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Autore: Evie08    08/11/2009    1 recensioni
Prendete un ragazzo ed una ragazza e fateli incontrare per la prima volta in assoluto nella peggiore delle situazioni possibili.
Fateli innamorare follemente l'uno dell'altra e molto perfidamente mettete tra di loro un destino avverso che pretenderà la loro separazione ad ogni costo...Anche se questo potrebbe portarli alla morte...O almeno così sembra...
In salsa un pò malinconica ma molto romantica, prende vita la mia primissimissima fanfiction su questo splendido libro che spero vi piacerà.
Se questa prefazione vi ha incuriositi almeno un pò leggete e se vi va fatemi sapere cosa ve ne pare della mia trovata!
Dopo pochi attimi Marco si staccò dal mio abbraccio e si diresse verso Edward.
“Benvenuto in famiglia cognato”
“Grazie mille”
“Sapete una cosa?”dissi abbracciandomi ad Edward
“Cosa?”
“Tutto sommato ora non mi dispiace più essere un vampiro”
“E perché mai?” mi chiese Edward interrogativo.
“Bè adesso ho tutta l’eternità per amarti”

CONTINUA...
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Voice Of Heart'
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28. La sua vita prima di me

Edward POV


Quello non l’avevo previsto.
Come avevo potuto essere così superficiale e distratto?
Era un lusso che non avrei dovuto permettermi.
Mi ero rilassato laddove avrei dovuto tenere i sensi all’erta, ma qualcosa mi era sfuggito.
Preso dall’entusiasmo di Josephine mi ero distratto perdendo il contatto con il reale.
Eppure avrei giurato di non aver sentito nulla.
Assolutamente silenzio.
Quella casa che a primo acchito mi era sembrata morta, era in realtà più viva di me. In essa la vita scorreva lenta e triste, come se un filo si fosse spezzato lasciando il vuoto attorno agli aranceti, i giardini e la casa.
Ebbi come una specie di visione: immaginai dei bambini che correvano felici nascondendosi nei campi dove delle donne raccoglievano le arance.
Una di quei bambini era la mia Josephine.
Correva in quell’abitino giallo della foto che conservava nel salotto della casa di Chicago, correva felice, le guance rosee, i ricci costretti da grandi fiocchi in due codini che le circondavano il viso paffutello e già bellissimo.
Fu come quella bambina si fermasse davanti a me e, guardandomi incuriosita, mi porgeva l’arancia che stringeva in mano.
Ad un tratto l’immagine svanì nel suo sorriso allegro e davanti gli occhi ritrovai la bambina diventata donna e mi guardava non con il candido stupore con cui si indaga il volto di uno sconosciuto, no.
Ma era come se il panico avesse il pieno possesso di lei.
La guardai allarmato, e poi finalmente sentii.
L’incredulità regnava nei pensieri dell’anziana signora sulla porta.
“Non può essere! Un miracolo!” continuava a ripetersi sperando con tutte le sue forze che fosse vero, che quella non fosse solo una visone, quello che volevano vedere i suoi stanchi occhi.
“Josephine! Sei tu?” chiese con un filo di voce.
Mia moglie mi guardò strabuzzando gli occhi. Era evidente che non sapesse che fare.
A quel punto intervenni io.
“Ci scusi signora dell’intromissione. Credevamo che la casa fosse disabitata e dato che mia moglie aveva voglia di arance abbiamo deciso di fermarci un attimo.”
Mi avvicinai a Josephine portandola più in ombra possibile, un orecchio teso ai pensieri della donna.
“Josephine… deve essere lei…” pensava avvicinandosi a noi.
“E ora che facciamo?” mi chiese Josephine in un sussurro.
Le strinsi la mano sulla spalla, concentrandomi sul volto della donna.
Notai una grande somiglianza tra lei e mia moglie: la bocca soprattutto era identica
“Non vi preoccupate. Prendete pure tutte le arance che volete, tanto qui non le mangia nessuno. Dopo la scomparsa di mia nipote Josephine gli aranceti sono stati abbandonati. Persino il mio povero marito smise di mangiare il suo frutto preferito.” ci raccontò avvicinandosi sempre più.
Fortunatamente Josephine aveva attivato il suo potere, nascondendo il rosso borgogna dei nostri occhi anche se io ignoravo il risultato.
La donna allungò una mano prendendo quella fredda di Josephine.
Sussultò al contatto, ma non lo diede a vedere.
“Sapete signora, voi mi ricordate incredibilmente mia nipote Josephine. Aveva gli stessi occhi azzurri che avete voi. Siete incredibilmente bella…”
Occhi azzurri?
Josephine si voltò dalla mia parte.
“Edward…” e capii cosa voleva dirmi.
Annuii sorridendole.
“Signora, vostra nipote si chiamava Josephine Heart vero?”
“Come fa a saperlo?” pensò la donna spalancando gli occhi dallo stupore.
Poi annuì tremando, con le lacrime agli occhi.
“Ed era figlia di Lia, vostra figlia… la minore…”
La donna non la fece finire che già la stringeva tra le braccia.
“Oh Josephine! Tesoro mio…” le lacrime sgorgavano copiose dagli occhi quasi vitrei dell’anziana signora.
L’emozione era palpabile.
Quando le due si staccarono continuarono a guardarsi negli occhi stringendosi a vicenda le mani.
“Figlia mia… che mani fredde hai. Ma venite dentro, che maleducata sono.” disse asciugandosi le lacrime con un fazzolettino di lino.
“Nonna, ti presento Edward Masen, mio marito” disse solennemente mia moglie stringendomi un braccio.
La donna, Caterina si chiamava, mi porse la mano che sfiorai con le labbra all’uso di quei tempi.
“Davvero un bel giovane. Ma venite dentro che faccio preparare il tè”.
Caterina ci fece strada in quella che un tempo era anche la casa estiva di mia moglie. Salimmo le scale fino a raggiungere un salottino dal gusto retrò a metà tra il barocco ed il neoclassico.
Quella sala era l’unica ad essere illuminata in tutta la casa, oltre alla cucina dove una donna si affaccendava a preparare del tè con dei biscotti per noi.
“Nonna non è necessario” aveva detto Josephine, ma come si fa a dire di no alle donne di quella famiglia?
Impossibile!
Ed io l’avevo imparato a mie spese.
Ci accomodammo su delle comode poltroncine rivestite con stoffe damascate oro e argento.
“Devi raccontarmi tutto. Cosa è successo davvero in quell’incidente cara?”
“Allora, ero appena stata dimessa dall’ospedale dove il dottor Cullen aveva fatto un ottimo lavoro con me. E’ li che ho conosciuto Edward..” disse guardandomi con occhi adoranti.
Risposi allo sguardo con la stessa intensità stringendole la mano.
“Quella sera stavamo andando alla festa organizzata da zia Constance, dall’altra parte della città ed è nel tragitto che abbiamo avuto il tragico incidente.
Ricordo urla, il sangue sul mio abito bianco e niente più. Al mio risveglio mi ritrovai ai piedi della scogliera, senza memoria e senza passato.
Vagai per giorni in cerca di aiuto finché non incontrai un vecchio amico che mi portò con lui a San Francisco.
Solo pochi mesi fa ho fatto ritorno a Chicago dove lui aveva acquistato per mio conto la casa dei miei genitori e lì ho rincontrato il mio Edward”.
Era evidente quanto Josephine avesse falsato la storia ma di certo non avrebbe mai potuto dirle che la sua famiglia era stata attaccata da vampiri e che lei stessa era rimasta vampirizzata.
Avvertivo il dolore e la disperazione nei pensieri della donna a me di fronte.
Una carrellata di ricordi le invase la mente e scoppiò di nuovo a piangere.
“Solo tu sei sopravvissuta?” chiese tra un singhiozzo e l’altro.
Josephine annuì abbassando gli occhi.
Voltandomi sulla destra notai sulla parete uno splendido ritratto di famiglia: non mancava nessuno.
Caterina notò il mio mal celato interesse per quel dipinto e mi spiegò che quello era stato fatto pochi giorni prima la partenza della famiglia Heart per l’America, quattro anni prima.
“Sono tutti morti tranne Josephine ed io” disse alla fine riprendendo a piangere sommersa da altri ricordi.
Stinsi con più forza la mano di una Josephine sofferente al ricordo.
“Ma non parliamo di cose tristi. Allora, raccontatemi del vostro matrimonio. Raccontatemi” il suo fu più un implorarci che una richiesta.
Mia moglie mi guardò sorridendo e iniziò:
“Come ti ho già accennato, Edward ed io ci siamo conosciuti durante il mio ricovero in ospedale. I suo genitori avevano contratto la Spagnola.” si interruppe guardandomi.
“Josephine fu talmente carina a consolarmi che mi innamorai di lei in un attimo” continuai io, mentre lei annuiva incoraggiandomi a continuare il discorso, “Mi dichiarai immediatamente e avevo progettato di chiederla in sposa non appena entrambi saremmo usciti dall’ospedale ma i miei progetti andarono in fumo. Io contrassi la spagnola e lei fu dimessa il giorno dopo, e poi l’incidente… nei quattro anni successivi ho vissuto con la convinzione che il mio grande amore era scomparso per sempre. Il mio padrino, il dottor Cullen, mi ha preso sotto la sua ala protettrice e sono stato con lui e con sua moglie per qualche tempo, fin quando ho deciso di tornare a Chicago e lì ho ritrovato Josephine.”
“Che storia meravigliosa… non immaginate neanche il piacere che ho ad avervi qui da me adesso! Ora posso morire felice” disse Caterina asciugandosi un’altra lacrima.
Josephine si alzò e si appoggiò al bracciolo della sua poltrona stringendole la mano.
“Oh nonna! Proprio adesso vorresti morire? Ora che siamo finalmente insieme?”.

Passammo il resto dell’estate alla Corte degli Aranci.
Fu una vacanza molto piacevole e la nonna di Josephine era davvero una brava donna. Ci aveva accolto con grande amore senza chiedere nessuna garanzia in cambio.
Diceva che era il suo cuore a darle la certezza delle nostre identità.
Le giornate trascorrevano tra chiacchiere, ricordi e racconti che le due donne mi facevano per rendermi familiare a quei luoghi a loro tanto cari.
Un giorno Caterina chiamò alla tenuta un pittore e con nostra grande sorpresa ci chiese di posare con lei. Nel giro di un paio di giorni il dipinto fu terminato e attaccato alla parete accanto a quello della famiglia.
Venne il giorno della partenza, e la nonna ci tenne ad accompagnarci al porto.
“Queste sono per voi” disse porgendomi un grosso cesto con dentro bellissime arance.
“Josephine questi sono i semi dei nostri aranceti. Portali con te in America e piantali nel tuo giardino quando farà freddo. E’ un pezzo di Sicilia che viene via con te.”
Josephine ringraziò e abbracciò la nonna e finalmente partimmo dopo mille e una raccomandazione.


A questo punto Silente avrebbe detto “Mi apro alla chiusura” ed è quello che vado a fare io in questo momento.
Ebbene si avete letto bene con il prossimo capitolo “The Voice of Heart” termina qui. Ma non è assolutamente un addio!
Ho deciso di prendermi un brevissimo periodo sabbatico nel quale porterò avanti dei progetti che brulicano nella mia testa da un po’ e inoltre inizierò la stesura del secondo volume della mia storia preferita!
E si avete letto bene, “The Voice of Heart” avrà un seguito di cui svelerò il titolo nel prossimo e ultimo capitolo.
Ma davvero credevate che avrei abbandonato Josephine e Edward così????? Ahahahahah!
Comunque i ringraziamenti saranno alla fine ma ci tenevo a mandare un abraccio particolare alla mia amica Sabrina che mi sopporta da tanto tempo e che le fan fiction mi hanno permesso di conoscere!
Come farei senza di te?????? TVB
Ringrazio tutti voi che state qui ad ascoltare ancora le mie chiacchiere e vi abbraccio in attesa della fine.


Evie








   
 
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