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Autore: seventhe    21/10/2009    2 recensioni
Era stato un passaggio fluido, e molto tifesco: prendersi cura di Cloud, prendersi cura della donna che Cloud amava. Ma Aeris aveva dimenticato qualcosa, oltre ai pezzi e ai frammenti, agli asciugamani e al tè. Sorrideva a Cloud, ma qualunque cosa fosse non c’era, non era lì, e tutta la stanza s’impregnava sempre di una cosa molto simile all’angoscia.
Due donne rotte, e un uomo nel mezzo. E Tifa lo ripeteva sempre, Cloud, non puoi costringere questa Aeris ad essere l’altra Aeris.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Aeris Gainsborough, Cloud Strife, Tifa Lockheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: FFVII
- Questa storia fa parte della serie 'Warming Up'
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NdA: Questa fanfiction (promessa e consegnata a Cendrillo come fanfiction natalizia) fa parte di Warming Up, che è una serie di one-shot su diverse coppie di Final fantasy VII. Il titolo si riferisce tanto a (1) persone che si scaldano a vicenda quanto a (2) seventhe che si riscalda in un altro fandom prima che quello di FFVIII la inghiottisca del tutto. Inoltre, qualcuno una volta disse: “la brevità è l’essenza dell’ingegno”. Beh, di sicuro non si stava riferendo a me…
Attenzione: l’intero proposito di questa fanfiction è tentare di portare i personaggi un pochino oltre i loro stereotipi*. Non venitevene a strillare ‘OMFG OOC’ da me perché non ascolterò, e anche perché sembrereste dei cretini.
NdT:*Per "stereotipi" seventhe intende chiaramente gli stereotipi del fandom anglofono. La fanfiction è ‘OOC’ rispetto a quegli schemi, non rispetto al gioco originale. La storia è stata beta-letta per la prima volta da caith rikku, poi da Frances ed è infine stata controllata un’ultima volta dalla traduttrice, che sarei io XD
Non dubito che possa essermi sfuggito qualcosa, comunque, quindi nel caso mi farebbero molto piacere eventuali segnalazioni <3



In realtà, quando l’avevano trovata al Northern Crater nessuno ne era rimasto sorpreso: quella cosa, quel misto di Holy e Lifestream aveva la firma di Aeris scritta ovunque, e non c’era bisogno di impronte digitali, perché una traccia di sangue è più affidabile. Era rimasta nei pensieri di tutti, soprattutto ora perché ehi, si erano tolti dai piedi quel casino con Sephiroth e la fine di quella storia aveva ricordato a tutti loro il prezzo che avevano pagato. Era sembrato quasi che la stessa Aeris – traccia di sangue – filtrasse dalle crepe di quella terra per dar potere all’Holy, per agguantare la Meteora. Avevano provato una sensazione familiare, come se lì fuori, verde brillante, bianchi e magici ci fossero i suoi capelli, le sue mani, il suo viso, la sua volontà.

Il Lifestream fasciava Aeris dalla madre che era e lei ne sbocciava come una ragazza-fiore, i capelli come petali brinati e le braccia aperte e avvolte da steli verdi di viticci e luci incandescenti. Galleggiava sulla sommità di una colonna di Lifestream che sgorgava dalla terra in un geyser di luce smeraldina.

E lì rimase.

La chiamarono e richiamarono e le urlarono (Barret) e la implorarono (Cloud) e rimproverarono (Tifa) e le scagliarono oggetti (Yuffie) e alla fine corruppero Vincent (sempre Yuffie) a lanciarsi in cielo nel tentativo di determinare le sue condizioni: “Svenuta,” fu tutto quello che disse (e a quel punto Yuffie reclamò prontamente il suo Bahamut). Dopo due giorni che erano accampati lì fuori la luce raggiante cominciò a ritirarsi nella terra, e prima del quarto Aeris era sdraiata prona sul terreno ancora scintillante. (“Svenuta,” ripeté Vincent.) Alla fine Cloud allungò una mano e la toccò, e quando vide che il terreno non gli saltò addosso per punirlo, arrabbiato, la prese in braccio e la portò al riparo accanto al fuoco e passò il resto della notte a fissarle il viso, angustiato.

Il quinto giorno, Aeris aprì gli occhi. Non sapeva nulla, nessun linguaggio, neanche qualche parola, anche se sapeva di dover seguire quegli strani esseri, di doversi far nutrire e condurre da loro al letto più comodo che riuscirono a mettere insieme. La sorveglianza al Northern Crater continuò (cosa molto scocciante per Yuffie, che però non voleva lamentarsi) e Aeris dormì per altri tre giorni – dormiva diritta, talmente compatta che Tifa dovette controllarla quasi ogni ora per assicurarsi che stesse ancora respirando.

Quando stavolta si svegliò sapeva: riconosceva i loro volti e sapeva i loro nomi. Sapeva cos’era successo. Sapeva della propria morte, che è come sapere un segreto che però si rivela falso: e sapere com’era morta le lasciava delle porte aperte nella mente, da cui provenivano dei sussurri. Quando sei una di quelle rare persone che conosce il futuro, che sa cosa succederà, conoscere la propria morte è già abbastanza duro per l’intelletto di un normale essere umano; essere già morto e saperlo ti fa cadere in una cosa molto simile all’angoscia, solo peggio. Ma sapere che sei morto e che ti è stata data una seconda opportunità ti fa sentire un po’ come quando ti innamori. Aeris sentì la mente scorrere e il cervello mormorare e il cuore battere ad altissima velocità, tutto in una volta, e respirò.

Alla fine venne fuori una cosa molto meno monumentale di quanto avevano pensato/sperato/temuto: un corpo umano proprio non può reggere tutte queste emozioni in un colpo solo, altrimenti si surriscalderebbe, friggerebbe, evaporerebbe. In più grossomodo era quello che si aspettavano tutti dopo aver visto l’opera di Aeris imprimere il proprio nome sul pianeta con una risata e una provocazione: sarebbe tornata. E così le cose si sistemarono, come polvere dopo una folata di vento, come Lifestream che rifluiva nella terra arida: un qualcosa che ricordava, e forse era, la calma.

Nel giro di un giorno o due Aeris era di nuovo la fioraia che avevano conosciuto e tutti gli altri erano tornati in sé, anche se magari un filo più inclini alle lacrime. (Cid negava con veemenza di aver pianto, anche quando nessuno glielo chiedeva.) Si ritirarono tutti nelle rispettive personalità standard per amor di prudenza e si decise di tornare tutti a casa a occuparsi dei propri cari e delle proprie vite, e se ce ne fosse stato bisogno tanto si sarebbero tenuti in contatto tramite PHS per vedere cosa fare.

Cloud aveva detto, “Aeris, vieni con me,” ma Aeris, nella migliore imitazione della ex-se stessa fatta finora, aveva dichiarato compostamente che non sarebbe stato consono andare a vivere con lui, e mentre la faccia di Cloud risprofondava in quella sua straziante oscurità, Tifa aveva sentito intervenire la propria voce: “Aeris, puoi venire a vivere con me, ho spazio a sufficienza.”

Col senno di poi avrebbero potuto sicuramente trovare una soluzione migliore, ma stiamo parlando di Lady Tifa Lockheart l’Altruista, Specialmente Quando C’è Di Mezzo Cloud Strife; e Tifa non era nuova agli sguardi angustiati. Nibelheim guadagnò quindi un altro residente, e Tifa una coinquilina.

L’imbarazzo regnava sovrano: a quanto pareva tutti avevano dimenticato qualcosa. Aeris aveva dimenticato pezzi e frammenti di vita quotidiana e di tanto in tanto si ritrovava ancora ferma in strada, a fissare il vuoto, negli occhi una cosa molto simile all’angoscia. A volte dimenticava cose semplici, troppo distratta per badare a piccoli dettagli come l’acqua per il tè, o gli asciugamani nella doccia. Chiedeva molto spesso aiuto a Tifa, sempre con il fantasma di un sorriso sulle labbra a mo’ di scusa, tanto che Tifa si rese conto di aver iniziato a dimenticare quanto un tempo fosse stata testarda e indipendente. Era proprio questa la ragazza che aveva portato Cloud al Wall Market per una missione di salvataggio? Era la stessa Cetra che era partita da sola per pregare il Pianeta e fermare uno squilibrato?

Ma anche Tifa aveva dimenticato altre cose, principalmente quanto le avesse voluto bene. Aveva dimenticato che Aeris sapeva strapparle una risata cattiva con le sue imitazioni di Barret, e che una volta aveva buttato lì che loro, le ragazze, avrebbero dovuto riunirsi per prepararsi da sole uno shampoo floreale personalizzato, campo in cui lei aveva una certa esperienza. (E così avevano fatto, ovviamente, anche se poi Yuffie aveva bruciato il suo, l’aveva scambiato con quello di Tifa ed era scappata via.) Aveva dimenticato che Aeris era stata l’unico membro del gruppo in grado di percepire l’incupirsi del suo umore, e che Aeris era l’unica persona che la lasciava spontaneamente da sola e teneva pure lontani gli altri finché non passava. Aveva dimenticato il sorriso di Aeris.

E chissà come entrambe si erano dimenticate di Cloud. Tifa aveva scoperto in qualche modo di essere più interessata – o forse, più semplicemente, troppo concentrata – ad aiutare la sua amica a riprendersi quei piccoli brandelli di vita che le mancavano. Era stato un passaggio fluido, e molto tifesco: prendersi cura di Cloud, prendersi cura della donna che Cloud amava. Ma Aeris aveva dimenticato qualcosa, oltre ai pezzi e ai frammenti, agli asciugamani e al tè. Sorrideva a Cloud, ma qualunque cosa fosse non c’era, non era lì, e tutta la stanza s’impregnava sempre di una cosa molto simile all’angoscia.

Cloud aveva – beh, dimenticato no, perché lui ricordava tutto di Aeris: le portava i fiori che lei aveva detto di amare, e le preparava il caffè come lo prendeva quando stava con Elmyra (anche se Tifa aveva notato che, quand’era da sola, Aeris lo beveva nero) e l’aveva portata a Cosmo Canyon perché sembrava che una volta lei gli avesse menzionato di voler vedere il sole sorgere da lì.

Ma Aeris – Tifa aveva il sospetto che Aeris non fosse davvero del tutto , in un certo senso, che occasionalmente dietro i suoi occhi si creasse un vuoto dove il futuro e il passato spumeggiavano, traboccavano dalle profondità di quelle sfere verdi e sprizzavano in superficie come un’alba.

A volte, mentre Aeris vagabondava in giardino e ogni tanto si fermava a osservare l’affascinante ramo di qualche albero, Cloud se ne lamentava con Tifa. Quindi anche lui aveva dimenticato le verità che aveva letto nella mente di Tifa quando lei gli aveva rattoppato il subconscio; aveva dimenticato i bisbigli non bisbigliati della loro notte insieme, ai piedi dell’Highwind. (O forse era soltanto troppo concentrato su altro, ma secondo Tifa anche quello era dimenticare.)

E Tifa ripeteva ogni volta, “Cloud, non puoi costringere questa Aeris ad essere l’altra Aeris. Lasciala libera di essere quello che è.”

E Cloud scuoteva la testa come se gli ronzassero le orecchie, usciva fuori, afferrava Aeris per un braccio (lei sobbalzava sempre un po’) e le parlava di qualcosa che avevano condiviso e che non aveva mai pensato avrebbero condiviso ancora.

“Me l’ha chiesto di nuovo,” esordì stavolta Aeris rincasando, e Tifa alzò lo sguardo, stupita.

“Chiesto cosa?”

“Di andare a vivere con lui.” La voce di Aeris era vagamente trasognata, e Tifa si addentrò ulteriormente nella sua visuale (aveva imparato che cose come questa aiutavano). A volte Aeris aveva delle crisi in cui pensava di sentire delle voci, non più del Pianeta ma dei morti, degli angeli, dei demoni. E a volte queste crisi la colpivano durante il giorno e la confondevano un po’; ma Tifa aveva imparato come aiutarla a mettere a fuoco. (Altre volte la colpivano di notte e allora strisciava nel letto di Tifa, tremante, un po’ come Marlene durante le tempeste di Midgar.)

“E ci andrai?”

“No,” rispose lei, e sorrise. “Adesso vivo con te.”

Tifa fece spallucce perché un po’ faceva male. Una volta le era sembrato che Aeris le avesse rubato Cloud: non in un modo che la faceva arrabbiare, ma in un modo che la rattristava. Adesso era come se Cloud stesse cercando di rubarle Aeris. Forse avrebbe potuto essere felice solo se avesse avuto uno di loro. Importava quale dei due fosse? Odiava stare da sola.

Erano tutto quello che aveva perso nella sua vita, Cloud e Aeris. Una persa e rinata, l’altro mai suo.

“Tifa?” chiese Aeris, la voce secca e composta. “Sei di nuovo di quell’umore lì?”

Tifa fece spallucce di nuovo (solo un po’ di dolore) e Aeris allungò le mani e l’abbracciò, gettandole le braccia al collo (Aeris era maturata nel Lifestream, cosa che l’aveva segretamente divertita), lasciando a Tifa la possibilità di avvolgerle esitante le braccia attorno alla vita, meravigliata.

“Cloud non…” continuò Aeris, la voce leggermente smorzata dai capelli di Tifa, “non è – oddio, Tifa, ci sono buchi dappertutto,” e cominciò a tremare.

Allora Tifa la strinse di più perché era nauseata e stanca delle persone che ferivano la sua amica, Aeris, la Benedetta dall’Holy, e avrebbe dovuto essere gelosa e invece dentro di lei c’era solo questo male, questo buco che poteva riempire solo occupandosi di Aeris.

Voltò la testa e le diede un bacio sulla guancia. “Andrà tutto bene,” le disse, perché mettiamo che ce la facesse davvero, lungo la strada?

Tremanti ma confortate, si guardarono negli occhi per un lungo momento che parlava più di mille parole, e Tifa riuscì a scorgere la spuma zampillare sugli occhi di Aeris come una membrana. Passato e futuro: qual era lei? Qual era Aeris?

Aeris negli occhi di Tifa invece vedeva solo apprensione e una sottile patina di lacrime: i suoi occhi non avevano spazio per nulla che non fosse il presente. Tifa ne aveva di rado.

“Cosa vedi,” mormorò Tifa, “quando non sei qui?”

Ma Aeris andò a mettere su l’acqua per il tè, lasciando Tifa con la strana sensazione che la sua amica le avesse dato un altro bacio sulla guancia prima di avviarsi. Poi si rese conto che Aeris aveva dimenticato di spegnere il fornello e lo fece lei, grata, felice, perché significava che la sua amica aveva ancora bisogno di lei. Aeris sarebbe mai guarita? Se ne sarebbe mai andata?

Quella notte i sogni furono particolarmente brutti e Tifa si svegliò con Aeris che torreggiava su di lei, scossa da brividi, gli occhi spalancati e assenti – o distratti, fissi su qualcosa che galleggiava nel vuoto in mezzo a loro. Tifa alzò un braccio, le afferrò una mano – Dei, com’erano fredde, fredde come la morte – e cercò di non farsi prendere dal panico.

Aeris si sedette sul letto e Tifa l’abbracciò, cercando di riscaldarle entrambe – Dei, il suo corpo era come un pezzo di ghiaccio – e Aeris rimase immobile, placida come la morte, con lo sguardo perso nel nulla che solo lei poteva vedere.

“Visioni, ecco cos’ho,” mormorò Aeris, e poi Tifa prese a tremare per lei, perché la voce della ragazza era spenta e sommessa, come quella di una sacerdotessa posseduta da qualche spirito. “Vedo persone – di tutti i tipi – morti e vivi – nel Lifestream - ed è il passato e il presente, non lo so con certezza e – Cloud-”

Tifa non poté frenare un tic nervoso nel sentire il suo nome ma in qualche modo fu proprio quello a rimettere in moto Aeris: la fioraia sussultò tra le sue braccia come schiaffeggiata, e ricominciò a respirare.

“Tifa?” Quella sì che era la voce di Aeris. Tifa seppellì il volto nella treccia di Aeris e provò a smettere di tremare e capì di avere troppa paura di guardarla negli occhi.

“Tifa?” ripeté Aeris delicatamente. “Dove sono – che cosa ho detto?”

Ci fu un momento di disastroso imbarazzo mentre Tifa si staccava lentamente, inchiodando – in maniera tanto, tanto lenta – gli occhi sulle lenzuola, sulle proprie mani, sui capelli di Aeris che le ricadevano sulla schiena, e non voleva alzarli perché sarebbe sarebbe stata come una punizione guardare tutto quello che aveva perso, tutto quello che non era capace di curare. La guaritrice era sempre stata Aeris: da quando quel compito era diventato suo? Quando la guaritrice si feriva, chi poteva fermare l’emorragia?

Non era riuscita a riparare nemmeno Cloud. Allora cos’era meglio, perdere, o fallire?

Ma la mano di Aeris le accarezzò dolcemente il viso, tirandolo su, e Tifa non ebbe altra scelta. Lo sguardo di Aeris era solo leggermente nebuloso, con sua sorpresa; gran parte del ribollire temporale era svanito, rimpiazzato da qualcosa che ricordava quasi l’angoscia.

Come posso riparare te?

Nessuna delle due sapeva chi l’avesse bisbigliato, ma era una panacea per entrambe, e Aeris si inginocchiò e baciò teneramente Tifa, una volta per guancia, con la delicatezza di un rituale, e poi una volta, rapidamente, sulle labbra. Tenue come un bisbiglio, come un inno, come i fiori gialli e bianchi di una chiesa che non esisteva più.

“Cloud non può ripararmi,” mormorò Aeris (abbandonando Tifa all’eterno dubbio di aver fatto quella domanda ad alta voce o di aver permesso che Aeris glielo leggesse negli occhi), “perché non può – non vede come – non guarda tanto a fondo nei - miei occhi,” La sua voce si affievolì fino al silenzio, come se le mancassero le parole.

“Lo so,” replicò Tifa in un sussurro. Vede solo quello che eri prima. Vede quello che ha perso.

Cosa vedo io?

“Non può ripararti perché non riesce a vedere che tu sei - rotta,” continuò, e le sue dita si allungarono per chiudersi attorno a quelle di Aeris. Ma io posso.

“Rotta,” bisbigliò Aeris, come se le fosse appena venuto in mente, e Tifa si chiese se non avesse ferito i sentimenti della sua amica; ma Aeris sollevò il capo, e annuì, e disse semplicemente, “Sì. In un certo senso.”

“Aeris – io-” e intrecciò la mano a quella dell’altra ragazza come fossero i rami di una vite, le dita serrate, e tutte le parole che pensava non sarebbero mai venute fuori: Lascia che provi io a curarti, anche se-

“Lo so. Sei rotta anche tu,” disse Aeris, e Tifa rimase in silenzio perché capì che Aeris stava finendo il suo pensiero ad alta voce.

“Ma lui mi sta rompendo sempre di più, Tifa,” bisbigliò. “A volte non so nemmeno dove sono. È come se fossi ancora… , e…”

“Qui,” concluse Tifa, e si chinò in avanti per baciarla: con la delicatezza di un rituale. “Tu sei qui. Tu sei tornata. Il resto può aspettare.”

Gli occhi di Aeris si colmarono di lacrime verdi per un istante, lacrime che erano quasi come parole per Tifa: Sephiroth, il Lifestream, gli squarci di una Promised Land. Poi lo scintillio si attenuò, trasformandosi nuovamente in un linguaggio misterioso. “Tornata… in vita?” chiese flebilmente.

Tifa annuì. “Tornata in vita,” incalzò. “Tornata da noi.”

“Cloud pensa che io sia tornata per lui.”

“E non è così?”

Aeris scosse la testa, all’inizio esitante, poi con più sicurezza. “No.”

Non per lui. Le parole inespresse erano sospese nell’aria come un libro che Tifa avrebbe potuto mettersi a leggere. Due donne rotte, e un uomo nel mezzo.

Non lo so. Gli occhi di Aeris dicevano che forse il motivo non c’era: che il Lifestream forse aveva semplicemente usato il suo corpo, la traccia di sangue di Cetra, e poi l’aveva rigettata nella vita che aveva lasciato, solo con qualche buco in più nell’anima, qualcuno in più del normale. Tifa non era certa di cosa fosse meglio o peggio. Ma non sapeva neanche molto di magia – magia vera, la magia della vita – quindi avrebbe semplicemente continuato a stringere la sua amica finché tutte quelle ferite non si fossero rimarginate.

Ma non per lui.

Non lo stava più facendo per Cloud. Nessuna di noi due lo sta più facendo per lui.

Il mattino seguente si svegliarono nel letto di Tifa, curvate fianco a fianco come due virgole, e dato che gli occhi di Aeris erano ancora pieni di incubi, Tifa preparò il caffé. Aeris lo bevve nero.

Disse a Tifa, “Non me ne andrò.”

Tifa si chiese come Aeris potesse sapere delle sue paure, e poi si chiese se quando si erano baciate la notte prima non si fossero scambiate i pensieri. Si limitò ad annuire.

“Anche se riuscissimo a ripararti?”

Sapeva che Aeris avrebbe capito senza bisogno di altre parole, e fu ricompensata da un sorriso radioso che le ricordò la ragazza della prima vita. Forse avrebbe potuto curarla: spostarsi avanti o indietro, passato o futuro, non cambiava poi tanto quanto aveva pensato.

“No,” disse Aeris. “Adesso vivo con te.”



Note della traduttrice (del 7/11/07): E per ora, con questa delicatissima storia, si conclude “Warming Up”. Potrei piangere, dato che è stato il primo progetto serio su cui ho lavorato (avevo già tradotto qualcos’altro, ma prima di Swirl And Sours avevo postato soltanto Number Thirteen, che è facilissima e cortissima e la tradussi fondamentalmente per questi motivi, oltre che perché è carina), e seventhe è stata la prima autrice brava che ho trovato nel fandom inglese, e rimarrà per sempre veramente una delle migliori in assoluto, per me. Ma non piango, perché (e l’ho già detto sul forum [di S.o.a.P.]) seventhe, anche spinta dall’affetto e dalla considerazione dimostrate qui, ha detto che riconsidererà l’idea di scriverne altre. Il che va davvero oltre le mie aspettative. <3
Ringrazio perciò tutti quelli che hanno recensito fino ad ora, o recensiranno, o hanno semplicemente letto, più delle altre volte, perché è un po’ come se mi aveste fatto un favore personale XD Grazie inoltre a Frannie, in arte Frances, per averla beta-letta! Se non ci fosse stata lei probabilmente avreste letto Resurrection solo tra un paio di mesi XD

Note della traduttrice (21/10/2009): lol, neanche questa la ricordavo così difficile *_* Ma c’era la mano di Frannie, che già qualche anno fa era Frannie, quindi alla fine non ho dovuto correggere molto. Purtroppo seventhe poi non ha più scritto altre storie per “Warming Up” ;_; Ma potrei tradurne altre pucce che ho visto. Non si sa mai.
Solite note tecniche: benché questa fanfiction faccia parte, appunto, di una serie di fanfiction, ho creduto fosse meglio postare le one-shot separatamente come in originale perché veramente molto diverse l’una dall’altra, tanto per tematiche quanto per personaggi e generi. È un progetto troppo eterogeneo per essere unificato e segnalato come “Raccolta”. Per chi non conosce il fandom inglese e non ha letto parecchie fanfiction su queste coppie probabilmente queste fanfiction hanno poco a che vedere l’uno con l’altra.
   
 
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