichito che a sua insaputa
riusciva a far andare la sua ragazza in brodo di giuggiole. Poi, come se non le
avesse appena procurato i primi sintomi di un sicuro arresto cardiaco, le
sorrise selvaggiamente, facendo aumentare la temperatura a livelli sovrumani. A
quel punto Rose stava per mollargli un ceffone, intenzionata a porre fine a
quel gratuito sfoggio di bellezza, se non fosse stata interrotta dal fortuito
intervento di lui.
“Ah Rose...!” Ridacchiò particolarmente di
buonumore, girandole alle spalle per stringerla in un caloroso abbraccio da
dietro, così strano se associato ad un tipo come lui. “Stavo pensando a te che
tenevi testa a Max.”
“Non avrei dovuto?” Domandò improvvisamente timorosa
lei, camminando a fatica per via della stretta ma per nulla intenzionata a
scioglierla.
Scorpius riusciva ad apparire sempre così freddo e
distaccato che le era venuto spontaneo associare i suoi abbracci a quei due
aggettivi specifici. Invece, al contrario, stare tra le sue braccia era quanto
di più caldo potesse esserci e non era per via del calore del suo corpo,
piuttosto tiepido rispetto alla temperatura usuale di Rose. Era strano, era
lui, erano i suoi gesti che riuscivano ad accenderle un fuoco da dentro, il più
dolce di tutti.
“Sei stata fantastica. Nessuno è mai riuscito a
mettere Max a tacere come hai saputo fare tu. Sai che ti dico?” Si era
avvicinato quel tanto che bastava per sussurrarle nelle orecchie, facendola
fremere per l’emozione. “Dovresti farlo più spesso.”
“Davvero?” Non poté fare a meno di ridere Rose,
eccitata come una bambina il giorno di Natale.
Scorpius annuì, grave. “Davvero, signorina Weasley.”
“Oh, ma grazie, signor Malfoy!” Ribatté di rimando
lei, mentre si fermava e, cogliendolo di sorpresa, gli buttava le braccia al
collo con trasporto, costringendolo ad abbassarsi per depositare un lungo bacio
sulle sue labbra perfette.
Scorpius comunque non si fece trovare impreparato
per molto e, affondando le mani nella pelle morbida dei fianchi di Rose, restituì
il bacio con quanto più ardore possibile, tanto da toglierle il fiato e farle
salire il rossore alle guance. Quando si separarono, i loro polmoni gridavano
pietà, ma le loro labbra erano arricciate in un sorriso saturo di un’appagante
felicità. Rimasero così a guardarsi l’un l’altra per ancora qualche minuto,
prima che lui scivolasse lungo il braccio di lei, giungendo alla mano e
stringendola poi con la propria.
“Qualcuno vi ha mai detto che siete da carie?”
Si voltarono e chi alzò un sopracciglio con aria
sardonica, chi sorrise all’indirizzo di Albus Potter, fermo dinanzi a loro con
sguardo malizioso.
“Qualcuno ti ha mai detto che sei un impiccione?”
Rispose subito Scorpius, con un filo d’ironia che non passò di certo
inosservato.
Al sorrise. “Oh, beh, fa parte del mio fascino.”
Scrollò le spalle, muovendo un paio di passi nella loro direzione per
affiancarsi alla cugina e riprendere la camminata verso il castello con loro.
“Sì, certo, come no!” Stava nel frattempo dicendo
Rose, gli occhi rivolti verso il cielo. “Piuttosto, Jesse? Non è con te?”
“Ci aspetta più avanti. Io ero venuto a cercarvi.”
Tagliò corto il moro, rapido.
“Potevi anche farti i fatti tuoi, Potter.”
“Potevi anche
farti i fatti tuoi! Ma sentitelo, questo Malfoy da quattro soldi! Così si
ripaga il favore di un amico, preoccupato che non rientrasse per tempo a
Hogwarts?” Assunse un cipiglio fintamente indignato Al, piuttosto credibile se
non fosse stato per l’espressione divertita impiantatasi nel fondo degli occhi
smeraldini.
“Allora grazie per la cortesia.” Si chinò sfacciato
Scorpius, ma l’altro anziché offendersi scoppiò in una risata divertita.
“Sei un bastardo, Malfoy!” Dichiarò, mettendo su
un’aria sconvolta, che fece ridacchiare l’altro e scuotere il capo Rose.
“Così sei troppo gentile, Al!”
“Voi, da questa parte! E vedete di sforzare quelle
gambe se vogliamo ritornare al castello entro notte!” Prima ancora che uno dei
tre potesse aggiungere qualcosa a quel complice scambio di battute tra amici,
una quarta voce si frappose con prepotenza tra loro, reclamando la loro
attenzione sulla sinistra.
Non molto distante da loro, sul sentiero principale,
Regina Spencer mostrava tutto il proprio ascendete quale Prefetto sui novellini
di turno, che, capo chino, ascoltavano le sue direttive come le pecore
ascoltano il pastore. Si fermarono, come rapiti dallo charme incredibile e
innegabile della Serpeverde. Certo poteva avere i suoi mille difetti, eppure il
suo incredibile carisma era qualcosa che riusciva sempre a venir fuori e a
colpire i più con la stessa intensità della bellezza di una Veela, in positivo
o in negativo che fosse.
“Dai, andiamo.” Propose poco dopo Scorpius,
riscuotendosi dai propri pensieri per rivolgere ogni interesse su Rose.
La ragazza, dal canto suo, rimase ancora per un lungo
istante come inebetita a fissare la chioma corvina della Spencer, persa nei
meandri dei suoi più arcaici pensieri, prima di accorgersi dell’occhiata del
fidanzato su di sé e annuire in un sorriso genuino.
“Sì.” Asserì, rafforzando la presa sulla sua mano e
seguendolo lungo la rotta verso Hogwarts, senza accorgersi che Al nel frattempo
era rimasto indietro.
Il ragazzo, infatti, era immerso con lo sguardo sul
viso di Regina, mentre una strana morsa gli attanagliava lo stomaco. Aveva
sempre creduto di conoscerla, di averla inquadrata come la ragazza desiderosa
di attenzioni e di potere di turno e, pertanto, non si era mai sforzato più di
tanto a cercare di capirla. Quel giorno, però, vedendo come la madre non la vedeva, si era reso conto che
c’era molto di più dietro la facciata perfetta che era solita indossare davanti
al mondo e, per una ragione che non riusciva ancora a capire, era attratto come
una calamita verso quella parte di Regina. Voleva conoscerla. Voleva conoscerla
veramente.
Mosso da un meccanismo involontario, Al alzò un
braccio e, con la mano, le rivolse un saluto amichevole, le labbra arricciate
all’insù. Lei, che ovviamente l’aveva notato, lo guardò dapprima con
circospezione, poi annuì appena col capo, in un saluto quasi impercettibile ma
sufficiente a metter via la maschera e a fargli capire che non era più
arrabbiata. Ma dopotutto, lo era mai stata?
“Ancora qui, voi due?! Camminare, gente, camminare! Un due, un due! Forza con
quei passi da bimbette!” Poi, così come era venuto, il momento scivolò via e
Regina ritornò ad indossare la maschera di sempre, solo che stavolta Albus non
era infastidito.
Sorrise. “Ehi, aspettatemi!” Disse invece, rivolto
verso Scorpius e Rose che, poco lontano, si fermarono subito.
“Sei una palla al piede, Al.” Lo avvertì il biondo,
in uno sbuffo poco credibile.
“Vediamo se indovino.” Prima ancora che Albus
potesse replicare, la cugina l’aveva già preceduto. “Fa sempre parte del tuo
fascino, giusto?”
“Giustissimo, Rosie!” Annuì, contento, mentre
ritornava al suo posto, quello di fianco alla ragazza, per riprendere la marcia
verso Hogwarts, sentendosi stranamente più leggero del solito.
Sopra le loro teste, il cielo intanto aveva
acquisito nuove sfumature di malva che, sfumandosi all’oro colato del sole,
riempivano l’aria di tante striature cangianti.
Il tramonto era appena iniziato.
The
End
Non credevo che questo quarto capitolo
della saga di Estetica potesse
venirmi fuori così lungo, mentre invece ho sforato di ben due pagine quelle
usuali. Ma mi dispiaceva tagliare e, perciò, ho deciso di tenerlo così lo
stesso. Dopotutto un capitolo del genere mi serviva ai fini della storia! ^.-
Come mi aveva suggerito in una
recensione Aurora_Cullen e per la quale non mi stancherò mai
di ringraziarla, stavolta ho approfondito molto di più sul rapporto tra Al e
Regina. Certo non potevano mancare i miei adorati Scorpius e Rose, che in
qualche modo riescono sempre a tagliarsi il loro spazio. Comunque spero che vi
piaccia anche questa one-shot, io stranamente ne sono abbastanza soddisfatta.
Non appieno, perché ahimè io non lo sono mai con le mie storie, ma abbastanza e, conoscendomi, è già
tantissimo.
Con questa storia volevo dare maggiore
spessore a Regina e chiarire alcune sfumature del suo carattere e dei rapporti
con gli altri, tipo quello complicatissimo con la madre e quello surreale con
Albus. Spero di esserci riuscita, di averle dato quella punta di concretezza
che le spetta di diritto. Sì perché, partendo come un personaggio detestato
anche da me, sta iniziando a piacermi davvero il suo ruolo e lei come
personaggio di per sé. Mi fate sapere anche voi cosa ne pensate? Ne sarei
davvero contenta. ^-^
Dunque, visto che avevo sparpagliato le
varie foto dei nostri protagonisti per i vari capitoli, ho deciso di farne una
raccolta e di pubblicarla sul mio sito. Vi lascio il link, così potete dare
un’occhiata ai volti degli attori che ho scelto per loro. Devo ancora trovare
qualcuno che “interpreti” Jesse Parker, ma la ricerca si sta rivelando più
difficile del previsto perché ci vuole qualcuno di non troppo appariscente,
anche se carina (consigli?).
Ultima cosa, ma non per ordine di
importanza, come sempre ne approfitto per ringraziare le splendide persone che
hanno lasciato una recensione o che hanno letto, preferito o seguito lo scorso
capitoletto, Il filtro. Grazie
davvero tantissimo, perché mi fate sapere cosa ne pensate e per me è davvero
importante sapere se e quanto di mio è arrivato a voi. Se vi fa piacere, fatemi
sapere cosa ne pensate anche di questa one-shot, così da prendere spunto e
imparare per i prossimi capitoli di questa saga.
Baci.
Memi J