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Autore: EffyBk    25/10/2009    1 recensioni
E se i fantasmi esistessero davvero? Oppure Bill Kaulitz è semplicemente impazzito?
Genere: Romantico, Triste, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ATTENZIONE: questa FF è completamente inventata. I nomi dei luoghi, come per esempio le scuole, sono reali, ma le persone sono totalmente frutto della mia fantasia. Ogni riferimento a persone o fatti reali è puramente casuale.

Geisterfahrer

Capitolo 1

Mi annoiavo. Ultimamente succedeva spesso, ma quella sera mi annoiavo ancora più del solito. Sempre lo
stesso locale, sempre lo stesso privè, sempre la stessa gente ipocrita e presuntuosa solo perché era
considerata “vip”. Sempre e solo la solita storia. Ma era l’unico modo per noi di uscire la sera senza
andare in giro accerchiati da bodyguard. Già, da quando i Tokio Hotel erano diventati famosi in quasi
tutto il mondo, era diventato impossibile girare da soli. Ma David, il nostro manager, ci aveva dato il
permesso di andare solo in quel locale senza scorta. Semplicemente per il fatto che era frequentato
soltanto da gente famosa e quindi era pieno di uomini della sicurezza ed altamente selettivo all’ingresso.
Ma a me non piaceva stare lì; in realtà neanche a Gustav e Georg, ma almeno loro andavano in pista a
ballare e in un modo o nell’altro si divertivano. Io non ballavo, non ero capace. Quindi me ne stavo
seduto da solo nel privè, sorseggiando una birra o un cocktail qualsiasi, pensando unicamente alla noia
mortale che provavo. Mi sentivo una persona vecchia, pur avendo solo vent’anni; sì, mi sentivo un
vecchio burbero e asociale, anche se, chi mi conosce, sa che sono esattamente il contrario. Però
quell’ambiente mi faceva invecchiare e inacidire di colpo.
Per quanto riguarda mio fratello Tom, non saprei dire se amasse o odiasse quel locale. Passava tutte le
serate un po’ brillo e in compagnia di una ragazza, spesso più brilla di lui. Non so esattamente che
ragazza: ogni sera era diversa. In fondo si parla di Tom Kaulitz, non c’è da sorprendersi.
Scrutai la folla danzante sotto di me in cerca di mio fratello, ma non lo trovai. In compenso vidi Gustav e
Georg che si dirigevano al bancone per prendere da bere. Mi alzai svogliatamente e li raggiunsi.
“Hey ragazzi, avete visto Tom?”
“Sì era con una bionda. Non era un viso nuovo, probabilmente l’ho vista su qualche giornale. Ma non so
dove siano andati; non sembravano completamente sobri e si saranno imboscati da qualche parte”
rispose Georg ridacchiando.
“Come al solito” sbuffai.
“Dai Bill, ormai conosci tuo fratello!” Gustav mi tirò un leggero pugno sulla spalla.
“Già. Fa niente, io torno a casa”. Iniziai a dirigermi verso l’uscita, ma Georg mi richiamò.
“Almeno aspetta Saki qua con noi. Ti facciamo compagnia”
“No, grazie. Non ho voglia di aspettarlo, torno a casa a piedi” ripresi a camminare e sentii ancora le voci
dei miei due amici che dicevano “Bill sei pazzo? A piedi da solo? Se ti succede qualcosa David se la
prende con noi…” poi fui troppo lontano e le loro parole si persero nella confusione.
Non mi piaceva comportarmi così. Io ero un ragazzo gentile, allegro, vitale e simpatico. Ma quel posto mi
metteva proprio di cattivo umore.
Appena uscii dal locale, tirai un respiro profondo e automaticamente sorrisi: finalmente fuori!
Mi incamminai in quella fresca notte di metà aprile, osservando il cielo limpido e pieno di stelle luminose.
Di cosa avevano paura David, Saki e tutti gli altri del nostro staff? Alla fine in giro non c’era nessuno a
quell’ora: erano tutti a casa a dormire o nelle discoteche. Non c’era alcun pericolo.
Camminavo tranquillo, con le mani in tasca, ascoltando il silenzio che mi circondava. Era rilassante; da
quanto tempo non facevo una normale passeggiata da solo. Essere famosi come i Tokio Hotel, per un
egocentrico come me, era di sicuro un sogno. Ma qualche volta faceva bene sentirsi persone “normali”,
anche se per poco.

Girai l’angolo e, all’improvviso, una giovane voce maschile mi fece sobbalzare.
“Bill Kaulitz” scandì il mio nome con un tono di finta sorpresa.
“Chi c’è? Chi sei?” chiesi senza far trasparire la mia inquietudine.
“Oh, la signorina Kaulitz non si ricorda di noi!” esclamò un’altra voce maschile, più grave della prima.
Solo allora notai due ombre un po’ più avanti, una appoggiata al muro e l’altra in piedi di fronte. Erano
due ragazzi poco più bassi di me, ma in compenso tre volte più muscolosi. Si avvicinarono lentamente e
nella penombra riuscii a vedere i loro volti.
“Dirk Schneider e Aaron Becker…” sussurrai riconoscendoli.
“Visto? Te l’avevo detto: non poteva di certo essersi dimenticato dei suoi amici di scuola!” disse Aaron
sogghignando.
“Cosa volete?” domandai bruscamente.
“Bill, Bill, non devi essere così maleducato con i tuoi amici. Questo comportamento non si addice ad una
star del tuo calibro”
Le loro espressioni erano maligne e le profonde occhiaie che circondavano i loro occhi rendevano le loro
figure decisamente inquietanti.
Strinsi i pugni per l’irritazione: non avevo mai sopportato quei due. Frequentavano il liceo con me a
Wolmirstedt ed erano i classici bulletti della scuola. Mi avevano preso di mira fin dal primo giorno e
avevano iniziato a chiamarmi “signorina Kaulitz”; ma credo che non si siano mai spinti oltre perché, in
fondo, erano un po’ intimoriti da me. Io non avevo mai avuto paura di loro e li affrontavo; non li avevo
mai assecondati e serviti, come invece facevano molti altri ragazzi, temendo di essere picchiati. La verità
è che si gonfiavano tanto, facevano i duri, ma alla fine erano solo dei deficienti complessati e smidollati.
Feci per andarmene, ma mi si piazzarono davanti per non lasciarmi passare.
“Non così in fretta, Kaulitz” disse piano Dirk.
“Toglietevi di mezzo” ordinai freddamente, senza guardarli in faccia.
“No, signorina. Prima devi pagare il pedaggio”
“Cosa vuoi dire?” chiesi senza capire.
“Soldi, Kaulitz, soldi! Devi sganciare la grana o non torni più a casa! Ci serve per la roba, se no ci
ammazzano”
Aaron tirò una gomitata a Dirk e lo guardò male: evidentemente aveva parlato troppo.
Io li guardai disgustato. Mi stavano minacciando per avere soldi con i quali pagare la droga. Quasi
sicuramente si erano indebitati fino al collo.
“Mi fate schifo e siete patetici” sussurrai esprimendo tutto il mio disprezzo.
“Kaulitz, ti conviene fare come ti diciamo, oppure…” Aaron mi prese per il collo e mi sbattè con le spalle al muro.
“Uccidimi, dai! Vediamo se ne sei capace!” lo sfidai.
Aaron strinse di più le dita intorno al mio collo e mi fece male. Io risi con scherno.
“Forza uccidimi… cosa aspetti? No, non potresti mai, e comunque non risolveresti nulla. Se io sono morto,
chi vi dà i soldi?” la voce mi usciva flebile, ma non perse il tono beffardo.
“C’è sempre il tuo adorato fratellino…” suggerì Dirk.
“Non provate neanche a sfiorare Tom!” esclamai dimenandomi un po’, ma non riuscendo a liberarmi dalla
morsa del ragazzo.
I due risero senza alcuna allegria e io iniziai a pensare ad un modo per uscire da quella situazione. Non
era il caso di puntare sullo scontro fisico: sapevo benissimo di essere in svantaggio. Avrei dovuto giocare
d’astuzia. In fondo quei due non mi avrebbero fatto nulla, erano tanto fumo e niente arrosto.
Però Aaron iniziò a stringere troppo forte e un po’ di paura mi venne. Erano pur sempre due drogati
balordi, ci si poteva aspettare di tutto.
Improvvisamente sentii una voce gridare “Hey! Che state facendo voi?”
I due si girarono a guardare chi fosse, senza però lasciarmi andare. Si avvicinò una ragazza con lo
sguardo aggressivo. Avrà avuto circa la mia età, forse uno o due anni di meno; non era molto alta ed era
esile e fragile. Ma non appena vide quello che stava succedendo, la sue espressione quasi mi spaventò.
“Voi due, lasciatelo andare subito!” gridò.
“Oh, taci nanetta!”
Aaron e Dirk si concentrarono di nuovo su di me, ma vedendo che la ragazza stava lì ferma, con le
braccia incrociate e l’espressione arrabbiata, sbuffarono e Dirk cercò di assumere un tono gentile.
“Senti bellezza, è solo un gioco tra amici, ok? Torna a casa!”
“Vai via… è pericoloso” riuscii a bisbigliare.
“Sta’ zitto, frocio!” urlò Aaron.
A quel punto la ragazza tirò una ginocchiata in quel posto a Dirk, che si accasciò a terra dolorante, e si
lanciò sull’altro, cercando di staccare le sue mani dal mio collo. Io ero ormai troppo debole per reagire,
ma le sussurravo più forte che potevo di andarsene subito. Non mi ascoltava minimamente. Aaron iniziò a
spazientirsi.
“Lasciami ragazzina! Vattene se non vuoi finire male” diceva mentre con la mano libera cercava di
spingerla via.
Poi fu un secondo. Aaron finalmente mi lasciò andare e io caddi a terra respirando a fondo per
riprendermi; lui mise la mano in tasca e, dopo un attimo, un botto.
  
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