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Autore: loryherm    02/11/2009    6 recensioni
Successe tutto molto rapidamente, come nell'immediatezza di un millesimo di secondo si rese conto di aver lasciato i guinzagli dei cani, essersi precipitata lì a pochi metri fino al centro dell'incrocio, afferrato quella giacca di pelle nera lucida, e strattonato l'individuo dal braccio per lanciarlo letteralmente dall'altro lato della strada, mentre la vettura gialla rallentava bruscamente, ma non abbastanza da non prenderla in pieno. Nello stesso istante, in aria si librarono decine di scatole e buste multicolore, firmate Prada e Dolce e Gabbana, e indumenti di varia natura, una crinieria leoncina sferzò il vento per un secondo prima che due gemiti di dolore insieme risuonassero nel silenzio gravido di panico di tutta Fifth Avenue.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scritta senza nessuno scopo di lucro questa fan fiction nasce dalla delirante fantasia inconscia di questa scrittrice. Buona lettura.

Pioveva, il cielo era plumbeo, quasi nero. A Lenys sembrava che volesse arrivare un tuono che avrebbe spazzato via tutto. Forse lo avrebbe preferito all'affrontare una nuova, estenuante e lunghissima giornata di lavoro.

Tirava un vento forte e fastidioso, le foglie cadute dagli alberi urtavano contro il suo zainetto, bagnandolo e macchiandolo qui e là di piccoli schizzi di fango. Non aveva nemmeno con sè l'ombrello. Non se lo portava mai dietro, dimenticava sempre tutto.

Aspettava l'autobus lì tutte le mattine, ed erano settimane che pioveva ininterrottamente, come se il cielo avesse sempre qualcosa per cui piagnucolare di recente. Lenys amava la pioggia, ma non quella settimana. Sì, perchè quella settimana faceva la dog sitter, e fare la dog sitter a New York City, con una mandria di cani dei quartieri alti, capricciosi, viziati, col pelo quasi più curato e prufumato dei suoi stessi capelli, con quella pioggia assillante e inopportuna, non era decisamente il massimo per i suoi nervi. Lenys si riteneva una persona paziente infatti, tutti la ritenevano una persona paziente. Non aveva molte cose per cui farsi venire un esaurimento o qualcosa del genere. Ma quella mattina da quando aveva messo i piedi a terra, era come se tutto volesse andare per il verso sbagliato. Prima c'erano state le ciabatte morsicchiate dal topo della sua adorabile coinquilina, poi le cialde della macchinetta per il caffè misteriosamente scomparse, il frigo di una desolazione disarmante, la borsa senza un soldo, la valvola scattata, e tanto per chiudere in bellezza, la caldaia aveva esalato il suo ultimo respiro a seguito di mesi di inutili spese di riparazione. Lenys sospirò mentre rivangava il tutto distrattamente, con lo sguardo perso lì sul ciglio della strada. L'autobus era in ritardo. Eppure non ne era sorpresa. Pensò che era destino: quella mattina avrebbe dovuto camminare per ben nove isolati per andare a prendere i tre cuccioli di terranova di Mrs.Clark.

"Perfetto!" Sospirò mentalmente, si stiracchiò energicamente, e una nuvoletta di vapore bianca e densa venne fuori dalle sue labbra viola di freddo. "Almeno camminando potrò scaldarmi un po'." Riflettè, come consolandosi.

New York a quell'ora era già piena di passanti, c'era lo stesso trambusto di sempre, quello che Lenys amava tanto. Un perfetto connubio vitale di gente e macchine, di aria pulita dalla pioggia e smog newyorkese. Fece la strada che ormai conosceva a memoria, passò davanti al giornalaio, poi attraversò la strada e si trovò di fronte il negozio dove lavorava da un paio di mesi la sua migliore amica, nonchè compagna di appartamento, Gigi. Si fermò con respiro affannoso solo pochi isolati più in là e si concesse un caffè veloce, nero e bollente prima di bussare alla porta della 'deliziosa' signorina Mary Clark, che alla bellezza di ottantatrè anni, non amava che circondarsi di bestioline di taglia pericolosamente extra large come due Labrador, tre Terranova, e un meraviglioso esemplare di Pastore Tedesco.

Fortunatamente era stato deciso che Lenys ne portasse al massimo tre alla volta, onde evitare che le bestioline decidessero di fare di lei un trastullo per le loro corsette mattutine. E così quel giorno di metà ottobre toccò alle tre nere e implacabili J; Joe, Jan e Jack essere portati a spasso.

Quando Lenys suonò il campanello si trovò a pensare che stesse incubando una brutta influenza, visto che cominciava a sentire un certo pizzicore alla gola. Ma la signora Clark mise fine a quel vagare della sua testa, quando aprì la porta e la spinse dentro con poca delicatezza.

"Entri o si inzupperà tutta. Stia attenta al pavimento con quei cosi, e restì lì. Arrivo subito." Sbottò, con quel suo vocione da soldato. Lenys non si era mai chiesta perchè Mary non si fosse sposata, la risposta era implicita nel solo starla a guardare, con quei golfini verde militare, il tuppo tirato, la camicia sterile e senza grinze. Pensò che per 'quei cosi' avesse voluto alludere ai suoi stivali di pelle, (tra l'altro nuovi di zecca) che le erano costati la bazzecola di novantasette dollari e cinquanta.

"Aspetto qui." Rispose, sforzandosi di sorridere.

Mrs Mary tornò in un baleno, i cani avevano già il guinzaglio al collo, e scalpitavano ansiosi di mettere il naso fuori casa. Lenys non era decisamente altrettanto ansiosa. Le servivano i soldi, certo, e per quell'incarico veniva pagata bene, eppure c'era uno strano presentimento in lei. Col tempo aveva imparato a fidarsi delle sue sensazioni visto che quasi sempre ci prendeva in pieno. Eppure non voleva pensare che quella che si preparava ad affrontare sarebbe stata l'ennesima mattinata no. Cominciava a perdere colpi?

Quando fu in strada, con i tre guinzagli in mano, ben stretti con la sua ferrea presa, si disse che non era il caso di farla tanto lunga. I lavori precari non le erano mai dispiaciuti granchè, le piaceva rinnovarsi. Oh, certo, deve piacermi per forza. Fece una smorfia, scacciando via il solito pensiero. Sua madre non era contenta, la nonna non era contenta, e nemmeno il padre, e le sue due sorelle, che per quanto piccole e superficiali parevano sempre aver voce in capitolo. Sempre più che rispetto a lei, comunque.

Avevo detto di finirla con queste cose, o no?

Detestava quando la voce della sua coscienza non le dava retta. I suoi pensieri odiavano essere imbrigliati, e spesso Lenys si ritrovava in posti e luoghi della sua mente che non avrebbe voluto esplorare. La si poteva dire distratta, o stralunata. Forse lo era davvero, perchè i suoi passi rapidi e agitati la portarono esattamente nel luogo in cui preferiva pensare. C'erano poche persone, panche e odore di fango bagnato, nel parco. 

Se proprio devo farlo almeno facciamolo stando sedute. Si disse. Jan, Joe e Jack stavano buoni e fermi sotto la sua placida sorveglianza, giocavano tra loro, non curanti dei suoi complicati pensieri di giovane essere umano. Li accerzzò distrattamente, prima di prendere un respiro profondo e rituffarsi nei suoi pensieri. Pioveva meno, e così tolse il cappuccio e lasciò che il vento accompagnasse quel veloce, silenzioso vagare.

"Non è la vita che fa per te!" Aveva singhiozzato sua madre, teatralmente.

"Qualunque cosa è meglio che questo."

"Lasciamola provare."

"Andrò a stare da Gigi."

Ricordava perfettamente l'espressione che travolse le espressioni dei suoi genitori e della nonna a quelle parole. Gigi significava una cosa sola: problemi.

Hanno sempre giudicato le cose normali, problemi. Era convinta che l'abitudine all'essere serviti e riveriti rendesse le persone pigre, chiudesse le loro menti, e Lenys voleva caricarsi di problemi come una qualunque ragazza normale della sua età. Diciassette anni appena, e una valanaga insormontabile di sconvenienze era l'unica cosa che l'avrebbe resa davvero felice. Pazza o meno che la si potesse giudicare, due settimane dopo Lenys lasciò cadere gli scatoloni sul pavimento della sua nuova casetta, quaranta metri quadri, un solo bagno e un divano letto mordicchiato da un topo, con un chilometrico sorriso. Certo dopo due anni di quella vita frenetica e precaria cominciava a pensare di poter fare qualcosa di più, poter vivere in un posto più decente, avere un lavoro serio. Ma ogni volta che pensava a quel giorno, quando finalmente era diventata libera, sorrideva e si convinceva di essere nel giusto. Qualunque posto sarebbe stato migliore di quello che le era toccato in sorte diciannove anni prima. Era felice nella sua casa piccola, con la sua amica normale, nel suo quartiere normale.

Si rimise in piedi, rincuorata e sollevata, tenendo ancora stretto quel ricordo, e cominciò a camminare, tenendo un passo veloce e stando attenta ad ogni movimento dei tre bestioni che portava con sè.

C'era tanto traffico, e doveva stare molto più attenta del solito quando lavorava per la sicurezza dei cani. Così rallentò, e solo quando fu sul marcia piede si tranquillizzò. La casa di Mrs.Mary era vicina, e mancava poco all'ora di pausa. Cominciava a sentire un certo gorgoglìo nello stomaco, e capì di essere affamata. Alzò lo sguardo, e si preparò a svoltare l'angolo, distratta da una magnifica vetrina. Rallentò il passo per mettersi ad osservare con più attenzione. Quel cappotto aveva un cartellino dorato talmente lucido e pulito (abbagliante, quasi) che non riuscì a cogliere tutti gli zero del prezzo. Una cifra esorbitante: soltanto una ragazzina molto ricca o molto stupida (o entrambe le cose) avrebbe potuto permetterselo. A quel pensiero sorrise. Ma ciò che vide nel riflesso della vetrina le mozzò il respiro.

"Attenzione!" 

Successe tutto molto rapidamente, come nell'immediatezza di un millesimo di secondo si rese conto di aver lasciato i guinzagli dei cani, essersi precipitata lì a pochi metri fino al centro dell'incrocio, afferrato quella giacca di pelle nera lucida, e strattonato l'individuo dal braccio per lanciarlo letteralmente dall'altro lato della strada, mentre  la vettura gialla rallentava bruscamente, ma non abbastanza da non prenderla in pieno.

Nello stesso istante, in aria si librarono decine di scatole e buste multicolore, firmate Prada e Dolce e Gabbana, e indumenti di varia natura, una crinieria leoncina sferzò il vento per un secondo prima che due gemiti di dolore insieme risuonassero nel silenzio gravido di panico di tutta Fifth Avenue.




Note dell'autrice: Questa storia è nata da un sogno, o per meglio dire, la scena finale è tratta da un sogno che faccio ricorrentemente, e dunque mi sono finalmente decisa a darle una sembianza reale. E' la seconda Fan Fiction sui Tokio Hotel che scrivo, e per l'ennesima volta li ringrazio per l'ispirazione che hanno fatto sbocciare in me.
Ringrazio sin da ora chi volesse lasciare un commentino, sono sempre graditissimi, e fanno bene a chi scrive. ;-)
Dedico la Fan fiction intera a due delle persone che più mi hanno fatto apprezzare la lettura, la scrittura e i Tokio Hotel stessi; Pao e Mary. Senza di voi questo fandom non sarebbe lo stesso.

Spero che il prologo sia piaciuto, e vi abbia intrigato abbastanza da continuare la lettura. Baci a tutti ^^ 
Loryherm. 



  
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