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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    24/10/2009    4 recensioni
"Si avvicinava ormai il tramonto su Kyoto, il cielo color fuoco ardeva sulla città, crepitante di grida e canti in ogni dove; ragazzi e fanciulle correvano da una parte all’altra delle strade costeggiate di banchetti e chioschetti, risate e l’odore intenso dell’incenso permeavano l’aria. I quartieri risuonavano di esibizioni musicali e teatrali, i koto agli angoli delle strade accompagnavano i festeggiamenti con vecchie melodie tradizionali. Il Jidai Matsuri stava giungendo al termine." Fanfic scritta per la Tematica Autunnale Del Tempio "FOGLIE D'ACERO COME BARCHE LUNGO IL FIUME" e ambientata a Kyoto. Attenzione, tra i protagonisti ci sarebbe anche Geki dell'Orsa Minore, ma a quanto pare è l'unico che manca all'appello nella lista personaggi ç_ç Tenetelo presente!!
Genere: Generale, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hydra Ichi, Lionet Ban, Unicorn Jabu, Wolf Nachi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Momizi Matsuri Saga'
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TEMATICA AUTUNNALE DELLA MAILING LIST

“IL TEMPIO DI SHUN”

“FOGLIE D'ACERO COME BARCHE LUNGO IL FIUME”

 

 

 

MOMIZI MATSURI

 

 

Kyoto, 22 ottobre.

 

Si avvicinava ormai il tramonto su Kyoto, il cielo color fuoco ardeva sulla città, crepitante di grida e canti in ogni dove; ragazzi e fanciulle correvano da una parte all’altra delle strade costeggiate di banchetti e chioschetti, risate e l’odore intenso dell’incenso permeavano l’aria.

I quartieri risuonavano di esibizioni musicali e teatrali, i koto agli angoli delle strade accompagnavano i festeggiamenti con vecchie melodie tradizionali.

Il Jidai Matsuri stava giungendo al termine.

 “Saori-san!! Saori-san!!”.

Una voce maschile di ragazzo cercava di sovrastare il chiasso della folla, una folta zazzera scura ondeggiava tra le persone in abiti tradizionali, un ragazzino appena adolescente, dall’aria visibilmente sperduta che si guardava nervosamente attorno, cercando di distinguere qualcosa tra la crepitante moltitudine di turisti e locali che si aggirava per le strade decorate a festa.

Un ragazzo di poco più grande, dall’aria agitata e confusa, si lasciò andare a un sospiro, sfregandosi stancamente gli occhi completamente neri: “è inutile, non possono essere qui. Altrimenti li avremmo già trovati.” si lamentò, sedendosi su un basso muretto per riprendere fiato e giocherellando con l’obi; uno scappellotto piombò inesorabile sulla sua nuca, strappandogli un’imprecazione di dolore.

Si voltò furibondo, squadrando con aria astiosa un coetaneo, ridacchiante nel suo kimono color inchiostro dai riflessi argentei: “Se ci siamo persi è solo colpa tua, Ichi!” esclamò questi, sbuffando e scostando lo sguardo; l’interessato, punto sul vivo, scattò in piedi, prendendolo per il colletto, “Non è vero!” sbottò, “Si che è colpa tua, fratellino.” sogghignò Nachi, spostando con malagrazia il braccio del minore, “Hai perso un sandalo e abbiamo perso tempo per sostituirlo, e in quel lasso di tempo abbiamo perso di vista Saori-san e gli altri!” sbottò il maggiore, nervoso.

“Adesso basta, ragazzi! Mi avete stancato!”

A un gesto imperioso di Jabu, Ben e Geki separarono i due litiganti.

“Ma ha cominciato lui!” si giustificò Aspides, guardando il fratello maggiore in cagnesco.

Unicorn si voltò di scatto, i suoi occhi mandavano scintille: “Quando fate così non vi sopporto!” esclamò con voce seccata, troncando sul nascere qualunque replica da parte dei due ragazzi più grandi di lui, “Non siamo più dei bambini e il vostro è un comportamento assolutamente inadeguato! Dannazione! Riuscite a non scannarvi per cinque minuti? Cinque minuti! È chiedervi troppo??” imprecò, allontanandosi di qualche passo.

Jabu sbuffò, calciando via alcune pietre: “Me ne vado, non ne posso più.” sbottò esasperato.

I due fratelli chinarono lo sguardo, apparentemente concentrati a studiare i ricami che decoravano i kimono, in assoluto silenzio.

Per un attimo, negli occhi del moro tredicenne si distinse chiaramente un lampo di rammarico, ma non vi fu tempo sufficiente per distinguerlo con chiarezza, perché il giovane, seccato, si voltò e si allontanò di qualche passo, scomparendo in breve nell’oscurità di un vicoletto buio e deserto.

Geki sospirò, poggiando una grossa mano sulla spalla destra di Ichi, che sobbalzò a quel contatto; ma l’albino non si divincolò, lasciò fare al fratello più grande, che cinse con il braccio entrambe le sue spalle, spingendoselo contro il petto avvolto dalla seta blu del kimono.

Il corpo snello del quattordicenne si mosse impercettibilmente, tremante, poggiando la testa contro il corpo massiccio del fratello; restarono così per qualche minuto, mentre Nachi, con lo sguardo distratto, continuava imperterrito a fissare il punto in cui Jabu era scomparso, come se sperasse, da un momento all’altro, di rivederlo spuntare.

Ma niente di tutto questo accadde e lui si ritrovò, senza quasi accorgersene, a fissare dispiaciuto il ciuffo pallido dei capelli di Ichi, il viso nascosto dalla stoffa della veste di Geki.

Sinceramente dispiaciuto.

Due forti braccia lo circondarono, spostandolo con malagrazia: “Andiamo a recuperare Jabu, prima di perdere anche lui in questa bolgia.” esclamò con un sorriso gentile Ban, spingendolo avanti con urgenza.

Lo stesso fece Geki con Ichi e i quattro si inoltrarono in silenzio nel vicolo buio.

§§§§§§§§§§

“Che strano posto!” esclamò Aspides, muovendosi circospetto e curioso lungo l’argine di un fiume improvvisamente comparso dinanzi a loro dopo qualche minuto di cammino.

Ghiaia e sassolini si infilavano tra i plantari dei sandali, graffiando i piedi dei quattro fratelli che avanzavano lungo la strada , il ritmo del loro respiro sembrava sincronizzato col lento scorrere dell’acqua cristallina del torrente: si riusciva a vedere chiaramente il fondo, cosparso di alghe, mosse dalla corrente come alberi al vento e rocce grigiastre, su cui, ogni tanto si riuscivano a scorgere girini e piccole ranocchie, goffe e color nero; carpe koi dai vari colori brillanti e tendenti al rosso nuotavano tranquille con eleganti colpi di pinna, simili a veli setosi.

Piccole e graziose abitazioni dai caratteristici tetti spioventi color ruggine e dalle pareti lignee erano disposte in bell’ordine sul margine dello stretto viottolo, le pareti di carta di riso erano decorate con delicati motivi floreali, che variavano a ogni sguardo, grida gioiose di bimbi e risate spontanee provenivano dall’interno delle abitazioni, nei cui giardini fiorivano forti e magnifiche le camelie, contorno di bevute con amici seduti a bassi tavolini in bambù. Una leggera brezza conduceva sino a loro il profumo intenso dei fiori, alcuni petali volteggiavano sulla via, baciati dagli ultimi raggi di sole.

Alcuni bambini di qualche anno più giovani di loro correvano e scherzavano a poca distanza, bambine dai furisode color azzurro cercavano invano di riprendersi qualcosa dalle mani dei compagni maschili, probabilmente un nastro, ma non c’era ostilità nei loro gesti, solo allegria e gioco.

“Baka! Ridammi il mio cerchietto!” urlò una bambina, incespicando nell’orlo della veste.

Barcollando paurosamente, scivolò a terra, ma non toccò mai il terreno ghiaioso perché due forti braccia la presero al volo, impedendole di farsi male; la piccola alzò lo sguardo, incrociando il sorriso gentile e bonario di Geki: “Tutto bene, piccina?” le chiese con tono burbero il Saint, rimettendola con facilità in piedi; lei si sistemò la veste e annuì con sollievo: “Grazie signore.” pigolò lei, il visetto imporporato per l’imbarazzo. Gli amichetti la raggiunsero subito, circondandola premurosi: “Tsuki-chan!” esclamò una bambolina dai corti capelli neri, abbracciandola fraternamente, “Non preoccupatevi, bimbi, è tutta intera. Nostro fratello sembra un orco ma è docile come un agnellino!” lo schernì scherzoso Nachi, dando un buffetto sul fianco al gigantesco moro.

Due fanciulline si posero dinanzi all’amica frugando nelle borsette di perline al fianco e consegnarono al guerriero qualcosa, che sparì nelle sue grandi mani: “Arigatou gozaimasu per aver aiutato Tsuki-chan!” esclamarono allegre le due, voltandosi e afferrando la piccola per un polso.

Il gruppetto sparì in una casa e tutti i Kido si radunarono attorno a Geki, che aprì lentamente la mano massiccia, due foglie rosso acceso risaltavano sulla carnagione chiara del guerriero: “Che strano!” esclamò Ichi, afferrandone una e rigirandola tra le dita sottili, “Guardate! C’è scritto qualcosa…” borbottò Ban, avvicinando il viso, “Sembrano kanji… è una frase di ringraziamento.” concluse lui, passandola a Nachi, “Sono state gentili,” aggiunse Lupo sorridendo bonario, “L’orco cattivo ha conquistato le bimbe di Kyoto!” sogghignò il Leone Minore.

Geki voltò lo sguardo, sbuffando, e si riprese le due foglie, nascondendole dietro l’obi color cielo pallido; non poterono giurarci, ma erano quasi sicuri di aver scorto un improvviso rossore sulle gote del ragazzo: “Basta fare i bambini ragazzi, dobbiamo ritrovare Jabu alla svelta e poi riprendere a cercare Saori-san e gli altri.” sbottò, avviandosi a passo veloce lungo il fiume brillante per il Sole.

I tre rimasti indietro sghignazzarono e lo seguirono.

Dopo qualche minuto, la loro marcia fu interrotta: “Eccolo laggiù.” indicò Aspides, guardando interrogativo i compagni.

Jabu stava poggiato contro il parapetto di un imponente ponte, intento a fissare apatico la superficie del grande fiume, l’orlo del kimono ondeggiava al vento.

“Andiamo.” decretò imperioso Leone Minore, afferrando senza riguardo i due fratelli più piccoli per le maniche e trascinandoseli dietro: “Ehi!! Aspetta!!” si lamentò Ichi, massaggiandosi il braccio.

“Poche storie niichan, andiamo!”.

§§§§§

“Per quanto hai ancora intenzione di stare qui a fissare l’acqua come un ebete?”

La voce pesante dell’Orsa Minore fece sobbalzare Unicorn, che però non si mosse, “Non sto fissando nulla!” si difese Jabu, voltando lo sguardo dal fiume, “Cosa ci fate qui?” chiese poi, affossando la testa nell’incavo dell’avambraccio, “Sbaglio o dobbiamo ritrovare Lady Saori-san?” interloquì Geki, scompigliandogli con affetto i folti ciuffi ebano, “Se non ti decidi a tagliarli, prima o poi diventeranno più disordinati di quelli di Seiya-chan.” affermò sorridendo.

Il fratello minore sospirò, voltandosi verso di loro: “Cosa fate qui?” chiese, puntellandosi coi gomiti alla ringhiera in metallo; Aspides e Wolf vennero spinti in avanti senza troppe cerimonie, ma i loro sguardi non incrociarono mai quello del più giovane, troppo concentrati in apparenza a studiare i sassolini sul terreno.

Uno scappellotto piombò inesorabile sulle loro nuche: “Forza! Parlate!” esclamò con tono burbero Ban; un borbottio indefinito proruppe dalle labbra dei due Saint, un borbottio che Jabu afferrò come un goffo tentativo di scusa.

Un tenue sorriso rassegnato si dipinse sulle sue labbra sottili: “Lasciate perdere, non sono più arrabbiato..” esordì il moro, dondolandosi sui talloni con fare bambinesco, “Abbiamo sbagliato tutti quanti.” concluse, tornando a fissare con aria serena la corrente.

Le colline che chiudevano la vallata come uno scrigno erano un tripudio di colori sotto il tramonto, tonalità che andavano dal rosso all’arancio intenso sino all’oro coloravano ogni cosa attorno a loro, il lento volteggiare di sanguigne foglie nell’aria fresca del pomeriggio d’autunno catalizzò per un attimo la loro attenzione, mentre l’allegro schiamazzare dei bambini sulla riva del grande fiume Ooi strappava un sorriso malinconico ai cinque fratelli.

Bambini e ragazzi di tutte le età sguazzavano nelle acque basse presso la riva, afferrando gioiosamente qualcosa dal pelo dell’acqua ed esibendo con orgoglio il bottino appena conquistato: “Chissà cosa staranno facendo di così divertente…” chiese Nachi con tono curioso, poggiandosi al parapetto.

“Ehi!! Jabu-kun!! Nachi-kun!! Guardate laggiù!“ esclamò agitato Ichi, indicando qualcosa affiorare sul pelo dell’acqua, qualcosa di rosso, che galleggiava inerte sotto la pigra spinta della corrente.

Con eleganza, il moro tredicenne scese verso la riva bassa e mosse qualche passo nell’acqua, tenendo leggermente sollevato l’orlo del kimono; con la destra, afferrò lo strano oggetto, luccicante e bagnato e lo esibì trionfale agli altri: “è una foglia d’acero, ragazzi, deve essere giunta sin qui dalle colline, trasportata dal fiume!” esclamò, sventolandola a mò di bandiera.

Un grido dei piccini poco lontano da loro attirò la sua attenzione, i fanciulli si sbracciavano nella sua direzione, sventolando anche loro delle foglie d’acero; gli fecero qualche segno, poi, ridendo e scherzando, uscirono schiamazzanti dall’acqua, zuppi ma felici, e si diressero di corsa verso monte, sparendo in breve alla vista.

Unicorn risalì sulla riva con attenzione, scrollandosi di dosso l’acqua che impregnava in gran parte le sue calzature e lambiva la pelle già di suo infreddolita: “Chissà cosa volevano dire con quei gesti…” si chiese, facendo per raggiungere i fratelli sul ponte.

“Per l’amor del cielo figliolo, chissà tua madre come sarà poco contenta di rivederti a casa con i sandali completamente zuppi! Non ti hanno detto che per la raccolta delle foglie devi prima toglierti i sandali?”.

La voce preoccupata di una donna anziana lo fece voltare di scatto e si trovò dinanzi una nonnina, bassa e dalle forme rotondeggianti, che teneva sottobraccio un ampio paniere colmo di foglie rosse e gialle, ancora cosparse di perle d’acqua; Jabu chinò il capo in segno di rispetto: “Mi scusi, ma non siamo di queste parti…” sussurrò con tono improvvisamente triste, “Siamo di Tokyo, ma ci siamo persi di vista con i nostri fratelli e nostra sorella e ci siamo ritrovati qui. Abbiamo visto qualcosa galleggiare e sono andato a controllare.” e così dicendo, abbozzò un inchino.

La donna sorrise benevolmente: “Scusa piccolo, non potevo sapere. Quindi hai raccolto quella foglia senza sapere il vero significato del gesto?” esordì subito, accarezzandogli materna la testa arruffata; Jabu scosse il capo, “No, glielo ho detto, abbiamo visto dei bambini che facevano lo stesso, però. Può gentilmente spiegare?” chiese educato il ragazzo, subito raggiunto dai quattro Kido; la donna annuì con espressione affabile dipinta sul viso tondo, “Se seguite questa strada, massimo dieci minuti di cammino, arriverete nei pressi di un giardino di bambù. In fondo al giardino, c’è il Santuario Nonomiya, lì vi verrà spiegato tutto. Spero di vedervi stasera.” dichiarò lei, avviandosi verso uno stretto vicoletto e salendo su un risciò.

§§§§§§§§§§§§§§

Il bosco di bambù era immerso in una calma meravigliosa, un silenzio quasi irreale, rotto solo dai loro passi guardinghi e timorosi e dal lontano frinire di qualche cicala ritardataria, probabilmente ingannata dal caldo apparente dell’aria che pareva quasi estiva; lo smeraldino dell’erba e degli arbusti attorno a loro li avvolgeva come una conchiglia fa con la sua perla, piccole statuette votive ai lati della strada sterrata sorvegliavano attente i loro movimenti.

Non una parola dissero i cinque fratelli durante la marcia, ognuno perso nei propri pensieri e nei propri sogni ad occhi aperti, anche Ichi e Nachi avevano rinunciato a litigarsi e ora, mentre Aspides non perdeva di vista nemmeno per un momento Jabu, Wolf li seguiva a distanza, sorvegliandoli con cura, sotto lo sguardo attento e bonario dei due fratelli più grandi.

“Ehi, ci siamo.” esordì Unicorn, rompendo il silenzio.

Dinanzi a loro era comparsa una breve scalinata in granito e un portone in legno decorato con festoni colorati e luci.

Al di là, un monaco curvo sul selciato, spazzava con una scopa di saggina attento i gradini, lambiti dal muschio; l’anziano religioso alzò di scatto il capo, volgendosi verso di loro: “Buongiorno figlioli, cosa posso fare per voi?” chiese con tono paterno, poggiando la ramazza in un cantuccio e andando verso di loro. Ban e Geki tirarono fuori le foglie e gliele consegnarono: “In paese ci hanno detto di rivolgerci qui per sapere l’esatto significato di queste.” dissero i due; l’uomo aguzzò lo sguardo, sorridendo e ridacchiando, “Non siete di qui, vero? Vi spiegherò tutto, cercavo giusto una scusa per smettere e affidare questo compito ai novizi. Venite dentro, davanti a una tazza di bancha è tutto più facile da spiegare.”.

L’anziano confratello afferrò lo spazzolone e lo affidò a uno dei giovani adepti del Tempi e sparì dentro il grande edificio dinanzi alla porta, subito seguito dal gruppetto di guerrieri.

§§§§§§§§§§§§

“Allora, da dove possiamo cominciare?”

Il sestetto sedeva su ampi cuscini posti sul parquet lucido e decorato della sala da ricevimento del Tempio, adorno di arazzi e stuoie colorate; ciondoli e campanelle votive penzolavano qua e là al tenue soffio dello Zefiro, risuonando allegre e piacevoli, l’arancio brillante del Sole lambiva come fiamma il legno pregiato, scaldando i piedi di Jabu, posto con le gambe oltre la porta scorrevole; i cinque ragazzi tenevano tra le mani i profumati contenitori pieni di tè ambrato, aspirandone avidamente l’aroma intenso.

“Noi siamo arrivati qua e abbiamo visto dei bambini in acqua, che probabilmente stavano raccogliendo foglie simili a questa.” esordì Nachi, passando al vecchio uno dei due doni ricevuto dalle bimbe; a quella vista, il religioso sorrise affabile: “è molto semplice, ragazzi miei. Questa è una momizi-ha d’autunno e questo è il quartiere di Arashiyama, dalle nostre parti, sin dalla notte dei tempi, i ciliegi rosati salutano l’arrivo della primavera, gli aceri rossi quello dell’autunno. Ogni 22 ottobre avviene, in parallelo col Jidai Matsuri, il Momizi Matsuri, la festa degli Aceri.” spiegò il nonnino, sorseggiando con calma il suo thè, “E in cosa consiste?” chiese Ichi curioso, tormentando l’obi, “quando cala la sera, l’intero quartiere di dirige sulle sponde del fiume Ooi e deposita sull’acqua le foglie raccolte al pomeriggio in quello stesso punto, salutando l’arrivo dell’autunno. È una pratica molto antica ma i bambini la adorano ugualmente, passano ore a sguazzare nella corrente con il pretesto di raccogliere le loro amate foglie, su cui poi, se vogliono, scrivono piccoli pensieri o desideri da affidare ad Amaterasu-gami.” ridacchiò lui, stringendosi nello scialle drappeggiato sulle spalle scarne.

Un leggero bussare alla porta in legno fece trasalire i ragazzi, la testa rasata di un loro coetaneo fece capolino dentro: “Signore, è ora di andare, la festa sta per incominciare.” disse lui, prima di ritirarsi di scatto.

Il vecchio padre rise, mettendosi in piedi: “Venite con me ragazzi.” li invitò l’uomo, passando a ciascuno un certo numero di foglie e un calamaio con qualche pennello da calligrafia, “Scrivete qualche frase anche voi, così potrete partecipare con noi. E se non avete un posto dove stare, per stanotte potrete dormire qui, abbiamo qualche stanza per gli ospiti e mi fa sempre piacere avere attorno dei bravi ragazzi come voi.” sorrise il monaco.

Dopodiché uscì: “Vi aspetto fuori, fate con calma.”.

§§§§§§§§§§

Calò la notte su Arashiyama e tutto era immerso nella luce allegra delle lanterne di carta di riso e nelle risa ciarliere dei bambini e le chiacchiere degli adulti.

Jabu, Geki, Ichi, Nachi e Ban scendevano verso il fiume assieme al vecchio sacerdote e ai novizi, chiacchierando allegramente e scherzando tra loro, tenendosi per mano, i visi rilassati e distesi, erano anni che sui loro visi non si scorgevano espressioni simili.

“Ehi! Cosa avete scritto voi?” chiese il quattordicenne Wolf, voltandosi improvvisamente, “Dai, sono curioso! Cosa avete scritto?” incalzò, cercando di prendere la foglia di Geki, “Non sono affari vostri!” esclamò Unicorn, nascondendo la sua nella cintura.

Hydra sbuffò, una tenera espressione imbronciata sul viso pallido: “Antipatico… Io non mi nascondo!”; un dito puntato sulla fronte lo sospinse all’indietro, “E allora parla!” sghignazzò il Leone Minore.

Per tutta risposta, il giovane dai capelli biancastri gli fece una linguaccia e tirò fuori dall’obi la sua, vergata in leggeri hiragana: “Prometto solennemente di non perdere più il sandalo alla prossima festa!” giurò il guerriero sorridendo.

Sonore risate fecero eco alla sua promessa: “Guarda che ci conto, eh??” lo schernì Nachi, dandogli un buffetto sulla spalla.

Jabu sorrise piano, tenendo una mano dietro la schiena, le dita sfioravano la superficie liscia del piccolo oggetto nascosto tra il kimono e la cintura; ciò che aveva scritto era troppo imbarazzante per farlo vedere ai suoi fratelli…

Lo avrebbero preso in giro in eterno.

Eppure, anche se quel loro comportamento lo faceva spesso, e volentieri, arrabbiare, non avrebbe mai potuto pensare a una vita diversa.

A una vita senza le loro battute stupide, senza il punzecchiarsi continuo di Ichi e Nachi.

Senza le litigate quasi giornaliere con Seiya, i rimproveri di Ikki e il sorriso di Saori-san.

“Sono simpatici, vero?”

La voce del vecchio bonzo fece trasalire il guerriero, che subito scattò con la testa: “Sembrate molto giovani, eppure so per certo che tra voi c’è qualcosa di veramente speciale. E vedo anche che tenete moltissimo l’uno all’altro.” sorrise affabile l’anziano, standogli accanto, “Già, ma è una lunga storia da spiegare la nostra… però, ha ragione, sono davvero simpatici.” sorrise malinconico, guardando con dolcezza le figure che si allontanavano lungo il sentiero delimitato dalle lanterne.

“Per tutte le stelle che dominano il firmamento, desidero avere sempre loro accanto a me.”

Le parole del monaco scossero profondamente Jabu: “Ecco perché hai scritto questo, vero, ragazzo?”.

Unicorn non rispose, tenne ostinatamente il capo chino, anche se sulle sue guance si distingueva chiaramente un lampo di imbarazzo, “Sono parole bellissime, e sono sicuro che anche per gli altri è così. Avete tutta la vita davanti, e capirete presto quanto questo vostro legame può portarvi lontano.”.

L’adolescente annuì, un tremulo sorriso gli illuminò il viso leggermente imporporato e, sollevando leggermente l’orlo del kimono, troppo lungo per lui, corse in direzione dei fratelli.

§§§§§§§§§

Le rive del fiume Ooi erano cosparse di tantissimi puntini luminosi e sagome che si muovevano nel buio, la Luna si ergeva alta su di loro, oltre le cime delle colline, inargentate dai suoi raggi, e colorava anche il fiume come un nastro sottile di metallo che serpeggiava elegante verso il mare.

Tutto era silenzio e pace.

Solo la musica dei flauti e dei koto si poteva udire, qualche timido uccello notturno si azzardava di quando in quando a rompere quella sacrale tranquillità.

Come un sol uomo, le persone assiepate sulla rive, si levarono i sandali, disponendoli con cura sull’acciottolato della riva e per qualche passo, si mossero nell’acqua fredda, le alghe solleticavano loro i piedi e le rocce aguzze graffiavano leggermente la pelle, ma non importava; immersi sino alle ginocchia, depositarono leggermente le foglie sul pelo dell’acqua.

Come piccole barche, col loro carico di pensieri, sogni e speranze per il futuro, scivolarono leggere verso sud, sospinte dal vento e dalla corrente, inconsapevoli di recare con sé i desideri di tanti piccoli spiriti mortali.

Unicorn restò imbambolato per qualche minuto a fissare anche l’ultima foglia allontanarsi, seguire la via segnata dai raggi lunari, affidando al destino il suo più recondito desiderio.

“Ehi, fratellino, esci fuori, vuoi per caso ammalarti?”.

Questi non rispose, si limitò a scrollare il capo: “No, arrivo.” disse il giovane, risalendo la china e issandosi sulla riva, “Abbiamo deciso di fare un giro, tu cosa fai?” gli chiese Nachi, passandogli un piccolo canovaccio per asciugarsi i piedi, “Se non vi spiace, io preferisco restare da solo per qualche minuto… Vi raggiungo più tardi, d’accordo?” chiese il tredicenne, sedendosi sulla riva.

I fratelli lo guardarono dubbiosi per qualche istante, poi annuirono: “Non c’è problema, però cerca di non perderti.” decretò Ban, scompigliandogli i capelli per poi allontanarsi con gli altri.

Jabu sorrise malinconico, affossando il viso nell’incavo dell’avambraccio, lo sguardo perso nell’osservare il fiume scorrere davanti ai suoi occhi, dolcemente cullato dal suo canto, così simile a una ninnananna; senza accorgersene, si ritrovò a fischiettare un motivetto allegro, lo stesso che cantavano quel pomeriggio in una delle case sulla via.

“Ehi, ti senti bene?”

La voce preoccupata di un ragazzo riscosse il Saint dal torpore in cui stava scivolando inesorabilmente; con uno sbadiglio, scosse violentemente il capo, facendo agitare la folta chioma: “Sto benissimo… Mi stavo addormentando.. Sono un po’ stanco…” si scusò, cercando di distinguere nella semioscurità il viso del suo interlocutore, non poteva esserne sicuro, ma era quasi certo che stesse sorridendo, “meno male, mi sono preoccupato vedendoti qui seduto tutto solo durante una festa così bella, non hai nessuno con cui stare?” domandò lui, accucciandosi dinanzi a lui, “Sono venuto qui con la mia famiglia, ma sono andati a fare un giro, mentre io ho preferito stare qui a riflettere.” ammise Jabu, stiracchiandosi.

“Perché non ti unisci a noi? Sono venuto in gita coi miei fratelli, sono sicuro che gli farà piacere” propose il fanciullo, tendendogli una mano per alzarsi; dubbioso, il guerriero la afferrò, la trovò sottile e liscia al tocco, simile a quella di un bambino.

Lentamente, si spostarono verso la luce, e grande fu la sorpresa di Jabu quando, alla luce della lanterna più vicina, scorse serici fili di rame ondeggiare allo Zefiro, incornicianti un volto pallido e delicato dai lineamenti familiari.

“SHUN!” esclamò il moro, stringendo la presa sulla mano del brunetto coetaneo, “MA DOVE ERAVATE FINITI?!?” sbottò, segretamente sollevato nel vedere i grandi occhi del fratello riempirsi di lacrime.

“OTOOTO! COSA STAI FACENDO?”

La voce burbera di Ikki troncò sul nascere ogni risposta da parte del fanciullo, che si gettò con trasporto al collo dell’Unicorno: “Jabu-chan!! Finalmente vi abbiamo ritrovato!” gridò con gioia l’Andromeda, stringendolo forte, “Dove sono gli altri?” chiese subito, mentre attorno a loro si radunava qualcuno, “Sono andati a zonzo, ma sono tutti interi.” replicò il moro sorridente.

Una mano robusta lo afferrò per il colletto del kimono, tirandolo all’indietro: “Razza di idioti, avete idea di quanto ci avete fatto preoccupare!” urlò Seiya, saltellando dinanzi a lui, “Ikki, lascialo andare, non respira così!” affermò Shiryu, Jabu gli fu profondamente grato.

Si lasciò cadere intontito a terra: “Grazie per l’accoglienza Phoenix.” ringhiò, massaggiandosi il collo e guardando con astio il fratello maggiore, che lo ignorò bellamente, “Affari tuoi, non sparivate a questo modo.” replicò, sogghignando.

Hyoga lo aiutò a rialzarsi: “Saori-san dov’è?” domandò, scuotendosi la polvere da dosso, “Sta parlando con i monaci, sarà contenta di sapere che vi abbiamo ritrovato. Andiamo a recuperare gli altri, forza!” esultò Seiya,  correndo in mezzo alla folla, “Aspetta Seiya-chan!!” lo inseguì Shiryu, sparendo anche lui.

I quattro rimasti sospirarono: “Andiamo anche noi prima di perderci nuovamente.” ordinò lapidario Ikki, afferrando il polso di Shun e sparendo con lui.

L’Unicorno guardò per un momento il fiume, in lontananza gli pareva di scorgere ancora qualche foglia galleggiare sul pelo dell’acqua.

 

 

“Per tutte le stelle che dominano il firmamento, desidero avere sempre loro accanto a me.”

 

“Si, è proprio quello che desidero…”

   
 
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