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Autore: Paradise_City    12/11/2009    1 recensioni
Axel rimase sgomento, mentre Shannon continuava a tempestarlo di colpi, colpi morali più che altro, colpi che non feriscono il corpo, ma feriscono ciò che abbiamo dentro, ciò che è troppo fragile, ciò che non si può toccare. Shannon si voltò, e tirò un calcio furibondo alla propria lapide, a quella lastra di marmo lucido e freddo, dove inciso in lettere dorate vi era il suo nome, e la sua data di morte. Shannon Hoon, 21 Ottobre 1995. La lapide non si mosse, mentre Shannon crollava in ginocchio, il piede dolorante.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premetto che questa è la prima Fan Fiction che posto su questo web site, quindi sono molto emozionata! Questa storia si ambienta nel 1995, in un luogo non ben preciso. Infatti, la trama è la stessa di un sogno fatto da me diverse settimane fa. I protagonisti sono diversi musicisti, tra cui Slash, Axel e Shannon Hoon. Spero di allietarvi con questa piccola parte di me! =) La trama mette in risalto il dolore di una morte improvvisa, e la stessa salma si ritrova a chiedersi il perchè delle "cose", rimugiando sul perchè della propria morte. Shannon si sedette sul prato verdeggiante, liscio e fresco di rugiada. Il vento soffiava leggero, scompigliandogli la folta chioma castana. Un leggero soffio sulla pelle che lo fece rabbrividire. Piegò le ginocchia, portandosele sotto il mento. Alzò il viso. Nell'infinito azzurro cielo, grandi masse bianche si muovevano spinte dal vento, come soffici batuffoli di cotone. Non voleva pensarci, non ora almeno. Quello era il posto dove veniva sempre da bambino, dove veniva a giocare con i suoi amici, dove veniva a ruzzolarsi nell'erba fresca, aspettando che la mamma lo chiamasse per avvisarlo che la cena era pronta in tavola. Ed ora non era più nulla. Non era che un luogo spento, privo di vita, un cuore nero che smette di pulsare, un tomba. Quel pensiero, o meglio quella parola, lo fece rabbrividire. Una tomba, dove qualcuno ha deciso di seporre tutto ciò che c'era di lui, tutti i suoi ricordi, i suoi averi e il suo corpo. Pianse, pianse a dirotto mentre lacrime gelide gli rigavano le guance, lo stomaco sussultava ad ogni singhiozzo, i suoi gemiti risuonavano in tutta la vallata. Girò il capo, mentre il suo sguardo si infrangeva su quella lastra di pietra come un'onda marina si infrange su uno scoglio: lei era pronta a ricominciare però, lui non avrebbe potuto mai più. Aveva bruciato tutto ciò che rimaneva della propria esistenza in un unico ammasso di stupida polvere bianca, quella stupida musa tentatrice, che con isuoi aromi taglienti ti porta sulla strada del degrado fisico e mentale. - Non serve piangere, Shannon - fece una voce dura e cavernosa alle sue spalle. Shannon non si voltò, non voleva vedere nessun viso amico. - Hai qualche altra alternativa? - rispose freddo lui. Una mano gli si posò sulla spalla, sfiorandolo leggermente. - Shannon,io credo che... - fece un'altra voce più sottile e delicata. Shannon si voltò di scatto scostando con forza quella mano amichevole, il viso contratto in una smorfia di dolore, mentre gli occhi bruciavano di rabbia. - Cosa Axel, cosa?! - urlò rabbioso. - Cosa puoi capirne tu, Axel?! Tu che sei vivo, tu che continui a vivere felice la tua sporca vita mentre io, io sono lì, sotto un cumulo di lurida terra! -. Axel rimase sgomento, mentre Shannon continuava a tempestarlo di colpi, colpi morali più che altro, colpi che non feriscono il corpo, ma feriscono ciò che abbiamo dentro, ciò che è troppo fragile, ciò che non si può toccare. Shannon si voltò, e tirò un calcio furibondo alla propria lapide, a quella lastra di marmo lucido e freddo, dove inciso in lettere dorate vi era il suo nome, e la sua data di morte. Shannon Hoon, 21 Ottobre 1995. La lapide non si mosse, mentre Shannon crollava in ginocchio, il piede dolorante. - Shannon smettila, deficente. Hai fatto una cavolata, e ora ne devi pagare le conseguenze - Slash lo tirò su per la maglietta, sollevandolo in piedi e fissandolo dritto negli occhi. - Lasciami! Tu non capisci! - gli sputò in faccia Shannon. Come poteva lui capire il suo stato d'animo? Come poteva pur solo comprendere i suoi sentimenti in quel momento così grave, se proprio vogliamo? Slash era uno stolto, che viveva la sua esistenza vivendo alla giornata, scolandosi un paio di bottiglie ogni sera e sorprendersi il mattino dopo con un mal di testa da paura, ma ancora vivo. Lo trovavano in uno stato confusionale, è vero, ma almeno respirava ancora, poteva ancora sentirsi il sangue pulsare nelle vene. Lui no, il suo cuore si stava spegnendo lentamente, sanguinando copiosamente quello strano inchiostro con il quale aveva scritto la trama della sua vita. Una vita finita e stracciata con un foglio di carta nel quale si hanno fatti troppi errori, ed ormai non serve più. Quella stessa vita che si era conclusa nel modo più ignobile possibile, su quel foglio di carta era finito presto l'inchiostro, e quel breve racconto era rimasto incompiuto. Shannon si rivoltò a fissare la lapide, mentre Axel vi poneva sopra un qualcosa che non riconobbe subito. Due pistole, realizzò. E due rose infilate nelle canne. - Shannon, noi saremo sempre con te - fece Axel, e lo abbracciò. Lo abbracciò come si abbraccia un amico, un amico che si sa di non poter rivedere mai più. - Ehi - gli fece Slash, dandogli un leggero buffetto sulla guancia: il suo modo per dimostrare affetto. Shannon sorrise, per la prima volta dopo l'accaduto, sorrise a Slash, che gli rispondeva con la sigaretta accesa tra le labbra, che gli indicava la lapide e con gli occhi gli diceva: "Aspettami". Axel, il finto duro, abbassò la testa, cercando di non farsi vedere con gli occhi lucidi, che non voleva farsi vedere così dall'amico di una vita. - Addio ragazzi, e grazie di tutto - fece Shannon, sedendosi ai piedi della lapide. - Sei stato un cretino - rispose Slash. - Lo so - continuò Shannon, - Ma non si può tornare indietro, giusto? -. - No, non si può - continuò Axel scuotendo la testa. - Ma ti stimo, cretino. Ti stimo perchè riesci ad andare avanti, anche quando arrivi alla fine del percorso - conclude Slash. Shannon sorride, fissa la lapide. E' finita ormai, non c'è più nulla da dirsi, più nulla a cui pensare. Chiude gli occhi e alza la testa, mentre spira insieme al vento.
  
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