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Autore: Little Fanny    07/11/2009    5 recensioni
Era morto.
Lui, Arthur Pendragon, Principe Ereditario di Camelot, era morto per salvare il suo popolo.
Spoiler per la puntata 2x06
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Uther
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Era morto

Titolo: To be dead

Autrice:   LittleFanny

Beta: Slayer87

Rating: PG

Pairing: Arthur/Merlin

Genere: generale, romantico, introspettivo

Avvertimenti: Spoiler 2x06

Disclaimer: la storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto.

 

To be dead

 

Era morto.

Lui, Arthur Pendragon, Principe Ereditario di Camelot, era morto per salvare il suo popolo.

Non si era mai soffermato troppo a pensare a come sarebbe stata la sua morte.

Certo, aveva pensato di poter cadere in battaglia o, nella migliore delle ipotesi, di spegnersi lentamente col passare delle stagioni.

Ma mai avrebbe immaginato di scegliere di morire. Per mano del suo servo, oltretutto.

Nel complesso era stato anche abbastanza facile tracannare quell’intruglio, sapendo poi di poter tornare in vita.

La cosa, invece, che l’aveva più sconcertato era come si era abbandonato fiducioso a Merlin. Aveva lasciato nelle mani del suo, idiota, servitore il futuro del regno, affidandogli la sua stessa vita.

Ancora non riusciva a capire perché avesse scelto proprio lui, perché si fosse appoggiato a quel valletto piuttosto che a uno dei suoi cavalieri.

Tuttavia era inutile crucciarsi ora che era morto e giaceva inerme su quel freddo pavimento.

L’ultima cosa che il suo corpo ricordava era quel sapore amaro in bocca, un intorpidimento generale che l’aveva visto accasciarsi improvvisamente senza forze. Aveva percepito delle braccia sorreggerlo e depositarlo dolcemente al suolo.

I saggi dicevano che, prima di entrare nel regno dei morti, era concesso di rivedere attimi della propria vita.

Lui non aveva visto: aveva solo sentito.

Un profumo intenso l’aveva avvolto quando aveva sentito il suo corpo venire meno alla vita. Ricordava un tocco carezzevole sulla propria testa e delle dita scorrere fra i suoi capelli fini, come se non volessero credere nella sua dipartita, come se volessero farlo rimanere nel regno dei vivi.

Poi quella presenza era venuta a mancare.

E lui si era sentito solo, abbandonato, completamente inerme.

In quei momenti la scelta di essere momentaneamente morto gli era sembrata la decisione più sciocca che avesse mai preso.

Fu assalito da mille dubbi.

Se Merlin non avesse fatto in tempo, se il piano non avesse funzionato, o, peggio ancora, se la boccetta a cui era appesa la sua vita si fosse infranta.

Se, se, se.

Strano come tutta la vita dipendesse da delle possibilità.

Pure la morte non ne era immune, soprattutto se uno fingeva di essere morto.

Sarebbe stato materiale adatto per scriverci una commedia: anche se, visto l’amore che avevano i cantastorie per il dramma, ne avrebbero ricavato una bella tragedia, giusto per far capire che non si scherza con la morte. Sarebbe diventata una storia di successo la sua, magari un po’ alterata. Non si poteva certo raccontare il matrimonio di un Re e un troll. Avrebbero poi generato dei trollini?

Se avesse potuto ridere per la sua stessa battuta l’avrebbe fatto. Forse era l’asfissia a rendere così spiritosa la sua mente, o magari quella solitudine che non voleva abbandonarlo.

Era così strano essere sia morto che vivo.

Improvvisamente ebbe il sentore di una solida presenza che lo teneva stretto. Lo cullava dolcemente come aveva fatto poche volte in passato, pregando e piangendo affinché la sua anima potesse brillare nel regno dei vivi e non rischiarare il cielo di quello dei morti.

Suo padre era a piangere al suo capezzale. Il piano aveva funzionato e l’incanto era stato spezzato.

Il regno era salvo.

Tuttavia Arthur non pensava a questo, non pensava più alla salvezza del proprio popolo. Pensava a sé stesso, che aveva riavuto indietro il proprio padre un po’ burbero, ma di buon cuore.

Ora doveva solo attendere l’arrivo di Merlin.

Aveva scherzato con lui: era riuscito a prenderlo in giro anche quando gli aveva affidato un compito così importante; come in uno di quei racconti antichi, immagini e sequenze della propria vita gli si erano presentate davanti agli occhi, aprendo la mente a una nuova scoperta. Sapeva, ora  più chiaro che mai, di potersi fidare completamente di lui, di quel ragazzo un po’ sbadato che non sapeva stare al proprio posto.

 

Merlin gli aveva salvato più volte la vita.

La prima volta da quel pugnale volante.

L’aveva avvertito dei serpenti di Valiant.

Aveva bevuto al suo posto il calice avvelenato da Nimueh.

L’aveva fermato da fare una pazzia con Sophia.

Era stato l’unico sostegno nella lotta contro Anhora.

L’aveva curato dalla ferita della bestia errante.

 

Quindi poteva sperare che Merlin non lo tradisse proprio ora, nel momento in cui aveva più bisogno del suo intervento.

Il buio si stava facendo sempre più profondo e oscuro attorno a lui, pensare gli stava diventando faticoso, la sua mente e il suo corpo bramavano un po’ di riposo.

Stava quasi per cedere e abbandonarsi a quell’oblio, quando percepì ancora quel tocco fra i proprio capelli.

Merlin era tornato. Ce l’aveva fatta.

Una piccola goccia si posò sulle proprie labbra. Arthur sentì la persona al proprio capezzale trattenere il respiro e stringergli con forza la mano.

“Torna da me…” bisbigliò al suo orecchio.

Arthur aprì gli occhi per specchiarsi in quelli felicemente soddisfatti del proprio servitore. Un cenno d’intesa.

Ci sarebbe stato tempo per le spiegazioni, adesso il regno aveva bisogno del Principe.

 


   
 
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