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Autore: Ulissae    26/10/2009    6 recensioni
[Flash fic Renata / Aro (L)]
Renata, si disse, quando nacque, salutava il mondo.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Aro, Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sapori Italiani'
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La cacciatrice di sorrisi


[Guida alla lettura: Renata, ad essere sincera, è l'unica donna, insieme a Athenodora e Didyme, che a Volterra mi sta simpatica. Perciò ho voluto ricreare la sua storia perndendo come spunto la canzone dei Modena City Ramblers Remedios la Bella e la storia della pittrice Frida Kahlo. Buona lettura]

Dedicata a Giorgia, yes.
Perché se ora trovate una scema
che scrive dovete picchiare/ringraziare lei.
Perché, in qualche modo, mi ha obbligato a leggere Tw.
Perché mi sopportava durante i miei sproloqui pro Jake.
Perché, nonsotante tutto, Giorgia, lo dico con il cuore, sei una persona speciale.
Di quelle con le quali sorridi, piangi, litighi, fai pace.
Perché, insomma, perché sì.
Gliela dedico.
Punto.



Si diceva in giro che Renata, la figlia di  Doña Esperanza, fosse nata sorridendo.
Mostrando le piccole gengive sdentate, aprendo la piccola boccuccia, rosa e delicata, mentre le manine, ancora sporche di bianco  si aprivano e chiudevano.
Renata, si disse, quando nacque, salutava il mondo.
Lo salutava così tanto che il suo paese, il Messico, quando nacque, decise di fare la sua rivoluzione. Era normale, quindi, che tutti la chiamassero la figlia della rivoluzione.
Nonostante questo, però, Renata era una bambina tanto buona e calma che molta gente si disse se, veramente, dalla speranza non potesse nascere nient'altro che pace.
Gli anni passarono e lei, per trascorrere il tempo, decise di studiare Ma non su libri, vecchi tomi e polverose pergamene; no: lei avrebbe studiato i sorrisi
Andava in giro per la città, con un vecchio taccuino appartenuto al padre, segnando ogni piccolo movimento del muscolo facciale di ogni singola persona. Era un'attenta osservatrice, Renata, ed altrettanto brava nel conservare e difendere le cose.
Persino il giorno del suo matrimonio decise di abbinare il bianco del vestito al nero del blocco.
Renata non voleva sposarsi, lei voleva solo guardare il mondo, senza nessuno al fianco, non ne sentiva il bisogno o, per lo meno, non aveva ancora trovato il sorriso adatto a lei.
Credeva, infatti, che ogni persona ne avesse uno, speciale, unico, compatibile con un uno e uno soltanto.
Così, mentre la madre ordinava a tutti cosa fare e dove andare -preparazioni superflue di un matrimonio superfluo- lei decise di scappare: si tirò su il vestito, si tolse le scarpe scomode e iniziò a correre. Corse talmente forte da arrivare al centro della piccola piazzetta di quartiere, alla fermata dei tram.
Pioveva, come si dice? Sposa bagnata, sposa fortunata- e il velo bianco si inzuppò, così fece la gonna, così il corpetto; i capelli color dell'ebano cedettero all'acqua, le forcine se ne andarono e lei rimase lì, al centro della piazza, chiedendosi cosa dovesse fare veramente.
Poteva tornare a casa, chiedere scusa e sposarsi, bagnata e indecente.
Poteva voltarsi, scappare, uscire da Città del Messico e andarsene, per studiare altri sorrisi, altre persone.
Poteva rimanere lì, sotto la pioggia.
Non c'era nessuno per le strade, tutti erano nella minuscola chiesetta fatiscente, tutti tranne la sposa.
Allora, tra lo scrosciare dell'acqua, che rendeva invisibile ogni cosa, lo vide.
Il sorriso.
Il suo sorriso.
Quello destinato a lei, che la salutava dalla parte opposta.
Come può un sorriso salutare? Come può attirare a sé una persona?
Semplicemente esistendo. E in quell'attimo, mentre correva sotto la pioggia, con una vera meta, Renata capì che poteva ancora esistere.
Non sentì il suono del tram, e se lo fece era troppo tardi, né vide le luci abbagliarla; lui, il tram, non  lo vide.
Sentì soltanto la sbarra di ferro perforargli lo stomaco, il sangue caldo bagnarle il vestito bianco, il taccuino essere traforato, disintegrato.
La gente che urlava, il conducente che piangeva e quel sorriso fissarla, a lei.
Chiuse gli occhi e pregò.
Tre giorni dopo aprì gli occhi e mi vide, il suo sorriso.


Angolo autrice:
Yeaaaaa quanto ho adorato scriverla?Mi paice Renata e...lo avete capito, no? ò.ò È Aro che parla (L). Quindi, Renata, muore per cercare il sorriso di Aro. Macabro e romantico, no?
Direi che... non c'è molto da dire, tranne un grazie a Lollo per la consulenza italiana e a Frency per quella spagnolaXD
Alla prossima, gente, che forse aggiorno due volte oggi.

Notizia inutile: compito in classe di inglese spiccicata alla lavagna. Lo sapete che hai muri piace copiare?
   
 
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