Tutti i
personaggi narrati in questa fanfiction sono maggiorenni, inoltre la ff non è
ispirata a fatti realmente avvenuti, i Dir en grey sono di loro proprietà, non mi appartengono.
Aint’ Afraid to Die
“I
still hear your voice, when you sleep next to me.
I still feel your touch in my dreams.”
Studio dei Dir en grey.
Ore 17 e trenta.
Lunedì 9 novembre 2009.
Maledizione,
perché non riuscite a tacere tutte, per un momento?
Tutte
voi, si, proprio voi, quelle maledette vocine che tempestano la mia mente.
Mi
tocco la fronte più volte, sospirando, come se stessi pensando a chissà quale
cosa.
…
ma cosa?
Non lo avrai mai.
Ancora.
Sbatto
un pugno di rabbia sul tavolo, come se potesse distruggere ogni mio pensiero.
Non
prendiamoci in giro Kaoru, oramai è più di un anno che prendi a pugni qualunque
cosa trovi, ma non è proprio servito a nulla, lo sai.
Avete un’intesa perfetta, era logico che prima o
poi, vi sareste piaciuti anche fisicamente.
No.
Assolutamente
no, maledetto biondo, stai sbagliando.
Non
doveva essere, non può essere così.
Non
può essere così…
-Kaoru?-
Alzo
lo sguardo, sentendo quella voce che mi è tanto cara.
-Si,
Daisuke?-
Chiedo,
mentre lo vedo leggermente sporto sulla mia testa, con un foglio in mano.
Seguo
il suo sguardo, notando che cade su una riga precisa.
Una
canzone.
Cosa
speravi Kaoru, in una dichiarazione d’amore?
Illuso. Illuso e stupido.
Lo
libero dal suo dubbio, sebbene ami vederlo pensare, perso in un mondo di certo
più felice di quello in cui viviamo…
Un
dolce dolore si sveglia nel mio cuore, quando posso ricordare che la sua mente
è fissa solo su quella persona ora.
Sei arrivato troppo tardi, Kaoru.
Sono
davvero arrivato troppo tardi, Daisuke?
…
E’
passata un’altra ora, in cui non sono riuscito a produrre niente di niente.
Mi
alzo, ormai stanco e svuotato, prendendo, con un gesto automatico, le sigarette
e l’accendino e mi avvio fuori, nella terrazza del palazzo in cui abbiamo lo
studio.
Con
passi lenti e stanchi salgo quelle due rampe di scale che mi distanziano dalla
meta.
Apro
goffamente la porta, e sento delle voci.
-Perché
mi fai questo, Mitsuki?-
-Perché
è meglio che te lo dica io che qualcun altro.-
E’
la voce di Daisuke, la conosco troppo bene per sbagliarmi.
E
Mitsuki… è quella bestia.
No,
non è troppo esagerato come aggettivo, l’ho sempre definita così, Kyo lo sa.
Quella
maledetta Idol che si è intrufolata nella sua, nella nostra vita, distruggendo l’ultimo briciolo di speranza che ancora
si annidava nel mio stanco cuore.
-Non
ci voglio credere, non posso crederci che tu…-
-Sì,
Daisuke, mi sono innamorata di Kaoru.-
Attonito.
Attonito
e basito.
Lei…
cosa?
Passi
veloci, un susseguirsi di passi veloci, la sua voce che si alza e la porta su
cui è appoggiata la mia mano si spalanca.
E
poi più niente, se non una caduta inesorabile per le scale, fino ad un tonfo
secco contro un muro.
Una
sostanza calda sento sgorgare dalla nuca.
Una
voce disperata urlare…
Casa di Kaoru.
Ore 2 in punto.
La notte del 8 novembre 2009.
Bussi
secchi si liberano nella casa.
Qualcuno
picchia con forza sulla porta dell’ingresso principale, tanto da farmi davvero
arrabbiare.
Se
quella porta cade, qualcuno mi dovrà dei danni.
Mi
alzo, avvicinandomi velocemente, aprendola di scatto.
-Un
po’ di delicatezza no, cazzo?!-
Dico
arrabbiato, per poi addolcirmi poco dopo, trovandolo appoggiato allo stipite,
visibilmente ubriaco.
-Scusami,
non volevo…-
-Tranquillo
Daisuke, so benissimo che la delicatezza non è la tua forza.-
Sussurro
piano, quasi per non disturbarlo, spostandomi dalla porta.
Lo
vedo fare un passo a stento, tremando come un bambino infradiciato da un
temporale.
Faccio
pochi passi verso di lui, iniziando a sorreggerlo, portandolo nel mio salotto,
dove lo copro con una coperta.
-Te
ne sei accorto che ore sono?-
Gli
chiedo, tranquillo, accarezzandogli i capelli.
I
suoi occhi sono spenti, vuoti.
Alza
lo sguardo verso di me, provando a proferire parola, senza riuscirci.
Dopo
quasi un minuto di imbarazzante silenzio, prendo le redini della situazione.
-Ti
preparo un caffè caldo, tu spogliati, intanto.-
Gli
dico, uscendo da quella stanza diventata troppo stretta per me, andando nel
cucinotto.
Preparo
il caffè con la mente da un’altra parte, ancora persa nei suoi occhi.
Possibile che mi faccia tale effetto?
Torno
una decina di minuti dopo, trovandolo nel mio salotto, nudo.
D’accordo,
ho detto spogliati, ma non dovevi prenderlo in senso letterale, Andou.
Mi
avvicino, sospirando e porgendogli il caffè.
-Che
cosa succede, signor tormentato?-
Gli
chiedo, sedendomi lì affianco, mentre lo vedo fissare quel liquido nero come se
vi fosse chissà quali meravigliosi segreti da scoprire.
-Penso
che mi voglia lasciare.-
Dice,
alla fine, quasi in un sussurro, tanto che non sono sicuro di aver sentito il
giusto.
Comunque
sia, accenno ad un sorriso, senza che mi possa vedere.
-E
come mai?-
-Dice
che… ha trovato una persona più interessante di me .-
Mi
metto a ridere nel momento meno opportuno che potevo, tanto che il suo sguardo
è come se mi fulminasse.
-Perdonami
ma… chi sarebbe questa persona?-
-Mi
ha detto solo che mi è vicina, non mi ha detto l’identità precisa.-
“Che
codarda”, mi viene da pensare, scossando la testa.
-E
quindi tu stai… così a causa sua?-
-Sì
.-
Una
risposta secca che mi fa tornare alla verità.
Certamente,
non starebbe mai così male per me.
Mi
avvicino a lui goffamente, un po’ intimidito dal suo stato di nudità, un po’
perché non sono mai stato bravo a consolare le persone, e gli accarezzo la
schiena, sorridendo appena.
-Die,
non fare così .-
Gli
dico dolcemente, accarezzandogli i capelli ora di un colore più naturale che
mai.
-Vedrai
che tutto si sistemerà, Daisuke, tu sei forte e lei… non potrebbe desiderare di
più di te .-
Non
potrebbe avere, sicuramente.
Ho
sempre considerato Daisuke perfetto, alle stregue di un Dio.
Il
fisico… il corpo che tanto sto bramando in questi mesi trascorsi.
Quella
dolcezza che mi ha sempre fatto intenerire.
Quella
timidezza, che si annida sempre in una parte del suo cuore…
Io lo conosco, sono io che lo devo avere.
Mentre
questo pensiero egoistico si stagna nella mia mente, vengo riportato al
presente dalla sua voce.
-Kaoru,
a volte mi viene da pensare che non mi amerà mai qualcuno, per davvero.-
Sorrido,
quasi tristemente.
-Stupido,
c’è qualcuno più vicino di quanto immagini che già ti ama.-
Gli
dico, mentre vedo il suo sguardo spostarsi su di me, curioso.
Lo
so che non lo hai capito, sei troppo ingenuo, Daisuke.
…
Ma
è anche questo che amo di te.
Bar nel centro di Tokyo.
Ore 13 e quaranta.
Giovedì 5 novembre 2009.
-Quindi,
vedi di non farlo soffrire.-
Dico,
come frase di chiusura del mio discorso, bevendo un sorso di caffè.
Troppo
amaro, per i miei gusti.
Lei
mi guarda, con quegli occhi grandi e neri che si ritrova, da pesce lesso, e le
labbra visibilmente rifatte che formano una perfetta O.
-Io
non voglio farlo soffrire, Kaoru.-
-Ti
conviene, Mitsuki, è la migliore persona che potresti mai avere. E che ti
vorrebbe, di certo.-
So
perfettamente di essere stronzo, ma è stata lei a cercarmi, non di certo io.
Anzi,
non avrei proprio voluto essere qui, in questo momento.
Lei
sorride giocherellando con una delle tante collane che porta, di cui ne
riconosco un paio regalate da Daisuke.
I
consigli li chiede sempre a me, quello stupido…
-Ma
mi sto accorgendo di essere interessato a qualcun altro.-
-E
chi è?-
Gli
chiedo, sospirando, infastidito della cosa.
-Ha
la stessa età di Daisuke ed è un chitarrista, oltretutto gli è molto vicino. E’
molto bello, davvero tanto, ma penso che mi detesti… ma mi affascina, a
differenza di Daisuke, lui è molto più serio…-
Dice,
arrossendo appena, come se la persona di cui parla fosse proprio qui ad
ascoltarla.
Sospiro,
annoiato, annuendo appena.
-Senti,
non farlo soffrire, giocatela poi come vuoi. Lo sai benissimo che se lo ritrovo
di nuovo a piangere a causa tua, stavolta mi incazzo, ragazzina.-
-Ma
Kaoru, tu non mi devi odiare perché sono la ragazza del tuo migliore amico…
come se fosti geloso.-
-Lo
sono, infatti.-
I
suoi occhi scivolano immediatamente su me, e posso notare una scintilla di…
felicità, in fondo?
Si
alza, con il sorriso stampato sul volto, baciandomi la guancia, prima di
andarsene, ringraziandomi.
Stai
a vedere che pensava che parlassi di lei, la stupida.
Beh…
meglio così, sinceramente.
Noto
che mi ha lasciato il conto da pagare.
La
maledico mentalmente, alzandomi e andando a pagare il conto.
Forse non è stato un bene, quella chiacchierata.
Luogo ignoto.
Ore 19 in punto.
lunedì 9 novembre 2009.
Sento la testa scoppiare.
Dove mi trovo?
Mi guardo a destra e a
sinistra, stanco, notando solo un grande spazio nero.
Mi alzo stancamente dalla
posizione supina in cui mi trovo, sentendo il corpo pesante, la testa
annebbiata, il cuore distrutto.
Sono in quello che si
chiama… paradiso?
No, impossibile, questo
non è un paesaggio paradisiaco, assomiglierebbe molto di più all’inferno.
Socchiudo gli occhi quando
una grande luce si sprigiona davanti a me, come un varco tra la realtà e lo
strano universo parallelo in cui mi trovo.
Pareti bianchi, coperte
bianche, odore di sterilizzanti…
Un ospedale?
Come faccio a trovarmi in
un ospedale?
Ricordo solo… la caduta…
la sensazione di caldo doveva essere il sangue che sgorgava.
Quindi sono in ospedale…
E sono morto?
Cerco di mettermi a
sedere, e la cosa mi lascia basito.
Una sensazione di
leggerezza mi pervade in pochi attimi.
Noto di essermi si seduto,
ma il mio corpo è ancora sdraiato.
Significa che… sono morto?
Che diavolo è successo?
Un rumore di tic viene da
vicino al mio letto.
Guardo una di quelle
strane macchinette collegate al mio corpo.
Una striscia si sussegue
di linee dritte con linee leggermente curve, il che significa che non sono
ancora morto.
Non del tutto.
Questa è quindi
un’esperienza di pre-morte, come viene definita?
Guardo il mio corpo ancora
steso per un ultima volta, fino a quando non decido di muovermi.
Scendo con un balzo
leggero dal letto.
Il pavimento, sebbene sia
scalzo, è caldo.
Sorrido, facendo un paio
di passi, poggiando la mano sulla maniglia ma la trapasso.
Trapasso direttamente
anche la porta, trovandomi nel corridoio dell’ospedale.
Proprio davanti a me, vedo
Daisuke.
Se avessi consistenza, gli
sarei petto contro petto.
E’ in piedi, davanti alla
porta, a pochi centimetri da essa.
-Cosa aspetti ad entrare?-
Dico, sapendo che non può
sentirmi.
Ma è strano.
Lo vedo corrucare la
fronte, e gli occhi rossi di lacrime si spalancano.
-Kaoru?-
Lo vedo allungare la mano
dove sono io, che mi sposto di lato, spaventato.
Mi vede…?
No, altrimenti si sarebbe
accorto che mi sono spostato.
Forse… chissà come, mi può
sentire?
-Sai Kaoru, ci sono persone legate da sottili fili, fragili
come il cristallo ma nel contempo forti come l’acciaio. Queste persone, sebbene
lontani kilometri e kilometri è come se riuscissero a comunicare, a sentire la
vicinanza degli altri. E’ davvero bello. Questo di chiama amore.-
Furono queste le parole di
mia sorella, un giorno.
Avevamo 17 e 19 anni in
quel tempo ed ero appena stato lasciato dalla persona che amavo.
Mi chiese se sentivo un
legame con lei, e io risposi di no.
Lei mi disse che non era
amore, e mi spiegò il perché.
Il mio cervello ha
nascosto sempre questo discorso, forse perché…
Ora quel filo lo sento
legato stretto a me, che congiunge la mia anima a quella di Daisuke?
Non mi volevo illudere
ancora.
Sorrido appena, pensando a
quanto sarebbe bello poterci credere.
Lo vedo abbassare lo
sguardo, tremando come una foglia scossa dalla brezza mattutina, mentre si
appoggia con la fronte alla porta.
-Perdonami, Kaoru, non
volevo spingerti… perdonami, è stato tutto uno stupido malinteso, Kao…-
La voce rotta dal pianto
di Daisuke fa cadere sull’orlo delle lacrime anche a me.
Potresti anche uccidermi,
che non ti fermerei.
Mi avvicino al suo corpo singhiozzante,
abbracciandolo.
-Tranquillo, Daisuke,
tornerò presto.-
Dico, sorridendo,
baciandolo leggermente sulle labbra.
Chissà, magari l’ultimo
bacio che potrò darti.
Lo vedo alzare gli occhi,
con un leggero sorriso.
-Sì, ti aspetto.-
Mi sussurra, ancora come
se mi sentisse.
Dio, tutto questo è
strano, ma quasi ne sono felice.
Forse vuol dire che è
davvero amore, questo sentimento?
Oppure questo è un amaro
sogno?
Un illusione creata dalla
mia mente oramai consumata?
Continuo il mio cammino,
fluttuando nel corridoio.
Un film di fantascienza,
ecco cosa sembra.
Arrivo nel bar dell’ospedale,
dove vi trovo gli altri della band, con anche Inoue.
Mi avvicino a loro,
sentendo il manager parlare a voce bassa, quasi un sibilo.
-Quindi... lo ha lanciato
giù per le scale?-
Chiede, con un tono di
voce quasi sconvolto… stenterei a crederci anche io, se non fossi il soggetto
della loro discussione.
-No… Kaoru si trovava
dietro per caso, Daisuke ha aperto la porta di scatto e l’impatto dell’oggetto
contro il corpo di Kaoru lo ha scaraventato giù per le scale.-
Inoue annuisce, bevendo un
sorso del liquido nero presente nella sua tazza.
Caffè, quanto ne sento la
mancanza…
-Penso che Daisuke non
abbia mai capito cosa rischiava di perdere fino a questo momento. Kaoru è tutto
per lui, e lo stesso vale all’opposto. Sono due corde di una stessa chitarra…
indivisibili. Ma, per paura o per ingenuità, nessuno dei due lo ha mai capito.
O per lo meno, Daisuke. Kaoru è fin troppo sveglio in certe cose, ma con tutte
le paranoie che si crea quell’uomo, non lo avrebbe mai ammesso.-
-Magari si sveglieranno
entrambi.-
Risponde il bassista al
biondino, sorridendo.
Alla fine, Kyo e Toshiya
hanno sempre avuto ragione, su tutto.
Svegliarci? Magari fosse
così facile, Toshimasa.
Una sensazione strana,
diversa.
Sento un impulso alla
testa, fino a svenire, di nuovo, cadendo in un mondo ovattato…
Luogo ignoto.
Ora ignota.
Domenica 20 dicembre 1994.
Mi stringo il
più possibile nella mia giacca di velluto nero, affondando il viso nella
sciarpa rosso fuoco regalatami da una delle mie tante ex.
Guardo l’ora,
sospirando.
Perderò il
treno, nuovamente…
Accenno una
corsa, ma, non appena mi trovo sul ponte, vedo passare sotto di me l’ultimo
treno per Hyogou.
Impreco
mentalmente, sapendo perfettamente che dovrò passare una nottata al gelo qui,
in mezzo ad una città che conosco quel poco per sapere dove abita Tooru.
Scendo le
scale della stazione di Kyoto, andando a sedermi su di una panchina.
Guardo al di
fuori della vetrata della sala di aspetto, sorridendo appena.
La neve quest’anno
non è ancora caduta.
Ed è triste,
un Natale senza neve non si può chiamare Natale…
Sebbene la
neve mi metta tristezza, ancora di più che la pioggia.
Vedere quei
leggeri fiocchi che sembran fatti di panna montata svolazzare liberi nel cielo
senza freni, fanno crescere in me un sentimento di invidia.
Vedo i bambini
giocare con essa, senza preoccupazioni ne pensieri.
La vita per
loro, deve ancora iniziare, veramente.
Ricordo gli
anni in cui andavo a scuola.
Ah, quanto l’ho
odiata…
Volevo fare il
chitarrista, io, e la scuola mi portava via solo tempo prezioso alla mia
chitarra.
Ma, in fondo,
mi piaceva.
Avevo degli
amici con cui parlare, di sogni, di speranze…
Speranze che
oramai sono andate in frantumi, per la
centesima volta.
E’ un sogno
così utopico chiedere un chitarrista decente?
Anche oggi,
abbiamo sentito vari aspiranti chitarristi.
Chi troppo
classico, chi troppo incapace, chi troppo… troppo.
E’ vero, sono
un tipo difficile, ma voglio il meglio, voglio una band che venga ricordata, e
non per il bel faccino dei loro componenti.
Mentre sono
perso nei miei pensieri, le dita della mano con cui tengo la custodia della
chitarra iniziano a perdere sensibilità, tanto che lascio la fodera, portando
la mano sotto la giacca, sperando in calore.
Purtroppo,
sembra che il riscaldamento della stazione sia spento…
La porta si
spalanca, facendo sì che del freddo ulteriori entri.
Sento dei
passi veloci, che si muovo verso il tabellone delle partenze.
-Merda!-
Sento, dopo
poco.
Per lo meno,
non sono il solo.
Alzo lo sguardo
verso il ragazzo, che si lascia andare nella sedia affianco la mia.
-Che cazzo…-
Gli sento
dire, notando una flotta di capelli rossi uscire dal cappello che porta.
-Perso il
treno?-
Chiedo, all’improvviso,
mentre lo vedo annuire, prima di guardarmi.
-Sì… anche
tu?-
Annuisco,
sorridendo appena.
Ci fissiamo in
silenzio per un paio di minuti, di imbarazzante silenzio.
Fino a quando,
lo vedo fissare la mia custodia.
-Suoni la
chitarra? Che coincidenza, anch’io!-
Dice, con un
sorriso sul viso…
Sorriso che
posso vedere ogni mattina da ormai tanti e tanti anni…
Ospedale.
Ora di pranzo.
martedì 10 novembre 2009.
Perché
ho questi ricordi proprio ora?
Sono
passati davvero tanti anni, ormai, e non ci pensavo più.
Ma,
c’è un particolare, uguale a quella sera.
Sento
una mano stretta intorno alla mia, come quando Daisuke aveva cercato in tutti i
modi di far riavere sensibilità alla mia mano.
E’
lo stesso calore, tanto che mi fa pensare che sia lui a tenermi la mano.
-Stai
tranquillo, è fuori pericolo, si sveglierà a momenti.-
Dice
la voce rauca di Kyo, mentre sento soltanto un mugolio di assenso.
Ed
è vero.
Dopo
pochi minuti, inizio a muovere prima le dita, per poi passare al resto del
corpo.
I
miei occhi si aprono quasi da soli, mentre vedo il suo volto appoggiato
mollemente al letto, come per dormire.
La
mia fronte si corruca per un momento, mentre sento un sussurro lì vicino.
-E’
rimasto sveglio tutta la notte.-
Giro
il viso verso quella voce, sapendo che Kyo ne è il possessore.
-Come
mai?-
-Voleva…
che tu ti svegliassi. E’ stato per tutta la notte ad accarezzarti il viso e
baciarti più volte la mano .-
Cerco
di rimanere il più possibile impassibile, ma l’esplosione di gioia nel mio
cuore fa si che sulle mie labbra si dipinga un sottile sorriso.
-Ah
sì?-
-Sì…
si vede che…-
-Ha
capito solo ora che cosa significasse perdermi.-
Dico,
ricordando il suo discorso della giornata precedente, con un sorriso.
Lui
mi guarda stranito, non capendo come faccia a sapere quei particolari.
-Ma…-
-Shh…
non vorrai mica svegliarlo?-
Dico,
con dolcezza, tirandolo sul lettino affianco a me, abbracciandolo.
Rivedo
il sorriso di quella sera, ed è tanto che, ora ne sono sicuro, non lo vedevo
così sincero.
Gli
accarezzo il petto, sorridendogli.
-Dormi
Daisuke, avremo molto di cui parlare.-
Ora
lo so, ne ho tempo.
Ne
avremo fino alla fine dei nostri giorni.
“I can't let you
go.
Want you in my life.”
Speravate
di esservi liberati di me, eh? è_é
E
invece no xD Ho avuto l’ispirazione in due diversi momenti: nel viaggio di
ritorno da scuola in treno, e nel frattempo visualizzavo proprio la pagina con
le fan fiction dei Diru su EFP, trovandola… non so, spoglia, penso.
E
quindi, ho deciso di provarla ad arricchirla con questa piccola idea che ho
avuto, sebbene non sia uscita proprio come volevo (ma non ne sono mai
soddisfatta, questa non mi dispiace, in fin dei conti xD).
Prima
di tutto, voglio dedicarla, sebbene con un ritardo pazzesco, lo so, a chiunque
fosse al concerto dei Dir en grey a Milano, uno dei giorni più belli della mia
vita. L’emozione che mi regalano quei cinque ragazzi è paragonabile a davvero
pochissime altre cose.
In
seconda, voglio dedicarla ad una scrittrice di fic che adoro e che trovo
davvero brava.
AintAfraiToDie : è la
seconda fic che ti dedico, lo so, ma devo farlo xD. Dopo che ho letto le tue
fic, mi è tornata una certa voglia di scrivere e, come mi ricordasti tu nel
commento della vecchia fanfic, il fandom dei Diru è stato leggermente lasciato
a se stesso. E’ vero ma non possiamo farcene una colpa. Con questo mio scritto
non voglio far nulla di che, solo mostrarti che c’è ancora qualcuno che cerca
di tenere “alto” il fandom dei Diru (sebbene con una coppia che non è la tua
preferita, lo so u_u). Purtroppo non ci siamo viste ai Diru, ma spero che
capiti presto, è possibilissimo che un giorno vedrai un mio messaggio con scritto
che vengo a Firenze, ho davvero voglia di incontrarti, ragazza <3 Spero che
apprezzerai e, magari con un commento o in privato, mi potrai esprimere il tuo
parere. Mi sono impegnata al massimo per avanzare nella scrittura, e spero di
esserci riuscita.
E
poi ad una persona a me molto cara,
davvero tanto.
aMMora: non la
leggerai mai questa fic, non ti ho dato l’indirizzo apposta, perché so che non
è il massimo di quello che posso dare. Ma tu sei costantemente in questi miei
lavori. Ti voglio bene, e lo sai, e ancora mi chiedo se era scritto nel destino
che io e te ci conoscessimo così, per puro caso. A breve, se non erro i
calcoli, sono due anni che ci conosciamo… e sono stati due anni magnifici, ti
voglio bene <33
E
poi la dedico a te che non
saprai mai nulla, che non conosci neanche questo mio hobby <3 Col cambio di
scuola, avrei pensato di non trovare nulla di interessante, ma tu mi hai fatto
cambiare idea. Questa vena neo-romantica è scaturita in me a causa tua,
maledetto essere riccioluto <3 Ti ringrazio per tutto, per le giornate che
mi fai passare tra scherzi e giochi a scuola, e ti ringrazio… ti ringrazio di
essere te, e di avermi aiutato a tirarmi su quando non avrei mi pensato di
riuscirci <33
Bene,
questi erano gli unici punti che volevo sottolineare. Ah. All’inizio di ogni
parti ho messo il giorno, l’ora e il luogo per sfizio, come se fosse un diario
di viaggio. Ho cambiato carattere per presentare l’esperienza di premorte avuta
da Kaoru, il corsivo per il passato e la scrittura normale per il resto. Le
strofe della canzone che appaiono all’inizio e alla fine del mio racconto sono di
EveryTime we touch dei Cascada.
See
you soon my lover <333