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Autore: silverwings    09/06/2005    36 recensioni
C’è almeno una persona al mondo con cui è risaputo che non si possa avere a che fare senza nutrire l’incontrollabile desiderio di sopprimerla: è la propria nemesi naturale. E’ come avere la stessa carica. Negativo o positivo non fa differenza. E’ scientificamente provato che ci si respinge. E’ attestato per il 100% dei casi.
Ma la vita è un po’ diversa dalla scienza…
Genere: Romantico, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti

Salve a tutti!

Vi starete chiedendo cosa diavolo stia facendo, vero?
Beh, avete ragione: io stessa non mi sento in condizione di portare avanti due storie contemporaneamente, sebbene questa sia esattamente la situazione.

La questione è che volevo assolutamente pubblicare l’inizio di questa storia prima dell’uscita del sesto libro di Harry Potter, perché sono il tipo che riscriverebbe tutto quanto se solo venissero fuori nuovi particolari e con tutta la fatica che ho fatto per ideare un filone che mi suonasse convincente per il pairing Draco/Hermione… beh, mi suonerebbe terribilmente mortificante rifarlo tutto da capo.
Ok, detto questo non penso che ci sia molto altro da dire, no?

A parte ribadire i diritti d’autore di J.K. Rowling e precisare che – come sicuramente tutti voi avrete capito – questo è il mio tributo per la mia coppia preferita in assoluto, perciò è meglio disilludere immediatamente gli appassionati di Harry/Hermione e Ron/Hermione, perché questa è una Draco/Hermione.
Ah! E poi volevo dire che dedico questa storia a Laura: ti voglio tanto tanto bene, marò! (E tu sai che vuol dire^^)

E con questo, buona lettura.

By Silverwings

The Draco and Hermione’s Opera

1° capitolo.

Prologo

*** *** ***

We were strangers
Starting out on a journey
Never dreaming
What we'd have to go through
Now here we are
And I'm suddenly standing
At the beginning with you

Eravamo sconosciuti
che cominciavano un viaggio
che non sognavano mai
che cosa avrebbero vissuto
Ora noi siamo qui
E io sto improvvisamente
all'inizio con te

(At the beginning - Richard Marx and Donna Lewis)

*** *** ***

9 Novembre. Pomeriggio. Ore 17.07

Hogwarts. Campo di Quidditch.

« Draco! Draco, il professor Piton ti sta cercando! »

Una voce corpulenta e pastosa che gli giungeva da lontano. Un richiamo fastidioso e monotono che lo assillava continuamente. Una figura grottesca e ingombrante che si avvicinava a grandi passi, facendo tremare il terreno su cui era disteso. Socchiuse gli occhi, cercando di sgombrare la mente.

Se lo faceva, poteva fingere che non stesse arrivando, che non lo stesse cercando.

« Draco! »

Una faccia tonda e pasciuta lo sovrastò. I raggi rassicuranti del sole smisero di accarezzargli il pallido viso e una smorfia di stizza increspò la sua espressione. Ma non volle ancora aprire gli occhi: voleva che l’illusione continuasse, che l’effimera quiete che sembrava regnare nella sua vita in quell’istante durasse ancora per un po’. O almeno avrebbe voluto, ma la voce ripeté il suo richiamo e il mento paffuto di colui che aveva parlato vibrò per un paio di istanti. Tra le ciglia semichiuse ne notò il profilo tremolante.

« Draco, il professor Piton ti… »

« Ho capito, Goyle! » Lo interruppe spalancando le palpebre e fissandolo con un’espressione scocciata. « Non sono sordo. »

« Oh… » Rise stupidamente l’altro. « … certo! »

Che seccatura…

Si sollevò dal prato del campo di Quidditch e si diede un paio di pacche sui pantaloni per togliersi i fili d’erba che vi erano rimasti attaccati. Si risistemò il mantello sulle spalle e si passò una mano tra gli slavati capelli biondi. Erano cresciuti un po’ troppo nell’ultimo periodo: gli ricadevano sugli occhi e ci mancava davvero poco perché glieli coprissero.

Fissò per un attimo il ragazzo che aveva di fianco, contrariato, e si chiese che fine avesse fatto Tiger: abitualmente la loro vita si consumava in simbiosi. Era estremamente inusuale scorgere l’uno senza l’altro. Poi ricordò che il ragazzo aveva fatto indigestione di dolci ed era ancora costretto a letto da lancinanti dolori di stomaco, per non dire da improvvisi attacchi di diarrea. Se Goyle non aveva fatto la stessa fine lo doveva solo alla professoressa McGranitt. Questa non aveva gradito il boccale di burro birra che le aveva rovesciato addosso per sbaglio, nel corridoio, e a quanto ne sapeva, proprio per questo disdicevole incidente, la strega l’aveva affidato alla severa tutela di Gazza, che gli aveva proibito di mangiare dolci.

Una vera fortuna per il suo intestino.

« Piton ha detto che deve parlarti. » Dichiarò il compagno con gli occhietti piccoli e sciocchi che gli sorridevano con semplicità.

« Ah sì? » Replicò sarcasticamente. « Pensavo volesse offrirmi una tazza di te… »

Il compagno rise ancora, stupidamente, e lui subito si spazientì: perché doveva sempre avere a che fare con idioti e imbecilli! Affrettò il passo, nel tentativo di seminarlo con facilità. Tuttavia anche Goyle accelerò. Ma fu uno sforzo immane per il suo ingombrante e flaccido fisico, e dopo pochissimi attimi lo udì distintamente ansare. Probabilmente o avrebbe rinunciato a stargli dietro, o il suo cuore gli avrebbe tirato un brutto scherzo fermandosi di colpo.

Per parte sua Draco fece finta di niente: se aveva accelerato l’aveva fatto esattamente per disfarsi della sua fastidiosa presenza. Senza contare che un bell’infarto avrebbe messo Goyle fuori gioco per diversi giorni. Cosa per niente spiacevole.

Tuttavia, a dispetto di quanto piacevole potesse apparirgli quel pensiero e di quanto strenuamente si fosse impegnato per lasciare indietro l’ingombrante guardia del corpo, quando entrò nel perimetro del cortile interno di Hogwarts Goyle era ancora al suo seguito. Solo qualche metro più indietro rispetto a prima e con il viso gonfio e rosso dallo sforzo.

Si arrese sospirando. E per chi l’avesse visto, in quel momento sembrava la noia fatta persona.

Completamente immerso nei propri pensieri non si accorse che un gruppo di ragazzi si avvicinava dalla direzione verso cui si stava incamminando e inavvertitamente si scontrò con uno di essi. Alzò il viso per vedere chi fosse. Notò con profondo disgusto che davanti a sé stava quell’emerita nullità di Neville Paciock. Grifondoro dal primo all’ultimo grammo. Fornito di abbastanza grammi da infiammarlo in un istante.

Non che il fatto che fosse Grifondoro fosse il motivo principale della sua stizza. Di certo, comunque, era uno dei maggiori.

« Guarda dove vai, idiota! » Sbottò secco, scoccandogli uno sguardo indignato e screziato di disprezzo.

« M-mi dispiace… » Si scusò Neville piano, arretrando di un paio di passi.

« Non devi scusarti, Neville! » Si intromise Seamus Finnegan, fiancheggiando il compagno e fissando il Serpeverde con un’aria di sfida « E’ stato lui a venirti addosso: è lui che si dovrebbe scusare con te! »

« Io dovrei… cosa? » Sibilò freddamente Draco, scoccandogli uno sguardo di superiorità.

« Hai capito benissimo, Malfoy. » Replicò Dean Thomas, sbucato dal nulla per sostenere stoicamente i due amici. « Chiedi scusa a Neville! »

« Sogna, Thomas. » Grugnì con arroganza Draco, mentre Goyle gli si accostava con i piccoli occhietti maligni ridotti a due sottili fessure.

« N-non importa ragazzi… » Balbettò Neville tirando febbrilmente una delle maniche della divisa di Seamus. « Lasciate stare… »

« Stai scherzando?! » Ringhiò Seamus tra i denti. « Non può sempre passarla liscia: deve chiederti scusa! »

« Vi conviene dare ascolto a Paciock. » Suggerì Draco con voce molle e malevola. « Anche se ha i genitori suonati certe volte dice cose quasi sensate. »

Vide pericolosamente vacillare il corpo massiccio di Neville.

Temette, quasi, che da un momento all’altro si sarebbe schiantato al suolo. Il che naturalmente non costituiva un problema per lui: se voleva spaccarsi quel muso lentigginoso che si ritrovava poteva farlo con tranquillità. Non l’avrebbe certo fermato. Ma preferiva che lo facesse a qualche metro di distanza da lui: questioni di sicurezza.

Ad ogni modo Neville non crollò. Si limitò semplicemente a fissarlo con gli occhi turbati e umiliati. Allibito, forse. La bocca sottile si incrinò in una smorfia sfacciata.

Il bello è che dicono che l’ipersensibilità è femmina.

« Cosa sta succedendo qui? »

Si girarono alla loro destra, richiamati dalla voce autorevole che aveva parlato. Scoprirono Severus Piton che li sovrastava minacciosamente, con lo sguardo fosco che li fissava biecamente.

Tirò un sospiro di sollievo nel vederlo. Se fosse sopraggiunto un altro professore probabilmente le cose non sarebbero andate tanto bene per lui.

« Malfoy ha insultato i genitori di Neville! » Lo accusò Dean digrignando i denti e puntandogli il dito contro il petto.

Fu sicuro di vedere un lampo di disapprovazione saettare nella sua direzione dagli occhi di Piton e ne fu per un attimo sorpreso: quell’uomo era sempre stato dalla sua parte. E di cazzate lui ne aveva fatte. Anche più di quante uno studente della sua età potesse mediamente permettersi. Il più delle volte, addirittura, era stato proprio l’appoggio di Piton a coprirlo. Per questo quel suo biasimevole disappunto non riusciva proprio a spiegarselo.

« Sono certo che il Signor Malfoy non aveva queste intenzioni. » Dichiarò ad un tratto l’uomo appena sopraggiunto, sminuendo volutamente la cosa.

Evidentemente, che fosse o non fosse dalla sua parte, Piton non sarebbe comunque mai stato dalla parte di un Grifondoro.

« Aveva eccome queste intenzioni! » Tuonò Seamus sbarrando gli occhi scandalizzato.

« Abbassi quel tono, Signor Finnigan! » Lo zittì inflessibile Piton. « Se persisterà ad utilizzarlo in mia presenza sarò costretto a togliere punti alla sua casa. »

« Non ha intenzione di punirlo? » Ringhiò Dean fuori di sé.

« 10 punti in meno a Grifondoro… » Sentenziò il professore senza cambiare espressione.

« E’ assurdo! » Sbottò Seamus picchiando un piede in terra.

« 20 punti in meno… » Proseguì perentorio Piton.

« Lei non può farlo! » Urlò senza ritegno Dean, attirando sulla scena l’attenzione di molti studenti che passavano occasionalmente in quel corridoio.

« 30 punti in meno, Signor Thomas… » Soggiunse tranquillamente il professore. « Avete altre obiezioni da rivolgermi? »

« Sì! » Vociò Seamus, incapace di trattenersi oltre. « Lei è un… »

Ma nessuno seppe mai cosa fosse Piton, perché fortunatamente Neville gli tappò la bocca in tempo, parlando al suo posto:

« No, non abbiamo altre obiezioni. »

« Saggia decisione, Signor Paciock. » Disse il professore scrutando Seamus con occhi taglienti.

Neville accennò un debole gesto di assenso col capo e senza aspettare che i due amici potessero complicare ulteriormente le cose li afferrò per le spalle e li trascinò via. Piton li osservò allontanarsi con uno sguardo indecifrabile, e solo dopo che furono scomparsi dalla sua vista e che con un occhiata spaventosa ebbe fatto desistere i curiosi ad attardarsi per quella via, si volse verso Draco.

« Credo che io e lei abbiamo molte cose da dirci. » Affermò scrutandolo torvamente. « Sarebbe così gentile da seguirmi nel mio studio? » Indugiò un attimo su Goyle, che gongolava lì vicino, e aggiunse: « Solo, se non le dispiace. »

« … Certo. » Rispose Draco inespressivo.

E detto questo lasciò indietro il compagno e andò dietro al professore.

Giunsero nello studio di Piton dopo pochi minuti.

Era uno stanzino piccolo e maleodorante, ma a lui era sempre parso confortevole, in qualche modo. Gli piaceva, in poche parole. Come gli era sempre piaciuto Piton: la sua figura era talmente lugubre e grottesca da incupire l’atmosfera circostante e questo era decisamente in linea con lo stile che contraddistingueva anche lui, almeno per quanto riguardava l’intensità dell’effetto che provocava negli altri la sua presenza. Eppure quella volta il sinistro silenzio che era sceso non appena vi avevano messo piede aveva reso quello studio un luogo che gli incuteva soggezione.

Si sentiva a disagio ed era una sensazione che non gli piaceva affatto.

« Siedi pure, Draco. » Lo sollecitò il professore dopo aver preso posto dietro la sua scrivania di legno di pino.

L’aveva chiamato per nome: brutto segno.

Prese posto sulla sedia indicatagli dalla mano del professore e attese che questi parlasse. Ma sembrava che Piton non ne avesse alcuna intenzione. Si limitava ad armeggiare con un ampolla piena di uno strano liquido giallognolo, fissandolo con uno sguardo indecifrabile. Gli occhi scuri puntati sui suoi.

« E’ vero che hai insultato i genitori di Paciock? » Chiese infine a bruciapelo, deponendo la boccetta.

« Sì. » Rispose evasivo, inarcando un sopracciglio con diffidenza. Voleva fargli la paternale?

« Non voglio farti la paternale, Draco. » Lo tranquillizzò subito l’uomo, decifrando la sua espressione con successo. Tirò un lungo sospiro e continuò: « Non so come tu faccia a sapere dei suoi genitori, anche se immagino, ma le cose non cambiano: qui, a scuola, nessuno né è al corrente tranne le persone che Neville ha deciso di informare. Gli altri devono rimanerne all’oscuro, altrimenti Silente prenderà seri provvedimenti. Gli sta molto a cuore questa faccenda. Quindi, Draco, il mio consiglio è uno solo: non tirare più in ballo questo argomento. »

« L’avevo capito anche da me. » Replicò scocciato il ragazzo. Forse avrebbe preferito una bella paternale sul senso di responsabilità! E poi non era mica colpa sua se Paciock aveva la sensibilità di una suora di clausura. « Non ci ho pensato, tutto qui. Ad ogni non mi sembra una tragedia. »

« No… » Ribatté caustico Piton, scrutando con fastidio l’espressione sfacciata di Draco. « … immagino che non lo sia. »

« Erano solo queste le cose che aveva da dirmi? » Soggiunse seccato il ragazzo per colmare il silenzio venutosi a creare e per riportare la conversazione su toni meno accesi.

« No. » Affermò Piton sostenuto, ritornando a dargli del “lei”. « Il motivo originario per cui l’ho fatta chiamare è che i suoi primi voti di pozioni sono paragonabili ad una T nella scala delle valutazioni per i M.A.G.O. »

Forse si era sbagliato: i toni della conversazione si stavano decisamente infiammando.

« Ora… » Proseguì il professore con durezza. « Il settimo è un anno difficile. Se non riesce a mettersi in pari e a recuperare le insufficienze potrebbe venir bocciato in pozioni. »

B-bocciato?!

Possibile che avesse voti tanto irrecuperabili?

Forse sì. Non aveva dato molto peso alla sua carriera scolastica quell’anno. Inoltre Piton non era il tipo da allarmarlo per niente. Se diceva che rischiava la bocciatura così certamente era e, per dirla tutta, l’idea lo annientava.

« Ma… » Aggiunse subito Piton mentre un lampo di orgoglio gli attraversava lo sguardo truce. « … come ho già ripetuto più volte la ritengo un ragazzo intelligente e sono sicuro che si rimetterà in carreggiata stupendomi con le sue doti. »

« Mi impegnerò a dovere. » Promise Draco con un moto di gratitudine verso tanto indulgenza. « Può starne certo! »

« Ne sono già più che convinto. » Replicò fermamente il professore. « Ma per tutelare un tale investimento ho deciso di assegnarle un aiuto per lo studio. »

Esitò un attimo, stranito e istintivamente contrariato, prima di replicare:

« … perché? » Non gli piaceva quella proposta che suonava tanto come una decisione irreversibile. Significava dipendere completamente dai ritmi di un’altra persona. Una persona che poteva pericolosamente essere Pensy Parkinson: non se la cavava male in Pozioni. Rabbrividì a quel pensiero. Era già abbastanza faticoso scollarsela di dosso senza che qualcuno le assegnasse una ragione per farlo. Si affrettò a precisare: « Posso riuscire a ottenere da solo risultati decenti nei prossimi compiti. »

« Dice? » Domandò Piton con crudo scetticismo. Estrasse da uno dei cassetti della propria scrivania un pacco di fogli rilegati, che si lasciò rumorosamente cadere davanti. Cominciò a sfogliarli. « Significa che intende riuscirci pur sapendo che i prossimi argomenti si basano esclusivamente sulle ultime pozioni fatte l’anno scorso? »

Cercò immediatamente di fare mente locale su quali fossero: se fosse riuscito a ricordarsi un solo nome di quelle pozioni sarebbe già stato un gran bel passo in avanti.

« Ehm… sì. » Affermò comunque Draco cercando di darsi un tono e di apparire il più convincente possibile. « Non vedo perché non dovrei. »

« Se vuole glielo spiego io perché non dovrebbe. » Lo raggelò Piton caustico, continuando a sfogliare meccanicamente i fogli che aveva tra le mani. « Pozione restringente le dice niente? » Perse una tonalità di colore dal viso. « E infuso contro le pustole da Pus di Bubotubero? » Un’altra tonalità se ne partì per la tangente. « E del Veritaserum, Signor Malfoy? » Continuò Piton imperterrito. « Del Veritaserum se ne rammenta? » Il viso divenne infine latteo. Ma un latteo rancido, perché evidenti venature verdastre si notavano proprio sotto gli occhi.

Si ricordava di tutte quelle pozioni, ora che gliele nominava, ma semplicemente perchè non le aveva mai fatte! Si era saltato i compiti ed era riuscito a strappare la concessione a Piton di non farglieli recuperare con non ricordava quale stratagemma.

« Deve sapere che, essendo quegli argomenti estremamente importanti, ho deciso di riproporli anche quest’anno. Anche considerato che solo in due o tre persone in tutta la scuola erano riusciti a svolgerle correttamente… e purtroppo temo che questa volta non potrò chiudere un occhio. Neanche per lei. »

Merda.

Era nello sterco di Troll fino al collo.

« Pensa ancora di riuscire a prendere la sufficienza da solo? » Domandò asciutto Piton, inarcando entrambe le sopracciglia.

Non disse niente: era un po’ troppo umiliante come domanda. E la risposta sarebbe stata troppo compromettente. Ad ogni modo decise di degnarlo di un leggero movimento negativo del capo. E Piton era una persona con un certo amor proprio, cosa che gli permise di accettare quel gesto come simbolo di massima reverenza nei suoi confronti.

« Bene. » Esclamò quindi il professore. « In tal caso immagino che adesso dovrà semplicemente concordare un orario di ritrovo con la Signorina Granger. »”

Quel cognome gli rimbombò nella sua testa almeno una decina di volte prima di riuscire a realizzarlo.

« G-Granger? » Balbettò ancora stordito. « Hermione Granger? »

« Esattamente. » Rispose Piton ormai svogliatamente.

« Ma… ma… perché proprio Hermione Granger? » Domandò Draco scandalizzato. Non era possibile! Non era semplicemente possibile! « Perché proprio… lei? Io… io mi oppongo! Voglio un Serpeverde! »

« Comprendo il motivo della sua indignazione, Signor Malfoy. » Replicò epigrafico il professore. « Ma deve capire che non è colpa mia se anche i pochi Serpeverde che hanno la sufficienza in Pozioni sono persone che non ritengo sufficientemente dotate da sostenere una responsabilità di tal fatta. »

« Allora un Corvonero! » Si ostinò il ragazzo, fermamente deciso a far valere le sue proteste. « O un Tassorosso! Oppure… »

« Signor Malfoy! » Lo interruppe il professore perentoriamente. « Non piace neanche a me l’idea di metterla nelle mani di una Grifondoro… » L'evidente disprezzo con cui marcò l’ultima parola rese perfettamente l’idea di quanto gli dispiacesse. « … tuttavia Hermione Granger è uno studente brillante e, purtroppo per lei, l’unico disponibile. »

« Ma… »

« Basta! » Lo zittì Piton con il tono di uno che considera chiusa la questione. « Non ho più tempo di ascoltare le sue contestazioni: sono pieno di lavoro! Quindi la pregherei di uscire dal mio ufficio. Buona Giornata, Signor Malfoy! »

E senza neanche rendersene conto Draco si ritrovò fuori dalla porta, impietrito.

Riuscì a muoversi solo dopo diversi minuti e in uno stato di profondo shock risalì lentamente la scalinata che aveva davanti. Non poteva ancora crederci! Lui, Draco Malfoy, avrebbe dovuto prendere lezioni da Hermione Granger! Non l’aveva neanche presa in considerazione come possibilità: era assurdo! Inammissibile!

C’era da chiedersi come entrambi avevano potuto lasciare che accadesse. Invece lui fu costretto a chiedersi dove avrebbe potuto trovarla: la parola di Piton era sempre e solo una sola e lui, suo malgrado, non poteva permettersi di perdere la sufficienza in pozioni. Scartò a priori l’ipotesi che fosse in Sala Grande e si rifiutò di pensare che fosse in quella topaia che i Grifondoro chiamavano “Sala Comune”. Liquidò anche l’idea che fosse andata da quell’imbecille di un Mezzogigante, il guardiacaccia. Senza ombra di dubbio c’era un solo luogo dove poteva trovarsi: la Biblioteca. Ci poteva scommettere tutti i galeoni di suo padre!

Salì i molti gradini di pietra che lo separavano dalla sala in questione. Aprì la porta e vi entrò. C’erano molti reparti e molti studenti del settimo anno, ma lui andò a colpo sicuro: quella ragazza era così abitudinaria che si sedeva alla solita panca muffita tutti i giorni.

Infatti, eccola lì! Sommersa da una montagna invalicabile di libri e manuali delle più assurde materie. China su un foglio di pergamena che stava riempiendo di una fitta miriade di parole incomprensibili. Con i voluminosi capelli crespi illuminati dalle ultime luci del giorno. Lo sguardo assorto. La fronte corrugata dalla concentrazione.

Era senza ombra di dubbio Hermione Granger.

« Mettiamo subito in chiaro che io non prenderò mai ordini da te. » Esordì bruscamente mentre le si avvicinava.

Hermione alzò gli occhi dalla pergamena solamente per rivolgergli uno sguardo disinteressato, dopodiché riprese a scrivere e. come se lui non avesse detto nulla, domandò:

« Quando hai intenzione di iniziare a studiare pozioni con me? »

« Quando ne avrò voglia! » Le rinfacciò acido. La sua noncuranza gli faceva saltare i nervi come solo poche altre cose ancora: era come se si prendesse gioco di lui!

E odiava che qualcuno si prendesse gioco di lui.

« E quando ne avrai voglia? » Fece calma la ragazza, intingendo nel calamaio la punta della propria piuma.

« Non lo so. » Rispose spiccio Draco. « Comunque smetti di fare quello che stai facendo: mi da fastidio. »

« Smetterò quando avrò finito. » Replicò brevemente Hermione.

Come diavolo si permette?

Quella non era giornata. E lei era così insopportabile! Si stravaccò pesantemente sulla panca opposta a quella di lei. Scansò scocciato i libri che gli impedivano di guardarla negli occhi e picchiando una mano sul tavolo affermò:

« Non ho intenzione di stare qui ad aspettare i tuoi comodi, Mezzosangue! »

Hermione decise di non rispondere, soprassedendo sull’epiteto rivoltole. Si limitò a sospirare malcelando la noia, ignorando la sua persuasiva asserzione.

Non poteva sopportarlo! Il suo era un atteggiamento imperdonabile!

« Cos’è? Hai perso la lingua, Granger? » Inveì soffiando tra i denti con fastidio. « O forse non hai sentito? In questo caso te lo ripeto: smetti immediatamente di fare quello che stai facendo. »

« Modera i termini, Malfoy. » Ribatté leggermente più acida lei, istigata dal tono prepotente con cui il ragazzo aveva parlato.

« Altrimenti? » La provocò Draco con un’aria strafottente.

« Senti… » Sospirò Hermione stancamente. « … puoi dire quello che vuoi. Tanto per me non fa nessuna differenza: non ho intenzione di interrompermi per dar retta a un idiota come te. »

« Non darmi dell’idiota! » Ruggì Draco con astio.

« E tu evita di indurmi a farlo. » Gli rinfacciò di rimando la ragazza, senza però perdere il controllo e lasciare che la voce si sollevasse anche solo di una nota.

La fissò indignato per qualche attimo, con la bocca semi-aperta e gli occhi ridotti a sottili fessure. Avrebbe ucciso quella ragazzina con le proprie mani, un giorno! Le avrebbe fatto rimangiare tutta quell’arroganza! Doveva convincersene per reprimere il desiderio di estrarre la bacchetta e ridurla a brandelli!

Per contro Hermione lo spiazzò, chiedendogli a brucia pelo di tutt’altro argomento:

« Hai insultato i genitori di Neville? »

« Non avevi detto che non mi avresti dato retta?! » La apostrofò aspramente Draco, incrociando le braccia sul petto e inarcando un sopracciglia seccato.

« Infatti non ti sto dando retta. » Puntualizzò Hermione prontamente. « Ti sto solo facendo una domanda. »

« A cui non intendo rispondere! » Grugnì astiosamente il ragazzo, rivolgendole uno sguardo infuocato. Adesso si metteva pure a fare la pignola!

« Va bene. » Concordò tranquillamente lei, ritornando a scrivere. « Fa’ come vuoi! »

Calò uno scomodo silenzio.

Era fastidioso. Molto fastidioso. Tremendamente fastidioso. Tanto che Draco fu disposto a smuoversi dalla sua posizione nel giro di pochissimi attimi pur di spezzarlo, e domandò stizzito:

« E’ andato a dirlo in giro a Paciock? » Se fosse stato così, infondo, voleva dire che non ci era rimasto poi così male per quello che aveva detto.

« No, me lo ha detto Dean un paio di minuti prima che tu arrivassi. » Fece Hermione senza infierire sulla disdicevole mancanza di fermezza da lui dimostrata, cercando invece nuovamente i suoi occhi e constatando imperturbabilmente: « Allora lo hai fatto. »

« Non sono affari tuoi. » Serrò la mascella Draco, infastidito e sdegnato.

« E invece erano tuoi? » Ribatté tagliente Hermione.

« Sì può sapere che diavolo vuoi?! »

« Niente. » Rispose piattamente lei. « Volevo solo sapere se era vero che avevi detto una cosa così stupida e offensiva, perché malgrado tutto non ti facevo capace di tanto. » L’espressione si fece più arcigna. « Sebbene tu non ti sia mai adoperato per far credere il contrario. »

Draco la incenerì con uno sguardo furente. Come si permetteva di incolparlo in quella maniera? Se anche era vero quello che aveva detto, lei comunque non doveva permettersi di rinfacciarglielo con quel tono accusatorio. Aveva insultato i genitori di Paciock, dannazione! Non aveva ammazzato nessuno!

« Dovresti cominciare a crescere, Malfoy. » Concluse dura Hermione, ignorando completamente l’occhiata incandescente che le aveva lanciato il ragazzo e che seguitò a rivolgerle dopo quell’ultima sua uscita.

Dovrei cominciare a fare cosa?! Ma brutta arrogante, spocchiosa e sputa-sentenze!

« E magari anche imparare a stare zitto ogni tanto. »

Che cosa?!

« Specie su cose che uno come te non potrebbe mai capire. »

Adesso basta!

« In fin dei conti non ti smentisci mai. »

« Questo è troppo! » Strillò Draco alzandosi dalla panca di scatto e lanciandole uno sguardo omicida. « Non intendo sopportare te e le tue stupide parole un minuto di più! »

Detto questo girò i tacchi e se ne andò.

Trattenne a stento tutte le isteriche imprecazione che avrebbe voluto pronunciare e riversò la sua rabbia nei suoi passi. Li calcò sul pavimento con una foga tale che poco ci mancò perché non vi lasciasse un'impronta.

Dannazione quant’era odiosa!

Adesso si permetteva anche dirgli che doveva fare?! Ma stavano scherzando?! E gli diceva pure che doveva tacere! Ma neanche per idea! Neanche per sogno! E quella sua ultima uscita che gli aveva dispensato, allora? Assolutamente inaccettabile! Avrebbe fatto meglio a starsene zitto per quella faccenda di Paciock. Non tanto perché gliene fregasse qualcosa di quella sottospecie di botte balbettante, quanto più perché sapeva che avrebbe avuto delle rogne esattamente per quella ragione. E, dannazione, le stava avendo!

Ma non le avrebbe tollerate pure da quella presuntuosa e sfacciata ragazzina Mezzosangue!

No, decisamente. Erano solamente fatti suoi!

E sarebbe stato bene che lei se ne fosse ricordata da lì in avanti!

*** *** ***

Sabato 9 Novembre. Ore 9.46.

Hogwarts. Dormitorio femminile dei Grifondoro. Camera di Hermione

Si svegliò tardi quella mattina.

Era domenica, avrebbe potuto permetterselo, ma aveva sempre avuto la sgradevole impressione che dormire le togliesse tempo per vivere. Senza contare che, se non proprio per vivere, sicuramente gliene toglieva per studiare. Il che era una prospettiva decisamente controproducente.

Ancora intontita scostò le rosse tendine del letto e vi scese. Dal comodino di quercia agguantò distrattamente una grande spazzola e se la passò tra i cespugliosi capelli castani. Fu atrocemente doloroso, ma infondo ci era abituata, e – suo padre glielo diceva sempre – l’abitudine rende sopportabili anche le cose dolorose.

A dire il vero, negli ultimi mesi aveva stentato a crederci.

A quel punto, però, le era necessario per andare avanti.

Scacciò quei pensieri dalla testa: aveva ben altri problemi a cui pensare, in quel momento. Primo tra tutti scegliere un abito decente da mettere. Nei giorni della settimana il dover indossare la divisa le risparmiava l’ardua e disdicevole decisione. Di domenica, invece, non poteva proprio sottrarsi a quel supplizio. Il rituale prevedeva che la sua prima mossa fosse aprire l’armadio, e già solo quello richiedeva una notevole presenza di spirito e fermezza morale: non riusciva nemmeno a raccapezzarsi nell’enorme matassa di vestiti che sua madre le aveva comprato.

La seconda mossa, invece, costituiva la scelta vera e propria del capo di abbigliamento, e, neanche a dirlo, i suoi gusti in quel campo erano decisamente pessimi. A riprova di ciò la camicia lillà e i pantaloni di lino verde bottiglia che si ritrovò addosso. Era davvero terrificante! Il paio di scarpe blu notte che si vide ai piedi, poi, davano un tocco ancora più spaventoso a quel concentrato di accostamenti sbagliati.

Sospirò stancamente: ogni domenica, la stessa storia.

Qualcuno bussò alla porta. Che fossero Lavanda e Calì che avevano già finito di fare colazione? I loro letti erano vuoti, già rifatti. Di solito non tornavano mai in camera prima di sera, ma potevano anche aver dimenticato qualcosa. La voce che udì, tuttavia, smentì le sue supposizioni:

« Hermione, sei sveglia? Sono Ginny! »

« Sì, sono sveglia. » Rispose subito. « Entra pure. »

La porta d’ingresso si socchiuse e una testolina rossa fece capolino nella stanza, salutandola allegramente.

« Buongiorno! »

« Buongiorno. » Ricambiò Hermione, rivolgendole un mezzo sorriso. La domenica non era mai un buon giorno per lei. La presenza di Ginny, del resto, sapeva renderlo quanto meno accettabile. « Come mai da queste parti? » Le chiese una volta che questa ebbe chiuso la porta dietro di sé.

« Beh, ho incontrato Calì e Lavanda, poco fa, e mi hanno detto che quando sono scese per fare colazione stavi ancora dormendo. » Spiegò Ginny gravitando con lo sguardo per la stanza. C’era un disordine indecente, ma la ragazza sembrò non badarci: la Tana, effettivamente, sapeva essere molto peggio. « Hanno detto che non volevano svegliarti perché non sapevano se ti saresti arrabbiata. Però mi sono ricordata che una volta mi hai detto che non ti piace dormire troppo, così sono venuta a svegliarti. » A quell’affermazione gli occhi blu cobalto della rossa si fermarono sui suoi, incerti e un po’ apprensivi. « Ho fatto male? »

« No. » La tranquillizzò Hermione allargando le labbra in un vero sorriso. « Hai fatto benissimo. »

Il viso di Ginny si illuminò e subito le propose:

« Ti va di andare a fare colazione? »

« Stavo per chiedertelo io. » Ammise lei. « Ho una fame che non hai idea! »

« Perfetto, allora andiamo! » Concluse la rossa ritornando verso la porta d’ingresso.

La aprì e vi uscì. Hermione prese la bacchetta dal cassetto più alto del comodino e poi la seguì. Una bella e sana colazione era quello che le ci voleva!

« Allora, come va con Dean? » Chiese a Ginny sulle scale che conducevano in Sala Grande.

« Meravigliosamente! » Esclamò la rossa con uno sguardo sognante. « Ha detto che la prossima gita a Hogsmean mi accompagnerà in giro per negozi a comprarmi qualsiasi vestito io scelga. Sai, per la festa del diploma... »

« Non è un po' presto per preoccuparsene? » Domandò perplessa Hermione. « Il diploma è tra sei mesi. »

« Assolutamente! » Saltò su la rossa, infervorata. « E’ meglio farle prima questo genere di cose. » Assunse un’espressione grave, e continuò: « Ho sentito che Jennifer Thomson, l’anno scorso, si è ridotta a Marzo a comprare il suo abito e non ha trovato niente che le andasse. »

« Niente che le andasse, o niente che le andasse bene? » Chiese Hermione con un’evidente nota di ilarità. « C’è una bella differenza, Ginny. »

« Non c’è alcuna differenza. » La contraddisse asciutta l’amica.

« Avrebbe potuto accontentarsi dei vestiti che c’erano. » Si ostinò lei. Certe volte le ragazze della sua età erano così volitive! Insomma, un vestito è solo un vestito, no? Con gli sbuffi o l’imbottitura, non era poi così importante. E se anche stava male, con la propria carnagione non c’era bisogno di cambiare vestito, o, ancor peggio, farsi un incantesimo per cambiare carnagione – cosa che sembrava essere molto di moda da un paio d’anni.

Insomma, lei la vedeva così.

Ginny tuttavia sembrava non essere per niente d’accordo, poiché severamente la riprese:

« Per andare al ballo del diploma non puoi accontentarti di un vestito qualunque. Deve starti bene. »

« Io proprio non ti capisco. » Confessò Hermione scuotendo il capo.

Aveva rinunciato da tempo a capire ragazze come Lavanda e Calì: troppo complicato. Sebbene avessero la sua stessa età e convivesse con loro da sei anni, sapeva ciò che avrebbe ottenuto non sarebbe valso neanche un decimo dello sforzo. Con Ginny invece aveva creduto che sarebbe stato diverso. Infondo era l’unica figlia femmina tra sei figli maschi e, per questo e per molto altro, in parte diverso lo era davvero. Ciononostante l'impresa restava comunque ardua.

« E’ perché non hai ancora un ragazzo. » Commentò con convinzione Ginny. « Quando ce l’avrai mi capirai. »

« Mi sa che non ti capirò tanto presto, allora… » Constatò con un tono divertito. Un ragazzo, questa si che era bella!

« Oh, Hermione, perché dici questo? » Le domandò apprensiva l’amica, mal interpretando il suo tono di voce. « Tu… tu sei molto carina, Hermione. Davvero! Molto, molto carina. »

Soppresse una mezza risata divertita. Lo fece perché Ginny avrebbe potuto scambiarla per un gesto di derisione. E così non era. Affatto. Era così cara! Così dolce nel suo benevolo tentativo di consolarla. Così premurosa nel mentirle. Era veramente un’amica preziosa.

Forse… l’unica amica preziosa.

Ciononostante non aveva ancora compreso le sue priorità. A dirla tutta, anzi, temeva che non sarebbe mai riuscita a comprenderle. Da quel punto di vista si poteva quasi dire che parlavano due lingue differenti.

« Cambiamo argomento, Ginny, è meglio. » Disse Hermione con gentilezza. Non c'era rischio di litigio, non con Ginny, ma non le piaceva l'idea di proseguire un discorso in cui non c'era dialogo.

« Ma perché? » Obiettò apprensivamente la rossa. « Infondo avere un ragazzo alla tua età sarebbe normale. Perché non vuoi neanche parlarne? »

« Perché ho ben altro a cui pensare. » Spiegò senza troppi giri di parole, mentre entravano nella Sala Grande, ormai semi vuota.

« Ma… »

« Ginny! » La interruppe Hermione con un pizzico di insofferenza nella voce, sedendosi a notevole distanza da qualsiasi altro studente. « Si tratta solo di trovarsi un ragazzo con cui sbaciucchiarsi per i corridoi. Mi sembra di poterne fare a meno ancora per un po’! »

L’amica, mentre la emulava, sedendosi di fronte a lei, corrugò la fronte, offesa, e puntualizzò:

« Io e Dean non ci limitiamo a sbaciucchiarci per i corridoi! »

Hermione colse la palla al balzo: era un'ottima occasione per sviare l'attenzione dell'amica dalla sua vita sentimentale. Inarcò un sopracciglio, cercando di imprimergli un'evidente nota di scetticismo, e con malizia le domandò:

« Intendi dire che non lo fate solo nei corridoi? »

Ginny divampò furiosamente e biascicò:

« N-no… »

« Allora forse intendevi che vi siete spinti oltre certi infantili preliminari? » Continuò beffarda Hermione. Per essere sicuri del risultato bisognava per forza rincarare la dose.

« Neanche! » Sbottò sempre più imbarazzata Ginny, sbarrando gli occhi di fronte alle allusioni dell’amica e, nel frattempo, addentando morbosamente un pezzo di pane.

« E allora cosa intendevi? » Insisté la bruna spiccia, mentre si versava nella scodella un po’ di latte.

« Oh, insomma, Hermione! » Strillò acutamente Ginny, sull’orlo di una crisi isterica. « Quando ti ci metti sei anche peggio di Ron! »

Il suo cuore mancò di un battito.

Quel nome…

Il suo nome.

« … Ti prego… scusami… » Gemette Ginny, le cui guance erano divenute di un colore livido e esangue e la cui voce rotta la riportò bruscamente alla realtà. « … Io, non avrei dovuto… scusami… »

Le parlava, e intanto si mordeva nervosamente il labbro inferiore e si passava una mano tra i lisci capelli purpurei. Continuava a scuotere il capo. Continuava a scusarsi sommessamente. Continuava a guardarla con sempre crescente preoccupazione.

« Non preoccuparti, Ginny. » La tranquillizzò dolcemente. « E’ tutto a posto. »

Riusciva a farlo molto in fretta da qualche settimana a quella parte. Riprendere il pieno controllo di sé, e magari dire quelle frasi che più che tranquillizzare gli altri tranquillizzavano se stessa. Le bastavano pochi attimi e poi tornava come prima di aver ricordato. Prima di aver pensato a loro. Pochi attimi e l’espressione smarrita, desolata, quasi persa nel vuoto che si impadroniva del suo volto svaniva immediatamente. Tre mesi prima le ci voleva molto di più. Forse anche un giorno intero. Ma lei era il tipo di persona che si abitua in fretta alle circostante. Il tipo di persona che vi si adegua.

O quanto meno che ci provava… anche se i risultati ottenuti in fin dei conti non erano poi così soddisfacenti.

« No, io… sul serio, scusami. » Persisté l’amica, seguitando a fissarla mortificata.

« Ti ho già detto che è tutto a posto. » Ribadì Hermione, abbozzando un sorriso forzato. Quelli le riuscivano ancora male, in effetti. Ad ogni modo dubitava che oltre il velo sottile di pianto che le copriva gli occhi Ginny potesse accorgersi del fatto che fosse una simulazione. « Non è possibile pretendere che non se ne parli. » Continuò sempre con l’intento di calmarla. « Tra poco, anzi, quando ci sarà l’inevitabile fuga di notizie, tutti non faranno che parlarne. »

« Eppure è così ingiusto che tu debba sopportare tutto questo. » Affermò Ginny sconfortata, ancora con un’espressione colpevole dipinta sul viso. « Silente dovrebbe fare di più! »

« Silente ha già fatto molto. » La contraddisse con decisione. « Più di quanto avrebbe dovuto. Gli sono già molto grata e non voglio che faccia altro. E poi non potrebbe fare niente, neanche se uno di noi volesse. »

« Lo so… » Squittì acutamente l’amica. « Ma tu soffri già così tanto per questa situazione. »

« Io sto bene, Ginny. »

Lo disse con convinzione. Ed era vero. Ci credeva: lei stava bene. Infondo starci male non sarebbe stato giusto né per se stessa, né per gli altri; a cominciare da Ginny, Seamus, Dean e Neville. Loro erano gli unici studenti che sapevano come stavano le cose realmente ed erano stati molto premurosi nei suoi riguardi. Si erano impegnati a farla sentire a suo agio, evitando di parlare dell’argomento. Anche se forse avrebbero voluto, non le avevano mai domandato nulla. Per questo, se anche alle volte poteva capitare che qualcuno di loro dicesse qualcosa che non avrebbe voluto sentire, non poteva starci ancora male.

Non sarebbe stato per niente corretto.

« Dico sul serio. » Ribadì notando che gli strozzati singhiozzi dell’amica non accennavano a diminuire e, anzi, si facevano sempre più frequenti. « Ormai sono passati dei mesi e sto decisamente meglio. Veramente, sto bene. » Non funzionava. Ginny stava per mettersi a piangere. Quando accadeva non sapeva mai come farla smettere. Doveva assolutamente riuscire a calmarla e, soprattutto, doveva riuscirci prima che accadesse l'irreparabile. « Guarda, neanche ci penso più tanto spesso. Anzi: non ci penso proprio più. L’ho completamente superata! »

« Se ti riferisci alla tua insania mentale io avrei i miei dubbi. »

Chiunque avesse parlato doveva essere o la persona più maleducata al mondo, o quella più sfacciata. Quando sollevò lo sguardo oltre la spalla di Ginny si rese conto che era sia l'una che l'altra. Infatti Draco Malfoy le sovrastava con in viso un'espressione svogliata e irritata allo stesso tempo.

Ginny, che si era girata su se stessa, lo fissò indispettita, ma anche sorpresa. Probabilmente per il fatto che era solo. Neanche uno dei suoi scagnozzi gli era al seguito. Né Pensy Parkinson gli pascolava accanto.

Era davvero molto insolito.

Hermione, invece, nel vederlo si irritò soltanto. Tutto d’un tratto le venne in mente la sua scenata del giorno prima. L’aveva zittita in malo modo e se n’era andato. Si era innervosita con quella sottospecie di essere umano al punto che si era dimenticata di puntare la sveglia. Per questo maledetto motivo si era svegliata tardi.

Le montò una stizza indescrivibile:

« Che diavolo vuoi? »

« Puoi anche evitarti quel tono, Granger. » Ribatté sfrontatamente il Serpeverde. « Ti assicuro che non sono in visita di piacere. »

« Taglia corto e arriva al punto, allora. » Lo esortò spiccia. « Prima dici quello che devi dire e prima te ne vai. »

« Pensavo esattamente la stessa cosa. » Confermò Draco scocciato, riprendendo subito dopo: « L’idea di dover studiare con te mi disgusta… »

« Anche a me. » Puntualizzò prontamente Hermione. Non voleva che ci fossero equivoci. Avrebbe preferito passare i pomeriggi e le serate con Gazza, Piton e persino quel vecchio rospo della Umbridge, piuttosto che con lui.

« Ma la sufficienza in pozioni mi serve. » Proseguì il ragazzo, ignorando il commento non richiesto di Hermione. « Quindi sono qui per dirti che Lunedì, Mercoledì e Venerdì ci troveremo per mettermi in pari con Pozioni. »

« Lunedì, Mercoledì, Venerdì, Sabato e Domenica. » Lo contraddisse subito lei.

« Non se ne parla! » Ribatté Draco alterandosi.

« E invece se ne parla eccome. » Ribadì imperturbabile lei. « Ho visto i tuoi voti: fanno schifo. Ringrazia che non ti chieda di studiare anche di Martedì e di Giovedì, quando la tua squadra ha gli allenamenti di Quidditch. »

« Ringrazia? » Soffiò tra i denti il Serpeverde, scoccandole un’occhiata infuocata. « Abbassa la cresta, Mezzosangue! »

« Come osi, Malfoy?! » Intervenne Ginny furibonda, spronata dall'arroganza inaccettabile del Serpeverde.

« Silenzio! » Dettò Draco fissandola sprezzante. « Nessuno ha chiesto il tuo parere, stracciona! »

« Nessuno ha chiesto neanche il tuo di parere, Malfoy. » Precisò impassibile Hermione. L'idea che lui l'avesse insultata non la toccava minimamente: aveva imparato a incassare qualsiasi sua offesa con noncuranza. Ma che quell’idiota si permettesse di ostentare la sua prepotenza anche su Ginny, beh, era davvero intollerabile! « Qui siamo io e la mia intelligenza quelle che dovrebbero lamentarsi del tempo che tu e la tua ignoranza ci fate perdere, perciò cerca di avere un po’ più di rispetto sia nei miei riguardi che in quelli dei miei amici. »

« Un giorno ti farò ingoiare tutta questa insolenza, Granger. » Sibilò Draco, serrando la mascella.

« R-i-s-p-e-t-t-o. » Sillabò Hermione caustica.

Vide Draco trattenersi a stento dall'esplodere. Le mani tremanti strette a pugno lungo i fianchi. Gli occhi ridotti a due sottili fessure. Le labbra serrate in una smorfia. Era uno spettacolo che rischiava di divertirla e questo significava che quella conversazione si stava tirando troppo per le lunghe. Decise di porvi immediatamente fine:

« Allora ti aspetto questo pomeriggio alle 17.30 davanti alla Sala Comune di Grifondoro. Buona Giornata, Malfoy. »

« Un momento! » Sbottò Draco impetuosamente. « Non voglio cominciare oggi! E poi… » Lo sguardo si inasprì, caricandosi di sdegno. « E poi sappi che io non ho nessuna intenzione di entrarci nella vostra squallida Sala Comune. Non con te, comunque. »

« E con chi vorresti andarci? » Asserì stancamente Hermione. Come se lei volesse portarlo con sé e farsi vedere con lui. O, addirittura, come se lei ci tenesse. Ne aveva proprio tanta di immaginazione, quello lì. Non c’era che dire! « Cerca di non fare il difficile, Malfoy, e accontentati. »

« Puoi anche scordartelo! » Le rinfacciò il ragazzo furibondo.

Eh no! Adesso, però, basta!

Si era proprio stancata di tutti quei suoi assurdi capricci. Per chi l’aveva presa? Per la sua balia, forse? Se era così si sbagliava. E di grosso. Il suo sguardo dardeggiò a quello del Serpeverde, lo fissò con gelida intransigenza per qualche istante, e infine tuonò:

« Io non mi muoverò dalla mia Sala Comune, stasera. Se non ti va di metterci piede… beh, tanto meglio per me! Arrangiati, Malfoy! Non sarò certo io a supplicarti di venire. Sappi, però… » Lo avvertì risoluta. « … che se decidessi di presentarti non sarò comunque disposta a tollerare alcuna replica in merito alle mie decisioni, e se mai dovesse capitarti di non riuscire a trattenere la lingua, sebbene io ora ti stia avvisando che sarà bene che tu lo faccia… beh, non ti pregherò certo di dimostrarti accondiscendente: non vuoi darmi ascolto? Perfetto: non farlo, io, come già ti ho detto, non faccio che guadagnarci. Questo è quanto. » Concluse con una praticità devastante. « Tu, perciò, comportati di conseguenza. »

Il Serpeverde ci rimase di sasso. Assolutamente di sasso. Aveva una faccia piuttosto buffa, a dire il vero. Da pesce lesso. Gli occhi sbarrati e la bocca spalancata. Esterrefatto come poche altre volte in vita sua. Di lì a poco, comunque, si sarebbe ripreso e avrebbe questionato ancora. Era facile da intuire: era Draco Malfoy. Sembrava che non si stancasse mai di irritarsi. Lei, invece, si era proprio stancata:

« Comunque, ora che non abbiamo nulla di dirci, puoi anche andartene. Anche perché io e Ginny dobbiamo ancora fare colazione e la tua presenza ci disturba. »

L’espressione del ragazzo mutò all’istante. Divenne dura come la roccia, truce: il sarcasmo doveva aver risvegliato il suo spirito combattivo. Ad ogni modo, come si era figurata nella prospettiva più rosea, Draco si limitò a trattenere per la seconda volta il fiume di insulti che avrebbe voluto vomitarle in faccia, e andarsene velocemente. Non mancò comunque di lanciarle la solita occhiata omicida.

A quel punto cominciava a pensare che ci fosse una sorta di rituale prestabilito per le loro discussioni.

« E' davvero un ragazzo odioso! » Scattò Ginny quando il Serpeverde se ne fu andato. « Io non riesco proprio a reggerlo! » Era proprio furibonda. « Dean mi ha detto che ha anche insultato i genitori di Neville! » Il delizioso viso tondeggiante cominciò a diventarle rossastro dalla rabbia: mancava poco che si confondesse con i lunghi capelli scarlatti. « Ci tratta come se non valessimo proprio niente! Io… io… lo detesto! »

« Lascia stare, Ginny. Non vale la pena prendersela per un tipo del genere. » Provò a calmarla Hermione, sbagliando decisamente tecnica.

« No che non lascio stare! » Saltò su la rossa, guardandola biecamente. « Anzi, mi vuoi spiegare perché cavolo dovresti dargli lezioni private? »

« Me l'ha chiesto Piton. » Rispose Hermione succinta. Le aveva chiesto di seguirlo nel suo ufficio e gliel’aveva proposto. Forse, più che proposto, gliel’aveva ordinato, ma tutto sommato non era stato troppo dispotico. Non era stato neanche educato, si intende, però ammetteva che aveva riscontrato una qualche civiltà in lui. Un notevole passo avanti, a suo parere.

« Avresti potuto rifiutare! » Cinguettò Ginny, indispettendosi. « Perché hai accettato? »

« E’ così importante? » Domandò sospirando Hermione.

« Sì, lo è. » Confermò la rossa con decisione, ripetendo una seconda volta il suo quesito: « Perché hai accettato? »

« Per assicurarmi il massimo dei voti in Pozioni. » Ammise semplicemente, senza tradire la minima vergogna nella voce pacata. La sua carriera scolastica veniva prima di tutto. Prima di avere un ragazzo. Prima di Piton. Prima di Malfoy. E, certamente, prima delle sue antipatie adolescenziali.

In effetti, la sua carriera scolastica era senza dubbio la sua priorità numero uno.

Ginny si zittì all’istante. Rimase immobile, a fissarla stralunata per diversi attimi. Era la seconda persona che aveva quella reazione di fronte alle sue parole. Sempre che Draco Malfoy potesse essere considerato una persona, e non era del tutto certa che fosse un bene. D’un tratto, però, spiazzandola completamente, Ginny scoppiò fragorosamente a ridere.

Che le prende adesso?

« Perché ridi? » Domandò, corrugando la fronte confusa.

Da principio le risa erano tanto sguaiate e incontenibili che Ginny non seppe frenarle per darle una risposta, e che alcuni studenti vennero da esse indotti a girarsi per cercarne l’origine.

« Controllati, Ginny. Ci stanno guardando tutti. » Bisbigliò Hermione a disagio. Vedendo però che la rossa non accennava a quietarsi, la mora si trovò costretta a domandarle nuovamente: « Si può sapere cosa c’è da ridere? »

« E’… è per quello che hai detto. » Riuscì a rispondere l’amica, asciugandosi le lacrime che le avevano riempito gli occhi per il troppo ridere.

« Oh. » Esclamò lei inarcando un sopracciglio dapprima contrariata e, poi, un tantino stizzita. Che cosa c’era da ridere in quello che aveva detto? Niente, assolutamente niente. O forse non era proprio cosa aveva detto. Forse era in generale tutto quello che diceva. Magari era come lo diceva. Chissà, poteva anche darsi che il suo tono di voce fosse divenuto improvvisamente tremendamente buffo. Si offese di fronte a questa possibilità: se c’era qualcosa a cui teneva, quella era la sua serietà.

Il suo umore incrinato dovette trasparire dalla sua espressione, dato che Ginny, guardatala negli occhi per qualche istante, si affrettò a dire:

« Non volevo offenderti, Hermione. E’ solo che, beh… » Non riuscì a reprimere un’altra sciocca risatina, mentre scuoteva il capo in segno di benevola rassegnazione. « Chiunque altro di noi avrebbe preferito le torture peggiori piuttosto che uscirsene con la folle idea di stare a così stretto contatto con Malfoy. »

« Non credo di aver capito bene. » Intervenne la mora fissandola con occhi inquisitori e impenetrabili. « Stai dicendo che sono folle? »

« No! » Negò animosamente Ginny, sbiancando in volto e perdendo completamente la voglia di ridere di fronte agli occhi austeri dell’amica. « Non volevo dire questo. No, davvero, non volevo proprio indurti a questa considerazione. E’ solo che stavo pensando che quello che hai detto avrei potuto aspettarmelo solo da te. Sì, ma… ma non in senso negativo! » Si affrettò ad aggiungere, mordicchiandosi il labbro inferiore per il nervosismo.

Quel gesto un po’ goffo e maldestro bastò a farle sbollire la rabbia. La tenerezza che vi era racchiusa sarebbe bastata a farle sbollire la rabbia di giorni, a dire il vero. La bocca di Hermione, prima freddamente serrata, si rilassò in un sorriso. Tuttavia la rossa non se ne accorse e lei, del resto, non ebbe l’accortezza di fermare le sue scuse.

« Per noi sarebbe una cosa folli, ma perché noi siamo… beh… perché tu sei un po’… beh, diversa… da noi e perché… si, ecco… ooh! Fammi trovare le parole giuste, non vorrei che fraintendessi: tu sei una persona eccezionale e… Oh insomma! Quello che volevo dire era che quello che hai detto è proprio da te, Hermione. »

Il sorriso che si era impadronito della sue labbra si tinse di un’impercettibile velo di malinconia.

Quella frase… la riportava indietro.

Molto indietro.

Le richiamava alla mente tanti ricordi. Le faceva rivivere sei anni della sua vita. I sei anni più belli della sua vita. E se chiudeva gli occhi le appariva tutto ancora nitido. Reale. Ogni gesto, ogni emozione, ogni sentimento. Tutto sembrava prendere una consistenza che i ricordi non possono avere. Ma era solo un’illusione, perché quelli erano davvero solo ricordi. Non avevano niente a che fare con il presente. Appartenevano al passato. Proprio come quella frase:

« E’ proprio da te. »

Ron glielo diceva sempre.

E anche Harry.

Allora, come vi sembra?
Non è male, no? A me piace molto, ma sono prontissima ad essere smentita! Spero che mi lascerete un commentino: per gli ultimi capitoli di You are my angel ne ho ricevuti molti meno del solito (sono peggiorata?). Ad ogni modo nel prossimo capitolo si scopriranno molto cose che immagino vi stiano a cuore. Per esempio suppongo che in molte delle vostre testoline girino domande tipo:

Ma che fine hanno fatto Harry e Ron? E perché Draco non fa alcuna battuta in merito? E come mai Hermione li ricorda con tanta nostalgia? E quando diavolo si metteranno insieme Draco e Hermione? (è quella che cruccia di più, vero?)

Ma soprattutto, per chi conosce il mio marcato sadismo:

Si metteranno mai insieme Draco e Hermione?

Nel caso in cui voleste scoprirlo vi invito ad essere molto più pazienti di quanto non lo siate stati in vita vostra.

Un bacio

By Silverwings

  
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