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Autore: Ellie_x3    12/11/2009    5 recensioni
E' terribile quando si ha una vita davanti, piena di terribili "se", e l'unica persona che potrebbe renderla un pò meno tetra va a vivere con tuo fratello, che ti detesta almeno quanto tu non sopporti lui.
Ed è ancora più terribile se questa ipotetica "ragazza" è a sua volta la sorella del tuo migliore amico, che ti sta appiccicato praticamente sempre.
E, fidatevi, arrivati a questo punto non ci si può più stupire di nulla...
Dedicata a Kiriri93 ^O^
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Vanilla Caffè
Vanilla Coffee

1. Random encounter


Dedicata a Kiriri93, per quattro motivi:
1) perchè finalmente si è iscritta.
2) perchè è la mia piccola Cice.
3) perchè in due facciamo un unico cervello.
4) perchè la adoro troppo!!!

Giornata di sole, fine giugno.
Università finalmente chiuse, come dovrebbero sempre essere.
Sarei dovuto stare in camera mia davanti all'ultima versione di Final fantasy, o magari a studiare, o a prendere il sole su una spiaggia...e invece no.
Ero seduto ad un tavolino fuori dal bar più oscenamente costoso della città, accompagnato -mio malgrado- da un perfetto stupido.
Lo stupido si chiamava Miroku ed era il mio migliore amico; o, almeno, a suo dire: mi si era presentato davanti in sesta elementare, porgendomi la mano con un sorriso e dicendomi “Ciao, io sono Miroku. Il tuo nuovo migliore amico, Inu-chan!”.
Come sapesse il mio nome non l'ho mai scoperto, anche se sospettavo che l'avesse chiesto ai miei compagni di classe -gli stessi che mi mal sopportavano perché non ero interessato al calcio o alle carte di Yu-gi-oh.
Ma, se avevano detto qualcosa di cattivo su di me, quello strano bimbo non vi aveva badato.
E da lì mi era sempre rimasto appiccicato come una cozza allo scoglio, anche con gli anni mi ci ero abituato e un pò affezionato.
Pure dopo anni e anni da quel primo, quasi irreale incontro eravamo insieme, inseparabili.
Perché lui era speciale nonostante fosse la mia antitesi, la luce, il mio contrario.
Ma non potevo fare a meno di volergli bene.
Così, si buttava in ogni cosa con energia, positivo, con quel sorriso da un orecchio all'altro che lo faceva apparire a prima vista un po' (tanto) stupido.
Ma aveva il suo fascino.
Ed era un donnaiolo, fra l'altro. Non un pregio, per carità, ma i suoi tenttivi d'abbordare una bella ragazza si convertivano spesso in scenette tragicomiche che mi facevano morire dal ridere.
Il contrario di me: schivo, introverso, rissoso. L'unico punto che avevamo in comune era l'egocentrismo.
E me, direte? Chi sono io che sto qui a farvi perdere tempo?
Beh, mi chiamo Inu Yasha no Taisho (gran bel nome, vero? Mia madre quando me l'ha appioppato doveva essere ubriaca fradicia), ho ventisei anni e frequento un master nell'azienda di mio padre.
Tecnicamente dovrebbe essere mio fratello -anzi, rettifico: fratellastro odioso e inutile- a seguirmi nel lavoro, ma per lui non ho più importanza di un soprammobile.
Quindi lui mi ignora e io mi arrangio, solo con le mie scartoffie.

Sono sempre stato evitato dai miei coetanei, a parte Miroku, perché non sono la persona più portata del mondo per quanto riguarda i rapporti sociali; Cosa che mi padre non fa altro che ricordami, come un vecchio 45 giri rotto: “Inu-chan, fatti qualche amico, sei sempre con Miroku-kun!”.
Figurarsi.
Avevo anche una ragazza, Kikyo, l'unica che io abbia mai amato. Che però, ovviamente, mi ha mollato per un altro.
Ma questo non importa a nessuno.
Guardai Miroku, che si sporse verso una ragazza del tavolo di fianco a noi: era carina, dalla pelle color biscotto e i tratti delicati anche se snelli, armoniosi.
I capelli le accarezzavano le spalle e scendono giù, fino a metà schiena neri e liscissimi.
Non il mio tipo, ma se mi si lanciasse in braccio non la butterei via.
Parlava con una sua amica, decisamente meno carina, in una lingua che non riuscii a distinguere: a parte l'inglese non ero mai stato un asso nelle lingue straniere.
Il mio amico poggiò la testa sul bracciolo della sua sedia, sorridendo beatamente alla ragazza che, per un secondo, lo fissò spaesata.
Ovviamente una giovine donzella, per quanto smaliziata per non usare un altro termine, non poteva non rimanere basita dal modo d'aggancio di Miroku.
Per una buona manciata di secondi rimaserò così, fermi a guardarsi negli occhi: lui in un magro tentativo di rimorchiare, lei che non sapeva cosa fare.      

Solo quando Miroku esibì il suo miglior sorriso e la salutò, felice, con un allegro “Ehy,ciao...vuoi fare un bambino con me?” la straniera sbatté le palpebre, incamerando e traducendo al volo.
Poi diventò tutta rossa, alzandosi di scatto e urlandogli qualcosa nella sua lingua.
Anche la sua amica, che era rimasta in silenzio per tutto il tempo, lasciò una banconota in dollari americani sul tavolo e seguì l'altra correndole dietro.
- Un buco nell'acqua, caro Miroku. L'ennesimo.- sogghignai, vedendolo girarsi verso di me con aria da cucciolo bastonato, con i lacrimoni che gli facevano luccicare gli occhi blu oceano.
Altra differenza: lui aveva per occhi due zaffiri, d'un intenso color oceano, mentre i miei  erano viola scuro, quasi neri.
Avevo sempre preferito il suo colore, decisamente più consueto.
- Ma che cavolo ho sbagliato?- rantolò, ignorando il suo gelato e poggiando il mento sul bordo del tavolo.
Feci finta di pensarci, alzando gli occhi al cielo e prendendo il primo sorso del cappuccino alla vaniglia che mi si stava raffreddando davanti.
Il caffè non mi piaceva troppo, ma il cappuccino aromatizzato con la vaniglia faceva eccezione: dolce ma anche amaro.
Non avrei bevuto altro.
- Forse non dovevi essere così...hm...diretto?- azzardai, solo un poco sarcastico.
Lui finse di ridere, indirizzandomi uno sguardo severo - Certo che sei simpatico come un blackout a Capodanno. - decretò - Comunque, secondo te che ha detto?- e conn questo volse pateticamente gli occhi alla sedia ora vuota.
Mi sedei meglio, poggiandomi allo schienale scomodissimo, sorridendogli genuinamente - Che sei uno stronzo pervertito, credo.- proposi.
Non ci voleva una laurea per capire che lo stava mandando a quel paese in modo molto poco carino, ma non me la sentii di dirglielo, poverino...anche se nulla mi impedì di fare un commento sarcastico.
Ah, sì: la gente mi evitava anche perché ero tremendamente acido; una semplice e sempre efficace arma di difesa quando si ha un fratellastro che ti detesta.
 -Sei proprio sboccato, Inu-chan.- piagnucolò.
Sembrava potersi scogliere da un secondo all'altro, depresso, con le orecchiette basse e l'espressione da cagnolino abbandonato sotto la pioggia.
Scrollai le spalle senza curarmi del commento nè del soprannome:- L'ha detto lei, mica io.
Non rispose, limitandosi a rimuginare in silenzio. Almeno finchè non sentimmo entrambi una voce femminile, stupida ed emozionata
- Miroku?-
- Oui ma chèrie?- fece lui,  in un francese veramente pessimo, voltandosi con un sorriso che gli morì in volto appena vide la ragazza che gli stava alle spalle
-Oddio, Kagome!- esclamò, scattando in piedi e abbracciandola.

La ragazza ricambiò la stretta, inneggiando a quanto gli fosse mancato e “che era tornata per vedere come se la cavava il vecchio e caro Giappone”.
Giuro che, lì per lì, quelle parole mi risultarono decisamente incomprensibili.
Ma era un dettaglio, visto l'angelo che avevo davanti: questo sì che era il mio tipo.
Carina, alta poco più di un metro e sessata, con i capelli corvini e gli occhi color caffè grandi e dal tipico taglio orientale. Semplice, simile a Kikyo ma allo stesso tempo diversa.
Presi il mio cappuccino alla vaniglia ancora a metà e ne bevvi un lungo sorso.
Nello stesso istante Miroku, che aveva ripreso velocemente la sua aria da eterno beato, con un braccio introno alla vita della ragazza mi dedicò un sorriso radioso e iniziò in tono solenne
- Inu-chan, ti presento Kagome.- si fermò in una pausa teatrale, prendendo un profondo respiro -Mia sorella.-
Per poco non sputai tutto addosso a Miroku e a...a Kagome.
- Non mi avevi mai parlato di una sorella, Miroku!- protestai, corrucciato.
Sapevo tutto di lui: quale era il suo colore preferito, che animali aveva avuto, anche con che pigiama andava a dormire. Ma la sorella per me era una novità.
Mi fece un sorrisino colpevole, spiegandomi che era la figlia del suo patrigno e che a sette anni si era trasferita a New York con la madre naturale. Per questo non me l'aveva mai presentata, concluse a mò di scusa.
Anche Kagome mi sorrise, porgendomi una mano che strinsi.
Aveva le dita piccole e affusolate, fresche, mentre la presa era salda. La mia, al contrario, era un po' tremante.
-Sono felice di sapere che quello sbandato di mio fratello ha qualcuno che gli dia una regolata.- interloquì, finendo la frase con una risatina deliziosa.
Tutto in lei era adorabile: le movenze, le espressioni, la naturale delicatezza nei gesti; senza contare ovviamente l'aspetto da angelo rinascimentale, i capelli lucidi e gli occhi brillanti.
Sentii il cuore pompare più veloce, col sangue che saliva alla testa ad una velocità vertiginosa.
- Piacere.- risposi, in tono troppo secco: imbarazzo, stupido, inutile, maledetto imbarazzo.
Soffocai una parolaccia, dandomi mentalmente dell'idiota.
Come cavaliere facevo veramente schifo.
La ragazza lanciò un'occhiata a Miroku, che le accarezzò la spalla, spiegandole scherzosamente che ero un grandissimo cafone. Non aggiunsi nulla, guardandola mentre declinava l'invito del fratello a sedersi con noi e sentii un'ondata di cocente delusione per essermi giocato l'unica ragazza che, dopo secoli, suscitava in me un certo interesse.
Bravo cretino.
- In realtà sono venuta in Giappone per aiutare un amico di famiglia.- spiegò, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro. Sembrava un movimento che faceva spesso, sciolto, ma mi parve tremendamente...sensuale.
E, buon Dio, erano quasi tre mesi che nulla mi faceva un simile effetto: negli ultimi, deprimenti, mesi della mia vita un pesce rosso e l'ultimo numero di Playboy avevano la stessa carica erotica.
 -Davvero? E chi? Perché?- domandò Miroku, interessatissimo: avrei potuto giurare che non gliene importava nulla, ma sembrava davvero affezionato alla sorella -non sarà un lavoraccio?- indagò, alzando un sopracciglio in tono sinceramente preoccupato.
Chissà se non me ne aveva mai parlato perché non ci aveva mai fatto caso o se c'era davvero qualcosa che mi voleva tenere nascosto.
Tuttavia, la risposta disinvolta ed allegra di Kagome fece passare in secondo piano ogni sospetto.
 -Niente di losco, nii-sama.- ridacchiò e io adorai la sua risata cristallina e gioiosa. -Un amico è a corto di personale e visto che sto per laurearmi in economia, a New York, ho deciso di venire qui a fare pratica per tre, forse quattro mesi. Starò da Sesshomaru no Taisho, un vecchio alunno della mamma.-
A quelle parole, così tranquille e inconsapevoli della bomba appena gettata, io e Mioku ci fissammo intensamente per qualche secondo: sul suo viso era sparito il sorriso, sostituito da una perfetta O di stupore.
Io, d'altro canto, mi ero sentito andare in pezzi quando l'unica ragazza degna di nota sulla terra aveva pronunciato il nome del mio odiosissimo fratellastro, con cui avevo un rapporto decisamente travagliato.
- Merda.- sbottai, attirando la sua attenzione.
- Lo conosci?-
Feci segno di sì, traendo l'ultimo sorso di cappuccino, ormai ghiacciato -E' mio fratello.- risposi, esasperato – ed è l'ultima persona che si dovrebbe prendere cura di una ragazza.-
Non aggiunsi altro.
L'unica cosa positiva è che avremmo lavorato e vissuto insieme, visto che Sesshomaru stava nell'appartamento sopra casa mia e i nostri uffici erano affiancati: per papà dovevamo sembrare due fratelli modello.
Io e Sessho-chan fratellini che si adorano? Per papà potevamo anche farlo, in fondo.
- Oh.- commentò lei, portandosi una mano alle labbra.
- Già, oh.- ripeté Miroku
E stavolta mi trovavo costretto a dargli pienamente ragione.
OH.

Ebbene, salve gente. *entra timida-timida aspettandosi una carrellata di verdura marcia*
Sì, lo so, mi merito i pomodori per ben tre motivi: sono in ritardo bestiale, non ho aggiornato Gelida luce e...sì, lo ammetto, questa storia è scritta in maniera penosa.
Ma, se per il ritardo non ho scusanti, posso dire che aggiornerò il più presto possibile e che questa piccola, strana Long-Fic mi è saltata in testa durante l'ora di filosofia e che non se ne è più voluta andare.
Sarà, suppongo, il classico esempio di lettura leggera, una commediola assurda come semplice esercizio di scrittura; anche perchè non ho davvero voglia di buttarmi in storie impegnative e non scrivo più qualche cazzata tanto per svagarmi dall'alba dei tempi.
Ma sono sicura che capirete xD
Precisando che non so quanto regolarmente potrò postare a causa della scuola (maledetta terza superiore =___=), spero solo che non sia del tutto orrenda ^.^'''
Un bacione
Elle *sempre in ritardo*

   
 
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