Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: ele_lele    14/11/2009    16 recensioni
Quell'amore proibito che spezza il respiro, che piega le ginocchia, che fa male al cuore...quell'amore irrazionale che non porta mai niente di buono se non l'amore stesso, leggiadro come una nuvola, fragile come un Narciso, effimero come una complicata pozione, Letale come un veleno; quell'amore cos' fragile, violento, passionale. Proibito. "D'altronde lui mica ha aggiunto che sarebbe stato per sempre..."
Genere: Triste, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Harry Potter | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Narcisi

Nel cielo azzurro i cirri, nubi filamentose bianche e sottili, inconsistenti come sabbia tra le dita, correvano veloci, gettando impalpabili ombre sul prato ricoperto di foglie gialle.

I salici dai rami ritorti, si piegavano mollemente sui loro tronchi nodosi, sotto il volere del vento che, imperioso, soffiava ora con prepotenza ora con dolcezza, incostante come solo il vento può essere.

L’aria mattutina profumava di rugiada e di foglie, di terra bagnata e di libertà.

Una ragnatela cosparsa di brina brillava come diamanti al sole, incantando chiunque posasse ignaro, il proprio sguardo, su di essa.

E se la Natura compiva il suo incanto nei giardini di Hogwarts, una magia analoga, antica come il mondo stesso, si compiva all’interno delle mura.

Due studenti, nemici per sangue e Case, si erano barricati, a riparo da occhi e orecchie indiscrete, in un’aula in disuso, che probabilmente non veniva pulita dai tempi dei tanto amati Godric e Salazar tanto era polverosa.

Due nomi che anche a pronunciarli nella stessa frase si commetteva un peccato.

Hermione Jane Granger e Draco Lucius Malfoy.

Grifondoro e Serpeverde.

Sanguesporco e Purosangue.

Labbra gonfie dai troppi baci proibiti, mani affannose che volevano sempre di più, e risalivano, lente e tremanti, verso lembi di carne bollenti.

Lingue che “marchiavano” il corpo altrui come a marcarne il possesso, denti che mordevano ora sensuali ora possessivi, ora violenti ora arrendevoli, respiri bollenti più della carne stessa e frementi di qualcosa di proibito che ogni volta era come una nuova scoperta.

Un mugolio di piacere le uscì dalle labbra, e prima che potesse anche solo tentare di fermarlo lui l’aveva già sentito, calandosi impietosamente su di lei e continuando a baciarla, suggellando così la più antica promessa d’amore mai fatta.

Le sue mani erano piccole, magre e delicate, e nonostante ciò si aggrappavano alle sue spalle come artigli feroci, pronti a ghermire e graffiare, pronte a difendere in ogni modo e a ogni costo ciò che era suo.

I due giovani si erano cimentati in una lotta pari di lingue, dove però già sapevano nessuno sarebbe uscito vincitore.

Ma combattevano entrambi con tutte le loro forze, con la speranza di sprofondare un po’ meno nel baratro che li avrebbe attesi dopo.

-Draco- sussurrò Hermione, spingendo esplicitamente il bacino verso il ragazzo, in una muta richiesta.

-Mezzosangue- le disse lui all’orecchio, approfittandone per mordicchiare anche il lobo e ottenendo altri mugolii di piacere della ragazza.

-Mezzosangue- ripeté.

Quell’ordine che sapeva di preghiera e supplica, e quella richiesta che, anche se formulata tra labbra affamate di baci, suonava come il più perentorio degli ordini.

Gli occhi le lacrimavano dal piacere e erano ancora entrambi vestiti.

Come se si fosse appena resa conto della cosa si allontanò leggermente dal ragazzo, quel tanto che bastava per potersi allentare la cravatta della divisa mentre lui l’osservava bramoso senza perdere neppure un suo movimento.

-Lascia- le disse con la voce resa bassa e roca dal desiderio, quando lei iniziò a sfilarsi il maglioncino, e si avvicinò per poi prendere un bottone tra le dita e passarlo nell’asola, scoprendo un lembo di pelle bollente che fremeva per essere trascinata all’Inferno con lui.

Fuoco indomito e gelato e ghiaccio bollente nelle vene; la dannazione eterna è qui, sulla terra.

Un secondo bottone uscì dall’asola in un vergognoso silenzio, mentre lei teneva gli occhi chiusi e le guance le si imporporavano di rosso.

Il Paradiso era lì, a due passi da loro, alla distanza di un bacio.

Un terzo bottone seguì il secondo, e un reggiseno di pizzo nero fece capolino dalla camicia slacciata a metà.

Sarebbero andati all’Inferno, invece. Sicuramente sarebbero andati all’Inferno. Ma la cosa non lo preoccupava più di tanto, perché anche lì ci sarebbero andati insieme.

Il quarto bottone non chiedeva altro che essere slacciato, mentre lei, incapace di attendere oltre, con mani tremanti l’aveva aiutato slacciando impacciatamente il quinto e ultimo bottone.

O forse l’Inferno e il Paradiso erano loro.

Lui non attese oltre, si levò il maglione e con un gesto secco e deciso aprì la camicia, rompendo i bottoni di madreperla che caddero rovinosamente sul pavimento impolverato e lacerando la preziosa stoffa probabilmente cucita su misura da una delle migliori sarte di tutta l’Inghilterra.

La pelle le bruciava, era rovente a contatto col petto marmoreo e scolpito dal Quidditch di lui.

Senza neppure sapere come e quando era successo, Hermione si rese conto d’essere senza reggiseno, e quando riuscì ad aprire gli occhi, chiusi dal piacere, lo vide a terra, accanto alla camicia di lui e le proprie autoreggenti.

Sgranò gli occhi.

Poi, con un movimento repentino si girò verso il ragazzo che aveva assunto il solito ghigno.

-Malfoy- sibilò dura, lanciandogli uno sguardo che ricordava molto la McGranitt.

-Si?- chiese lui ghignando, come a volerla sfidare a proseguire.

-Le mie calze.-

-Sono a terra Mezzosangue. E ti avviso, fra un po’ ci finirà anche la tua gonna…-

Lei sorrise.

Se la frase avrebbe dovuto suonare come una minaccia, per lei era solo la più piacevole delle promesse.

La bocca di lui s’impose possessiva e dolce, sul suo collo, mentre una mano –gelida come sempre- si posava sul suo seno, torturandola nel modo più dolce che entrambi conoscessero.

Cominciò a scendere lentamente verso il basso, lasciando scie umide sulla sua pancia bollente, depositandole leggiadri baci che sapevano di cuoio e tabacco alla menta.

Quell’odore, quel sapore che sapeva maledettamente di lui.

-Sei stato agli allenamenti di Quiddicht- sospirò lei tra un rantolo e l’altro di piacere.

Draco sorrise.

Vederla così abbandonata tra le sue braccia era quanto di più bello ci fosse al mondo.

Sapeva per certo che la passione che nutriva per la Mezzosangue non era meramente carnale, né tantomeno passeggera.

Era come una tempesta, che l’aveva scosso nel profondo, facendolo divenire una persona diversa da quello che era sempre stato, da Draco Malfoy con il quale aveva sempre convissuto, per scendere a patti e conoscere l’arte imperfetta e dolorosa del compromesso.

-Voglio te, Mezzosangue.

-Me? Malfoy, hai qualche problema? Comincio seriamente a pensare che le fatture che ti ha spedito Harry abbiano causato in te un danno permanente se ti scomodi per parlare con una “schifosa Mezzosangue” come me-. Ma non era riuscita a concludere la frase; lui l’aveva zittita con un bacio prepotente e violento nella sua dolcezza, dimostrandole chiaramente che non mentiva.

Sembrava passata una vita, da quella bizzarra e insolita dichiarazione, eppure erano passati soltanto pochi mesi.

Hermione sorrise, mentre le mani di lui –oh, quelle mani!- scendevano verso la sua femminilità –fiore tra i fiori, che solo lui, lui, il primo e il solo, aveva colto con premura e attenzione, con una dolcezza straziante e un amore mai dato a nessun’altra prima d’allora- e il mondo le scompariva davanti agli occhi, diventando tutto un vortice di luci e colori.

-Draco…- sussurrò talmente piano che non si accorse neppure d’averlo detto ad alta voce fino a quando non sentì la reazione del corpo del ragazzo nel sentire il proprio nome detto da lei.

Non attese oltre; si sollevò mentre lui le sfilava la gonna, lacerando la stoffa leggera e aiutandolo a slacciarsi la cintura, mentre lui finiva di togliersi i pantaloni neri, che, di pregiata stoffa e costoso taglio, venivano gettati malamente e senza considerazione a terra, accanto ai suoi indumenti rotti e tra un mare di polvere.

Hermione spinse il bacino verso di lui in una muta supplica, mente Draco, con un movimento deciso che le strappò un gridolino di sorpresa, la faceva sua, lì, su una cattedra vecchia e tarlata di una sporca aula del castello di Hogwarts.

 

 

 

«Il corpo pecca, ma una volta che ha peccato ha superato la sua colpa perché l'azione è una forma di purificazione: nulla più rimane se non il ricordo di un piacere o la voluttà di un rimpianto. L'unico modo per liberarsi di una tentazione è di abbandonarvisi: resistete, e la vostra anima si ammalerà di nostalgia per le cose che si è vietata, di desiderio per ciò che le sue mostruose leggi hanno reso mostruoso e fuori legge [...].
Nello spirito e solo nello spirito hanno sede anche i grandi peccati dell'umanità».
«Basta», balbettò Dorian Gray, «basta, mi sconvolgete. Non so che cosa rispondere Tacete, lasciatemi pensare. O meglio, lasciate, che tenti di non pensare».

“Il Ritratto di Dorian Gray” Oscar Wilde.

 

 

 

 

 

Gli occhi chiusi, le palpebre serrate, come se temesse che fosse tutto solo un sogno –un bel sogno-, Hermione Granger, Caposcuola di Grifondoro, se ne stava accoccolata sul petto muscoloso del suo ragazzo –Merlino, come suonava bene…”il suo ragazzo”…-

-Cos’è, hai paura che tutto questo non sia vero?- si sentì chiedere.

Aprì lentamente gli occhi, temendo di trovare la luce del risveglio a ferirla, mentre dovette attendere un attimo per abituare gli occhi al buio.

Nessuno aveva acceso la luce, impegnati com’erano a prendersi e darsi.

Quel dare, dare, dare, darsi completamente all’altro fino a star male, fino alla follia, fino alla passione che li avrebbe condotti a un amore insano, malato, perverso.

Quel modo di amare di nascosto, di far consumare la fiamma della candela in una stanza senza ossigeno, per paura che, vista da tutti, si consumi più velocemente, si spenga…

Quella stessa fiamma che ardeva con così tanta forza da non sembrare normale, da dare l’impressione di voler ardere, nel tempo giusto, il doppio, il triplo di quanto consentito; fino poi a spegnersi, con un ultimo, abbagliante raggio, per poi accecare i viandanti nel buio della notte, e far sembrare la luna troppo lontana, troppo distante, troppo fredda, per illuminare davvero le tenebre.

La prima cosa che vide fu il suo petto, lucido e freddo, muscoloso come se fosse stato scolpito nel marmo –troppe volte aveva creduto che anche il suo cuore fosse di fredda dura pietra, fino a quando, lei stessa, non ne aveva sentito i batti-, poi incontrò i suoi occhi –oro e argento, così diversi e così terribilmente uguali, complementari, necessari l’uno per l’altra- e vi lesse così tanto amore che si sentì sprofondare.

-Ti amo- lo sussurrò appena, ma evidentemente lui lo sentì benissimo, perché con un improvviso scatto di reni la imprigionò sotto il suo petto e riprese a baciarla con foga.

Poi i baci si fecero più lenti, più dolci, più passionali, come se entrambi sapessero quello che stava per accadere, e infine bruciarono insieme in un fuoco che avrebbe lasciato un buio perenne, accecando chiunque ne fosse testimone, loro stessi per primi, per l’eternità.

 

 

 

Quando lui cominciò a vestirsi lei storse la bocca in una smorfia strana, per poi alzarsi a sua volta e tentare di coprirsi alla bell’e meglio.

La gonna aveva un piccolo spacco, ma era sicura che nessuno l’avrebbe notato.

Per ripicca prese la camicia del suo ragazzo –l’avrebbe ripetuto fino all’infinito: ragazzo, ragazzo, ragazzo… Draco Malfoy era il suo ragazzo!-e la indossò, ma quando lui sorrise, capì che a lui non dispiaceva minimamente che lei si appropriasse della sua costosissima, nonché inutilizzabile poiché rotta, camicia, ma le avrebbe dato volentieri anche il maglione.

Tuttavia Hermione declinò dolcemente l’offerta: perché mai avrebbe dovuto mandare il suo ragazzo in giro mezzo nudo facendo contenta l’intera fauna femminile di Hogwarts?

Uscirono insieme e si salutarono con un ultimo lento, languido, appassionato bacio prima di dirigersi entrambi a vestirsi decentemente per la lezione di Erbologia.

 

 

Dalle ombre irreali della notte torna a noi la vita reale che conosciamo. Dobbiamo riprenderla da dove l'avevamo lasciata, e in noi si insinua il senso terribile di un'energia che deve continuare nello stesso monotono circolo di abitudini stereotipate; o magari il desiderio violento che una mattina i nostri occhi possano aprirsi su un mondo che nell'oscurità è stato rimodellato per il nostro piacere, in cui le cose si diano nuove forme e colori, siano diverse o abbiano altri segreti, un mondo in cui il passato abbia poca o nessuna importanza, o comunque sopravviva in forme ignare di obblighi o rimpianti, avendo il ricordo della gioia la sua amarezza, e quello del piacere la sua pena.

“Il Ritratto di Dorian Gray” Oscar Wilde.

 

 

 

 

Madama Sprite era già lì, e anche Draco, quando Hermione arrivò trafelata alla serra numero 3, prendendo posto tra i Grifondoro, al tavolo tra Ron e Harry.

I capelli erano scarmigliati a causa della corsa –e non solo- e indossava una camicia adatta alla sua taglia.

La gonna non riusciva a coprire le gambe tornite e le guance, ancora accaldate per la corsa, per il freddo e per il ricordo di quanto condiviso poco prima con una Serpe di sua conoscenza, erano di un invitante color pesca acceso.

Harry le sorrise, ma non la guardò direttamente negli occhi, troppo preso evidentemente, dal tranciare le foglie di una Bella di Notte velenosa con quella che sembrava fin troppo una mannaia.

La ragazza neppure notò che Ronald le spingeva verso la sua parte di tavolo una manciata di radici di Bubotubero male affettate come pegno del suo amore, troppo presa in una muta conversazione con il Principe delle Serpi.

Per un attimo le sembrò di notare la rigidità di Harry, e temette che potesse aver capito tutto, ma poi, vedendolo tentare, non senza problemi, di tagliare le foglie della suddetta pianta che, si muoveva come una forsennata, si convinse che doveva per forza essersi immaginata tutto come sempre.

Forse, se avesse prestato attenzione alla lezione del professor Piton, invece di lanciare di continuo, sconvenienti occhiatine al lato Serpeverde della classe, avrebbe saputo che cosa si ricavava con foglie di Bella di Notte Velenosa finemente tritate, con radici di Aconito e fiori di Elleboro.

E se avesse prestato un po’ d’attenzione, avrebbe sicuramente notato il Professor Piton aggirarsi davanti alla presidenza con un diavolo per capello –unto- sbraitando riguardo a un miserabile furto nella sua scorta personale di erbe.

E il misterioso ladro aveva rubato radici di Aconito e fiori essiccati di Elleboro.

 

 

 

In Sala Grande regnava il caos, e mentre, gli alunni del settimo anno, appena tornati da un’estenuante lezione di Erbologia con la Professoressa Sprite prendevano posto ai tavolo, i primini correvano in giro come se fossero tutti esaltati.

Hermione seguì con lo sguardo Draco che prendeva posto tra Zabini e Nott, e che a sua volta aveva piantato le sue ididi argentee nei suoi occhi color oro fuso.

-Herm, ma mi stai ascoltando?

-Eh? Ah, no, scusa Ron. Cioè, sì. Che stavi dicendo?- chiese guardando il rosso che la fissava come se fosse uscita da un manicomio.

-Parola mia, ‘Mione, tu studi troppo- e la sorpassò per accaparrarsi il primo posto a tavola; quando un insolitamente silenzioso Harry e una distratta Hermione lo raggiunsero, si stava già abbuffando di pasticcio di carne e in una mano teneva un cosciotto di polle che avrebbe potuto sfamare Hermione, Harry e Ginny allo stesso tempo, mentre nell’altra mano brandiva barbaramente una forchetta, spandendo, di tanto in tanto, pasticcio di carne su tutto il tavolo.

Non sentiva il cicaleccio allegro di Ginny sul suo nuovo ragazzo, né tantomeno le risate allegre di Neville, così come non sentiva il ringhio di sottofondo di Ron che ascoltava attento le novità amorose della sorella.

Vedeva solo lui.

Lui che le sorrideva, lui che si puliva elegantemente la bocca con un angolo del tovagliolo immacolato appena tolto dalle ginocchia, lui che prendeva il bicchiere e ci versava del liquido da una bottiglietta presa dal mantello.

Sapeva, pur non riuscendo a leggere da così tanta distanza, che sopra c’era scritto “Regenero”. Era una complicata pozione che preparava Madama Chips ed elargiva benevolmente a chi faceva parte della squadra di Quidditch, Draco, Harry, Ron e Ginny compresi.

Lo vide sorriderle e si perse nella contemplazione di quell’argento degli occhi così mutevole, così ammaliante, così affascinante.

Lesse quello che le sue labbra sussurrarono un secondo prima di portare il liquido alla bocca e sorrise.

Non le aveva mai detto “ti amo”.

Poi accaddero troppo cose velocemente.

L’argento degli occhi divenne un grigio piombo, il bicchiere gli cadde dalle mani riversando tutto il suo liquido bluastro sul tavolo, vide gli occhi di lui spalancarsi per la sorpresa di qualcosa, aprire la bocca nel tentativo di riuscire a respirare –nel vano tentativo di riuscire a conservare abbastanza ossigeno per poterle urlate “ti amo”- lo vide guardarsi le mani angosciato e poi iniziare a tremare convulsamente.

Sentì il rumore sordo di una forchetta che sbatteva contro il piatto, e non si rese conto che quella forchetta e quel piatto appartenevano a lei, percepì vagamente il rumore di una sedia che si rovesciava ma ancora una volta non capì di essere stata lei a rovesciare la sua stessa sedia.

Sentì un urlo che sovrastava il chiacchiericcio della Sala Grande solo quando si rese conto delle proprie mani premute sulla bocca per soffocare il proprio grido che nasceva dall’angoscia del cuore- quel cuore che aveva già capito tutto  e che si disperava battendo all’impazzata-.

Vide Draco Malfoy che, se possibile, perdeva colore diventando ancora più pallido del solito, lo vide strizzare gli occhi come se non riuscisse a vedere bene e poi crollare a terra, rantolando, con la bocca spalancata nel tentativo di non morire soffocato.

Poi fu il silenzio.

Quel silenzio maledetto che la stordiva più di tutte le chiacchiere concitate che avevano saturato l’aria fino a pochi secondi prima.

Infine fu il buio.

E l’ultima cosa che vide fu Draco Malfoy riverso a terra, immobile, glaciale, con il professor Piton che accorreva verso il suo pupillo, terrorizzato.

Nella mente solo un eco lontano delle parole che lo stesso professore aveva borbottato in classe, quando lei non aveva occhi che per Draco “se pesco quel maledetto farabutto che ha osato intrufolarsi nel mio studio e saccheggiare la mia scorta privata di erbe, rubando radici di Aconito e fiori di Elleboro…” e la lezione di poco prima alla serra numero tre, dove loro stessi avevano maneggiato le foglie di Bella di Notte Velenosa.

Letali se miscelate nel giusto dosaggio con gli altri due ingredienti.

Sentì vagamente un grido terrorizzato, che scoprì in grado di catalogare a Pansy Parkinson, udì le urla scosse di Zabini, la cui voce di mescolava, confondendo Hermione, con una più profonda, probabilmente di Nott.

Infine riaprì gli occhi, non sapendo neppure quando li avesse chiusi e l’ultima cosa che vide fu Draco Malfoy, riverso a terra, immobile, glaciale.

Morto.

Solo allora svenne.

 

"D'altronde lui non ha mica aggiunto che sarebbe stato Per Sempre..."

"Amori", Jacques Prévert

 

Harry le teneva una mano.

Sicuramente era Harry, perché la mano in questione era spiacevolmente sudaticcia e molle.

Hermione serrò gli occhi, mentre un odore di erbe balsamiche le arrivava alle narici, facendole storcere il naso.

Era in infermeria.

Ma non ricordava perché mai ci fosse finita…

Respirò forte, facendo mente locale.

Non ricordava di aver combattuto conto un cane a tre teste, né di aver affrontato un Tranello del Diavolo, né di aver combattuto contro un Basilisco.

Nella sua memoria non c’era traccia di uno scontro recente né con troll, né con Mangiamorte.

Oh.

Poi i ricordi giunsero improvvisi, sopraffacendola con il loro peso.

Il pranzo, quel “ti amo”, lui che beveva, lui che cadeva a terra, lui che moriva.

No.

Non poteva essere vero.

Aprì gli occhi di botto e la luce che filtrava dalla finestra dell’infermeria la colpì, ma non ci fece caso, intenta com’era piangere per il suo cuore che sanguinava copiosamente.

Scoprì, con suo sommo disappunto, che non era solo un incubo, e che la realtà era molto peggio, se possibile.

La mano sudaticcia, che le stringeva mollemente la sua, ma con abbastanza decisione e fermezza da farle capire che non l’avrebbe mai lasciata andare, non era di Harry.

Apparteneva a Ron.

Il-Ragazzo-Che-Era-Sopravvissuto se ne stava in un angolo, a fissarla, prima avvicinarsi lentamente e mormorare qualcosa all’orecchio di Ronald, che continuava ripeterle che una ragazza perbene e sensibile come lei non avrebbe mai dovuto vedere la miserabile morte di uno schifoso figlio di un Mangiamorte come Malfuretto Malfoy.

Si rese conto di aver iniziato a piangere solo quando Harry, una volta uscito Ron come da lui chiesto, le porse gentilmente un fazzoletto di carta.

Perché lui sembrasse volerla evitare non riusciva proprio a spiegarselo.

Lo fissò interrogativa, prima ti tentare di sorridere, ma il massimo che riuscì a fare fu una smorfia stiracchiata che, se possibile, fece allontanare Harry ancora di più da lei.

Non parlò.

Non le chiese perché mai fosse svenuta, o avesse urlato o avesse avuto una reazione del genere vedendo Malfoy stare male mentre tutti erano intenti a fare altro.

Persino Piton non si sarebbe accorto dell’accaduto se lei non avesse gridato mentre il sua sguardo basito e terrorizzato rimaneva fisso su Malfoy che cadeva a terra.

Non le chiese neppure perché, invece di rimproverare Ginny per i suoi amori frivoli come un vento estivo e forti come una leggera pioggerellina primaverile se ne stesse a fissare Malfuretto.

Non le chiese perché avesse urlato, e lei gliene fu grata; entrambi sapevano che non era stata una reazione per la paura –Merlino, era una Grifondoro lei!-.

Si limitò a dirle, freddo e distaccato che chi l’amava, chi l’amava veramente, era Ronald.

Tremò.

Quel “ti amo” mai sentito, letto grazie alla sua capacità di capire i labiali, le rimbombava nella testa quasi quanto i passi della corsa concitata del Professor Piton  verso il suo pupillo che moriva –Dio, morto. Draco era morto!...- e che cadeva a terra, rantolante, mentre esalava l’ultimo respiro.

Lo fissò come si fissa uno sconosciuto che, durante un temporale e sotto la pioggia scrosciante, ti ferma per strada e vuole convincerti che siete amici, migliori amici, e mentre tu stai ferma sotto l’acqua battente, ti chiedi il perché di quel gesto, se per necessità di parlare, se non siete davvero migliori amici e, per una strana casualità, è lui ad aver ragione e tu ad aver dimenticato tutto, fino a quando non comprendi il vero fine di tale gesto.

E lo osservi meglio, lui, lì, nel suo impermeabile caldo, al sicuro sotto un ombrello troppo piccolo per entrambi mentre tu, piccolo pulcino bagnato, infreddolito dal vento e dalla pioggia gelida, te ne stai sotto lo scroscio dell’acqua, e lo vedi sorridere, il tuo “migliore amico dimenticato” che vuole solo farti raffreddare.

“Senti com’è bella l’acqua che ti scorre addosso?” sembra voler dire con i suoi occhi brillanti, scintillanti di divertimento e di cattiveria.

Ma tu non senti l’acqua fredda.

Senti il gelo di quel gesto.

E spaventata, infreddolita, dispiaciuta, strattoni via il braccio dalla presa ferrea di lui e corri senza una meta ben precisa, fin quando non comprendi che sei caduta nella sua trappola.

Sei sola, dispersa e bagnata.

 

Lo vide mettersi le mani in tasca –Harry, Harry caro, perché?- e tirarne fuori con una lentezza esasperante –Non farlo, te ne prego. Non uccidermi di nuovo…- un’ampollina contenente un liquido color pervinca, lo stesso liquido che, ingerito, aveva ucciso Draco Malfoy –lo stesso liquido che, alla sola vista uccideva anche lei…-.

E così sapeva, fu il suo unico pensiero.

Si era illusa –stupida, stupida che non sei altro!- che Harry non si fosse accorto della sua relazione con Draco, ma evidentemente si era sbagliata.

Era stato lui.

Merlino, era stato lui!

Era stato Harry Potter, il salvatore del mondo magico, ad uccidere –Merlino e Morgana, uccidere!- Draco Malfoy.

Non riusciva a farsene una ragione, non riusciva a capacitarsene.

Non parlò, non pianse.

Si limitò a fissarlo, come se lo vedesse per la prima volta.

Lui, con la stessa flemma esasperante, fece evanescere l’ampollina con il suo contenuto, così da essere libero da ogni sospetto.

Come colto da un improvviso senso di colpa le si avvicinò ancora, allungando la mano per farle una carezza sulla testa, ma lei si allontano dalla sua mano –quella stessa mano che aveva scambiato la Pozione Ricostituente con un veleno letale- e lo fissò in cagnesco.

-È Ron che ti ama- ripeté come se quello bastasse a scusare il suo gesto folle.

Ma vedendo che lei non accennava a scuotersi dallo stato di catalessi in cui era caduta, sussurrò un finto –mi dispiace- prima di uscire dalla stanza e lasciarla finalmente sola con il suo dolore.

E così si era messo anche l’anima in pace.

Poteva davvero dirsi tranquillo di andare a fare un bell’allenamento di Quidditch prima di andare a banchettare per la cena.

 

 

"Esiste un voluttuoso piacere nel rimproverarsi. Quando ci rimproveriamo, sentiamo che nessun altro ha il diritto di farlo. è la confessione, non il sacerdote, che ci dà l'assoluzione."

"Il ritratto di Dorian Gray", Oscar Wilde

 

 

 

 

 

 

Se ne stava in piedi, bella e austera come non mai, col ventre rigonfio e le gote rigate di lacrime amare che non volevano saperne di smettere di uscire.

La giornata era limpida, gli uccellini cantavano allegri e i fiori, i narcisi –belli e vanitosi come lui- ballavano fragili e eleganti nel vento.

Blaise era stato gentile, non l’avrebbe mai pensato.

L’aveva ascoltata, o meglio, aveva ascoltato il suo silenzio, le sue mute parole, aveva visto le sue lacrime silenziose quando gli altri fingevano di non vederle –come fingevano di non notare che la sua pancia cresceva, e cresceva, e cresceva…- e le era stato vicino.

Non per questo era stato facile.

Theodore –cielo, una volta sarebbe stato solo Nott…- era stato sospettoso fin dall’inizio, l’aveva guardata con occhio cattivo, ma quando lei aveva troncato definitivamente l’amicizia che la legava da sempre al Ragazzo-Che-Era-Sopravvissuto e al suo amico pezzente Weasley, non aveva potuto più negare l’evidenza.

Così Blaise –il caro dolce Zabini che soffriva quanto lei…- l’aveva accompagnata, ad Aprile inoltrato, al cimitero, a piangere su quella tomba bianca che recitava in oro zecchino –perché il nome dei Malfoy restasse sempre nella storia per il potere e l’opulenza- “DRACO LUCIUS MALFOY”.

Era vestita di bianco, anche se di puro non aveva proprio niente –come testimoniava quel ventre rigonfio che simboleggiava il loro amore, quell’amore che aveva dato frutti così inaspettati che lei stessa ne era rimaste sorpresa e interdetta per un po’- con un nastro verde tra i capelli sciolti –come li amava lui. Sciolti e liberi come avrebbe voluto essere, libero dai pregiudizi, dalla sua famiglia, dal suo buon nome… e come unica costrizione li aveva fermati con una fascia del colore che lui amava di più-.

Sorrideva tra le lacrime mentre tentava di farsi forza.

Fragile donna intrappolata nel corpo di una ragazzina.

Forte donna che aveva scelto l’ignoto degli amici del suo ragazzo ai traditori della sua Casa.

Fragile donna che portava nel corpo il simbolo dell’amore e dell’eterna promessa d’amore del ragazzo che non avrebbe mai potuto vedere il frutto della loro passione.

Di quello stesso ragazzo che stava metri e metri sottoterra, con una lapide di pregiato marmo bianco che lo proteggeva dai raggi del sole, dalla pioggia dilavante dell’acqua e dal vento.

Dalle sue lacrime.

Accarezzava quella condanna, che aveva fatto sì che lei venisse tacciata da studentessa modello a ragazza poco seria, quella salvezza che gli faceva sentire un po’ più vicino chi le era stato tolto con l’inganno e la violenza, sorridendo distrattamente, pensando a come sarebbe stato bello un futuro insieme.

E ora lui era lì, -morto, morto!- e lei era sola –non proprio sola, aveva il frutto del suo amore, del loro amore nel proprio ventre…- a dover fronteggiare il mondo intero, con il solo aiuto di Blaise, che sembrava volerla difendere a spada tratta da chiunque osasse intralciare la sua strada, di Theodore che era riuscito a convincere anche una Serpe come Pansy, che se ne andava in giro a Hogsmeade ogni volta che poteva a cercare completino da neonato, trascinando con se, di tanto in tanto, un’ancora recalcitrante Ginny Weasley.

Passava il suo tempo in biblioteca, a leggere libri o a svagarsi in giardino con le chiacchiere dei Serpeverde, a osservare da lontano quello che erano i suoi vecchi amici, ormai solo compagni di Casa che incontrava la sera per andare a letto e durante le lezioni.

Piton si era ingegnato in tutti i modi, la famiglia Malfoy aveva giurato vendetta, ma l’assassino non era mai saltato fuori.

Harry continuava a vivere tranquillo e sereno la sua vita, mentre Hermione, piangeva silenziose lacrime per un amore e un’amicizia terminate in modo violento.

Si girò verso Blaise, che era rimasto a un’educata distanza dalla tomba per permetterle di piangere da sola il suo dolore, e sorrise.

Un sorriso falso come i trenta denari, ma lui fece finta di niente e le sorrise di rimando.

Se non poteva più piangere, -Merlino, aveva finito anche le lacrime- non poteva disperarsi –il futuro l’attendeva e a breve non sarebbe più stata da sola ma avrebbe dovuto pensare anche per un pargolo in arrivo- e non poteva riaverlo indietro –che sollievo che sarebbe stato! Lui l’avrebbe stretta in un abbraccio, avrebbe baciato quel ventre rigonfio, ringraziato Blaise e i suoi amici per l’aiuto e l’avrebbe portata senza pensarci due volte dritta all’altare- perché non regalarle almeno l’illusione di credere al suo finto sorriso?

 

 

“E vissero infelici perché costava meno”.

Leo Longanesi.

 

 

 

“Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Questo amore
Bello come il giorno
E cattivo come il tempo
Quando il tempo è cattivo
Questo amore così vero
Questo amore cosí bello
Così felice
Così gaio
E così beffardo
Tremante di paura come un bambino al buio
E così sicuro di sé
Come un uomo tranquillo nel cuore della notte
Questo amore che impauriva gli altri
Che li faceva parlare
Che li faceva impallidire
Questo amore spiato
Perché noi lo spiavamo
Perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato
Perché noi l'abbiamo perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato
Questo amore tutto intero
Ancora così vivo
E tutto soleggiato
E' tuo
E' mio
E' stato quel che è stato
Questa cosa sempre nuova
E che non è mai cambiata
Vera come una pianta
Tremante come un uccello
Calda e viva come l'estate
Noi possiamo tutti e due
 [...]

Sognare la morte
 [...]

il nostro amore è là
Testardo come un asino
Vivo come il desiderio
Crudele come la memoria
Sciocco come i rimpianti
Tenero come il ricordo
Freddo come il marmo
Bello come il giorno
Fragile come un bambino
Ci guarda sorridendo
E ci parla senza dir nulla
E io tremante l'ascolto
E grido
Grido per te
Grido per me
Ti supplico
Per te per me per tutti coloro che si amano
E che si sono amati
Sì io gli grido
Per te per me e per tutti gli altri
Che non conosco
Fermati là
Là dove sei
Là dove sei stato altre volte
Fermati
Non muoverti
Non andartene
Noi che siamo amati
Noi ti abbiamo dimenticato
Tu non dimenticarci
Non avevamo che te sulla terra
Non lasciarci diventare gelidi
Anche se molto lontano sempre
E non importa dove
Dacci un segno di vita
Molto più tardi ai margini di un bosco
Nella foresta della memoria
Alzati subito
Tendici la mano
E salvaci.”

“Questo Amore” Jacques Prévert.

 

 

 

§  Spazio Autrice:  §

Lo so, mi odierete.

Che volete farci, con febbre e raffreddore l’ispirazione è questa…

Complice è stato anche il fuoco che scoppiettava allegro nel camino e il cielo che si vede dalla finestra della mia camera, prima sereno e ora, -Grazie al cielo!- nuvoloso.

Prévert e Wilde, per chiunque mi conoscesse, sono punti fissi della mia vita e ovviamente non potevo non metterli in questa one-shot.

All’inizio, per chiunque l’avesse notato, mi sono ispirata alla poesia “Daffodils” (di William Wordsworth), ovvero “narcisi”, che ho ripreso anche alla fine del racconto come chiusura.

Un grande GRAZIE a chi recensisce i miei scritti, a chi li mette tra i preferiti e a chi capita anche solo per caso.


In particolare Grazie a :
Lucy Pevensie: lo so che la scuola incombe su tutti, me per prima, quindi tranquilla, ti capisco benissimo!
e a Shay89 lo so, sono un po' lenta ad aggiornare...
Infine, per ultima, ma non ultima, un enorme GRAZIE tutto per Mirya, lei sa perchè!


Baci ^^

Ele_lele 
   
 
Leggi le 16 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: ele_lele