Questa è la seconda storia che pubblico, questo capitolo l'avevo già scritto ed ero indecisa se postarlo o no. Spero che leggendola vi appassioni. Recensite se vi va, mi renderebbe molto felice sapere cosa ne pensate... quindi vi auguro una buona lettura e al prossimo capitolo!!! Fede :)
1.
Sara
“Cazzo!”
Pensò “non voglio
ritornarci in quell’inferno! Voglio l’estate!
Voglio i gelati, gli short, le
t-shirt colorate, i caffè freddi presi il pomeriggio con gli
amici! Come sono
volati così velocemente tre mesi?” si domandava,
“è impossibile! Sembra ieri,
quando scendendo per le scale della scuola, urlavo con gioia
l’inizio delle
tanto desiderate vacanze! Ormai me ne devo fare una ragione, tanto il
tempo
passa in fretta! Cosa sono poi 9 lunghissimi mesi? Niente! Passeranno
velocemente. Si, come no, magari!” si disse.
Sara era una di quelle
ragazze a cui piaceva tanto far ridere la gente, divertirsi e parlare,
parlare
continuamente però, aveva un sacco di cose da dire lei.
Sara che sembrava un
piccola francese (glielo dicevano tutti) e che amava scrivere e
raccontarsi
agli altri. Sara che a volte aveva paura di sbagliare, di non riuscire
a farsi
amare veramente. Le piaceva tanto leggere, perché in ogni
storia poteva
immaginarsi diversa, poteva innamorarsi, essere intraprendente, timida,
bella,
brutta, ogni libro era un mondo da esplorare, per conoscere, per
conoscersi, viversi
diversamente, estraniarsi e giocare con una realtà diversa
da quella vera. Sara
era così e non poteva farci niente, non poteva cambiarsi e
forse infondo non lo
voleva, si piaceva così com’era, con le sue paure
e con i suoi silenzi che solo
il suo caro amico Alessandro o pochi sapevano ascoltare. Sara infatti
pensava, ed
era più che convinta, che ogni silenzio aveva qualcosa da
raccontare, un
proprio dolore da nascondere o una felicità troppo grande
per essere spiegata a
parole. Sara sapeva che ogni suo silenzio era difficile da comprendere
e anche
Alessandro ne era a conoscenza però riusciva a capirla al
volo, ogni volta, e non
sbagliava mai.
Lei e Ale erano amici sin
dall’inizio del liceo, frequentavano entrambi il liceo
Scientifico V. Fardella
di Trapani, una città, che Sara in tutta
sincerità, a volte amava ma molte volte,
forse troppe, odiava. Le stava stretta, un vestito che non riusciva
più ad
indossare, troppo vecchio per essere riutilizzato. Pochi
però la capivano, lei
aveva un’anima troppo grande per le piccole strade della sua
città, una
mentalità troppo aperta per i pensieri ottusi della gente di
quel posto. Aveva
una voglia di conoscere il mondo talmente grande che a volte avrebbe
preferito
scappare lontano, come un’avventuriera senza una reale meta.
Non le importava di avere
per forza una famiglia, un matrimonio, dei figli e una bella casa in
cui
vivere, erano stupide convenzioni a cui lei non riusciva a dare
veramente
importanza.
Quando vedeva Alessandro,
che ormai definiva il suo migliore amico in quanto meglio di lui non
riusciva a
comprenderla e a sopportarla nessuno, le si riempiva il cuore di un
grande
affetto, lo voleva un bene dell’anima quel piccolo e
paffutello amico, lui che
ogni volta la faceva ridere e amare la vita, lui che con la sua risata
contagiosissima avrebbe potuto far ridere la gente anche ad un
funerale. Come
avrebbe fatto a vivere senza di lui? Ogni volta ringraziava il cielo di
averglielo mandato, senza, sapeva che la sua vita sarebbe stata
completamente
diversa e non riusciva ad immaginarsela
se
lui mancava, se non vedeva più quel suo piccolo sorriso
accompagnare ogni suo
passo o pensiero.
Alessandro non era bellissimo,
era un ragazzo normale, ma Sara lo considerava tale perché
era bello dentro,
dove quasi nessuno cerca la vera bellezza, quella del cuore e
dell’anima. E Sara
la vedeva, sempre, in ogni suo gesto, in ogni sua insicurezza, bastava
uno
sguardo e non aveva bisogno neanche di dirgli tante inutile parole.
“L’unica cosa
positiva in
questo nuovo anno scolastico è che io e Alessandro siamo
compagni, se no non
riuscirei ad arrivare fino alla fine della giornata senza una crisi
depressiva”
pensò.
Sara infatti aveva bisogno
continuamente di ridere e divertirsi, forse per dimenticarsi quella
forte
mancanza che sentiva dentro. L’amore. Sì, ne era
convintissima, a lei mancava
l’amore, l’avere una persona accanto, vicina al
cuore e ai pensieri, anche quelli
più nascosti. Era convinta anche, che lei non
l’avrebbe mai trovato questo tanto
ed agognato amore, era una ragazza difficile e forse anche un
po’ anonima, nel
senso che pochi la notavano, a volte preferiva stare in disparte, si
apriva
solo con le persone che amava veramente, preferiva darsi a pochi,
“l’affetto
non si regala al primo che capita” pensava,
“è una cosa importante” e se Sara
lo donava a qualcuno questo affetto voleva significare solo che per lei
questa persona
era davvero importante. Così lo ottenevano pochi, con il
dispiacere che tanti
non la consideravano e non la ritenevano oggetto di attenzioni,
“attenzioni” di
un certo tipo però.
- Sara! Svegliati sono le
sette passate, non vorrai fare tardi anche oggi?!-
- Che palle!- bofonchiò
–
Mi sto alzando!- urlò lei di rimando, ma dopo 5 secondi,
appoggiò nuovamente la
testa sul cuscino e inconsapevolmente si riaddormentò.
Succedeva sempre così,
rimandava, rimandava, fino a quando non crollava un’altra
volta sul quel
maledetto letto.
- Sara se non ti alzi
subito, ti vengo a buttare giù dal letto a via di
bastonate!- urlò sua madre.
Sara si svegliò di
soprassalto
a causa delle urla della madre, “Cavolo!”
pensò “che ore sono ora?”
- Sono sveglia, sono
sveglia!- corse veloce in bagno per lavarsi e vestirsi in fretta, solo
che il
vestirsi era un vero e proprio problema, ci pensava solo la mattina e
ogni
santo giorno non sapeva cosa indossare, ne conseguiva così
ulteriori perdite di
tempo e ritardo a scuola, quello non mancava mai!
Sara infatti
sfortunatamente, era una ritardataria cronica, non riusciva mai ad
essere in
orario, faceva aspettare continuamente la gente, lottava contro
quell’orologio
che sembrava avercela con lei. Guardava ogni volta l’ora,
mancavano solo dieci
minuti all’appuntamento, ma per Sara dieci minuti erano
un’eternità, 1 ora e
forse anche di più, così perdeva tempo in
sciocchezze e si sbrigava sempre
all’ultimo minuto.
- Mamma scappo che sono in
ritardo-
- E quando mai!-
le urlò dietro la madre.
Afferrò in fretta il
casco
e lo zaino, che aveva appena fatto, dato che la sera lo dimenticava
sempre o
non ne aveva voglia, corse fuori a prendere lo scooter e si diresse
verso la
tanto odiata scuola.
Ritornare tra quei banchi
un poco la faceva stare male, ma da un lato le mancava, forse
perché era il
primo giorno di scuola e rivedere di nuovo tutti i suoi vecchi compagni
per lei
era una gioia immensa, gioia che al contrario non provava nel rivedere
i professori,
quelli erano un incubo!
Rivide le sue adorate
compagne, il suo fantastico trio: Isabella, Alice e Silvia. Le erano
mancate
tanto d’estate, non erano riuscire mai a stare insieme per le
compagnie d’amici
che purtroppo erano diverse.
Non mancarono gli abbracci
e le urla di chi rivedeva dopo tre mesi i proprio amici cambiati,
diversi.” Un
estate sembra passare in un attimo, eppure riesce a trasformarti, in
tutti i
sensi, sia nel bene che nel male ” pensò Sara
riabbracciando le sue care
amiche.
Subito dopo arrivò il
nuovo professore di Religione, materia che Sara odiava, colpa della
precedente
professoressa, una lezione di Religione infatti, l’anno
precedente, era una
vera e propria lagna. Ora questo nuovo e strano professore inquietava
non poco
la classe. Era alto, barbuto e molto intraprendente, dava del lei a
tutta la
classe ed aveva preso subito a tiro Alessandro che non mancava mai di
farsi
notare subito dai professori.
Sara e Ale erano lontani,
non erano compagni di banco, Sara era consapevole che, se si sarebbero
seduti
insieme, non sarebbe stata un attimo attenta e quindi preferiva
evitare. Così
si sedette con Edoardo, che adorava e stimava molto, purtroppo neanche
con lui
riusciva a stare attenta, in ogni lezione non facevano altro che
ridere, anche
per stupidaggini, ma a lei non disturbava, preferiva divertirsi
piuttosto che
rompersi tutto il giorno ascoltando lezioni pallose.
Accettò, quindi, di buon
grado il suo nuovo compagno di banco.
La giornata fortunatamente
passò velocemente e senza spiacevoli intoppi, se non per gli
incoraggiamenti,
si fa per dire, della prof. Di chimica, non faceva altro che ciarlare
inutilmente riguardo allo studio costante, alle interrogazioni, Sara
odiava
profondamente quella racchia e befana della sua prof., aveva si e no 35
anni ma
ne dimostrava 80 e passa circa grazie a quel suo modo di vestire
antiquato e
ridicolo.
Si diresse verso
l’uscita,
salutò Ale che non le risparmiò un sorriso pieno
di tutto l’affetto che le
serviva. Il loro rapporto, in verità, era un po’
strano, si capivano a gesti o
con un solo sguardo, Ale era uno che manifestava di rado il suo affetto
agli
altri, e le volte che lo faceva erano veramente poche, ma a Sara non
servivano
inutili smancerie, abbracci o baci, le bastava sapere che le voleva
bene e che
gli poteva raccontare qualsiasi cosa perché si fidava
ciecamente di lui e Alessandro
non avrebbe mai fatto niente di brutto per ferirla.
Alcuni sguardi però la
stranivano, a volte Ale la guardava triste e lei non sapeva darsi una
spiegazione al riguardo, ogni volta pensava che fosse per colpa sua,
era solita
infatti addossarsi le colpe degli altri e pensare sempre di aver
sbagliato,
magari aveva fatto o detto involontariamente qualcosa che lo aveva ferito. Non aveva mai
avuto il coraggio di
chiederglielo, aveva paura di sapere il vero motivo e cioè
che la persona che
gli procura tanta tristezza era lei, al solo pensarci si sentiva male.
Sara in un’amicizia dava
tutta se stessa, era come un donarsi agli altri per lei, donarsi senza
pretendere
nulla in cambio. Purtroppo a volte questo darsi totalmente le provocava
tanto
dolore, quando lo fai non tutti ti apprezzano e non tutti ritengono
importante
l’affetto che gli dimostri ogni giorno, anche con un semplice
abbraccio. E Sara
a volte era molto ingenua, troppo espansiva, avida d’amore e
gioia, per questo
le faceva tanto male non avere qualcuno che l’amasse e
l’apprezzasse per quello
che era, senza stupidi pregiudizi o tentennamenti.
Attraversando lentamente
le strade della sua città pensò che infondo il
suo momento sarebbe arrivato
prima o poi, avrebbe amato e sarebbe stata amata.“Non tutto
è perduto, diamo
tempo al tempo, sicuramente le cose cambieranno in fretta, senza che io
abbai
neanche il tempo di
accorgermene! Più si
vuole una cosa, più il tempo sembra non volertela dare, ed
io non ci penserò,
forse.” si disse ridendo delle sue stupide elucubrazioni
post-scuola.