Ogni anno, i ragazzi di Konoha,
Suna e Oto sospendevano le ostilità tra villaggi per
riunirsi in un’occasione davvero speciale.
La riunione, che si teneva
annualmente sotto il palazzo dell’Hokage, prevedeva una sfida
tra i concorrenti. Una battaglia che solo i veri uomini potevano
vincere.
Richiedeva astuzia,
concentrazione, prontezza di riflessi e capacità di
osservazione. Tutte doti che un buon ninja deve possedere per essere
considerato il migliore.
Il loro compito? Filmare le
dolci kunoichi in momenti di pura privacy con la loro metà.
I creatori del video migliore
avrebbero ricevuto l’ambito riconoscimento di registi
ufficiali delle sedute, oltre ad un buono spesa da utilizzare in ogni
negozio di Konoha.
Ad ogni partecipante, sarebbe
stata inviata una lettera contenente il nome della ragazza da spiare e
quello del partner di lavoro.
A tutti i partecipanti, buona
fortuna.
[Tsunade –
Gaara e Choji]
Choji studiò la busta chiusa sul tavolo della cucina.
Si sentiva stranamente nervoso: quello era il suo primo Festival Yuri e
doveva mettersi totalmente in gioco.
Spiare una donna. Mio dio.
Perché non aveva avuto un insegnante pervertito come Kakashi
o Jiraya? No, lui aveva il fumatore folle! Ovviamente, tutte le fortune
toccavano come al solito al Team 7.
Sbuffò, afferrando l’ennesima manciata di
patatine. Se le portò alla bocca, sgranocchiando
furiosamente per compensare il nervoso.
«Insomma, la apri o no?»
La voce di Shikamaru lo riscosse dai suoi più cupi pensieri.
«A te chi è toccata?»
«Sakura. E come compagno Kankuro. Una rottura. Ma so che a
Naruto è andata peggio: è in squadra con
Orochimaru e devono spiare Temari.»
Choji sgranò gli occhi, sconcertato. Mettere in squadra
Naruto ed Orochimaru era follia pura. A spiare Temari, poi…
«Chi ha fatto queste lettere?»
«Sicuramente qualche psicolabile. Ora apri?»
«Fallo tu.»
Sbuffando, Shikamaru afferrò la busta dell’amico.
Lesse rapidamente la lettera poi, alzando gli occhi, lo
squadrò preoccupato.
«Mi dispiace, amico.»
A
Suna faceva caldo.
Troppo
caldo.
Decisamente
un caldo eccessivo.
Gaara
se ne stava placidamente sotto una cortina di sabbia, a godersi il
refrigerio di un po’ d’ombra e la tanto desiderata
solitudine.
«Gaara,
sono arrivate le lettere!»
Peccato
che, come sempre quando ci si estranea dal mondo,
c’è sempre qualche idiota che ti riporta sul
pianeta Terra.
In
tal caso, suo fratello Kankuro, che da quando aveva deciso di diventare
“buono”, sembrava intenzionato a ricoprire
fedelmente il ruolo di fratello maggiore.
Purtroppo,
visto che lo aveva costretto ad iscriversi a quello stupido Fan Club di
pervertiti cui non gliene fregava un fico secco.
Ma,
ovviamente, questo non contava.
Prese
la busta che Kankuro gli porgeva. L’aprì, senza
tanti giri di parole, e…
«…»
«Come
è andata?»
I will survive
- cronaca di una missione suicida.
“Smettila.”
Quest’ordine
perentorio, pronunciato a mezza voce da un impassibile Gaara, seduto
immobile sul tetto accanto a lui e con gli occhi fissi verso il cielo
scuro, raggelò Choji, che deglutì.
Non
avendo però capito a cosa il suo compagno di missione si
riferisse, azzardò un educato “Come?”.
Il neo Kazekage gli scoccò una breve occhiata, impossibile
da decifrare, e con un gesto del capo accennò al sacchetto
di patatine che l’Akimichi stringeva tra le mani.
“Ti
si sente a metri di distanza.”
Giusto.
Non ci aveva pensato, Choji, al fatto che il suo rifornirsi
continuamente di chackra – perché lui non si
ingozzava, si riforniva di chackra - potesse in qualche modo essere
d’intralcio alla missione. Cacchio, Gaara aveva ragione. Si
era distratto, non aveva calcolato il fattore silenziosità,
fondamentale affinché non fossero scoperti. Per non parlare
del fatto che erano sul tetto della Godaime e che, in questa occasione,
ogni precauzione che avrebbe di solito preso doveva essere almeno
raddoppiata. Dandosi dello stupido, sospirò e
acchiappò un’ultima manciata di patatine, che
sgranocchiò il più silenziosamente possibile
– era quasi ora di cena e lui era affamato, mannaggia!
Mentre
Choji chiudeva con attenzione l’oggetto incriminato e lo
riponeva sotto la maglietta come se fosse una reliquia, leccandosi
nostalgico le dita ancora sporche di briciole, Gaara alzò un
sopracciglio, ma non disse nulla.
A
sorpresa, quell’Achimiki - o come si chiamava - si era
rivelato un ragazzo interessante.
Gaara
sapeva che da anni era amico di quel pigro ninja che –
sospettava - era stato il primo amore di sua sorella nonché
– ne era certo – tra gli elementi che facevano dire
a quest’ultima di essere più che soddisfatta della
sua omosessualità, e di Ino, la pazza bionda, e che insieme
formavano il gruppo dieci. Sapeva che Choji aveva fatto parte della
squadra per il recupero dell’Uchiha, tempo prima, e che aveva
sconfitto uno dei tirapiedi di Orochimaru, rischiando la vita. Senza
dubbio un ragazzo coraggioso che meritava il suo rispetto, nonostante
quella fissazione per il cibo – mangiava di
continuo.
Insolito
e inaspettato era il fatto che fosse un pervertito della stessa risma
di Kankuro, se non peggio. Con in mente un unico obiettivo, non appena
si erano incontrati sotto il palazzo degli Hokage aveva insistito
affinché preparassero una strategia, dedicandosi soprattutto
alla mimetizzazione. Gaara gli aveva lasciato esporre il suo piano,
ascoltandolo distrattamente, per poi dare il suo assenso: era ben
congeniato, prevedeva una prima fase di spionaggio singolo di Tsunade
fino a coronare lì, in quel momento, sulla testa del capo
della Foglia.
Per
tutta la durata della “missione” – come
la chiamava lui – Choji si era dimostrato una buona spia e un
compagno neanche troppo fastidioso: il suo continuo sgranocchiare era
un sottofondo di cui avrebbe fatto anche a meno, ma essendo abituato ai
chiacchiericci di Kankuro, non poteva certo lamentarsi.
Sistematosi
per bene la maglia e pulitosi le dita su di essa – mica
poteva sporcare la videocamera di saliva, eh! -, Choji
appoggiò l’orecchio alle travi del tetto, cercando
di captare qualche rumore diverso dal fruscio di carte, ma, appurato
che Tsunade era ancora occupata a sfogliare fascicoli e a firmarli,
scosse la testa e lanciò un’occhiata alla terrazza
sopra di loro – sgombra, grazie al cielo. Si sedette
più comodo accanto al suo compagno e lo guardò
con la coda dell’occhio, mentre questo fissava il cielo
terso, serio come sempre.
Era
una fortuna essere in squadra con Gaara ed essere costretti allo stesso
tempo a sostare su un tetto di sera: era risaputo da tutti, anche dalle
guardie del villaggio, che il Kazekage a causa della sua insonnia
forzata aveva l’abitudine a passare la notte fuori. Nessuno
avrebbe detto nulla né avrebbe provato a spostarli, nel caso
improbabile si fosse accorto della loro presenza: si erano mimetizzati
quasi in modo perfetto.
Oddio,
a ripensarci fortuna
era una parola grossa. Insomma, comportava dei bei vantaggi ed era
tranquillo, una volta abituatisi al silenzio incessante, ma Gaara
rimaneva comunque un personaggio inquietante, con quelle occhiaie e le
famose – sebbene passate - tendenze omicide, e lui era in
imbarazzo, in tremendo imbarazzo, all’idea di compiere la
missione proprio con lui.
Però
non era così tanto male come si era aspettato, ecco.
Quel
giorno, non appena aveva posato lo sguardo sulla lettera incriminata
che Shikamaru gli aveva passato, accompagnandola con quelle tre parole
che avevano decretato il destino dell’Akimichi, Choji aveva
strabuzzato gli occhi e deglutito più volte, sconvolto.
Era
il suo primissimo Festival – era entrato nello Yuri Fanclub
dei Villaggi Riuniti non prima di marzo, grazie a una soffiata di Kiba
– ma ci teneva davvero ad aggiudicarsi quel primo posto e
tutti i privilegi che ne derivavano. La carica di regista ufficiale
allettava qualunque Fanboy degno di questo nome e il titolo di
siniscalco – per quanto onorevole fosse occuparsi del Menu
delle sedute - non era abbastanza per un fervente ed entusiasta membro
del Club quale Choji. Ambiva a gradi più alti, il giovane e
intraprendente Akimichi, e quella del Festival era
un’occasione che non poteva assolutamente farsi sfuggire. Per
non parlare del buono spesa che avrebbe ricevuto la coppia vincitrice:
chissà quanti pacchetti di patatine avrebbe potuto
comprarsi…
Insomma,
era risoluto come non mai. Il premio per il video migliore sarebbe
stato suo.
Era
disposto a camminare sui carboni ardenti, ad arrampicarsi su un roseto
a mani nude, a tuffarsi in una vasca di pescecani a stecchetto, pur di
conquistarselo.
Avrebbe
fatto tutto.
Ma
proprio tutto.
Tutto,
tranne che affrontare la furia di una donna e della sua partner, una
volta sorpresi i due guardoni.
Dio,
già l’idea di appostarsi dietro un cespuglio o
sotto una finestra per filmare una kunoichi alle prese con il reggiseno
della sua “migliore amica” lo disturbava
– mica era cresciuto a pane e Icha Icha Paradise come Naruto!
Conservava ancora un pochino di pudicizia, lui, anche se le sedute del
Club lo avevano illuminato alquanto. Figurarsi se le due ragazze
avessero scoperto di essere su Candid Camera! Choji non sarebbe di
sicuro sopravvissuto alla visione – e ai pugni – di
una Sakura mezza nuda, scatenata in tutto il suo splendore di nota
pazza schizofrenica, che rincorreva lui e il suo sventurato compagno
per l’intero villaggio.
Erano
necessarie astuzia ed eccellenti tecniche di mimetizzazione per non
essere colti con la videocamera in mano e litri di bava colante dalla
bocca - e, di conseguenza, per sopravvivere a quella difficilissima
prova.
Perciò
si era ritrovato a congetturare sugli accoppiamenti più
favorevoli e provvidenziali e a vagliare ogni ipotesi possibile.
Come
risultato, aveva pregato la notte affinché la sorte, i Kami
o chi per loro – ovvero i misteriosi presidenti del Club -,
gli assegnassero un compagno silenzioso e intelligente, oltre che buono
stratega. Ovvero, tutti i ninja possibili tranne Kiba, Naruto e
Kankuro. E Rock Lee, che non avrebbe fatto altro che stillare
insulsaggini come: “Come sono giovanili!” o
giù di lì.
Il
top del top, il non plus ultra, la ciliegina sulla torta sarebbe stato
avere come compagno Shikamaru – non solo era il suo migliore
amico, avevano un’ottima intesa e lo conosceva perfettamente:
aveva anche il doppio del quoziente intellettivo di Naruto e il suo
geniale cervello avrebbe analizzato la situazione, elaborando la
strategia con più possibilità di riuscita.
Sarebbe stato un gioco da ragazzi, con Shika al suo fianco, per questo
era del tutto impossibile che stessero in squadra insieme. Non gli
avrebbero mai reso l’impresa così semplice.
Anche
Neji sarebbe stato un buon partner di lavoro: non erano proprio
migliori amici, ma si sopportavano di buon grado – specie da
quando lo Hyuga aveva smesso di farneticare
sull’ineluttabilità del destino e aveva imparato a
rispettare Choji e le sue abilità.
Neji
era Jonin, abile e veloce; in più, possedeva
l’arma vincente, la chiave che avrebbe spalancato loro tutte
le porte – soprattutto quelle del supermarket di Konoha:
l’invincibile Byakugan. Niente ore e ore di infruttuosi
appostamenti, niente sonnellini in cespugli irti o ginocchia
intorpidite perché mantenute troppo tempo nella stessa
posizione, con il Byakugan degli Hyuga. Solo sana pacchia e meritati
spuntini, interrotti giusto nel momento in cui
l’abilità innata del suo partner gli avrebbe
indicato lo scaldarsi dell’atmosfera
nell’abitazione sorvegliata. Allora i due si sarebbero fatti
avanti, gattonando, fino a raggiungere il punto
d’osservazione scelto in precedenza.
Risultato:
video migliore, senza spreco di energie e con fattori di rischio
minimi, visto che avrebbero tenuto la distanza di sicurezza
praticamente sempre; l’unico momento in cui sarebbero stati
potenzialmente vulnerabili sarebbe stato durante il fattaccio, ovvero
mentre le kunoichi dirottavano la loro attenzione verso altri, ben
più piacevoli lidi. Era infatti scientificamente provato
che, se impegnate, le ragazze erano del tutto innocue.
Se
Neji non era disponibile, si sarebbe accontentato anche di Sai
– almeno si sarebbero fatti quattro risate. E invece no.
Non
l’avevano messo in squadra né con Neji
né con Sai.
Non
con Asuma, Kakashi o Jiraya. Nemmeno con Kiba.
Neanche
con Sasuke, che in teoria era il suo incubo peggiore – non lo
sopportava proprio, quell’Uchiha.
L’avevano
accoppiato a Gaara.
Il
pacchetto di patatine, fido compare di sempre, era irrimediabilmente
scivolato a terra.
A
ripensarci bene, forse Rock Lee non era malaccio come opzione.
Gaara,
lo shinobi portatore del demone tasso.
Gaara,
il pazzo e sanguinario fratello di Kankuro e Temari che era stato
eletto Kazekage.
Quello
stesso Gaara che, non molto tempo ad didietro, aveva annunciato senza
problemi che uccidere lo faceva sentire vivo – ok che
c’era stato Naruto di mezzo, però il lupo perde il
pelo ma non il vizio, era solito dire suo padre.
Ce
ne aveva messo, di tempo, a riprendersi dallo shock e a ricominciare a
pensare razionalmente! A mente lucida, aveva deciso che non gli
importava quanto pazzo, squilibrato o psicologicamente instabile
potesse essere il suo partner: lui ce l’avrebbe messa tutta
per portarsi a casa il primo premio.
Non
potendo aspettarsi che lo facesse Gaara, aveva quindi preparato una
strategia con cura, analizzando anche i fattori di rischio e
ricordandosi sempre che avrebbero avuto a che fare con Tsunade, la
kunoichi più potente di tutto il villaggio.
Dopo
di che, non appena si erano incontrati, gli aveva sottoposto il piano
d’azione, incorrendo in un suo – insperato -
assenso.
Insomma,
dopo ore a passate gomito a gomito con il Kazekage, ad operare
abbastanza in sintonia per raggiungere un obiettivo comune –
anche se non era ancora riuscito a capire perché Gaara si
fosse iscritto al Club - si era ormai rassicurato. Il vizio sembrava
averlo perso eccome, o, almeno, non andava più a sbandierare
in giro le sue vere intenzioni. E poi, anche se i fattori di rischio
aumentavano senza il Byakugan di Neji, la presenza di Gaara gli
garantiva una certa protezione – Tsunade non avrebbe mai
commesso l’errore diplomatico di picchiare il capo di un
villaggio alleato, qualunque fosse il motivo scatenante. Avrebbe
però potuto riversare tutta la sua ira contro il giovane
Akimichi. A quel pensiero, Choji deglutì nuovamente,
preoccupato.
Scoccò
nuovamente un’occhiata a Gaara – non era affatto
sicuro che sarebbe intervenuto per salvarlo, una volta in pericolo
– e, proprio in quel momento, quello appoggiò
l’orecchio al legno, facendogli cenno di ascoltare; al che
Choji, improvvisamente agitato, lo imitò.
Dall’interno
dell’ufficio dell’Hokage arrivava la voce dolce di
Shizune. Choji sorrise, ancora più emozionato: come
previsto, l’assistente era venuta a chiamare Tsunade e ad
assicurarsi che stesse facendo il suo lavoro, invece che scolarsi
sakè. E, stranamente, sembrava proprio che la Godaime si
fosse destreggiata per tutto il pomeriggio tra la burocrazia del
villaggio e i rapporti delle missioni – per una volta.
Quatti
quatti, i due ragazzi scivolarono dal tetto e si sistemarono nei punti
d’osservazione: Choji si accucciò sotto la
finestra dell’ufficio, mentre Gaara concentrò il
chackra nelle piante dei piede e sbirciò
dall’alto. L’arma del delitto, la preziosa
videocamera, venne accesa dall’Akimichi con grande attenzione
e fu quindi sistemata in modo che l’obiettivo non creasse
riflesso.
Era
una serata calda, la finestra era aperta e i viveur potevano ascoltare
perfettamente il colloquio tra le due donne.
“Signorina
Tsunade, mi stupisce! Si è addirittura portata avanti,
quest’oggi! Non è da lei! È sicura di
stare bene?”
“Shizune,
non dire stupidaggini. Certo che mi sento bene! E non rivolgerti a me
con quel tono sorpreso. Dimentichi che sono il Quinto Hokage e che ho a
cuore le questioni che riguardano il mio villaggio!”
stizzita, Tsunade appoggiò di malagrazia il pennellino sulla
scrivania. Mentre Shizune le versava il tè serale
– che poi sarebbe stato opportunamente corretto -, la Godaime
si appoggiò allo schienale della sedia e si passò
una mano sul viso.
“Non
mi ricordavo che gestire le pratiche fosse così faticoso, e
neppure che fossero così tante, queste maledette
scartoffie!” sospirò.
Shizune
la rimproverò con un sorriso indulgente. “Se non
le aveste accumulate per settimane oggi non avreste avuto
così tanto lavoro! Già che oggi si sia portata
avanti è un grande miglioramento: la prossima volta non
dovrà lavorare fino a così tardi.”
“Umph.”
Tsunade sbuffò, scettica – le carte superflue si
accumulavano sempre
-, sorseggiando il tè insieme a Shizune; rimasero in
silenzio per un po’, guardandosi, mentre Choji fremeva, dalla
sua scomoda posizione sotto la finestra – gli si erano
già addormentate le gambe un paio di volte – in
attesa di uno sviluppo che però tardava ad arrivare.
Certo,
le occhiate sottecchi che le due si lanciavano erano molto poco
equivocabili e anche il modo in cui Tsunade aveva lasciato la mano su
quella dell’assistente quando le aveva passato la tazza era
palesemente studiato e lasciava ben sperare; solo che Choji non avrebbe
mai immaginato che un corteggiamento tra donne potesse essere
così lento, basato solo su sfumature. Non gli dispiaceva
affatto quel gioco di sottointesi che dirigeva Tsunade; se solo si
fosse concluso prima che gli andasse in cancrena il piede…!
Così,
quando la Godaime si decise a scoprire le sue carte, appoggiando la
tazza sul tavolo e prendendo prepotentemente il viso di Shizune tra le
mani, il ragazzo sospirò di sollievo.
“Signorina,
ha sentito?” si allarmò subito la ragazza
più giovane, girando il volto verso la finestra, impedendo
così a un seccato Hokage di baciarle la bocca.
“Uhm,
no. Cos’era?” borbottò lei, passando le
labbra sulla guancia di Shizune.
“Non
ne sono sicura… sembrava un sospiro
ma…” si interruppe, distratta da un paio di mani
che le si infilarono nel reggiseno.
“Shizune,
non era niente. Sarà stato il vento.”
“G-giusto,
signorina. Il vento…” Le sue parole si dispersero
tra le pieghe del vestito di Tsunade, che venne opportunamente sfilato.
Al
che Choji, che riemergeva da trenta secondi buoni di apnea dovuta a una
crisi di panico – non solo il ninja medico aveva sospettato
qualcosa, anche se, come volevasi dimostrare, era stata opportunamente
distratta dall’Hokage, ci si era messo pure Gaara con una
delle sue occhiate micidiali a fargli venire una mezza sincope -, quasi
non si strozzò con la sua stessa saliva. Kami, se quel video
non valeva il primo premio… Innanzi tutto la visuale era
perfetta, il fattaccio inquadrato nella sua interezza –
neanche si erano spostate dalla scrivania!
I
soggetti, poi, erano formidabili: non avrebbe mai sospettato che la
tirannica e irascibile Godaime potesse essere così sensuale
e dolce e che Shizune riuscisse a far fremere in quel modo la sua
superiore.
E
quando le due donne, rivestitesi, uscirono dalla stanza, dita
intrecciate, Choji pensò che ne era valsa davvero la pena di
non riuscire più a sentirsi le gambe. Pensiero confermato
anche dall’espressione vacua e allucinata del Kazekage e dal
suo semplice ma assolutamente impagabile commento: “Non
giudicherò più Kankuro.”
Questa fic ha partecipato al contest “Konoha Yuri
Festival” indetto da Rekichan e Kei_saiyu e si è
classificata orgogliosamente terza^^
Questo contest era una sfida sin dall’inizio per varie
ragioni: Reki e Kei, due grandi autrici. come giudici; non
avevo mai scritto una simil yuri e in più la coppia di
spianti era a sorpresa – difatti la parte prima del titolo
sono le introduzioni inviatemi da Rekichan e il bando. Per questo sono
molto soddisfatta del risultato ottenuto e dei giudizi, completi ed
esaurienti, che mi hanno aiutata a fissare delle lacune del mio stile e
uso della punteggiatura. Mi aiuteranno a crescere come autrice e a
perfezionarmi sempre di più.
Grazie quindi alle giudici e a Kaho_chan, fantastica donna che mi ha
sostenuta durante la stesura. Complimenti vivissimi alle podiste e alle
altre partecipanti^^
Che ne pensate?
See ya
Elena
Ps: riporto i giudizi e il Banner di Kei!
Giudizio di rekichan
Originalità:
in un periodo in cui il crack pairing sta andando molto di moda, penso
che l’originalità della coppia trattata stia
proprio nella sua “classicità”.
Apprezzabile come è stato trattato il tutto, considerando
che non è facile scrivere una fiction originale su una
traccia prestabilita. Ciò nonostante, è talmente
scorrevole che è difficile non assegnare un buon voto.
8/10
Attinenza al contest:
la storia rispetta gli obblighi del contest nella maggior parte.
Purtroppo non è presente l’introduzione da noi
fornita che, secondo regolamento, doveva costituire obbligatoriamente
l’inizio della storia. A malincuore, mi vedo costretta a
penalizzarla. Un appunto: il genere “comico”
è un po’ eccessivo, “commedia”
bastava.
8/10
IC: Choji
è Choji, così come Gaara è Gaara.
Potrebbero anche non essere nominati per niente nella storia e si
capirebbe ugualmente che si parla di loro. Anche Tsunade e Shizune sono
state trattate molto bene.
Insomma, perfetto.
10/10
Trama&Stile:
Di solito mi inceppo molto nel giudicare la trama e lo stile,
più perché ho paura di farmi influenzare dal mio
giudizio personale. In questa storia la difficoltà non si
presenta. La trama è scorrevole e lo stile concorda appieno
con il suo ritmo vivace ed incalzante. Segue il punto di vista di
Choji, alternato a tratti con quello di Gaara, che risulta molto
accattivante. Insomma, una storia che prende e che ti conduce passo
passo fino alla fine. Ogni tanto, inciampa su delle frasi troppo lunghe
e su un uso eccessivo dei trattini anche quando non servono. Nel
complesso, un ottimo lavoro.
9/10
Grammatica:
un verbo non concordante con il plurale (le pratiche si accumulava),
dovuto probabilmente alla distrazione. La punteggiatura non sempre
è corretta e, in alcuni punti, le frasi troppo lunghe creano
confusione. Nel complesso, corretta.
8/10
Giudizio personale:
Mi ha fatta genuinamente ridere, senza bisogno di forzature od
espedienti comici. È la comicità che piace a me,
insomma; quella un po’ naturale della vita quotidiana. Ho
adorato letteralmente Choji che tenta di andare d’accordo con
Gaara e i pensieri di quest’ultimo. Anche la chiusura
è perfetta: concisa, sintetica e d’effetto.
5/5
Totale: 48/55
Giudizio Kei
Originalità:
Senza alcun dubbio è una storia originale, considerando che
sul fandom di Naruto è stato scritto praticamente di tutto,
anche l’uccellino sul davanzale per un qualunque ninja! Mi
complimento per la scorrevolezze e per quel pizzico in più
che non fa mai male.
8/10
Attinenza al contest:
Il rispetto degli obblighi c’è quasi del tutto,
peccato che manchi l’introduzione fatta da noi, cosa che mi
costringe ad abbassare il voto. Siamo forse state poco chiare? Sul
regolamento c’era: “Inoltre, vi sarà
fornita una breve introduzione ad personam che deve costituire
obbligatoriamente l’inizio della vostra fan
fiction.” Peccato.
8/10
IC: Mi
complimento specialmente su questo punto. Non è poi tanto
facile gestire Gaara, specie se accoppiato con uno come Choji. I
personaggi sono loro, rispettano le caratteristiche che li rendono
diversi ed ho trovato anche Tsunade e Shizune tranquillamente IC.
Complimenti, non è da tutti beccarsi un 10 a IC da rekichan!
Per quanto riguarda me, invece, ho abbassato di mezzo punto per una
frase che mi ha leggermente spiazzata: “Neanche con Sasuke,
che in teoria era il suo incubo peggiore – non lo sopportava
proprio, quell’Uchiha.”. Ora, concordo
sull’ “incubo peggiore”, la bella fuga in
perfetto stile Uchiha ed il rischio della propria vita per salvarlo di
certo non giovano sonni tranquilli, ma il non sopportarlo mi stona.
Stiamo parlando di Choji, che è fondamentalmente
indifferente a queste cose, a meno che non lo si insulti. Avrei capito
se a pensarlo fosse stato Gaara, ma Choji proprio no.
9.5/10
Trama&Stile:
La trama è ben fatta, molto carina e divertente nel momento
in cui uno si immagina Choji e Gaara alle prese con il video e lo
spionaggio. Lo stile è scorrevole e piacevole, con un buon
lessico, nonostante alcune parole mi stonino nel contesto (vedi:
Cacchio; Mannaggia…). Sarà che parole simili
ormai le sento dire solo dai bambini molto piccoli davanti ai genitori.
Per il resto, alcuni periodi sono troppo lunghi e l’uso
spropositato dei trattini infastidisce leggermente la lettura, ma
rimane comunque un buon lavoro.
8.5/10
Grammatica:
Su questo punto ho poco e niente da ridire e ciò che andava
detto, è stato espresso da rekichan nel suo giudizio.
Rinnovo ciò che ho detto prima: attenta ai trattini. Per il
resto, dovresti fare un po’ più di attenzione ai
periodi e alla punteggiatura, ma nel complesso è corretta.
Un appunto: “Non avendo però capito a cosa il suo
compagno di missione si riferisse, azzardò un educato
“Come?” ” I pensieri stanno per
introdurre una domanda e, di conseguenza, la frase richiede i due punti
prima del parlato.
8/10
Giudizio personale:
Mi è piaciuta, questo è quanto. Simpatica,
divertente e “frizzantina”. Ottimo lavoro, specie
nel cambio di punti di vista che, stranamente per me, sono stati ben
comprensibili. Sei riuscita a non cadere nel banale ed a mantenere un
buonissimo IC nei personaggi che, diciamolo, non erano proprio una
passeggiata!
4.5/5
Totale: 46.5/55
MEDIA COMPLESSIVA:
48+46.5/2= 47.25