E’
successo ancora.
Già.
Ancora.
Ma tanto
ormai ci sono abituata, no?
Respiro a
fondo e mi mordo il labbro inferiore.
Sento gli
occhi pizzicarmi pericolosamente, mentre faccio di tutto per sfuggire
al suo
sguardo.
Sbatto le
palpebre, nel tentativo ricacciare indietro le lacrime, come ho fatto
tutte le
altre volte.
Non
voglio che mi veda piangere, ma in fondo lo so benissimo che si
è accorta che i
miei occhi sono lucidi.
Lei mi conosce
troppo bene.
Lei sa
perfettamente cosa sto
provando.
Lei sa che la
odio, in questo
momento.
E si sta
odiando anche lei, si sta odiando
con
tutta se stessa.
- Vale? –
mi dice. – Dì qualcosa, ti prego…
La sua
voce, alle mie spalle, è incrinata.
Non
voglio voltarmi, non voglio guardarla, ma sono sicura che anche i suoi
occhi
verdi si sono rapidamente riempiti di lacrime.
- Vale?-
ripete, stavolta la voce è flebile, un sussurro.
Non mi va
di rispondere.
Non
saprei cosa dire.
Sento che
ha iniziato a piangere sommessamente.
“Ma
sì, piangi”
vorrei dirle.
Con odio e
con affetto.
“Piangi, è giusto
così. Piangi perché mi stai
facendo soffrire. E piangi perché lo so che stai soffrendo
anche tu. Sfoga il
tuo senso di colpa. Urla, singhiozza, stringi i pugni. Piangi via tutto
il nostro
dolore… ma sì: piangi un po’anche
per me.”
Già, perché
io non lo farò.
Io non piangerò.
Continuo
a fissare fuori dalla finestra: pioggia, pioggia ovunque, che scivola
sulle
strade lucide, schizza sui parafanghi delle auto e inzuppa i passanti.
Pioggia
che avvolge e intride ogni cosa.
E’ come
un velo.
Mi piace la
pioggia quando è così fitta.
E in un
secondo realizzo che vorrei solo essere lì in questo
momento; lì per strada,
sotto alla pioggia.
Mi alzo
in piedi, come un automa, stringendo le dita attorno alla mia giacca.
- Vale,
ti prego, non andartene così. - mi dice, alzandosi a sua
volta, e mi afferra il
polso.
Io mi
fermo, mi volto, la guardo.
Ed eccoci
qui, una di fronte all’altra: eterne alleate, eterne rivali.
Unite da
un’amicizia unica, morbosa, strana.
Ed estremamente
forte.
Siamo
sempre state o troppo vicine o troppo distanti, il nostro
rapporto non ha mai avuto mezze misure.
Solo
emozioni estreme ed autentiche.
… se non
altro non abbiamo mai rischiato di cadere nella banalità.
E’ tutta
colpa dell’empatia.
Il
maledetto impulso che ci ha sempre portate ad immedesimarci
l’una nei pensieri
dell’altra fino al punto di confonderne confini.
In un
rapporto del genere è impossibile non essere oneste.
E noi lo
siamo state sempre, e lo siamo anche ora.
Siamo
sincere, lo siamo fin in fondo: io so cosa prova lei, lei sa cosa provo
io… certe
volte non servono neanche le parole.
Ma è
maledettamente difficile.
Perché la
nostra amicizia è incostante e indomabile come solo i
sentimenti più veri sanno
essere.
La sincerità
è pericolosa se non la si sa gestire: unisce e allontana,
continuamente.
Ci
fissiamo per qualche secondo.
Vorrei
dirle tante cose.
Vorrei
dirle che le voglio bene, perché tanto lo sappiamo
entrambe: siamo talmente diverse da essere complementari,
indispensabili l’una
all’altra.
E vorrei dirle che la odio,
perché è tutto ciò che io non sono e
che vorrei essere.
- Mi
dispiace.- mi dice, per l’ennesima volta, con le labbra
tremanti. – Io… io non
lo faccio apposta. Io non vorrei essere così.
"Sì,
lo so che non lo fai apposta,
lo so che ti viene naturale e che non fingi mai.
Ne’ con me, ne’ con nessun’altro.
Ed è proprio questa tua
spontaneità a renderti così speciale,
così eterea.
Lo so che non hai deciso tu di
avere questo dono, questo fascino che eserciti sugli altri senza
neanche accorgertene."
-
Vale,
se tu vuoi io… io non… io e lui
non…
Scuoto la
testa: a questo punto che senso avrebbe infrangere il tacito accordo
che vige
da sempre tra noi?
Già, il
patto tra due ragazze talmente immerse l’una nei sentimenti
dell’altra da
innamorarsi sempre della stessa persona.
Così
abbiamo optato per la soluzione più semplice: ognuna gioca
le sue carte, con
passione e senza barare.
Io
interpreto la parte della giocatrice non troppo esperta, ma attenta ai
dettagli, che riflette [troppo] su ogni singola azione, e
lei… lei invece è la
giocatrice fortunata un po’ ingenua che sembra non conoscere
bene le regole del
gioco. Lei sorride, segue l’istinto, rischia tutto e tira
sempre fuori una
scala reale.
- … ma
così non è giusto. – mormora lei,
singhiozzando più forte. – P-perché
devo
vincere sempre io?
"Ma dai. Che
domande stupide.
Sei irresistibile... questo è evidente.
Le persone si ritrovano ad essere
innamorate di te senza neanche rendersene conto."
- Non te ne andare.- mormora
un’ultima volta,
con sguardo implorante.
Mi dispiace.
-
Tanto
lo sai che tornerò.- le dico, semplicemente, ed esco dalla
stanza.
Senza un
sorriso, senza una lacrima.
Ma è
vero, e lei lo sa.
Lei lo sa
bene che tornerò.