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Autore: Tatan    23/10/2009    1 recensioni
Lo stringo al petto, sospirando tra i suo capelli, accarezzandogli il volto gelido e sfiorandogli le labbra morte...La sua voce, la sua voce perfetta è persa, perduta per sempre.
Mentre le lacrime rigano il mio volto, aspiro il suo profumo.
 E la fame prende il sopravvento.
MODIFICATA
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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P
iove lassù.
 Il rumore della tempesta si sente anche qui, tra i meandri della terra; l'umidità si attacca alla pelle, rendendo insopportabile anche il semplice respirare.
Fa freddo. Tanto freddo. Rabbrividisco ancora, accovacciandomi sul terreno impregnato di acqua, con la testa tra le mani, attenta a fare meno movimenti possibili e a conservare quel minimo calore del sangue vibrante sotto la pelle pallida.
Il boato di un tuono, una scarica elettrica che mi attraversa la schiena. Credo di star tremando, ma non posso affermarlo con certezza.
Sembra che stia tremando TUTTO.
Mi umetto le labbra screpolate, e stringo maggiormente le ginocchia al petto, aggrovigliando le mani nei capelli.
Ricordo di aver sempre avuto paura dei temporali...anche quando ero Lì.
Anche quando avevo una casa. Anche quando avevo una famiglia. Anche quando non ero un mostro.
Sono memorie perdute, soffocate dal mio presente fatto di buio e morte. Memorie che nella solitudine  scuotono le pareti in cui le ho rinchiuse e urlano più selvaggiamente  che mai. E il mio corpo viene trasportato lontano, sopra le colline e ancora in là, verso il verde cielo debole, meraviglioso dell'umanità.

Mi vedo, mentre mi rifugiavo sotto le coperte del letto, e mentre stringevo un pupazzo mamma mi cantava una ninna nanna, oppure ci stringevamo tutti sul divano, con una tazza di cioccolato a riscaldarci, fino a tarda notte. Che sapore ha il cacao? Non lo so.  Niente a che vedere con quello metallico del sangue, suppongo.
Ma desidererei sapere come mi sentivo, tra le braccia di qualcuno che mi amava,  con il cuore intatto e fragile e vivo.

Ora, non ho altro che la nuda roccia  a ripararmi, e non ho altro che la debole percezione del cuore freddo e duro e morto nel mio petto, non ho che la mia voce velenosa per farmi addormentare,.

Lui, invece, ha una voce meravigliosa. Sembra quella di un angelo, sebbene io non ne abbia mai sentito uno.
La stupenda intonazione, la cadenza, i tempi: tutto è perfetto.
Canta, ed il mondo smette di esistere. L'universo si ferma, incantato dalla melodia e imprigionato nelle sue labbra.
Le parole non hanno importanza, basta il suono.
Orea però dorme, e non posso certo svegliarlo per chiedergli di consolarmi con una canzone perchè ho paura.
Ho paura. Anche se sono un'assassina e in me c'è poco che si possa considerare umano, ho paura.
 E vorrei che lui si svegliasse, che mi incatenasse con la sua voce e mi facesse dimenticare. Che allontanasse il mostro che sono.
Ma non facciamoci illusioni,  non sprecherebbe certamente la sua voce per me. Mai per me.

Mi volto verso di lui...disteso sul manto di muschio, ad occhi chiusi e perfettamente composto; è sempre più magro, e ormai ha perso il colore caramellato della pelle che aveva fino a pochi giorni fa. I capelli, scomposti e sporchi incorniciano il volto morbido, dove sono incastonati gli occhi nerissimi, al momento celati dalle palpebre.
Staodinariamente rilassato, come se tutto ciò che intorno a lui, tutto questo, non lo riguardasse.
Le mani aperte, la bocca socchiusa, la fronte distesa, lontano e irraggiungibile.  Distante, in un posto dove le sue ali non sono spezzate e la sua voce non è prigioniera in una caverna sperduta.
Vorrei raggiungerlo, volare con lui, ma il mio corpo è incatenato qui. Lo invidio, lo ammiro, nella sua serenità impossibile.
Non so più giudicare secondo i canoni di bellezza umani, ma mi è sempre sembrato divino.
Purtroppo la sua bellezza non lo salverà: ancora una, massimo due notti, e se non lo ucciderò io lo ucciderà la fame. Ancora poco, e quest'angelo smetterà di soffrire, ed il suo canto rimarrà solamente un ricordo vago e indefinito nella memoria della sua aguzzina, della sua carceriera, della sua  carnefice. Nella mia memoria.

Desiderosa di sentirlo vicino e di assorbire un po' del suo splendore, mi avvicino a carponi. Sono così presa dal suo viso che urto inavvertitamente un sasso: una breve corsa, e la pietra si perde nelle oscurità con un sordo tonfo, rompendo il lugubre silenzio.
Basta questo, e lui balza in piedi, i muscoli tesi, nervoso e scattante.  Mi guarda con occhi febbricitanti, ardenti.
Il cuore ha un moto di gioia, è tornato da me.
Mi immobilizzo, mani a terra, in un atteggiamento meno ostile possibile: lo ucciderò, ma sicuramente non ora, e non così.
Quando troverò il coraggio di liberarmi di lui, lo farò in modo degno, senza coglierlo di sorpresa.
La sua bocca si distende, e beffardo sogghigna.
Non ha paura, non ne ha mai avuta.
" Allora, bestia, hai finalmente deciso di divorarmi? Su, avanti, ammazzami."
Stordita dal miele  amaro delle sue parole, gli rispondo senza pensare:
" No".
Quant'è orribile questo gracchiare al confronto!
Lui spalanca gli occhi, sorpreso e attonito...Non sospettava nemmeno lontanamente ch'io potessi capirlo nelle sue urla e nelle sue preghiere, nè che in un tempo lontano avessi perfino parlato la sua lingua, la lingua degli uomini. E certo la sua era una domanda che non pretendeva risposta.
 Si riprende in fretta: " E perchè no?"
" Non voglio farti del male."  Sappiamo entrambi che è una bugia, un'orrenda bugia.
Tanto palese da sembrare ridicola. Infatti, una risata secca che però è anche la più sublime risuona nella caverna.
" Avanti, smettila. Mangiami. Finiscimi. Sto morendo, non lo capisci, mostro?"
Mostro. Ecco, io sono un mostro. Lo sapevo già, ma detto da lui fa anche più male.
Sto per rispondere, che un tuono più forte mi fa ritrarre impaurita, mentre mi rannicchio poco lontano dall'uomo.
Dondolo, tentando di tamponare la paura come una ferita.
Tento di riprendere il controllo di me stessa, ma naturalmente è inutile. Getto indietro il capo, ululo come un animale, mi tappo le orecchie con le mani.

Poi, improvvisamente, succede. Un suono nuovo e soave si mescola a quello della tempesta.
Incredula, alzo gli occhi e vedo Lui davanti a me, in piedi. Inneggia alla bellezza della pioggia, sfidando il mio terrore. Le sue parole arrivano dritte e potenti come il temporale di cui parlano,  sono schiaffi in faccia,  strappano la mia debolezza senza pietà e mi lasciano stravolta, riversa sul terreno e incapace di reagire, di combattere.  Mi drogano e sottomettono nella meraviglia del canto in cui sono espresse.
Lenta, la voce va disperdendosi,  fino a morire dolcemente. Ora c'è solo vuoto.
Sono vulnerabile, e lui se ne accorge. Si avvicina, sprezzante ed incredulo. " Hai paura dei tuoni?"
Annuisco, incapace di sostenere il suo sguardo. Ho ripreso a tremare, e anche lui lo percepisce, sente l'angoscia farsi strada nel mio animo.
È la prima volta che siamo così vicini da quando lo ho catturato, sento distintamente l'odore del suo sangue e il calore sprigionato dal suo corpo.

Non ho il coraggio di voltarmi , ma lo spio con la coda dell'occhio: è pensieroso, indeciso, e probabilmente sorpreso dalla sua stessa audacia. Non dista più di tre piedi.
Prova di nuovo a parlare: " Penso che tu sia la creatura di gran lunga più strana che io abbia mai visto."
Non posso trattenermi dal fare una smorfia che forse è un sorriso.  Ci credo.
Mi piace che si rivolga a me, ed è un'onore ascoltarlo.
" Che cosa sei? "
Non so rispondere, cerco freneticamente una risposta,  non posso irritarlo. Ma una risposta non c'è.
" Non sono niente."
Anche lui sorride.
" Chiunque è niente, non lo sai?"
" Non è vero. Tu sei. Al contrario, io non ci sono più."
" Siamo entrambi polvere, bestia. Entrambi. Solo polvere."
Anche l'angelo si disprezza? Ma come può, lui?
 Lui è qualcuno, senza dubbio.
" Il nulla non ha la tua voce. Io lo so bene." rispondo, con più amarezza di quanta me ne aspettassi.
" Il nulla ha varie forme. Tu ne conosci una, io un'altra. Ma sempre nulla è. Che sia assetato di sangue o che abbia qualche talento immeritato, sempre nulla rimane. "

Ed è così, dal nulla e dal niente, che incominciammo a parlare. A ridipingere le nostre vite raccontandole.
Io riprendevo piano piano confidenza con le parole, mentre lui si faceva sempre meno diffidente e si abbandonava al piacere di non essere completamente solo. Di avere altra polvere accanto.




Mi sveglio di soprassalto, e completamente, con lo stomaco in preda ai crampi per la fame.
Dev'essere tarda mattina, anche se non posso dirlo con certezza: qui fa buio sempre.
Intravedo il suo viso nella penombra, accanto al mio gomito.
Abbiamo dormito tutta la notte, l'una accanto all'altro.
Come una coppia di normali esseri umani...Ed invece, siamo io, la bestia, e lui, l'uomo dalla voce angelica.
Avevamo parlato, e poi ci eravamo addormentati vicini, sfiniti da quella conversazione insolita, in qulche modo felici.
Ricordo il suo fiato caldo vicino al mio orecchio, e le parole sussurrate prima di lasciarci vincere dal sonno:
"Buona notte"
Mi abbandono sul pavimento, ripensandoci.
Oh, che soavità in quelle parole, dolci e così terribilmente inaspettate da farmi credere ad uno scherzo della fantasia...

Questa notte ho sognato. Ho sognato per la prima volta da tanto tempo...io e l'umano, correvamo in un prato.
Solo il cielo azzurro ed il sole caldo su di noi, invece della roccia umidae del viscido muschio.
Correvamo, correvamo, ed una musica celestiale riempiva l'aria mentre il Suo canto cresceva fino a diventare un urlo selvaggio donato al vento.
Gli uccelli si zittivano per ascoltarlo, e nessuno turbava la pace e la gioia di quel luogo...nessuna fame, nessuna sete, solo la bellezza sfolgorante della Terra aperta e dell'orizzonte senza frontiere.
Ho voglia di sentire ancora la sua voce, e così mi decido a svegliarlo.
Mi stendo verso di lui, e mormoro qualcosa  di simile a :" Su, svegliati, è tardi"...poi, non ricevendo risposta,  gli accarezzo il viso. La mia mano è leggera, adorante,e scorre su tutta la lunghezza del volto divino. La sua pelle è freddissima.Continuo a far scorrere la mano sul volto. Lui, però, non si sveglia. Mi rendo conto di non sapere nemmeno il suo nome...allora lo chiamo con il solo nome che gli si addica. "Angelo...Angelo, svegliati"....Ma l'angelo non si sveglia.
Una leggera inquietudine mi prende, e allora alzo un po' il tono. "Angelo, ti prego, svegliati!"
Niente. Con orrore, noto che il ritmico rumore del suo respiro non c'è più.
Lo scrollo, ormai in preda al panico, ma non riprende coscienza.
Un lamento mi esce dalle labbra, e tento di soffiare nella sua bocca, ma nulla funziona.
Se ne è andato. La fame ha deciso di prendersi lui ed il suo canto sovrumano, lasciando me sola. Di nuovo.
Il mio urlo selvaggio rimbomba nella caverna, riscuotendola.
Mi accascio sul suo torace, disperata, e le prime lacrime fanno capolino dagli occhi.
Le  mie prime lacrime.  
Lo prendo a pugni, incapace di trattenere la rabbia, e poi lo stringo al petto, sospirando tra i suo capelli, accarezzandogli il volto gelido e sfiorandogli le labbra morte...La sua voce, la sua voce perfetta è persa, perduta per sempre. Mentre i singhiozzi sconquassano il mio petto, aspiro il suo profumo.
 E la fame prende il sopravvento.
 Il sangue scivola nella gola, mentre il terreno si tinge di rosso cupo, e la mia fame viene momentaneamente placata.
Sangue. E la bestia che è in me gioisce vittoriosa.
Sangue. Ed è il canto di un angelo caduto.




  
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