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Autore: ReaderNotViewer    11/11/2009    3 recensioni
Sappiamo tutto dei fratelli Cartwright, dei presidenti della Kappa Tau e della Omega Chi, dei loro amici più intimi e dei collaboratori più stretti. Ma che mi dite degli altri membri delle confraternite, le ragazze e i ragazzi che affollano il “greek system” della Cyprus Rhode e dei quali conosciamo solo un volto o un nome o poco più?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cinquecento parole



Tranquilla e semideserta, la sede del Courier della Cyprus Rhode sorge in un angolo del campus remoto, ombroso e sconosciuto alla maggior parte degli studenti. Fino a ieri gli sforzi del nuovo docente del corso di giornalismo per fare emergere il suo insegnamento dall’oscurità non avevano ottenuto grandi risultati. Nonostante tenga in effetti uno dei migliori corsi del paese, il giovane e ambizioso professor Fortune si trova nella situazione di chi non è profeta in patria e non riceve alla Cyprus la metà della considerazione riscossa dai suoi colleghi che insegnano nel dipartimento di Ingegneria o in quello di Psicologia. Questo fino a ieri mattina, quando sul Courier è apparso un articolo che ha rivelato il dietro le quinte del sistema delle confraternite del college, mettendo sotto gli occhi di tutti le tresche che si consumano al riparo delle facciate classicheggianti delle loro sedi. Per l’esattezza, dietro le colonne del portico della Zeta Beta Zeta, poiché chiunque abbia un po’ di dimestichezza con le confraternite della Cyprus Rhode ha capito subito, nonostante nell’articolo non si facciano nomi, che l’infiltrato, o per meglio dire l’infiltrata, ha raccolto le sue informazioni all’interno della più prestigiosa sorellanza del campus.
Questa è anche la ragione per cui, quando Sarah si affaccia alla porta della sede del Courier, tutti i membri della redazione, dopo averla brevemente squadrata, tornano a dedicarsi alle loro occupazioni, che stamani sembrano, contrariamente al solito, urgenti e importanti. Tutti, infatti, sanno che, sebbene Sarah faccia parte di una confraternita femminile, non si tratta della Zeta Beta Zeta, bensì della meno selettiva Tre Pi. Con i suoi capelli smorti, i suoi abiti fuori moda e la sua figura un po’ troppo rotondetta, Sarah non sarebbe mai stata accettata dalla Zeta Beta Zeta. Non ci avrebbe mai provato nemmeno con le Tre Pi, se Norma non avesse insistito tanto per raccomandarla. Tutto sta nel vedere se sia stata una fortuna maggiore per lei che le confraternite prendano molto sul serio le cosiddette eredità, vale a dire i familiari degli ex-membri, oppure che la moglie di suo padre sia stata a suo tempo proprio una Tre Pi.
“Che ci fai qui? Questo non è il tuo giorno” le chiede polemicamente Ralph senza togliere gli occhi dallo schermo del suo computer, quando Sarah si siede di fronte a lui, nell’ultima sedia rimasta libera. La sua faccia nera, tonda e lustra – o per meglio dire quel poco che se ne intravede tra occhiali scuri, barba e baffi – ribollisce d’indignazione. Ralph ha molte ragioni per essere seccato, a partire dal fatto che il primo giornalista del Courier a diventare famoso nel campus non è stato lui bensì l’anonimo autore dell’articolo sulle confraternite, ma certamente la presenza di Sarah non dovrebbe essere tra queste. Lei rimane sconcertata per un momento prima di dedurre che Ralph deve aver già fatto l’equazione “membro di una confraternita uguale prezioso testimone”, che è poi la ragione della presenza di Sarah al di fuori di quella mezza giornata alla settimana in cui di solito viene al giornale per preparare la pagina degli avvisi.
Prima che abbia il tempo di rispondere, Bernie, il ragazzo dell’ultimo anno che dirige il Courier, entra nella stanza, mentre passa le batte sulla spalla dicendole “Ah, sei già arrivata. Brava.” e va al posto di comando, cioè fa sloggiare un altro membro della redazione dal tavolo in fondo alla stanza e vi si siede sopra, in modo da avere di fronte l’intero staff. Bernie è un marcantonio con i capelli rossi. Ha muscoli del collo e delle spalle possenti, che risaltano sotto qualsiasi abbigliamento in modo che Sarah trova persino inquietante, anche perché sa che se li è fatti trasportando quarti di bue nella macelleria del padre. Gli manca la falange di un dito della mano, che si è tranciato con un osso tagliente; le bene informate dicono che gli manca anche un pezzettino dell’alluce, ricordo di un principio di congelamento, per essersi addormentato nella cella frigorifera quand’era un ragazzino. Nonostante questo alone vagamente sanguinario che avvolge la sua persona, Bernie dirige il Courier con competenza e buon senso.
“Allora, gente” esordisce allegramente, passandosi una mano nei folti capelli rossi “Ho appena trascorso un’istruttiva ora con il nostro Rettore. Istruttiva più per me che per lui, dal momento che non ho potuto dirgli un granché, circostanza che egli non ha affrontato, mi duole dirlo, con quella classe che avrei auspicato. Pazienza. Del resto, solo il professor Fortune conosce l’identità del misterioso infiltrato che ha scritto l’articolo. Riassumendo, al rettore le grane e a noi la gloria” conclude Bernie soddisfatto. Quello che succederà alle confraternite non è affar suo. Lui non ne fa nemmeno parte.
“Sarah? Vieni qui. Voialtri andate avanti con quello che stavate facendo. Ralph, dobbiamo rifare l’impaginazione: sarò da te tra cinque minuti.”
Bernie salta giù dal tavolo e fa cenno a Sarah, che si sta avvicinando titubante, di seguirlo nello sgabuzzino che lui chiama pomposamente ufficio. La fa entrare e chiude la porta alle sue spalle con tanta energia che, attraverso il vetro opaco, si può vedere ondeggiare dall’altro lato la targhetta con la scritta “Direzione”. Una volta che Bernie ha preso posto dietro la scrivania e Sarah si è incastrata nella sedia per i visitatori, non rimane spazio sufficiente nemmeno per un gatto. Non soffrire di claustrofobia è un requisito fondamentale per diventare direttore del Courier: nell’ufficio infatti non c’è neppure una vera finestra ma solo una piccola apertura rettangolare vicino al soffitto.
“Se non sbaglio, tu sei della Tre Pi” enuncia Bernie senza preamboli, puntandole contro un dito tozzo e lentigginoso; non quello, fortunatamente, a cui manca la falange. Una volta, a una festa, Sarah ha sentito che lo chiamavano Diciotto. Le c’è voluto un po’, in quella occasione, per capire l’origine del soprannome, cioè la diminuzione di due unità nella dotazione standard di venti dita. Un’esagerazione, in realtà, tant’è vero che Sarah l’ha visto digitare sulla tastiera del PC con tutte e dieci le dita, compresa quella più corta delle altre.
Sarah annuisce in silenzio, mentre il cuore le batte più in fretta. Spera ardentemente che Bernie non stia per chiederle di fare alla Tre Pi lo stesso servizio che la misteriosa talpa ha fatto alle ragazze della Zeta Beta Zeta.
“Non temere, non sto per chiederti di essere la Gola Profonda della tua confraternita” la rassicura subito lui.
“Non potrei mai tradire la fiducia delle sorelle” dichiara Sarah. Facile, adesso che sa che nessuno le chiederà di farlo. Facile, ma anche scontato: le ragazze della Tre Pi le farebbero pagare molto cara una simile scorrettezza. Le sue consorelle non sono così raffinate come le Zeta Beta Zeta, ma possono essere altrettanto perfide. Beh, quasi. Serenamente inconsapevole, come tutti i maschi, degli abissi di malignità che si possono nascondere dietro uno scambio di sorrisi, Bernie prosegue: “Il rettore Booman ha indetto una riunione con le confraternite. Ci manderò un redattore, ma nessuno vorrà parlare con uno del Courier, dopo quello che è successo. Tu invece sei una dei loro, perciò potrai, per così dire, seguire gli eventi dall’interno. ”
“Dovrò scrivere un articolo?” chiede Sarah, più sorpresa che felice. Finora, il suo apporto più significativo al giornale del college è consistito nel riportare il programma delle rappresentazioni del gruppo teatrale. Tra l’altro, considerato il livello medio della filodrammatica della Cyprus, Sarah è convinta che se nessuno fosse venuto a sapere delle loro attività sarebbe stato molto meglio. Questa volta, tuttavia, Bernie ha ben altro in serbo per lei.
“Cinquecento parole sul clima che si respira nelle altre confraternite. La riunione comincia tra mezz’ora: vai e colpisci.”
Sarah non ha saputo rinunciare a una corsa fino in camera sua per darsi una pettinata e un po’ di colore in faccia, perciò quando entra nella stanza dove si terrà la riunione non c’è quasi più posto a sedere. Ci sono invece tutti, o quasi, i membri delle confraternite della Cyprus, in un’accozzaglia di abiti a giacca, cravatte colorate, gonne a palloncino e tutto il resto dell’armamentario incredibilmente sorpassato che caratterizza i momenti ufficiali dell’associazionismo studentesco. Le matricole, che non hanno ancora diritto ad alloggiare nella casa comune, sono state avvisate per mezzo di un SMS, anche la stessa Sarah, che ha trovato il messaggio quando ha preso in mano il telefonino, dimenticato in camera. Non tutti potranno essere presenti, naturalmente: siamo pur sempre in un college e alcuni hanno improrogabili impegni di studio, ma ci sono tutti i pezzi grossi, nessuno escluso. Dalla sua posizione, in piedi contro il muro dove si aprono le finestre, Sarah può intravedere davanti alla prima fila di sedie sia la testa bionda del responsabile degli iniziati della Omega Chi Delta, belloccio e non così irreprensibile come si potrebbe credere, sia la chiassosa giacca celeste del massiccio presidente della concorrente Kappa Tau. Casey Cartwright, l’istruttrice delle matricole della Zeta Beta Zeta, sarà sicuramente tra i due, pensa Sarah. Tutti in quella stanza sanno che la Cartwright era la ragazza di Cappie, prima di diventare la perfetta fidanzatina di Evan Chambers, e se qualcuno se ne fosse dimenticato, l’articolo della misteriosa talpa avrebbe dovuto ricordarglielo. ‘Una delle Zeta Beta Zeta’, pensa Sarah ‘Sì, ma quale? Sarà stata una matricola o una delle anziane a mettere nero su bianco la vita segreta delle confraternite della Cyprus-Rhode?’ Anche la sua presidentessa, la bella Siena, siede in prima fila: Sarah riesce a scorgere la coda di cavallo in cui sono raccolti i suoi lucenti capelli neri. Checché si dica in giro della Tre Pi, Siena se non altro è gentile con le matricole, cosa che non si può certo dire dell’elegante Frannie Morgan, la presidentessa della Zeta Beta Zeta, che guarda tutti come se fossero cacche di piccione spiaccicate su un parabrezza. Siena ha persino spiegato a Sarah come usare i semi di lino e l’olio di mandorla per rendere luminosi i suoi capelli crespi e un po’ stopposi. Dopo che Sarah ha seguito scrupolosamente le indicazioni della sua presidentessa i suoi capelli sembrano più lunghi e cadono sulle spalle in un’onda più o meno compatta, trattenuti da un severo cerchietto di tartaruga. Con un serrato consulto, le sorelle hanno infatti deciso che uno stile semplice e rigoroso avrebbe “valorizzato” al meglio i suoi lineamenti, i quali a sentir loro “non spiccano”, che probabilmente è una perifrasi per dirle che assomiglia un po’ a una sogliola.
Sarah smette di allungare il collo per individuare tra le persone presenti quelle che già conosce e riporta la sua attenzione sul rettore Bowman, che ha appena chiesto alla turbolenta assemblea di stare in silenzio. Non che fosse difficile immaginarlo, pensa Sarah. Il rettore, comprensibilmente, vuole dare un bel giro di vite alle attività extrascolastiche di tutte le confraternite del campus, almeno fintantoché il clamore suscitato dall’articolo dell’ignota informatrice non si sarà placato. Non è del tutto giusto che ci vadano di mezzo le Tre Pi, così come tutti quelli che non hanno avuto niente a che fare con l’elite delle lettere greche della Cyprus Rhode, ma è inevitabile. Questo significa che quando la talpa sarà scoperta, non avrà addosso solo la Zeta Beta Zeta, ma anche tutte le altre confraternite. Sarah non vorrebbe proprio trovarsi nei suoi panni.
Dopo una serie di battibecchi abbastanza divertenti tra il leader della Kappa Tau e il rettore, la riunione si trascina stancamente fino alla sua naturale conclusione. Sarah si ferma ancora, con la scusa di trovare informazioni da riportare a Bernie. Sebbene non l’abbia mai tenuto nascosto, nessuno sa o ricorda che lavora per il Courier. In altre circostanze, Sarah ci troverebbe solo l’ennesima conferma che la sua esistenza passa inosservata; oggi può approfittarne per tastare il polso agli abbacchiati membri delle confraternite della Cyprus. Alcuni ce l’hanno col vecchio Bowman, mentre i più attribuiscono ogni responsabilità all’ignoto traditore, che è opinione comune sia, in effetti, una traditrice. Solo una minoranza d’ipocriti si azzarda a chiamare in causa gli atteggiamenti irresponsabili degli appartenenti alle confraternite più titolate. Come se nelle altre confraternite, anche in quelle che ruotano attorno alla scienza o allo sport, non si cogliesse al volo ogni occasione per trangugiare alcool e fare sesso. A proposito dei quali – alcool e sesso, cioè – Sarah deve concludere, adesso che la sala si sta vuotando, che la persona che sperava di vedere o non è venuta affatto oppure se n’è andata tra i primi, proprio come l’inappuntabile Dino, lo storico presidente degli Omega Chi, che sembra avere la capacità di svanire non appena la sua presenza non è più indispensabile.
Descrivere l’ultimatum del rettore Bowman alle confraternite della Cyprus in cinquecento parole è un’impresa. Sarah sospira davanti al verdetto dell’implacabile contatore di Open Office, prima di evidenziare col mouse le divertenti, ispirate parole che ha dedicato al caratteristico abbigliamento del rettore e condannarle a un definitivo oblio grazie alla pressione di un tasto. Si chiede se cinquecento parole basterebbero a raccontare la storia che ha in mente.

C’era una volta una ragazza timida e non molto attraente che andò al college. Aveva l’impressione di essere rimasta in un angolo per tutta la durata del liceo e non voleva passare gli anni dell’università nello stesso modo, perciò colse l’occasione di entrare a far parte di una confraternita e non le importò proprio per niente di scoprire che non si trattava della confraternita più rispettabile del campus. Una sera le sue spensierate nuove sorelle la portarono alla festa di una confraternita maschile, che a sua volta godeva di una reputazione pessima (oppure ottima, a seconda dei punti di vista).

‘Il nostro collaboratore non ha ancora svelato il suo nome: nemmeno il vostro cronista, infatti, lo conosce’
scrive invece Sarah, nel tentativo di trovare una conclusione al suo pezzo. ‘E ci credo che preferisce restare anonimo’ pensa ‘se si viene a sapere chi è, rischia grosso.’ D’altra parte, dev’essere impaziente di poter raccogliere gli allori che merita per la sua inchiesta: non sarà lo Watergate, ma non si può negare che abbia fatto un bel colpo. Sarah invece non è per niente soddisfatta del suo finale, ma ora non ha il tempo per rivederlo. Ci penserà più tardi: tra mezz’ora inizia la sua lezione di Psicologia, perciò l’attende la solita corvee.
Mentre arranca sui tacchi attraverso quelle aeree piacevolmente alberate che gli opuscoli informativi della Cyprus-Rhode descrivono come “autentici polmoni di verde”, le ronzano in mente due distinti interrogativi. Primo, come mai tra tutti gli studenti che seguono il primo corso di Psicologia, soltanto lei si sia fatta incastrare in quella particolare missione. Forse era troppo pretendere che la splendida e raffinata Rebecca Logan, figlia di un senatore e matricola alla Zeta Beta Zeta, si prestasse a sostituirla in questa incombenza, ma che dire di quella ragazzona con le lentiggini e i capelli biondi che siede sempre in prima fila? O del piccoletto – Tommy Qualcosa – che non è riuscito a farsi accettare dai Lambda Sigma, perché essere arrivato quarto ai campionati regionali di lotta greco-romana non rientra nei loro alti standard sportivi?
L’altra domanda che Sarah si sta ponendo è perché Siena sia così intransigente verso i tacchi bassi. Certamente queste nuove scarpe con i cinturini sottili valorizzano caviglie e polpacci come non avrebbe mai creduto possibile, in compenso però sottopongono quelle stesse parti anatomiche a una vera e propria tortura.
Immersa in queste profonde riflessioni, rischia di travolgere nella sua marcia un ragazzo grassoccio, carico di libri, il quale scarta di lato all’ultimo momento per evitare lo scontro.
“Oh scusa!” dice imbarazzata, quando qualche foglio cade dalla pila verso terra. Forse dovrebbe aiutarlo a riprenderli, ma è una parola, con quei tacchi e quella gonna ben sopra il ginocchio. Non stretta (“Stretta, meglio di no” hanno decretato le ragazze della Tre Pi all’unisono) ma certamente corta. Pare infatti che, sempre a sentire le sorelle della confraternita, Sarah abbia delle belle ginocchia e poiché il motto delle Tre Pi è di non nascondere niente che valga la pena mostrare, la conseguenza è che pantaloni lunghi e gonne al polpaccio sono stati concordemente banditi dal suo guardaroba.
“Di niente” bofonchia lui, chinandosi per raccogliere i fogli svolazzanti. “Di niente” ripete con più entusiasmo quando si rialza. Si allontana camminando di sbieco per continuare a sorriderle mentre, con una certa sorpresa, Sarah realizza che quel cambiamento repentino di umore potrebbe essere dovuto alla vista ravvicinata delle sue gambe. O delle ginocchia, chissà.
Mentre bussa alla porta che le è ormai familiare, ripassa mentalmente il suo discorsetto. Chi le viene ad aprire, però, non è Stephanie, bensì la sua compagna di stanza.
“Ah, sei tu” le dice mentre la delusione traspare dal suo tono. Sarah, che l’ha incontrata di rado, crede che si chiami Jennifer; di solito è gentile, anche se alquanto impacciata, ragion per cui Sarah, che non è mai stata disinvolta, la trova simpatica, ma oggi sembra distratta, forse anche agitata. Può darsi che aspettasse qualcun altro, magari quel tipo buffo della Kappa Tau con cui l’ha vista sbaciucchiarsi in giro.
“Non posso venire a lezione, mi spiace” dice Stephanie senza lasciarle il tempo di aprire bocca, poi si rituffa subito nella lettura del suo libro. La sua voce è piatta e incolore, senza traccia dell’ansia che dovrebbe affliggerla, almeno a quanto dicono i manuali di clinica psicologica a proposito dei malati di agorafobia.
Diligentemente, Sarah le ripete il solito discorso sull’utilità di frequentare le lezioni in generale e quel corso in particolare.
“La psicologia potrebbe piacerti” conclude, sentendosi particolarmente stupida, un po’ come se stesse raccomandando a un’anoressica di imparare a cucinare.
“Senza contare che gli psicologi possono ricevere i loro pazienti in casa” interviene a darle man forte la compagna di stanza di Stephanie. Le due non agorafobiche si scambiano uno sguardo d’intesa mentre l’agorafobica chiude il libro di scatto. “Non c’è nessun evento alla vostre confraternite, oggi?” chiede freddamente: “Nessuna corsa coi sacchi? Non vi dovete inginocchiare sui ceci per qualche rito di iniziazione? Non andate a ricamare lettere greche sulle vostre mutande?”
‘Giusto’ riflette Sarah dirigendosi finalmente a lezione ‘anche la compagna di stanza di Stephanie è in una confraternita, e tra l’altro proprio in quella maggiormente colpita dallo scandalo, la Zeta Beta Zeta.’
Che Sarah non l’abbia mai incontrata al Courier non vuol dire che non possa trattarsi della talpa, perché non conosce tutti i membri della redazione.

Viste da dentro, le cose spesso fanno un effetto diverso di quello che farebbero a un osservatore esterno. La festa alla sede dei Kappa Tau, per quanto sfrenata, non impressionò la ragazza quanto avrebbe creduto. Dopo venti minuti, cominciava a pensare che, proprio come a tutte le feste alle quali aveva partecipato fino a quel momento, avrebbe fatto tappezzeria. Non alla lettera, però, poiché i tessuti d’arredamento di quel posto avevano strane, disgustose macchie. Dopo un’ora, rimpiangeva di non amare la birra con la stessa passione della maggior parte dei presenti, perché in quel caso si sarebbe sentita in Paradiso.

Se qualcuno le chiedesse di ripetere quello che è stato detto durante la lezione di psicologia, Sarah si troverebbe in grande difficoltà. Dopo aver notato la coda di cavallo della bella Rebecca Logan, seduta due file davanti a lei, ha infatti passato tutto il tempo a chiedersi se possa essere proprio lei la misteriosa talpa. Magari la figlia del senatore desidera passare dall’altra parte del registratore? Diversamente dalla maggior parte dei loro compagni di corso, Sarah non trova Rebecca Logan insopportabile. Certo, è piena di sé, arrogante e tutt’altro che amichevole – la classica ragazza ricca e viziata – ma, e qui viene il bello, lo è con tutti, anche con coloro che guardano dall’alto in basso la stessa Sarah, la quale quindi non si dispiace affatto nel vederli costretti a ingoiare, una volta tanto, una buona dose della loro stessa medicina.
O Rebecca Logan, al contrario di Sarah, era così interessata agli argomenti della lezione di quel giorno da non riuscire a distogliere lo sguardo dalla lavagna oppure aveva i muscoli del collo irrigiditi per la tensione, perché è rimasta immobile come una statua finché il docente non ha congedato gli studenti. A quel punto si è alzata di scatto e ha lasciato l’aula, dritta come un fuso e con il mento sollevato, senza guardare nessuno. È naturale che le ragazze della Zeta Beta Zeta facciano fronte comune in questo momento di difficoltà. È anche probabile che alle matricole sia stato ordinato di tenere la bocca chiusa, riflette Sarah, seduta alla caffetteria, mentre rimescola pensosamente il suo cappuccino. La prima regola è proprio questa: nessuno oltre ai membri della confraternita dovrebbe sapere ciò che succede tra le sue mura.

Non sembrava nemmeno tanto ubriaco. Tuttora la ragazza si chiede se anche da sobrio sarebbe stato gentile e comprensivo. Non era bello e i suoi capelli avevano qualcosa di strano, ma chi era lei per giudicare? Dopotutto le stesse esatte cose si sarebbero potute dire sul suo conto. Si sentiva persino un po’ lusingata di aver destato l’interesse di un ragazzo dell’ultimo anno. Le domandò come si chiamava ma non le disse il suo nome. Del resto, lei non glielo chiese. Non aveva mai pensato che sarebbe stato così. D’altra parte, non aveva nemmeno mai pensato che sarebbe stato diverso.

“Un soldino per i tuoi pensieri!” Maggie si è già seduta e sta spostando i libri di Sarah per far posto alle sue cose, che comprendono, oltre ad un gigantesco testo di Storia dell’Arte e un bicchierone di caffè nero, una scatola di biscotti, un cespo di sedano, un pacco di detersivo e la sua inseparabile trousse da trucco.
“Non pensavo a niente di particolare” mente Sarah sorridendo. “Hai fatto la spesa?”
“No. Sì. Cioè, mi servono per la natura morta” spiega l’altra. “Ho lasciato i miei colori da qualche parte… tu per caso li hai visti?”
Maggie, una delle Tre Pi più esuberanti, è piuttosto brava con pennelli e matite, sebbene un numero imprecisato di membri di svariate confraternite maschili possa testimoniare che la sua abilità si estende anche ad altri settori. Nel suo caso, la cattiva reputazione delle ragazze delle Tre P è del tutto giustificata. Maggie, una delle persone più simpatiche e gentili che Sarah abbia mai incontrato in vita sua, è anche la migliore grande sorella che si possa desiderare.
“Forse li hai lasciati da Adam? Mi sembra che ieri sera tu li avessi con te. Volevi ritrarre qualcosa, credo.”
“Chi è Adam?” chiede Maggie, perplessa. Si guarda prima un occhio, poi l’altro nello specchio della trousse. Nonostante i bagordi, è fresca come una rosa. Dev’essere merito della sua robusta struttura scandinava: ha un fisico statuario, la carnagione bianca come il latte e un paio di folte trecce biondissime che tiene avvolte sulla nuca con l’aiuto di forcine enormi, che paiono tridenti. Potrebbe facilmente ammazzarci qualcuno, con uno di quegli arnesi. “Non c’è niente da fare” sospira “i miei occhi diventano sempre più diversi uno dall’altro ogni giorno che passa. Non hai idea di quanto questa mancanza di simmetria mi disturbi.”
“Adam è quello con cui stavi ieri sera, Maggie. Alla festa della Lambda Sigma, ricordi? Bruno, con un grande naso, gioca a baseball… ”
“Me lo ricordo benissimo” protesta Maggie un po’ offesa, come se fosse la prima volta che fa confusione tra i suoi occasionali accompagnatori. “Solo che ero convinta che si chiamasse Hector, ecco tutto. È facile sbagliarsi, con due nomi così simili. Sai che penso che tu abbia ragione? Mi ero portata i colori per esercitarmi nel nudo, solo che poi non se n’è fatto niente. A proposito, conosci per caso qualche gay che sia disposto a farsi ritrarre nudo da me? Con gli etero non arrivo mai oltre il primo schizzo…”
Ci sarebbe quel ragazzo carino della Kappa Tau , sta per dirle Sarah, ma prima che abbia tempo di aprire bocca, Maggie si è già alzata e si sta caricando di nuovo di tutte le sue cose, brontolando: “Adesso mi tocca attraversare il campus per tornare là, sperando che qualcuno mi faccia entrare e mi lasci riprendere i miei colori.”
“Non finisci il tuo caffè?” Sarah la ferma porgendole il bicchiere. Maggie appoggia la bocca all’orlo del bicchiere di carta, e con la punta delle dita le fa cenno di alzarlo, poi inclina la testa lentamente all’indietro per bere il caffè senza usare le mani, impegnate entrambe a reggere sedano, biscotti e tutto il resto.
“Grazie. Hai la mano molto ferma” si complimenta mentre Sarah appoggia il bicchiere, ormai vuoto, sul tavolino. “Non hai mai pensato di fare il chirurgo? O magari il cecchino. Ora devo proprio andare, ciao” dice, ma dopo aver fatto tre passi si ferma e si volta di nuovo: “Sei sicura che non ci sia niente che non va, piccola sorella? Mi sembri preoccupata.”
“No, è che… è solo per l’articolo sul Courier.”
“L’articolo? Ah, stai parlando della talpa delle confraternite! Di che cosa ti preoccupi? Per noi Tre Pi non cambia niente, sta tranquilla” la rassicura Maggie prima di andarsene, questa volta definitivamente.
Maggie non ha sempre ragione, riflette Sarah, ma questa volta ha visto giusto. Sono le Zeta Beta Zeta a doversi preoccupare della loro reputazione, non è quella della Tre Pi ad essere in pericolo. Quella delle Tre Pi era una causa persa da molto prima che la misteriosa talpa spiattellasse tutti i segreti delle confraternite. Magari Maggie ha ragione anche quando dice che Adam e Hector sono due nomi simili. I suoi occhi non sono così diversi uno dall’altro, comunque. E senz’altro non diventano più diversi ogni giorno che passa.

Scusandosi perché la sua stanza era – secondo le sue testuali parole - un vero porcile, l’aveva portata in quella di un certo Jeremy. Non aveva avuto il coraggio di dirgli che era la sua prima volta, augurandosi che aver visto un sacco di film vietati ai minori le fosse di aiuto. In realtà, temeva che pensasse di stare approfittandosi di lei, mentre era più o meno il contrario. Sperava solo che fosse abbastanza ubriaco per non rendersene conto, ma non era così. Allora si augurò che lo fosse a sufficienza almeno per dimenticarsene. Non prevedeva certo che avrebbe voluto rivederlo.

Sarah è stata così previdente da stampare l’articolo per il Courier prima di andare a lezione e portarlo con sé. Perciò, quando scopre di non poter rientrare in camera perché la sua compagna di stanza ci si è chiusa dentro per studiare con il suo ragazzo, può tranquillamente dirigersi verso la biblioteca del campus per finire là il suo lavoro. Potrebbe tornare alla sede del giornale, ma la prospettiva di affrontare nuovamente il malumore di Ralph rende questa ipotesi poco allettante. Potrebbe anche lamentarsi con Betty perché l’ha chiusa fuori, cosa che ultimamente si sta ripetendo un po’ troppo spesso e per di più senza nessun preavviso, ma preferisce non farlo: un domani potrebbe aver bisogno anche lei di una compagna di camera tollerante. O magari non protesto solo perché sono sempre stata una vigliacca, si dice mentre prende posto a un tavolo dell’ampia e luminosa biblioteca. I saloni conservano quel caratteristico odore di carta, di legno e di pelle che Sarah ha imparato ad apprezzare durante i suoi pomeriggi solitari alla scuola superiore. Non sono nemmeno troppo affollati, visto che quasi tutti i corsi si sono già conclusi col relativo esame. Ricontrolla quello che le hanno detto i ragazzi che ha intervistato, cercando di trovare un filo conduttore nel variegato mosaico di ovvietà e di stramberie che ha davanti. L’unica cosa che sembra emergere con chiarezza è un livello intellettivo abbastanza modesto da parte dei membri delle confraternite in generale, e di alcune in particolare, tra le quali la Psi Phi Pi – spiace dirlo - si distingue per carenza di capacità espressive e confusione concettuale. O forse è Sarah a non capire il linguaggio matematico, o per meglio dire a non comprendere che cavolo c’entrino le equazioni di terzo grado con gli amplessi casuali che hanno avuto luogo alla Zeta Beta Zeta. Forse dovrebbe chiedere lumi a Maggie, che prima di dedicarsi all’arte figurativa è stata una promettente studentessa di fisica e che vanta pertanto una discreta esperienza in entrambi i settori.
È già molto tardi quando finalmente il contatore si ferma sul magico numero di cinquecento. Le pare che tutto sommato il pezzo le sia riuscito bene, ma lo rileggerà un’ultima volta domani mattina presto, prima di passare al Courier per sottoporlo a Bernie. Rendendosi conto che è ormai ora di cena, Sarah si affretta verso la mensa. L’anno prossimo, quando abiterà nella casa delle Tre Pi, potrà mangiare qualcosa di decente ma per il momento si deve accontentare di una fetta di arrosto più dura del piatto su cui viene servita.
Quella sera la compagnia teatrale della Cyprus Rhode dà una rappresentazione all’aperto, della quale in teoria Sarah dovrebbe conoscere il programma, che è stata proprio lei a riportare sul Courier. Qualcosa di shakespeariano, se non ricorda male. Se è così, ci dev’essere qualche ragione molto particolare perché gli attori indossino costumi che sembrano le uniformi dell’equipaggio di Star Trek. Un po’ per curiosità, un po’ perché vuole sedersi per mandare un messaggio a Maggie e chiederle se ci sono novità sul fronte della talpa delle confraternite, Sarah prende posto tra il non numeroso pubblico.
“Perché il re degli elfi è vestito come il comandante Kirk?” le chiede a bassa voce la ragazza seduta accanto a lei.
“Forse perché il viaggio nei sentimenti è come un’esplorazione nello spazio profondo” sussurra Sarah in risposta. Si gira verso la sua interlocutrice, che le pare familiare, sebbene nell’oscurità non possa distinguere i suoi lineamenti.
No, si sta sicuramente sbagliando: è impossibile che sia lei.
“O forse volevano solo riciclare i costumi dell’ultima convention.”
“Stephanie?” chiede Sarah incredula, mentre qualcuno tra gli spettatori si volta invano per zittirla. “Ma… come mai sei qui?”
“Ci sei anche tu” obietta l’agorafobica.
“Ma… siamo nel bel mezzo di una piazza!”
Stephanie alza le spalle. “Non potevo certamente restare in camera insieme a Jen.”
“Perché no?” non può fare a meno di chiederle, anche se forse dovrebbe invece congratularsi con lei per aver finalmente superato la sua fobia.
“Non lo sai? È proprio Jen la talpa! Che vipera, chi l’avrebbe detto?”
Come a confermare le sue parole, sul telefonino di Sarah si succedono rapidamente gli avvisi acustici dei messaggi. Tre volte il numero di Maggie. Quello di Hannah, una matricola come lei. E poi un numero che non è in rubrica, ma certamente sarà un’altra delle Tre Pi, ansiosa di riferire le ultime novità.
“Volete piantarla, voi due?” protesta vivacemente un giovanotto grande e grosso. Le sue parole coprono lo scambio di battute tra un Oberon in pantaloni neri e maglioncino a V beige, ma con la corona in testa, e un allampanato Puck che a causa delle orecchie a punta e del girocollo azzurro ricorda davvero molto il signor Spock.
Probabilmente Sarah dovrebbe odiare Jen, ma non ci riesce. Parlando da Tre Pi, le è persino un po’ grata, per aver messo così in cattiva luce quelle acque chete della Zeta Beta Zeta. Non saranno tutti altrettanto caritatevoli perciò Jen farà bene a guardarsi le spalle attentamente, almeno per i prossimi giorni. Ecco qualcosa di cui nelle confraternite si parlerà molto, molto a lungo. Oppure no. Sul palco, Puck/Spock sta spremendo una bottiglia di ketchup sulle palpebre di un altro membro dell’equipaggio dell’Enterprise (questo dovrebbe essere Lisandro), che giace addormentato.

“Tu non mi dimenticherai mai, perciò voglio fare qualcosa per ricordarmi sempre di te.” Dopo aver ripreso a bere, l’aveva trascinata in città, in un quartiere di attività equivoche e di strani locali, in cerca di qualcosa che con ostinazione da ubriaco non volle rivelarle.“Hai fatto bene a telefonarmi perché venissi a prenderti. Chiamerà i suoi fratelli, ci penseranno loro a lui” le disse Maggie. Sarah non era riuscita a trattenerlo per aspettarla e ritornare in macchina con loro. Se n’era andato camminando a testa bassa, da solo, ovviamente determinato a tener fede al suo proposito, costasse quel che costasse.

È passato tutto un semestre, eppure Sarah non è ancora riuscita a scoprire che cosa intendesse fare quella notte Ferrett, l’anziano della Kappa Tau col quale ha perso la sua verginità, per ricordarsi stabilmente di lei. Da allora si è fatto vedere raramente in giro, disertando persino le ultime feste che si sono tenute alla sua confraternita. Questo è l’anno del suo diploma, quindi potrebbe essere stato impegnato con lo studio, per quanto strano possa sembrare. L’unica volta in cui l’ha incrociato casualmente nel campus, non le è parso che l’avesse riconosciuta anche se l’ha guardata con curiosità, come se si stesse chiedendo dove e quando si fossero già incontrati. Deve essere qualcosa che gli accade spesso, almeno a giudicare da quanto Sarah l’ha visto bere quella sera. È abituata ad essere ignorata ma da quella notte all’inizio dell’anno, ha anche cambiato pettinatura e perso qualche chilo, quindi non si è offesa. Prima che avesse il tempo di prenderlo in giro perché lungi dal ricordarsi di lei per sempre se n’era invece completamente dimenticato nel giro di qualche settimana, lui si era dileguato a testa bassa, alzando il colletto della giacca come se non volesse esporre il collo all’aria della sera.
Forse soffriva di cervicale.
In fondo, niente vieterebbe a Sarah di presentarsi direttamente alla sede della Kappa Tau per chiedere di Ferrett e fare una chiacchierata con lui. Non lo farà, perché sente che non sarebbe corretto. Non andrà mai a domandargli che cosa ha fatto quella notte, dopo che è rimasta ad aspettare Maggie mentre lui proseguiva barcollando, pieno di alcool fin sopra agli occhi, bofonchiando di eterno ricordo e ripetendo il suo nome come un ritornello. (“Sa-rah” diceva, incespicando tra le sillabe)
Diversamente dalla vera identità della Gola Profonda della Beta Zeta Beta questo, pensa Sarah, sembra proprio destinato a restare uno dei molti misteri nella vita delle confraternite della Cyprus Rhode che non verranno mai svelati.

FINE



N.d.A.
1.dal momento in cui Cappie, all’inizio della prima stagione, solleva la testa di un Ferrett visibilmente distrutto dai postumi di una colossale sbronza, mostra che ha il nome Sarah tatuato sul collo e domanda quindi ai membri della Kappa Tau se qualcuno per caso conosce una Sarah, io mi sono chiesta che razza di storia ci potesse essere dietro. Il mio tentativo di dare risposta al mistero è sfociato in questa one shot, ambientata alla fine della seconda metà della prima stagione.

2.Avrete forse riconosciuto tra le comparse della mia storia qualcuno dei protagonisti del telefilm. Mentre in Greek la misteriosa Sarah e l’agorafobica Stephanie restano solo nomi senza volto, Maggie, Bernie e Ralph sono totalmente frutto della mia immaginazione. Tutte le confraternite citate esistono realmente, con le caratteristiche e le cariche direttive che compaiono qui.

3.I programmi di studio della Cyprus Rhode sono piuttosto misteriosi, ma sappiamo con certezza che vi si tengono corsi di Giornalismo e di Psicologia, e che Rebecca Logan ne frequenta uno. Sappiamo anche che vi sono corsi di Storia dell’Arte, mentre non abbiamo nessuna particolare ragione per credere che ci siano studenti impegnati in attività artistiche vere e proprie. Maggie mi piaceva così, OK?

4.Sappiamo che gli spettacoli teatrali che vengono messi in scena alla Cyprus Rhode lasciano di regola allibiti gli spettatori, ma non sappiamo se La tempesta sia mai stata rappresentata, tantomeno in stile Star Trek. Che Stephanie sia uscita dalla stanza per la prima volta pur di evitare la “talpa” Jen K., invece, è un fatto assodato, che la stessa Jen confida a Rusty in un episodio del telefilm.
  
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