Grazie a Camilla
per la recensione, parlerei di più però
l’orda (?) selvaggia di compiti che
incombe m’ha fatto passare la voglia di sproloquiare a lungo
XDD.
Questa flash non è originale: [Spin-off di: «I
don’t love you»,
Anis_Angel ©]
Ho modificato un poco la situazione; nella fanfic alla quale mi sono
ispirata
trascorrevano quattro anni fra partenza di Mello e nuovo incontro, qui
ne sono
passati decisamente di più, approssimativamente sei o sette.
Vi auguro una buona lettura ^^.
Prompt: Pioggia [066].
Pairing: Mello!Matt.
Citazione: My Chemical Romance.
Paranoid
android,
«Hai avuto quel
che
meritavi?»
[ Non pensavi che ti avrebbe
aspettato sul serio. ]
Non
pensava che te ne saresti andato
sul serio.
Non credeva che lo avresti sul serio abbandonato in quello stupido
rudere ad
aspettare gli avversari, ad aspettare la morte.
«Fermo qui», sussurrasti.
E lui, stupido bambino spaventato, ha reagito alla maniera di uno
stupido
bambino spaventato, pronunciando stupide parole che trasudavano una
stupida, fottutissima paura.
«D0ve vai?», gli occhi sgranati e le dita che
artigliavano la tua manica
sinistra.
Un bacio a sfiorare le sue labbra, poi l’ordine al quale non
avrebbe potuto
disobbedire, la voce che avrebbe seguito fino a quando non avesse
sentito il
pestilenziale fiato di Lucifero su di sé.
«Lasciami e sta’ fermo
qui. Tornerò subito».
Oh, certo, saresti tornato subito – subito dopo esserti fatto
beccare da un
vecchio porco, subito dopo esserti scopato chi necessario per arrivare
al cospetto
di Rodd.
Grazie a dio, quando arrivò quel momento le numerose
referenze ti avrebbero
permesso di poter continuare a indossare i pantaloni.
[ Matt stava davvero aspettando che
tu lo rintracciassi. ]
I pantaloni te li tolsero per un’altra ragione, una
motivazione appena vitale:
strano ma vero, in quegli anni Mail aveva mantenuto attiva la stessa
scheda
SIM.
Rapido nel rispondere, ancor più celere nel mandarti a quel
paese con tanto di
madre e sorella mai conosciute e la cui occupazione sperasti essere
meno
squallida.
Sbuffavi mentre il taxi attendeva che il semaforo diventasse verde
– ti eri
ridotto a prendere un taxi!, come minimo la ragione di quello stupido
idiota
avrebbe dovuto riguardare un trafficante argentino di cioccolata.
[ Matt sapeva che lo avresti
cercato,
perché
avrebbe dovuto nascondersi? ]
Ma lei, lei, lei...
Lei aveva le scarpe blu, e dalle scarpe da tennis spuntavano delle
piccole
calze bianche; il resto era nascosto da un grembiulino scolastico
sporco di
pennarello.
[ Matt sapeva che non avresti
sparato.
E,
quando si parlava di te, era lui il
numero uno. ]
Lei aveva le scarpe blu e due piccole fossette sulle guance paffute.
Quelle non doveva averle ereditate dal padre: ricordi che il suo volto
appariva
liscio e morbido quando ti sorrideva, ancora due stupidi bambini
circondati da
informazioni troppo importanti, troppo serie.
[ Matt non sapeva cosa avresti fatto
dopo. ]
Pioveva, quando te ne andasti.
Pioveva forte e faceva freddo, un freddo che ti impediva di avere la
piena
padronanza delle tue dita nelle tasca, dita che stringevano
l’impugnatura della
pistola.
La strada di fortuna che ti avrebbe portato all’appartamento
regalatoti da Loss
anni prima era piena di un fango che rallentava il passo.
Sembrava quasi il mondo fosse pronto a inghiottirti – forse
davvero era così.
Ma non ti saresti lasciato trascinare a fondo così
facilmente.
Avresti scalciato, avresti lottato, avresti portato con te quanta
più gente
possibile.
[ Non lo sapeva e non voleva
immaginarlo, per non trovarsi
a
inseguirti sotto la pioggia come se
fosse vitale raggiungerti. ]
«Dispiace anche a
me».