Capitolo
4
“Wow”
Le
mie uniche parole.
Grazie
alle conoscenze di Paolo,mio carissimo amico,mi trovavo davanti al
mitico
Piper,il locale per eccellenza. Quanti giorni persi a chiacchierare tra
amiche
sognando un giorno di ballare nella disco più bella e famosa
di Roma. Ed ora ci
trovavamo lì davanti,a bocca aperta,sapendo che il sogno si
stava avverando.
“Bene
fanciulle,ecco a voi il mitico Piper” Paolo,il mio idolo. Ci
eravamo conosciuti
in vacanza l’ anno prima. Io ero con le mie cugine e i loro
fidanzati e lui era
diventato per quella settimana la mia ancora di salvezza. Era stato
sempre con
me,giorno e sera,così da non lasciarmi sola in mezzo a tutte
coppiette. Quando
aveva saputo del mio arrivo a Roma si era sdoppiato in quattro per
farci
inserire nella lista del figlio di un collega di suo padre,santo uomo
Claudio.
“Paolo
ti
adoro,lo sai?” sussurrai al suo orecchio abbracciandolo e
dandogli un piccolo
bacio vicino le labbra. A dire il vero in vacanza c’erano
stati dei baci,molto
poco casti,ma che per nessuno dei due avevano avuto importanza. Era
solo colpa
di tutte le coppie intorno a noi,dicevamo sorridendo. Ed era vero.
“Per
te,tutto” affermò solenne per poi portarmi davanti
la porta di ingresso.
Trovati i nostri nomi sulla lista di un certo Mauro Spiga,un omone
enorme ci
fece entrare. Era immenso. Sembrava di essere in paradiso,ma il
paradiso dei
diavoli,perché quella sera saremmo state delle cattive
ragazze,ne ero certa. Le
luci intorno all’ immensa sala,la scritta Piper sul bancone
dei super
alcolici,i divanetti intorno alla sala,le scale che portavano ai piani
superiori,la musica a tutto volume,la gente in pista che ballava,si
muoveva,ancheggiava,sorrideva,si divertiva. Ma il mio pensiero
volò lontano,a
lui. A lui che era rinchiuso in una camera d’albergo,a lui
che doveva passare
inosservato,a lui che voleva uscire,venire a ballare,come un semplice
ragazze
ventitreenne,lo aveva detto lui. Mi sentivo in colpa,mi sentivo fuori
posto,perché il mio posto era lì,a fargli
compagnia,a fare compagnia a quel
giovane ventitreenne,al giovane Rob.
Mentre mi
perdevo nei miei pensieri non mi ero accorta che le mie amiche si erano
divise
per andare,chi in pista e chi al banco degli alcolici. Un classico
delle uscite
in disco,ubriacarsi fino a star male. Paolo mi prese per mano e mi
trascinò in
pista. Quando ballavo con lui ero senza pudore. Lo toccavo,mi
strusciavo su di
lui,mi facevo toccare,senza problemi. Con lui tutto era
concesso,perché con lui
nulla era frainteso. Mi strinsi a lui e sfiorai il suo basso ventre. non era la
prima volta che mi accorgevo di
provocargli certe sensazioni. Ma mai prima di allora avevo desiderato
qualcun’altro al suo posto. Paolo era perfetto. Fisico
asciutto,muscoloso,occhi
color del ghiaccio,labbra piene e sensuali,capelli scuri,alto. Era
bello,veramente perfetto. Ma lì,in quel momento volevo
lui,l’altro. Non mi
soffermai su quei pensieri,mi sarei rovinata la serata e
così continuai a
ballare,a toccarlo,a desiderarlo. Le sue mani sui miei fianchi mi
tenevano
stretta al suo corpo,le mie labbra erano sul suo collo. Quel contatto
ravvicinato stava avendo gli stessi effetti anche su di me. Piano le
bocche si
unirono,ci allontanammo dalla pista e ci appartammo. Continuammo,fin
quando le
sue mani non furono sotto il vestito. Pensai a lui,al suo sguardo,alla
sua
bocca,alle sue mani,e desiderai lui. Ero desiderosa che quelle mani che
mi
toccavano fossero sue e non di Paolo,che quel corpo allacciato al mio
fosse il
suo e lo bramavo con ogni cellula del mio corpo. Mi fermai di colpo.
“Scusami
non
volevo,Ada.. scusami davvero” disse staccandosi
frettolosamente da me. Era
colpa mia infondo,non sua. Ma apprezzai,era troppo un bravo ragazzo per
me.
“No
Paolo,scusami tu. Sono stata io ad esagerare.” Mi
giustificai,ma con una bugia.
Se non ci fosse stato lui nei miei pensieri avrei continuato senza
oppormi. Ma
il problema era che lui c’era,ero sicura della sua esistenza
e volevo lui. Mi
accomodai sui divanetti e mi accoccolai a Paolo. Era strano per me.
Sapevo che
fino a quel momento non lo avevo mai desiderato così tanto.
Ovvio,con le mie
amiche parlavo di lui,facevo mille apprezzamenti che a volte erano
anche
esagerati,ma mai avrei immaginato una cosa così. La serata
intanto trascorse
tranquilla. Ballai con le mie amiche,bevvi poco,conobbi il dj e anche
il
ragazzo che ci aveva permesso di entrare al Piper,Mauro. Era
simpaticissimo e
aveva conquistato con una sola rosa Mariangela.
In albergo
tornammo alle 4e45. ero stanchissima. Misi la sveglia per le
8e30,dovevo
prepararmi per la colazione e mi stesi sul letto vestita di solo
culottes e
reggiseno. Dormì poco e soprattutto male. Non sapevo che
indossare,che fare,che
dire. Non ero sicura di me stessa. E se gli fossi parsa troppo
silenziosa,poco
estroversa? Sapevo che a lui non piacevano i silenzi,lo avevo letto su
delle
sue interviste. Sarei riuscita ad aprirmi e a sembrare ciò
che sono e non ciò
che appaio? Queste domande mi fecero compagnia durante quelle poche ore
che mi
separavano dal nostro incontro.
8e23.
l’orologio del mio cellulare segnalava esattamente le 8e23. e
per quelle poche
ore dormì si e no 30minuti. Ero stanca,ma non assonnata.
Avevo un gran mal di
testa e le occhiaia da far spavento. Tolsi la sveglia,non volevo
svegliare così
presto Francesca e mi avvia in bagno. Ciò che vidi davanti
allo specchio era
spaventoso. Il trucco era tutto sbavato sul mio viso,le occhiaie
incorniciavano
i miei occhi rendendoli gonfi,le guance di un rosso accesso mi davano
l’aspetto
di Haidi. I capelli forse erano l’unica cosa che aveva un
senso. Avendo dormito
poco non mi ero mossa troppo nel letto e quindi non li avevo troppo in
disordine. Feci una doccia,presi le salviette struccarti e mi tolsi
tutto
quello schifo che avevo dalla faccia. La lavai per bene e lavai i
denti.
Ordinai i capelli attaccandoli davanti e mi portai davanti alla
valigia.
Indossai l’intimo e mi persi tra i vestiti che avevo portato
con me. La notte
non era servita molto,infatti non avevo deciso neanche che indossare.
Infine
optai per un paio di jeans strettissimi e un top bianco aderente.
Indossai i
calzini e le converse bianche e controllai l’ora. Erano le
9e16. potevo
avviarmi alla sua stanza. Tanto sapevo che avrei aspettato
lì davanti minimo
10minuti non sapendo se bussare o andare via. Scrissi un biglietto a
franci e
uscì dalla stanza. 209. la camera di Lucia e Maria. Stavano
sicuramente ancora
dormendo. 210..211..212..213..214.. piano,con passo silenzioso,attenta
a
camminare piano,mentre nella mie testa immaginavo lui dormire
tranquillo nel
suo letto,come un bimbo. Mi avvicinai. Davanti a me il numero 215
risaltava
molto più degli altri. Respirai e controllai
l’ora,di nuovo. 8e21. solo cinque
minuti erano passati. Respirai,ancora e ancora. Contai i miei respiri
accelerati,67. era il momento di bussare. 8e23. Calma,dovevo continuare
a
respirare. Al centoventitreesimo respiro controllai l’ora,per
l’ennesima volta.
8e29. mi feci forza e bussai. Un piccolo “toc,toc”
si diffuse nel corridoio
silenzioso. Dei passi veloci,affrettati si avvicinarono alla porta e il
respiro
accelerava sempre più,mannaggia.
“Ciao”
non
avevo sentito la porta aprirsi impegnata a controllare cuore e respiro.
Alzai
la testa e trovai lui a due passi da me. Il sorriso magnifico per me.
Le labbra
distese dolcemente sul suo adorabile viso. La barba un po’
cresciuta,i capelli
sempre più disordinati,la maglietta a manica corta aderiva
al suo petto
perfetto. I pantaloncini fasciavano le sue gambe. Cavolo i
pantaloncini,mi
voleva morta il ragazzo. Infine fissai i suoi occhi,belli,coinvolgenti
e
profondi. “Ciao” riuscì a dire.
“Accomodati
Ada..” mi disse tranquillo.
“Divertita
ieri
sera?” diavolo. Proprio di ieri sera dovevamo parlare? Avevo
rifiutato Paolo
perché desideravo il suo corpo.
“Bè,abbastanza
bene” avrei voluto te con me,aggiunsi mentalmente.
“mi
fa piacere”
sorrise triste. Era evidente che si sentisse in gabbia. Decisi che non
volevo
apparire timida e introversa,ok,avrei dovuto sdrammatizzare la
situazione.
“Allora,la
colazione? Sai la fame si fa sentire” e gli feci
l’occhiolino.
“oh,certo
certo” e sorrise,dolcissimo.
Chiamò
la
reception e ordinò una colazione completa. Intanto ci
accomodammo sul letto
della sua stanza e iniziammo a chiacchierare. Gli dissi che non ero di
Roma.
“Eboli?
Che
nome strano..”
“Eh
si,è
conosciuto per un libro,’Cristo si è fermato ad
Eboli’ ”
“Oh,capisco”
e
fece una faccia buffa. Iniziai a ridere senza riuscire a fermarmi. Era
troppo
divertente.
“Perché
ridi?”
ma non riuscì a fermarmi per dargli una risposta. Continuava
a guardarmi sconcertato
fin quando non si alzò per aprire al cameriere che aveva
portato la colazione.
“Ora
spero che
smetterai per mangiare..” disse sorridendo e mi
offrì un cornetto con il miele
sopra.
“Si,certo..
ma
come..?” dissi meravigliata
“
Cosa?”
“Come
sai che mi
piace questo cornetto?”
“Bè..
io lo so
perché,bè ecco,ho chiesto cosa mangi a
colazione..” e arrossì.
“Dici
sul
serio?”
“Bè
ecco,volevo
solo che ci fossero tutte cose che ti piacciono,ecco”
“Wow..
cioè,grazie” e arrossì anche io. Era
dolce,troppo.
Intanto
continuammo a mangiare chiacchierando spensieratamente.
Londra,l’America,New
York..
“Posso
farti
una domanda?” chiesi timorosa.
“Certo”
disse
sorridendo
“Perché
sei
qui?” dissi velocemente.
“Lavoro,ho
un
provino in Italia per un film internazionale.”
“Wow..”
sussurrai senza rendermene conto.
“Eh
si,wow!”
disse.
“Scusami
è che
è strano. Cioè non voglio parlare con te di
lavoro non mi interessa,è solo che
non so veramente come fare. Cioè,se parlo della tua vita
privata puoi pensare
che io voglia sapere i fatti tuoi,se parlo di lavoro puoi pensare che
sia una
tua fan che vuole sapere su quale film dovrà sbavare
prossimamente al
cinema,parlare di me non mi sembra il caso,ti annoierei troppo..
bè ecco non so
veramente che dire. Poi so che non ti piacciono i silenzi,ecco
io..”
“Cavolo
Ada,fermati” mi disse prendendomi per le spalle.
“Calma
e
respira prima di tutto. Non preoccuparti.. però penso che tu
sia una stupida,io
voglio veramente sapere qualcosa di te.”
“Perché??”
“Bè
vedi,mi hai
incuriosita quel giorno in libreria. Mi hai ossessionata per tutto il
tempo. Ti
ho vista scappare e non sono abituato a questo. Eri strana,sei strana,
sei
semplice e sei bella. Non ho mai conosciuto una ragazza strana e bella
come
te.”
“Oh..
grazie. E
comunque sono veramente strana”
“Lo
so” disse
sorridendo. “Ora posso sapere qualcosa di te?”
“Ok,bè
allora..
ho 18anni,frequenterò l’ultimo anno di liceo e
bè ecco,non so che dirti..”
Rise a quella
mia affermazione,rise di gusto.
“Non
ti piace
per niente parlare di te.” Continuo ridendo.
“No,preferisco
essere scoperta.” Dissi tristemente. Lui non avrebbe potuto
mai scoprirmi come
avrei voluto. Smise di ridere e sorseggiando il caffè mi
guardava
curioso,cercando di analizzarmi.
“Mi
dai la
possibilità di conoscerti? Di scoprirti?” mi disse
serio
“Si,se
tu farai
lo stesso”
“Ok,chiedi
e ti
sarà data una risposta”
Pensai.
Pensai
a cosa potessi chiedere e mi venne in mente una cosa.
“Parli
italiano. Ma nelle interviste non lo fai mai. Sei stato in Italia,ma
hai
parlato inglese,perchè? Corso di lingua immediato?”
“No.
mia madre
lavora nel mondo della moda e parla molte lingue. Da piccolo mi ha
incuriosito
la lingua italiana e così ho deciso di studiarla. Durante le
interviste mi è
sempre stato chiesto di parlare solo l’inglese,mai
l’italiano.”
“Capisco..
ora
dai chiedi tu”
“Perché
non ti
piace parlare di te?”
“Non
lo so. Non
mi piace stare al centro dell’attenzione,far sapere a tutti
di me. I miei
sentimenti,le mie impressioni solo chi mi sa
“leggere” riesce a conoscerle,non
le saprai mai se pretendi che io te le dica”
“Ok..
strana,sei veramente strana” e rise. E io con lui. Quando
qualcuno mi diceva di
essere strana io mi arrabbiavo,con lui non ci riuscivo.
Bevevo il mio
caffè macchiato e ad un tratto si avvicinò a
me,lentamente,mi posò un dito sul
naso e se lo portò alla bocca. Ero sporca di schiuma e non
me ne ero accorta.
“Grazie..” sussurrai imbarazzata.
“Prego”
e
sorrise dolce. La colazione era finita. Avevamo mangiato di tutto. Ma
parlammo
di noi,raccontammo di noi,di ciò che eravamo,di
ciò che non volevamo essere e
ciò che credevano gli altri fossimo. Era spaventato dalle
fans,dal mondo che lo
circonda,aveva paura di non poter amare veramente,di soffrire.
Parlò della sua
famiglia,delle sue sorelle,di sua madre,suo padre. Disse che aveva
pochi
amici,non molti come dicevano tutti,ma gli bastavano. Parlammo di me e
scoprì
molto più osservandomi che ponendomi delle domande. Si
divertì a farmi
imbarazzare,era un ottimo osservatore.
“Sei
strana
Ada,però sei l’unica ad aver scoperto tutto di me
in una sola mattinata.. dico
sul serio” lo disse in modo solenne. Come se non volesse che
io pensassi che
stesse scherzando.
Sorrisi
dolcemente,non sapendo che dire. Un grazie sarebbe stato fuori luogo,ma
un
dolce sorriso avrebbe avuto lo stesso significato di mille parole. Ero
onorata.
Drin,drin,drin..
“il
tuo
telefono..”
“oh,si
grazie..”
“Pronto?”
“Ca**o,Ada
si
può sapere dove diamine sei?Sono le 12 passate,mi sveglio e
non ti trovo in
camera. Vado di corsa dalle altre ma nessuno sa niente. DOVE
SEI?” urla
Francesca dall’altra parte del telefono. Ma il biglietto?
“Franci
ti ho
lasciato un biglietto,non lo hai letto?”
“Oh,bè
ecco,l’ho appena visto a terra..”
“comunque
visto
che sai che sono sana e salva,ci vediamo dopo. Ciao” e
chiusi.
Robert mi
guardava con un sorrisino stampato sul volto. Aveva sentito tutta la
conversazione. Che imbarazzo.
“Bè,scusa,ma
la
mia amica è super imbranata quando si sveglia..”
spiegai.
“Non
preoccuparti..” poi si portò le dita della mano
tra i capelli ed a occhi bassi
mi chiese
“Stasera
hai
impegni?” stavolta non avrei detto NO,non a lui.
“Bè
no,che vuoi
fare?”
“Pensavo
di
andare da qualche parte,dove non c’è troppa
gente,ovviamente.”
“Ok,allora
faccio tutto io.. tu devi solo essere pronto per le 9,ok?”
“Sicura
Ada?”
“Rob,non
dare
fastidio! Ti ho detto per le 9 pronto,non accetto
storie,chiaro?” dissi seria.
Lo avrei fatto uscire per Roma senza che nessuno se ne accorgesse.
Impresa
impossibile,ma ce l’avrei fatta,glielo dovevo.