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Autore: Ernil    09/11/2009    11 recensioni
« Lavanda » mormorò una voce al suo orecchio. « Che umiliazione. È un colore così da checca ».
Per i vent'anni dalla caduta del Muro.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaise Zabini, Neville Paciock, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sommario: « Lavanda » mormorò una voce al suo orecchio. « Che umiliazione. È un colore così da checca ».

Pairing: Neville Longbottom/Blaise Zabini

Rating: Giallo

Disclaimer: Mamma Row ha creato i personaggi, io li sfrutto senza pietà. Risultato? A lei i soldi, a me il divertimento!

Beta: Geilie. Santa donna.  

Note dell’Autrice/1: Questa storia partecipa alla Criticombola indetta da Criticoni, prompt 14 [Colori]: Lavanda.

Note dell’Autrice/2: Ho scritto questa fic per i vent’anni dalla caduta del muro di Berlino. Questa fic, basata sulla canzone dei Pink Floyd “Another brick in the wall”, è il mio personale, del tutto indegno omaggio a coloro che lottarono per questo.

 

 

[When we grew up and went to school

there were certain teachers who would

hurt the children any way they could

by pouring their derision upon anything we did

exposing every weakness

however carefully hidden by the kids

 

(...)

 

We don’t need no education.

We don’t need no thought control.
No dark sarcasm in the classroom.
Teacher, leave those kids alone.

Hey, Teacher, leave those kids alone!

All in all it’s just another brick in the wall.


Another brick in the wall, Pink Floyd]

 

 

« Longbottom, posso sapere perché il suo procione ha assunto questa tonalità? »

Neville alzò lentamente lo sguardo sulla professoressa McGonagall.

L’occhio destro era gonfio e violaceo, e le mani avevano tremato leggermente quando aveva compiuto il movimento della bacchetta.

Guardò la McGonagall con espressione incolore.

Lei sapeva perché al ragazzo tremavano le mani e lui sapeva che lei sapeva.

Neville sapeva anche che tanto bastava perché gli venisse dato Accettabile o magari anche Oltre Ogni Previsione, non importava se il pelo del procione che in quel momento si arrampicava su una volta del soffitto fosse lavanda.

Dopo un altro istante carico di silenzio, la McGonagall annuì a labbra strette e proseguì nel controllo del lavoro.

Neville tornò a mettersi una mano sull’occhio gonfio.

« Lavanda » mormorò una voce al suo orecchio. « Che umiliazione. È un colore così da checca ».

Neville tentò di accigliarsi, ma non è facile come sembra quando hai solo un occhio funzionante. Blaise lo fissava con un sorrisetto impietoso, e la sua bocca era davvero troppo vicina all’orecchio di Neville. Neville fece una smorfia. 

« Lavanda non è omologato » disse piano, cercando di non farsi sentire da nessun altro. In nessun mondo normale un Grifondoro e un Serpeverde avrebbe dovuto parlarsi, e anche se loro non vivevano in un mondo normale, era sempre meglio stare attenti. I muri hanno orecchie.

Blaise sollevò le sopracciglia perfette in un moto di perfetto scherno.

« Prego, Longbottom? Stai cercando di farmi credere che vuoi far passare un messaggio sovversivo tramite un procione omosessuale? Ho sempre saputo che il rosso fosse il colore della rivoluzione. Non il lavanda ».

Pronunciava il nome come se fosse una parolaccia. Neville aprì bocca per rispondere, ma in quel momento si udì un sommesso bussare alla porta.

L’intera classe sobbalzò, e Neville ebbe la precisa visione delle dita della McGonagall che correvano a una tasca interna del mantello.

« Avanti » disse la donna, voltandosi verso la porta.

Un soffio di blizzard sarebbe stato accolto meglio. Severus Snape, incurante del gelo sceso sull’aula al suo ingresso, si chiuse la porta alle spalle, silenziosamente, senza guardare nessuno.

« Preside ». La voce della McGonagall vibrava di disprezzo. « A che cosa dobbiamo il... piacere? » Sembrò che avesse fatto girare la parola in bocca prima di sputarla.

Snape volse su di lei gli occhi neri e gelidi. 

« Ordinaria amministrazione » rispose. La sua voce era bassa e calda, come la pelliccia di un animale appena morto, si sorprese a pensare Neville. « Un Preside non può visitare i propri alunni? » continuò Snape. Ebbe un breve moto delle labbra, che parve più come un riflesso condizionato che un vero e proprio ghigno.

Il suo sguardo senza vita corse sulla classe, fissandosi per una frazione di secondo in più su Neville (1). Fu guardando Neville che disse, piano: « Minerva, ti pregherei di uscire ».

« Come? » chiese la McGonagall, improvvisamente pallida. Ci fu silenzio mentre quelli che una volta avevano formato il duo di professori più coeso della scuola non si staccavano gli occhi di dosso. Infine Severus Snape si ripeté.

« Esci, se non ti spiace. Dalla classe » specificò, senza che l’ombra di un ghigno venisse a posarsi sul suo viso.

La McGonagall non si mosse.

« Minerva, devo insistere » disse Snape dopo trenta secondi esatti. La McGonagall deglutì.

« Cosa hai intenzione di fare? » sussurrò. Nessuno studente si perdeva una sola parola. Un attimo di silenzio prima che Snape rispondesse.

« Mi è stato riferito che questa classe è particolarmente... turbolenta ».

« Severus... »

« Minerva » replicò Snape, ritratto stesso dell’imperturbabilità. La professoressa non si mosse per ancora un istante, poi si diresse, lentamente, verso la porta. Era rigida, ma Neville, seduto in prima fila, sentì cosa sussurrò a Snape passandogli accanto.

« Non far loro del male ».

Snape non diede segno d’aver sentito. Si mosse solamente quando sentì il tonfo della porta che si chiudeva dietro le spalle di Minerva.

« Bene » disse. Si voltò a fronteggiare la classe, col suo sguardo misurato e vuoto, e cominciò a camminare. I suoi occhi si soffermavano – inespressivi – sulle ferite, sugli occhi neri, sui tagli e i tremiti. Quando parlò, le mani incrociate dietro la schiena, la sua voce era cadenzata.

« Pensate di essere molto coraggiosi, non è vero? »

Le sue parole caddero nel silenzio. Neville tentò di deglutire. Sentiva qualcosa di freddo e scivoloso muoverglisi nello stomaco, come sempre quando Snape si avvicinava.

E Snape si stava avvicinando a lui, lo sentiva, stava passando fra i banchi e stringeva il cerchio fino a quando non fosse arrivato proprio di fronte a lui.

« Pensate di fare gesti di grande coraggio offrendovi nelle mani dei miei collaboratori ». Ora era davvero davanti a Neville, e i suoi occhi erano proprio dentro quelli del ragazzo. Snape lasciò cadere una pausa prima di continuare. « Vi sbagliate ».

Silenzio. Nessuno fiatava. Neville si mordeva piano la lingua. Qualsiasi cosa si stesse arrampicando su per i suoi polmoni, li aveva appena ghermiti e non sembrava intenzionata a lasciarli presto.

« Finirete solo ammazzati. E né là fuori né qua cambierà niente ».

Neville deglutì. Poteva udire il sangue pulsargli nelle tempie, e i palmi delle mani erano sudati, lo sentiva, le sue dita scivolavano quando tentavano di afferrare il banco. 

Snape aveva ripreso ad aggirarsi lentamente fra i tavoli, e quando tornò davanti alla cattedra i suoi occhi si sollevarono verso il soffitto.

« Posso chiedere per quale motivo un procione violetto si sta arrampicando sulle volte di questa classe? »

« Non è violetto. È lavanda ».

La risposta di Neville cadde nel più mortale dei silenzi. Neville chiuse gli occhi per un attimo, terrorizzato da quello che aveva appena detto. Poté sentire gli occhi di Snape correre a lui tanto velocemente da credere di percepirne lo spostamento d’aria. Probabilmente era solo la sensazione che l’avere lo sguardo di un morto addosso dava lungo la spina dorsale.

Il cuore era un motore in folle dentro il suo petto. Sentì qualcuno stringergli la mano, e senza pensarci strinse in rimando, stretto e spasmodico.

« Longbottom, sono stupefatto che lei pretenda di riconoscere la differenza fra due colori, quando a stento si dimostrava in grado di leggere durante le mie ore ». Le labbra sottili si arricciarono.

Neville vide gli occhi neri soffermarsi sulla sua guancia, come una carezza gelata e veloce sui suoi tagli.

Blaise gli stava praticamente stritolando la mano, e Neville sentiva che il calore delle dita di Zabini erano probabilmente l’unica cosa calda rimasta.

« Credo che vedere tanto rosso e viola in giro mi abbia dato la capacità di cogliere meglio le sfumature di questo colore ».

Sentì la classe trattenere il respiro come un solo corpo, e parecchi occhi dilatarsi alle sue spalle.

Sentì Blaise stringergli più forte la mano – e non stava affatto cercando di confortarlo, no. Gli stava dicendo di smetterla, smetterla immediatamente.

Oh, ma non ce n’era bisogno. Aveva così poco fiato in corpo che non avrebbe potuto aprire bocca senza vomitare dall’intensità con cui Snape lo stava guardando.

Con passi lenti, Snape si avvicinò al suo banco, e si chinò su di lui, esattamente come aveva fatto per sei lunghi anni. Neville fu investito dall’aura di Snape, o qualsiasi cosa fosse quello che circondava l’uomo.

Conosceva terribilmente bene quella sensazione.

Fu come immergersi dentro acque conosciute – ma terribili. Dimenarsi senza via di scampo, non mentre gli occhi neri di Snape gli stavano semplicemente trapanando il cervello, infilandosi sottilmente dentro di lui, aprendosi varchi fra le falde della sua mente.

« Mi creda, Longbottom. Lei non vede proprio niente, con quell’occhio nero ».

Si raddrizzò, e Neville prese un gran respiro tremante. L’aria intorno gli sembrava più fresca che mai. La presa di Blaise sulla sua mano gli stava bloccando la circolazione.

« Spero sinceramente » disse Snape, avviandosi verso la porta, « che il resto di voi sia più preparato di Longbottom. Mi deluderebbe davvero sapere che non siete in grado nemmeno di distinguere il violetto » ed estrasse la bacchetta « dal lavanda », e senza voltarsi inclinò la bacchetta dietro di sé. Ci fu un lieve puf, e tutti alzarono lo sguardo. Il procione, arrampicato su una colonna, era di una sfumatura leggermente più chiara. 

Neville tornò a fissare dove era Snape, ma il Mangiamorte se ne era andato. Un istante dopo, la campana che segnava la fine delle lezioni suonò. Con un tramestio veloce, i ragazzi uscirono, lasciando nell’aula l’odore della paura.

Rimasero solo Blaise e Neville, che fissava il procione.

Si accorse in quel momento che Blaise stava ancora stringendogli la mano in una morsa tutt’altro che gentile.

« Lasciami » mormorò. Zabini lo lasciò.

« Imbecille » disse sottovoce, alzandosi e raggruppando le sue cose. « Che cazzo ti è saltato in mente di andare a dire a Snape... » Scosse la testa. « E’ stato stupido farlo, Longbottom. Non riesci quasi a respirare se c’è Snape nella stessa stanza. Credimi, fai meglio a lasciarlo in pace ».

Neville si massaggiò la mano, continuando a guardare il procione.

« Aveva ragione, sai » disse piano.

« Quando ti ha velatamente accusato di essere un imbecille? » disse Blaise, sprezzante. « Concordo ».

« No. Sul colore. Quello è il lavanda ».

Blaise alzò gli occhi al cielo, senza nemmeno guardare il procione.

« Non fa nessuna differenza, Longbottom ».

« Non ti ha sorpreso? » chiese Neville, alzandosi. « Insomma, Snape sapeva che colore è il lavanda. L’esatto colore. Snape ».

« Stai uscendo di testa, Longbottom » mormorò Blaise, alzandosi a sua volta e cominciando a uscire dalla stanza. « Ecco l’effetto che ti fa Snape. Te la fai sotto dalla paura. Poi mi ci vogliono ore a farti tornare in te ».

« Dumbledore aveva una veste lavanda, ed era proprio del colore che ha detto Snape » mormorò Neville, come se non lo avesse nemmeno sentito. Sorrise piano, fissando il procione che fuggiva dalla porta.

« Dumbledore era una checca » sibilò Blaise. « E un imbecille. Proprio come te ».

Neville scosse la testa, evidentemente senza ascoltarlo.

« Credo che fosse la sua veste preferita, sai? La indossava sempre ».

 

 

(1) Da Harry Potter e il Principe Mezzosangue: “I suoi occhi neri frugarono le loro facce alzate, indugiando per una frazione di secondo in più su Harry”.

 

 

Note dell’Autrice:

Grazie ancora.

   
 
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