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Autore: MrEvilside    29/10/2009    5 recensioni
Sono il vostro maggiordomo, è mio dovere occuparmi di quanto concerne il vostro benessere ed il mantenimento della vostra magione. Io resterò sempre al vostro fianco ed esaudirò ogni richiesta che mi farete: non vi è un perché, se non il fatto che sono un vostro servitore.
Buon compleanno in ritardo, Orochimaru-sama.
[Vaghi accenni Orochi x Kabu - che ce li veda soltanto io?]
[I^ classificata al Contest sul Legame indetto da keli e Vincitrice del Premio Giuria]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Kabuto Yakushi, Orochimaru
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Make me Immortal. [Yes, my Lord.]

- Mattino -
La sontuosa camera da letto era fasciata del silenzio del primo mattino quando la porta si socchiuse senza un suono, lasciando entrare un filo di luce del corridoio il tempo necessario al nuovo arrivato di muovere qualche passo oltre la soglia e chiudersi il battente alle spalle.
Giunto innanzi la finestra, il giovane prese i lembi delle tende fra le dita nell’atto di separarle e permettere al sole d’illuminare la stanza.
-Kabuto-.
Si fermò, richiamato dal sibilo che proveniva dal letto a baldacchino.
-Mio signore?-.
Un colpo di tosse accompagnò il freddo ordine: -Non aprire la finestra-.
Il servitore aggrottò la fronte, scoccando un’occhiata in direzione dei tendaggi fra i quali s’intravedeva la figura distesa del suo padrone. -Permettetemi di dissentire, vi prego. Anche il dottore vi ha detto che sarebbe meglio se…-.
-Kabuto,- ripeté l’uomo e, sebbene non lo potesse vedere in viso, il maggiordomo si sentì trafiggere dal suo sguardo penetrante -ti ho detto di non aprire la finestra-.
Il ragazzo abbandonò infine l’intento di convincerlo e si voltò, sollevando un braccio perpendicolare all’addome nel gesto d’inchinarsi. -Yes, my Lord-.
-Piuttosto,- proseguì Orochimaru, mentre il giovane scostava le tende del baldacchino, scoprendo la sua sagoma dall’eleganza affilata avvolta nelle lenzuola di lino -hai preparato i miei vestiti?-.
-Certamente.- rispose il servitore, portandosi al suo fianco ed offrendogli la mano affinché potesse sostenerlo nell’alzarsi. -Anche la colazione è pronta. Ho inoltre preparato una lista dei vostri impegni – oh, il dottore mi ha informato della sua decisione di posticipare la visita alle quattro di questo pomeriggio –, ho dato ordini ai domestici per quanto riguarda il pranzo e la cena ed ho scritto e spedito a Lord Jiraiya la lettera di declino dell’invito a prendere un the alla sua magione che mi avevate chiesto-.
Il nobile lasciò dardeggiare gli occhi color oro sul suo viso per un lungo momento, inarcando appena un sopracciglio, prima di replicare in tono piatto: -Capisco. Ah, sì, Jiraiya: spero che questa volta quell’infantile scocciatore se lo metta in testa, che non sono nelle condizioni di vederlo – né, peraltro, ho la minima voglia d’intrattenermi con un simile individuo-. Scostò il braccio che gli veniva allungato e si levò a sedere sul bordo del materasso con una smorfia affaticata.
-Per favore, lasciate che me ne occupi io-. Kabuto s’inginocchiò, infilò gli stivali ai piedi del padrone e lo fece scendere dal letto, ignorando l’occhiata fulminante dalla quale fu trapassato; poi, mentre l’uomo si sfilava la vestaglia da notte, prese dalla poltrona in un angolo della stanza gli abiti ordinatamente disposti sul velluto del bracciolo e lo aiutò ad indossarli.
-Desidero offrire al medico del the.- esordì Orochimaru, sistemando il colletto della giacca candida. -Servilo al termine della visita con il nuovo servizio in porcellana cinese-.
-Come preferite.- annuì il giovane, aprendo la porta della camera ed arretrando per poter essere preceduto. Sospirando, aggiunse con una sconfitta scrollata del capo: -Sebbene lo disapprovi, ho pensato che vi avrebbe fatto piacere se non avessi aperto totalmente le finestre, nei corridoi-.
-Bene-. Il nobile avanzò di pochi passi oltre la soglia, stagliandosi contro gli sprazzi dorati che riuscivano ad insinuarsi oltre le tende. La luce si posò sulla sua pelle d’un malato color neve – il colore di un morto – e fece rifulgere le sue iridi ambrate – ancora vive – quando si volse a guardare il maggiordomo. Le labbra secche e sottili si schiusero, modulando l’aria affinché producesse il suono dell’ennesimo ordine: -Sbrigati-.
Il ragazzo si affrettò ad obbedire, facendogli strada sino alla sala da pranzo, al piano inferiore, dove la tavola apparecchiata attendeva paziente.
-Questa mattina vi ho preparato della torta al cioccolato e del succo di frutta.- spiegò, tagliando con precisione una fetta del dolce d’uno scuro marrone che diffondeva nell’aria un invitante profumo di pietanza appena preparata.
Orochimaru strinse fra pollice ed indice una forchetta, con la quale iniziò a stuzzicare svogliatamente la superficie spruzzata di glassa della prelibatezza che, come di consueto, non avrebbe terminato.
Kabuto rimase al suo fianco, silente, scrutandolo mentre torturava la sua ultima creazione e rivolgeva ogni tanto l’attenzione al succo versato nel bicchiere di cristallo.
-Mi innervosisce.- commentò d’un tratto il nobile, spezzando il quieto silenzio.
-Lord Orochimaru?- rispose il servitore con fare interrogativo.
-Sai che non mi piace sentirmi osservato.- spiegò l’uomo, volgendosi ad incontrare il suo sguardo.
-Oh. Perdonate-. Il giovane chinò il capo, studiando senza interesse il pavimento della sala.
Udì le gambe della sedia frusciare quando questa venne spostata e percepì il gelo delle dita del suo padrone che si stringevano sul suo mento, sollevandolo. -Non dormi, Kabuto?- gli venne chiesto nell’intrecciare le proprie iridi scure con quelle dorate del suo signore, che esaminò intensamente i profondi solchi violacei presenti sotto i suoi occhi.
-Sono il vostro maggiordomo,- gli ricordò scrollando le spalle -è mio dovere occuparmi di quanto concerne il vostro benessere ed il mantenimento della vostra magione. Io resterò sempre al vostro fianco ed esaudirò ogni richiesta che mi farete: non vi è un perché, se non il fatto che sono un vostro servitore-.
Orochimaru arretrò d’un passo, portando nuovamente il braccio lungo il fianco.
Un vago sorriso enigmatico aleggiava sul suo volto.
-Spero che tutta questa tua fatica non vada sprecata.- replicò, rivolgendogli la schiena per accostare la sedia al tavolo.
-Temo di non capire, mio signore.- rispose il giovane in tono perplesso, levando due dita a sistemare gli occhiali sul naso. -Che cosa intendete dire?-.
L’uomo scosse il capo con noncuranza, incamminandosi in direzione della porta. -Nulla di particolare. Quali sono gli impegni di stamane?-.
Il giovane lo osservò allontanarsi per un lungo momento: studiò quella schiena, ben diritta nonostante il peso del malore che doveva sostenere; studiò quelle gambe, quasi miracolosamente in grado di muoversi con tanta disinvoltura; ed ascoltò gli ultimi rimasugli di quella voce decisa che sembravano galleggiare ancora nell’aria.
Eppure, la malattia lo stava portando a marcire ogni giorno di più.
Voi state per morire, Lord Orochimaru.
-Kabuto-. Il nobile si fermò e sollevò due dita, che all’urto emisero un sonoro schiocco. -I miei impegni.- ripeté nuovamente, scoccandogli un’occhiata di sfuggita. -E, mi sembra d’avertelo detto, non mi piace sentirmi osservato.- concluse con un gesto infastidito della mano, che poi dovette spostare davanti al viso per celare un colpo di tosse.
Non morirò.
-Yes, my Lord-.

- Pomeriggio -
-I vostri effetti, mio signore-. Kabuto piegò il busto in avanti, offrendo al padrone la tuba nera che si calcò sul capo ed i guanti color neve nei quali nascose le mani; poi il servitore gli aprì la porta d’ingresso affinché potesse uscire ad accogliere il dottore, giunto sulla carrozza che ora attendeva nel cortile, a poca distanza dall’entrata della magione.
-Tsunade.- proferì semplicemente Orochimaru, portando due dita a stringere la tesa del copricapo nell’accenno d’un saluto.
-Orochimaru.- rispose la donna dopo esser scesa dal suo mezzo di trasporto, piegando le labbra carnose in un lieve sorriso. Nella mano destra stringeva il manico d’una valigia che racchiudeva gli strumenti medici dei quali si sarebbe servita per visitarlo.
-Vogliamo entrare?- l’invitò il nobile, indicando la residenza con un cenno del capo.
La precedette sino alla porta dello studio, che Kabuto spalancò per loro accompagnato da un inchino riverente. -Prego, signori-.
-Efficiente come al solito.- sorrise appena Tsunade al suo indirizzo mentre seguiva il padrone di casa; depositando la valigia sulla scrivania, ammiccò con la testa ad una delle sontuose poltrone che occupavano l’interno della stanza e disse: -Per favore, accomodati. Cominceremo immediatamente la visita-.
L’uomo si spogliò di tuba, giacca e camicia, sedette rivolgendo le spalle alla dottoressa ed allungò gli indumenti al maggiordomo, che li depositò accuratamente su un appendiabiti in un angolo dello studio.
Il medico portò nelle orecchie le due estremità d’uno stetoscopio ed appoggiò la terza sulla schiena del paziente, corrugando la fronte nell’atto di concentrarsi. Fece scorrere lentamente il piccolo disco di metallo sulla gelida pelle, ordinando: -Fa’ dei respiri profondi-.
D’un tratto, il petto del nobile fu scosso da un violento attacco di tosse, a stento soffocato dal palmo che portò innanzi la bocca; Tsunade allontanò lo stetoscopio dal suo corpo, lo ripose nella valigia ed estrasse un secondo strumento, attendendo che si riprendesse.
-Va tutto bene.- assicurò questi nell’accettare il fazzoletto offertogli da Kabuto per tamponare un filo di saliva scivolato lungo il mento.
E tuttavia era consapevole di non poter ingannare una dottoressa del rango della donna – nonché un’amica che lo conosceva dall’infanzia – ed il maggiordomo che lo serviva fedelmente da più di dieci anni, da quando l’aveva comprato ad un mercante di schiavi orientale, Sasori Akasuna.
Al termine della visita, Orochimaru indossò nuovamente i propri abiti ed accennò ad una poltrona a poca distanza. -Ora prego, devi accomodarti.- disse, poggiando il mento sul dorso della mano mentre il servitore abbandonava lo studio in discreto silenzio.
Tsunade obbedì e sedette, deponendo la valigia in grembo; accertatasi che fossero davvero soli, esordì in tono grave: -La malattia è decisamente peggiorata in questo periodo: è arrivata agli organi vitali…-. Distolse lo sguardo dal suo, incapace di riflettersi in quelle iridi d’un oro tanto luccicante con la consapevolezza che presto si sarebbero spente. -Non posso fare più nulla. Non credo arriverai oltre domattina-.
L’uomo la osservò in silenzio per un lungo istante, poi disse, il fare pregno d’una semplicità sconvolgente: -Io non ho intenzione di morire, Tsunade-.
La donna si tormentò con un dente le labbra carnose, tese sin quasi ad aprirsi e ribattere, quando la porta scivolò senza un suono sui cardini e Kabuto annunciò, conducendo un carrello decorato d’una tovaglia bianca all’interno della stanza: -Desiderate del the? Ho pensato di prepararvi un Lady Grey – il preferito di Lady Tsunade, se non erro – aromatizzato con olio di bergamotto, scorza di limone e d’arancia e petali di fiordaliso ed accompagnato da biscotti al cioccolato-. Fermatosi poco lontano dalle due poltrone, versò del latte freddo in ciascuna delle preziose tazzine di porcellana fumanti, depositò in ogni piattino un paio di biscotti ed infine servì le pietanze. -Questo è il nuovo servizio da the arrivato pochi giorni fa dalla Cina.- spiegò, porgendo con eleganza una tazza al medico ed indicando gli elaborati disegni dipinti sui lati d’essa. -Spero che tutto ciò possa essere di vostro gradimento, Lady.- concluse e si portò il palmo al petto, chinando leggermente il capo in avanti con riverenza.
La dottoressa scoccò uno sguardo ad Orochimaru, il quale si limitò a rivolgere un’occhiata impercettibilmente infastidita al the che stringeva fra le nivee mani – come se nulla fosse stato detto appena poco prima –, e bevve un sorso della propria, bollente bevanda, aggiungendovi un morso dato ad uno dei biscotti. -È ottimo.- commentò, esibendo la stessa tranquillità del suo ospite. -Sei perfetto, Kabuto, davvero-.
-È il mio lavoro.- minimizzò il giovane, ponendo nuovamente sul ripiano del vassoio la tazza – ancora totalmente piena – che il padrone di casa gli tendeva; un sorriso amaro, celato dalla parete di porcellana cinese, sbocciò sulle labbra di Tsunade al ricordo della particolare avversione di Orochimaru per quel tipo di the – e al pensiero che, troppo presto, non ci sarebbero più state occasioni di rievocare alla sua presenza, spinta dal semplice, infantile gusto di punzecchiarlo, la passione di prenderlo in giro per tal motivo che aveva avuto durante la loro gioventù.
Il nobile la osservò terminare la propria bevanda ed infine propose, lasciando che un sorriso gl’increspasse leggermente gli angoli della bocca: -Che cosa ne pensi di una partita a scacchi, Tsunade?-.
-La scacchiera è giunta dall’estero soltanto la settimana scorsa ed è stata costruita con il miglior legno in circolazione; le pedine sono della più robusta porcellana della Cina, ma vi pregherei ugualmente di prestare attenzione nel maneggiarle, Lady Tsunade.- intervenne Kabuto, piegandosi appena in direzione della donna con fare educatamente aggraziato. -Il mio signore ha aspettato a giocare per la prima volta poiché desiderava foste voi la sua avversaria, se non vi è di disturbo-.
-Sarà un piacere.- acconsentì la dottoressa, levandosi in posizione eretta per accostarsi ad una delle sedie che circondavano la scacchiera e che il maggiordomo si prestò ad avvicinarle affinché potesse accomodarsi.
Dopo aver preso posto all’altra estremità del terreno di gioco, Orochimaru l’invitò ad iniziare con un cenno delle dita. -Prego, l’esercito bianco ha sempre la prima mossa-.
E, allungando il braccio in direzione d’uno dei pedoni, Tsunade volle fingere che nulla fosse cambiato, che il suo amico d’infanzia non fosse destinato alla morte e che ci sarebbero state altre occasioni per utilizzare quelle splendide pedine e quella meravigliosa scacchiera.
Tuttavia, quando il sorriso del padrone di casa si ampliò impercettibilmente e la sua voce annunciò – per quella che era soltanto l’ennesima volta – Scacco matto, non poté che riflettere su quanto il destino del re bianco che aveva guidato il suo esercito ed ora giaceva sulla scacchiera divorato dagli avversari fosse tristemente simile a quello del re nero, posto invece al sicuro alle spalle d’un cavallo e d’una torre – forse però questi non lo sapeva, o non voleva accettarlo.

- Sera -
-Tayuya-. Kabuto sospirò, chinandosi a raccogliere i cocci del piatto sparsi sul pavimento. -Dovresti prestare più attenzione ai tuoi movimenti: questo faceva parte del nuovo servizio di stoviglie-.
-Non è stata colpa mia: quel bastardo mi ha spinto!- sbottò la cameriera, sulla difensiva, scoccando un’occhiata omicida al giovane alle spalle del maggiordomo.
Questi li redarguì entrambi con uno sguardo ed ordinò in tono pacato: -Sakon, porta in tavola il dessert. Tu, Tayuya, servilo al nostro padrone. E vedete di non fare errori-.
La ragazza si morse un labbro nel tentativo di trattenere un’acida replica, affiancò il cameriere e borbottò qualcosa di decisamente poco gentile al suo orecchio mentre abbandonavano la cucina spingendo il carrello dov’era depositato il dolce.
-Dici che li ammazzerà?- sogghignò Kidomaru – non senza una nota di speranza nella voce –, occupato nella pulizia del lungo tavolo predisposto affinché il cuoco potesse preparare i pasti.
-Non che mi dispiaccia,- aggiunse Jirobo, spogliandosi del grembiule macchiato di residui delle pietanze che aveva cucinato -ma se dovessero morire potrebbero rovinare il parquet-.
-Lord Orochimaru non è precisamente dell’umore adatto a perdonare.- osservò Kabuto, scuotendo leggermente il capo. -Ad ogni modo, quando avrete terminato di mettere in ordine qui andate pure nelle vostre camere: mi occuperò io d’ogni altro bisogno del nostro padrone-.
-Tu lavori troppo.- lo schernì Kidomaru, ma v’era già la parete della cucina a separarli.
-Spero che il dessert sia di vostro gradimento, mio signore.- disse il maggiordomo, avanzando in direzione della tavola alla quale Orochimaru sedeva; al suo fianco, in rispettoso – quanto difficoltoso da mantenere – silenzio, Sakon e Tayuya erano in attesa d’un qualche ordine, talvolta scambiandosi occhiate intrise d’odio.
-Come sempre,- rispose il nobile -però temo di non avere più molta fame-. Passò il tovagliolo sulle labbra nel gesto di ripulirle da una sporcizia inesistente, tanto esigua era stata la quantità di cibo che aveva ingerito.
Con un impercettibile cenno del capo, il ragazzo ammiccò in direzione dei due domestici; Tayuya si fece avanti e, mantenendo la testa china con deferenza, prese il piatto dove il dolce era rimasto quasi intatto ed infine lo portò al carrello, che condusse nuovamente in cucina accompagnata da Sakon.
-Dovreste sforzarvi di mangiare qualcosa di più.- fece notare Kabuto, quando la porta si fu chiusa alle spalle dei giovani servitori. -Non è carino che Jirobo debba cucinare inutilmente ogni volta-.
-Eppure Kidomaru, Sakon e Tayuya sembrano gradire.- osservò il suo signore con una nota di sarcasmo nella voce tagliente, la quale intimava chiaramente un cambio d’argomento.
Il maggiordomo emise un breve sospiro e tergiversò: -Desiderate nient’altro?-.
-No, nulla-. Nell’atto d’alzarsi in piedi, l’uomo si aggrappò d’improvviso al bordo del tavolo, scosso da un nuovo, brutale eccesso di tosse.
Il ragazzo gli circondò le spalle con un braccio e posò il gemello sul suo torace affinché raddrizzasse la schiena; Orochimaru allontanò le mani dal ripiano di legno per premerle sulla bocca nel tentativo di trattenere i colpi, sibilando a fatica un furente Lasciami andare, al quale il giovane osò disobbedire per la prima volta.
-Devo portarvi a letto, mio signore.- spiegò, aiutandolo ad avanzare in direzione dell’uscita dalla sala. -Non è il caso che vi affatichiate ulteriormente, oggi-.
Lo accompagnò sino al piano superiore ed all’interno della sua camera da letto, dove lo fece accomodare sul bordo del materasso. -Non muovetevi, per favore.- gli intimò educatamente, allontanandosi per prendere la vestaglia da notte mentre il nobile serrava le dita a pugno sulle ginocchia e la tosse veniva meno.
-Non ti ho dato alcun ordine, se non quello di lasciarmi andare.- sbottò in tono freddo, passandosi il dorso della mano sulle labbra quando l’attacco sembrò essersi definitivamente concluso.
-Non siete nelle condizioni di attardarvi ancora e non avete particolari impegni domani che necessitino d’un lavoro notturno.- fece notare Kabuto, allungando le braccia nell’atto d’aiutarlo a svestirsi. Sostenne con determinazione il suo sguardo gelido, tuttavia arretrò d’un passo e si limitò a tendergli la veste che stringeva fra le mani, in una muta richiesta d’essere almeno ascoltato.
Percepì le iridi luminose di Orochimaru ardere sul suo corpo per un lungo istante prima che l’uomo tornasse alla consueta, indecifrabile calma ed accettasse l’indumento che gli veniva porto. -La tua preoccupazione è esagerata.- commentò semplicemente nel cambiarsi d’abito.
-Faccio soltanto il possibile per il mio padrone, in quanto servitore.- minimizzò il maggiordomo.
-Kabuto-. Il nobile intrecciò ai propri i suoi occhi, stringendo con fermezza le dita attorno alla sua spalla. -Hai sentito quel che mi ha detto Tsunade, questo pomeriggio.- osservò, piatto.
-Non sono stato affatto educato.- ammise il giovane, spostando l’attenzione sul pavimento – non tentò nemmeno di negare; in tanti anni, aveva imparato che non era possibile mentire al suo signore. -Dovete perdonarmi: non avevo alcuna intenzione d’invadere l’intimità vostra e di Lady Tsunade-.
-È inutile darti tanto da fare, credimi: io non morirò-. E, specchiandosi in quell’oro colato acceso di vita, non si poteva che riporre cieca fiducia in una simile affermazione. -Forse il mio corpo sarà stato distrutto da questa malattia, ma sappi che io non abbandonerò mai questa terra, perché tu sarai il mio tramite con essa ed erediterai questa magione ed ogni altro mio possedimento. È l’ultimo ordine che ti darò: rendimi immortale e permettimi di vivere attraverso di te-.
Kabuto fu costretto a chiudere gli occhi, incapace di sopportare ulteriormente un tale sguardo – quanto desiderio di vivere e quanta certezza d’esserne in grado in quelle pupille sottili destinate a sbiadire in così breve tempo! –, e si lasciò cadere su un ginocchio. -Yes, my Lord-.
Poi, d’improvviso com’era iniziato, l’incanto venne spezzato ed Orochimaru si sistemò nel letto, distogliendo l’attenzione dal maggiordomo; portandosi nuovamente in piedi, questi si chinò ad adagiare con delicatezza le lenzuola su quel corpo esile e chiese: -Desiderate qualcosa in particolare per la colazione di domattina, mio signore?-.
-Un the alle erbe, magari.- rispose il nobile con eguale pacatezza.
-Molto bene, sarà fatto.- concluse il giovane, accompagnandosi ad un cenno della testa; poi si spostò innanzi alle finestre per chiudere le imposte ed infine arretrò in direzione della porta, mantenendosi piegato in avanti in un gesto intriso di deferenza. Giunto sulla soglia della stanza, condusse una mano a sfiorarsi il petto, accennando un ultimo inchino. -Buonanotte, mio padrone-.
-Soltanto un’ultima domanda.- lo trattenne l’uomo, squadrandolo con gelida intensità. -Per quale motivo hai preparato il Lady Grey questo pomeriggio? Sai perfettamente che non lo sopporto-.
-Ho pensato che servire a Lady Tsunade la sua bevanda preferita avrebbe potuto darle una buona impressione di voi.- spiegò il ragazzo.
Il nobile l’osservo per un momento ancora, poi abbandonò la schiena contro il morbido cuscino di piume d’oca, assentendo col capo. -Hai avuto una buona idea. A domani-.
Ti ringrazio, Kabuto.
Abbandonata la camera da letto, il servitore percorse il corridoio a passo felpato e discese le scale, sino ad arrivare nella cucina vuota e silenziosa.
Tergendosi stancamente la fronte, selezionò alcuni ingredienti dalla credenza e li sistemò sul ripiano del tavolo insieme ad una larga scodella e ad un volume culinario aperto sulla pagina della apple pie.
Dopo aver scorso rapidamente i primi passi della ricetta, Kabuto iniziò a preparare l’impasto.
Entro l’indomani, per l’ora della colazione, la torta sarebbe stata croccante come Orochimaru la preferiva, per quel poco del quale si cibava.
Un buon maggiordomo si occupa del suo padrone sino alla fine, my Lord.



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<< Make me Immortal. [Yes, my Lord.] >>
di Saeko No Danna

Livello ortografico + Lessico :10 (10) Semplicemente perfetta, come al solito.
Trama (come sarà strutturata) :10 (10) Niente da dire, la divisione tra mattina pomeriggio e sera mi è piaciuta molto
Originalità :4.8 (5) Mh vedere Kabuto come maggiordomo di Orochimaru non è stato poi un colpo di scena (xD) ma nel complesso devo dire che è stata una fic sicuramente molto originale quindi non ho tolto più di tanto.
Caratterizzazione dei personaggi :5 (5) Orochimaru perfetto, Kabuto il solito cagnolino… e che dire dei quattro camerieri(???) semplicemente da sganasciare.
Attinenza alla traccia :5 (5) Traccia centrata in pieno
Gradimento personale :2(2)
Giudizio della giudice : Semplicemente hai dato il meglio di te come non si nota? Forse esagero a dire che è stata una dei tuoi capolavori, ma non smetterei mai di rileggerla. Complessa e tremendamente semplice nel suo insieme, mi è piaciuto particolarmente il finale e come hai rappresentato Kabuto nelle vesti di perfetto maggiordomo fino alla fine del suo signore. Mi ha colpito, se non altro per questo ti sei meritata questa posizione e ti dirò, ti darei anche il bacio accademico ma non lo faccio perché sono malata xD Bravissima!



Note e Fonti:
Stetoscopio [o stetofonendoscopio]: Inventato in Francia nel 1816 e perfezionato – sino a giungere alla forma odierna – nel 1852. Lo stetoscopio biauricolare fu inventato agli inizi del XX secolo [da WikiPedia]. Ho preferito informarmi poiché la mia FanFiction è ambientata appunto agli inizi del Novecento, e non ci tenevo ad inserire strumenti ancora presenti solo nell’immaginazione del genere umano. xD
Lady Grey: Il the Lady Grey è una varietà di the Earl Grey, ottenuta miscelando the nero, aromatizzato con olio di bergamotto, scorza di limone e d’arancia e petali di fiordaliso [da WikiPedia]. È il preferito di Tsunade perché, si può dedurre anche dal nome – derivante dal cognome della moglie dell’inventore dell’Earl Grey – è un tipo di the femminile.
Utilizzo del latte freddo nel the: Poiché temevano di incrinare i servizi da the – fatti in porcellana cinese e dunque molto fragili – gli inglesi cominciarono a versare del latte freddo per mitigare l’acqua bollente del the [da giardinociliegi.blogspot.com].
Apple pie: La torta di mele [Apple Pie] era in origine un dolce tipicamente inglese. […] [da guide.supereva.it]
Kabuto prepara la colazione, mentre Jirobo - il cuoco, se non fosse chiaro - si occupa degli altri pasti. Si tratta d’una scelta personale necessaria al finale della FanFiction e non so se sia effettivamente così.



Non ho molto altro da aggiungere, se non che sono felice.
Giudico questa una delle mie migliori FanFiction, nonché il primo tentativo di Orochimaru x Kabuto [ce lo vedo soltanto io, forse?], nonché il regalo di compleanno per Orochimaru-sama.
Yessir, un regalo di compleanno in ritardo - ma penso possa andar bene comunque.
Ringrazio la giudice e mi complimento con le altre partecipanti; pur essendo soltanto quattro, mi ha fatto piacere partecipare, poiché era davvero una splendida traccia. - Come lasciar perdere l'immagine di Kabuto-senpai nell'atto d'inchinarsi dicendo "Yes, my Lord" che girovagava per la mia mente? *ç* -
Ci terrei particolarmente - dato il valore, almeno per me, di questo scritto - ad un vostro commento.
Grazie anche solo per aver letto sino alla fine.
- Buon compleanno, Orochimaru-sama. -
Chu.

Saeko no Danna, il Giullare
  
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