Camminavi con un’andatura strascicata tenendo la schiena ben dritta; di media statura ma magro, con dei bei capelli castani, lunghi e crespi, tinti di un verde sgargiante e raccolti in un cappello.
Il tuo sguardo, gli occhi che ricordavano un paesaggio autunnale, era magnetico.
Portavi degli occhiali scuri, tondi e piccoli e sulla testa, posto come se vi fosse caduto per caso, un cilindro di Giraud comprato in via Scheffelstrasse numero 34.
Era una bella giornata, quella, nonostante la pioggia, e le persone ammiravano commosse le gesta dei loro personaggi televisivi nel telefilm più alla moda del momento.
Invece tu giravi per le strade, guardandoti intorno, senza ombrello e senza paura di bagnarti. Indossavi un completo paglierino con un gilet bordeaux e un papillon che trovavi scomodo e di cattivo gusto, in tasca. Erano le 5 e 2 minuti. Le scarpe laccate di nero erano diventate marroni per il fango.
Passeggiavi, indifferente verso quanto ti circondava, fischiettando un motivetto che avevi sentito per la prima volta tanti anni fa e che in quel momento non ricordavi.
Se avessi potuto ti avrei fermato.
Ti avrei chiesto l’ora o una sigaretta, possibilmente una Chesterfield; le Marlboro le fumano tutti.
Ti avrei chiesto anche da accendere.
E poi avrei potuto offrirti un thè o un ombrello, anche se, nonostante la pioggia, eri più asciutto di un gatto nel Sahara.
Però non potevo farlo.
Ero a casa a seguire una soap opera.
Avvincente però.