Prologo
Il
lungo mantello nero frusciava contro le caviglie dell’uomo. I
passi erano veloci, lievemente tentennanti per via della profonda
ferita alla
gamba, ma comunque regolari e incalzanti per chiunque non si fosse
soffermato a
guardare più attentamente. La figura sfilava per le vie buie
di Londra quasi
come facesse parte di quelle tenebre, voltando a scatti il capo,
fissando prima
una, poi l’altra porta che gli sfilavano accanto ai lati
delle viuzze. La
pioggia batteva, leggera ma insistente, sul capo coperto
dell’uomo, sul
mantello nero già completamente bagnato, ticchettava con
insistenza sull’asfalto
bagnato, creando piccole pozzanghere che l’uomo sorpassava
con noncuranza.
L’uomo
svoltò a destra, e guardò la porta che sembrava
appoggiarsi
pigramente al muro di mattoni scuri a egli d’innanzi. Mosse
ancora qualche passo
tentennante verso il muro, quindi si bloccò. Il cappuccio,
totalmente calato
sul viso del viandante, non permetteva a estranei di scorgere
l’espressione
dell’uomo.
Passarono
i secondi, poi la serratura scattò. Il rumore, come una
bomba in confronto al silenzioso ticchettare della pioggia sul terreno,
fece
quasi sobbalzare la figura immobile. Scoprì un braccio dal
mantello nero e una
bacchetta brillò per un attimo alla fioca luce che
scaturì dall’interno della
porta. Si mosse veloce, quasi invisibile, e quando un volto magro,
giovane, dai
lineamenti dolci e gli occhi smeraldo, apparve oltre la soglia della
porta, l’uomo
in mezzo alla via si immobilizzò. Per un attimo,
temette di esser stato
scoperto.
Ma
gli occhi chiari del giovane uomo non puntarono con sicurezza
verso la figura scura a egli d’innanzi. Volsero, invece,
verso il cielo
nuvoloso e la pioggia insistente che permeava Londra già da
parecchie notti. Il
volto allegro si trasformò in una maschera di
preoccupazione, mentre il giovane
s’infilava svelto degli occhiali cerchiati di corno e
protendeva verso il buio
un piccolo fagotto di piume grigie.
«Portala
ad Andromeda» sussurrò, inconsapevole che qualcuno
innanzi
a lui lo potesse udire. Il fagotto, ora rivelatosi come un gufo dal
pecco
ammaccato, puntò i suoi occhi neri come la pece verso quelli
del suo padrone, e
per un attimo sembrò annuire. Quindi, dopo essersi
accomodato per bene sul braccio
del giovane, l’animale emise un verso stridulo e
spiccò il volo. Scomparve in
pochi attimi nel nero della notte.
Il
giovane uomo sospirò. Diede un ultimo sguardo alla via buia
che
gli si stagliava avanti, quindi chiuse piano la porta e
sparì nel caldo e
confortevole soggiorno della casa.
L’uomo
incappucciato, ancora fermo davanti alla porta, agitò ancora
la bacchetta che aveva tenuto levata davanti a sé fin a
quell’istante, quindi
incominciò piano ad abbassarla. Un breve respiro
fuoriuscì dalle sue labbra, e
il silenzio tornò a regnare nel vicolo buio. Mosse un altro
passo, fermandosi
appena ad un metro dalla porta. Accanto ad essa, una finestra lasciava
trasparire quel poco di luce indispensabile a rendere i lineamenti
prima
invisibili dell’uomo incappucciato comprensibili.
Capelli
neri comparvero dal nulla a delineare il volto rigido e
severo dell’uomo incappucciato; un paio di occhi neri come la
notte si
puntarono verso l’interno della finestra, dove, grazie a quel
piccolo spirale
che lasciava la tenda chiara, si scorgevano le persone al suo interno.
Le
labbra sottili s’indurirono quando lo sguardo
dell’uomo incontrò dei capelli
color mogano, lisci come la seta, scostati lievemente da una mano
sottile e
chiara come la neve. Il suo sguardo cadde sul volto punteggiato da
lentiggini
chiare, sugli occhi dorati delineati da un paio di rotondi occhiali
scuri.
La
bambina alzò gli occhi verso la sua sinistra. Per una
frazione
di secondo, quello sguardo dorato incrociò gli occhi scuri
dell’uomo fuori
dalla finestra, ma quasi non ci fece caso.
«Lily,
vieni qui! È pronto da mangiare»
risuonò ovattata la voce di
una donna. La piccola, posate sul tappeto chiaro le carte magiche con
cui stava
giocando, puntellò le manine sottili per terra e fece leva
sulle braccia per
alzarsi. Barcollò goffamente, inciampò contro un
cuscino e rischiò di cadere,
ma alla fine si erse in tutta la sua piccola statura, un sorrisino ad
affiorarle le labbra. Il suo sguardo, neanche a farlo apposta, cadde
nuovamente
sulla finestra, e sulla figura scura che ancora la fissava. Quegli
occhi scuri
si puntarono un secondo sull’oscurità della notte,
ma quando fecero attenzione
a quello che vedevano l’uomo era già sparito.
Stringendosi
nelle spalline esili, Lily Luna Potter si voltò verso
la cucina.
Fuori
dalla casa l’uomo, nuovamente invisibile ad occhi indiscreti,
sospirò, distogliendo lo sguardo da quella buffa
rappresentazione di un’altra
Lily Potter.
E
poi, quando si udì forte e chiaro il rumore di pentole che
cadevano, e una donna sospirare esasperata un:
«Lily!», l’uomo insaccò la
testa
nelle spalle e mosse qualche passo verso
l’oscurità.
Prima
di venir inghiottito dal buio della notte, Severus Piton
sorrise.
.
. . Volete il
seguito?? . . .
Eccomi qui
con un’altra storia. Premetto che non prometto (O_o) nulla a
quelli che mi
seguiranno per quest’altra avventura. Come avranno certo
notato le persone che
attendono (invano... -.-“) un mio aggiornamento nelle mie
altre due (ups... forse
tre... ^_^) storie che ho in corso, quando Madama ispirazione sceglie
di farmi
un dispettuccio e vola via, la mia voglia di scrivere cala a picco,
arrivando a
sfiorare gli 80 sotto zero. Quiiiindi... chi ha pazienza e
capirà il mio
piccolo problemuccio di ispirazione, ben venga. Cercherò di
aggiornare tutte le
volte che posso, ma non so quante volte saranno...
^_^ Comunque, sono
aperta come sempre alle critiche e a tutti i suggerimenti di questo
mondo. Anche
un semplice fa schifo, grazie ^_^
Dopo
questa
piccola parentesi, bacini a tutti....
_ki_