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Autore: Naco    15/11/2009    2 recensioni
C’era una volta una ragazzina tanto gentile e buona che si chiamava Sakura. La fanciulla viveva da sola con suo padre, Clow, un mago molto potente, amato e acclamato da tutto il villaggio. [...]
Un giorno, Clow chiese alla figlia se poteva andare dal mago Fay per portargli delle erbe medicinali, perché non stava molto bene e gli servivano per preparare qualche medicamento magico...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPPUCCETTO SAKURA

C’era una volta una ragazzina tanto gentile e buona che si chiamava Sakura. La fanciulla viveva da sola con suo padre, Clow, un mago molto potente, amato e acclamato da tutto il villaggio. Anche Sakura era voluta bene da tutti: era molto sveglia e, come suo padre, aveva un grande talento per le arti magiche. Spesse volte, quando suo padre era via per viaggi di lavoro, era stata lei ad occuparsi delle richieste degli abitanti del villaggio e aveva svolto il suo compito sempre con grande efficienza e perizia.
Un giorno, Clow chiese alla figlia se poteva andare dal mago Fay per portargli delle erbe medicinali, perché non stava molto bene e gli servivano per preparare qualche medicamento magico. Anch’egli era un mago come suo padre, ma si era ritirato dalla professione anni prima, quando, durante la preparazione di un incantesimo, aveva causato la morte di suo fratello gemello Yuhi. L’uomo spiegò alla figlia che sarebbe andato volentieri lui, ma purtroppo era stato chiamato in terre molto lontane a proposito di alcune strane piume con strani poteri che erano apparse all’improvviso e nessuno sapeva bene da dove.
La dolce Sakura accettò di buon grado la missione: le faceva piacere rendersi utile, per quanto poteva, e poi adorava andare da Fay. L’uomo, infatti, era anche un ottimo cuoco e preparava degli ottimi manicaretti e la trattava sempre come una principessa, regalandole sempre dolci sorrisi e pasticcini buonissimi.
La ragazzina prese il cestino con gli ingredienti magici, si mise la mantellina rossa che le aveva regalato il suo papà per il suo compleanno e si avviò tutta felice verso la casa del mago. Suo padre le aveva consigliato di evitare la strada solita, quella più breve che attraversava la radura, perché aveva saputo da un cacciatore che c’erano alcune creature pericolose nel bosco, ma la piccola Sakura decise, per una volta, di non ascoltare il consiglio: non era una figlia disobbediente, ma, visto che le era già capitato di affrontare creature del genere, non aveva paura. Sapeva quanto suo padre fosse troppo protettivo, nei suoi confronti, così ignorò il consiglio dell’uomo.
Tuttavia, quando si ritrovò a camminare da sola per i sentieri del bosco fu colta da un po’ di paura: e se suo padre avesse avuto ragione? Se avesse dovuto ascoltare il suo monito? Forse sarebbe stato più saggio chiedere al suo amico Shaoran di accompagnarla: anche lui conosceva il mago ed era andato spesso con lei a trovarlo.
All’improvviso, uno strano rumore di fronde la fece sussultare; velocemente, si voltò verso la fonte del rumore, pronta ad usare la sua magia in caso di necessità. I suoni si facevano sempre più forti e vicini, così Sakura, ormai spaventata, lanciò un incantesimo, anche se non molto potente.
“Ehi, ferma, ferma! Non volevo spaventarti!” esclamò una voce. All’improvvisò, un uomo uscì fuori dai cespugli: era completamente vestito di nero, molto alto e aveva uno strano sorriso.
A una persona normale, insomma, quell’uomo avrebbe fatto piuttosto paura; tuttavia, Sakura aveva molta fiducia nella bontà del prossimo e quindi pensò subito che, se quell’uomo era così triste e oscuro, sicuramente non doveva essere stata colpa sua.
“Oh, mi scusi!” si inchinò educatamente “Mio padre mi ha detto di fare attenzione, perché in questa zona ci sono molte creature pericolose, perciò ho avuto paura!”
“Tuo padre ha ragione a preoccuparsi per te, piccola.” Commentò l’uomo, annuendo. “In questa foresta ci sono molte creature che si cibano soprattutto di bambini e di belle ragazzine come te! Ma tu mi sembri una maga molto potente, quindi non devi assolutamente preoccuparti! Comunque,” l’occhio dell’uomo si posò sul cestino che la ragazza aveva con sé “dove stai andando tutta sola con quel cestino?”
“Sto andando da un mio amico mago, il signor Fay. Vive al limitar del bosco. Sa, devo portargli delle erbe speciali, perché non si sente molto bene e sta preparando una medicina.”
“Oh! Conosco bene il signor Fay! E’ stato un grande mago, ai suoi tempi! Non sapevo avesse un’amica così carina e premurosa! Allora avevo ragione, nel dire che sei molto potente! Beh, fa’ comunque molta attenzione, piccola!”
Sakura ringraziò l’uomo per i consigli e proseguì per la sua strada, ripromettendosi di raccontare a suo padre che aveva torto nel pensare che lì ci fossero solo creature malvagie.
L’uomo vestito di nero, intanto, continuò a fissare la direzione verso cui si era diretta la ragazzina, meditabondo: appena l’aveva vista, aveva intuito subito che avesse un grande potere magico e non avrebbe potuto essere più fortunato di così: quella era nientemeno che la figlia dell’uomo che gli aveva rubato l’unica donna che avesse mai amato. Era stato quando aveva capito che non avrebbe mai potuto sconfiggerlo, che si era ritirato in quel bosco meditando vendetta. Aveva atteso anni, ma finalmente il momento del suo trionfo sarebbe giunto. La fortuna, questa volta, girava completamente dalla sua parte: tra tanti, quella ragazzina stava andando proprio a casa di quel mago…

Sakura capì subito che c’era qualcosa che non andava, quel giorno, perché, diversamente dal solito, Fay non era già sulla soglia ad attenderla con il suo solito sorriso e un vassoio pieno di biscotti al cioccolato per lei in mano; eppure, era sicura che suo padre le avesse detto che il mago era stato informato della sua visita e che quindi l’aspettava.
“Fay-san?” chiamò piano, bussando. Nessuna risposta. “Fay-san?” provò ancora, questa volta con un tono più alto.
Che cosa poteva essere successo? Che il suo male fosse peggiorato e si fosse sentito male? Spaventata da quella possibile evoluzione, non senza imbarazzo, Sakura provocò ad aprire la porta e constatò che effettivamente era aperta. Entrò, chiedendo il permesso, ma ancora una volta le rispose il silenzio. Ormai sicura che fosse accaduto qualcosa di grave, Sakura puntò direttamente verso la camera da letto del mago, ma, con sua somma sorpresa non trovò nessuno.
“Fay-san?” chiamò ancora, dirigendosi verso la cucina.
Fu allora che lo vide, attraverso la finestra che dava sul giardino dietro la casa, chinato sulle sue erbe, probabilmente intento a controllare che queste crescessero bene. Sakura si rincuorò: ecco perché non l’aveva sentita!
“Fay-san?” lo chiamò avvicinandosi a lui “Scusi se sono entrata senza il suo permesso, ma non rispondeva nessuno e così…”
Tuttavia, il mago non parve averla sentita.
“Fay-san, si sente bene?” chiese ancora, preoccupata. C’era qualcosa di strano nel mago, ora che ci faceva caso. C’era come una strana energia che lo avvolgeva…
“Fay-san?”
Il mago si voltò verso la ragazza e Sakura indietreggiò gettando un urlo. Perché il mago aveva gli occhi neri come la pece? Dov’erano finiti i suoi dolcissimi occhi azzurri?

Kurogane imprecò una, due, tre, quattro volte, battendo il piede sul terreno. Poi, quando si rese conto che non aveva senso prendersela con la terraferma – l’unica cosa di cui poteva essere accusata, d’altronde, era l’aver dato i natali a quell’idiota! – decise che avrebbe conservato le sue energie per sfogarsi contro di lui.
Perché lui a quell’imbecille aveva detto più volte che non era normale che avesse iniziato ad accusare quei dolori così, di punto in bianco, e che sarebbe stato meglio se si fosse fatto vedere da uno specialista. Ma lui no. Ovviamente, quando mai quel mago da strapazzo lo stava a sentire?
“E’ tutto a posto Kuro-wan! Ho chiesto a Clow-san di portarmi da uno dei suoi viaggi delle erbe medicinali miracolose!” aveva cercato di tranquillizzarlo lui, sfoderando uno di quei suoi sorrisi idioti, accompagnandolo con uno di quegli appellativi ancora più idioti che gli propinava.
“Erbe miracolose un corno!” blaterò. Non è che non credesse alla magia, lui. Gli era capitato più volte di vedere qualcuno fare incantesimi. La ragazzina che stava sempre assieme al suo discepolo, per esempio. E pure il mago. Ma una cosa era una formula magica che concentrava l’aura di una persona in un punto, un’altra una presunta pianta con proprietà magiche. Le piante erano piante. E, secondo lui, tutte uguali. Mangiare foglie o radici non avrebbe guarito da nessuna malattia; al massimo, avrebbe fatto passare l’appetito per un po’. Comunque, quel testone ci credeva fermamente e così lui non aveva potuto far altro che scuotere la testa ogni volta che lo vedeva in difficoltà.
Il giorno prima, però, il mago, con quella solita aria da “io so qualcosa che tu non sai ma non te lo dirò” gli comunicò che non doveva più preoccuparsi per lui; perché finalmente Clow-san gli avrebbe portato quello che gli aveva chiesto. Il ché sottintendeva un “puoi anche non venire domani”, dato che non voleva assolutamente essere disturbato mentre era al lavoro.
Non che gliene importasse molto, eh: dopotutto, lui non era affatto preoccupato per la salute dello stupido mago, chiariamoci. Gli pareva solo che fosse stupido intestardirsi così, tutto qui. E non era certo perché voleva sapere come stava, che andava quasi tutti i giorni a trovarlo, ovviamente; era solo per potergli ripetere quanto secondo lui fosse un idiota.
Perciò, visto che quella mattina non doveva occuparsi anche di quella noiosa incombenza, aveva deciso che sarebbe stato meglio sfruttare quel tempo intensificando gli allenamenti di Shaoran, il suo allievo. Ormai il ragazzo era abbastanza bravo, ma sentiva che c’era ancora che non andava: forse dipendeva dal fatto che il ragazzino pensava troppo a Sakura, la sua “hime”, come la soprannominava quando parlava di lei.
Sennonché comprese subito che i suoi buoni propositi sarebbero andati a farsi benedire, non appena vide il ragazzo avvicinarsi, l’espressione di chi aveva qualcosa da dirgli – cosa che sicuramente non sarebbe stata niente di buono.
“Che hai, ragazzo?”
“Ehm… Kurogane-san?” Shaoran tentò in tutti i modi di non incrociare lo sguardo del suo maestro. “Ecco… potremmo posticipare l’allenamento di oggi?”
Kurogane sollevò un sopracciglio, perplesso. “E perché?”
“Beh, perché…” Shaoran, a capo chino, si spostava ora su un piede ora sull’altro, come se avesse urgenza di andare in bagno. “… avverto una strana energia, nel bosco.”
L’uomo sbuffò: ci mancavano pure le sensazioni di quel ragazzino, ora! Da quando la sua amichetta Sakura gli aveva insegnato un po’ di trucchetti magici, quel ragazzino, pur di migliorare e non deludere la sua amata hime, aveva preso la brutta abitudine di allenarsi anche con la magia, togliendo tempo agli esercizi con la spada.
“E quindi?”
“Sakura-hime mi ha detto che sarebbe passata da Fay-san oggi. E visto che lui abita vicino al bosco…”
“Sarà soltanto l’effetto di qualche incantesimo di quello stupido mago!” commentò; tuttavia, il ragazzo non parve molto convinto.
“Conosco l’energia di Fay-san. E’ bianca, come la neve, dolce e un po’ malinconica. Questa invece è… nera.”
Kurogane avrebbe voluto replicargli che, per lui, la magia era solo una seccatura e una perdita di tempo, che fosse bianca, rossa, gialla o arancione, ma l’ espressione del ragazzino era talmente corrucciata che decise di risparmiarsi quel commento: quando si trattava della sua hime, il suo discepolo non capiva più niente.
“Tsè! Non ho alcuna intenzione di perdere una giornata di allenamenti in questo modo! Vuol dire che faremo pratica nel bosco!” concesse ad un felicissimo Shaoran.
“Che quel demente abbia sbagliato qualcosa e abbia causato qualche macello?” si domandò irritato. Se avesse sprecato una mattinata per colpa di quel cretino, giurò a se stesso che l’avrebbe fatto lui a fettine, e tanti saluti alla magia.
Man mano che procedevano nel bosco, però, la rabbia dell’uomo si trasformò in preoccupazione: lui non era certamente un mago, vero, però il suo sesto senso gli indicava che, sì, c’era davvero qualcosa di strano, nell’aria; qualcosa di pericoloso e oscuro. Shaoran aveva ragione: di lì a poco, sarebbe accaduto qualcosa di terribile.
Senza rendersene neanche conto, aumentò il passo e in poco tempo si trovò davanti al’abitazione dello stupido mago.
Non c’erano dubbi: era proprio da lì che proveniva quell’aria così sinistra.
Non preoccupandosi minimamente neanche di chiedere il permesso, Kurogane scardinò senza indugi la porta d’ingresso e si precipitò all’interno dell’abitazione; gli ci vollero solo pochi secondi per individuare il punto in cui si trovava il mago e il respiro gli si mozzò quando capì che cosa stava succedendo.
Che diavolo stava facendo quell’idiota?!

Fay formò una sfera nera tra le sue mani, pronto a colpire Sakura, davanti a lui, immobile e completamente sconvolta. Istintivamente Kurogane si lanciò sulla ragazza, giusto in tempo per evitare il peggio; Shaoran gli fu subito accanto, preoccupato per i due.
“Si può sapere che ti prende, stupido mago?!” domandò, ma il biondo non diede segno di averlo neanche riconosciuto.
“Quindi, Fay?” I presenti si guardarono intorno: di chi era quella voce adesso? Non ci volle molto per capire da dove provenisse: una strana figura apparve pochi attimi dopo, era proprio alle spalle del mago, avvolta da un’aura completamente nera, come quella che circondava Fay. Sakura si portò le mani alla bocca: si trattava dello stesso uomo che aveva incontrato nel bosco poche ore prima! “Ti ho insegnato come riportare in vita tuo fratello, che è morto per colpa tua, utilizzando la tua energia. E tu mi avevi promesso che saresti stato il mio servitore in eterno. Quindi, ti ordino di uccidere questi due scocciatori e la ragazza. Adesso.”
Ecco perché nell’ultimo periodo quel mago da strapazzo era sempre distrutto! Altro che malattia! Capì al volo Kurogane; si chiese se Clow-san sapesse del motivo di quei malanni, ma dedusse di no, altrimenti probabilmente l’avrebbe fermato prima che arrivasse a quel punto.
Shaoran si parò davanti a Sakura, mentre Kurogane si mise davanti a loro.
“Tu occupati della ragazza.” Ordinò, prima di concentrarsi nuovamente sul mago. Che cosa gli era successo? Da dove proveniva quell’aura così oscura? E i suoi occhi… lui non era tipo da prestare attenzione a questi particolari, ma avrebbe giurato che erano sempre stati azzurri, come il mare. Da dove venivano fuori quegli stranissimi occhi neri?
Fay intanto aveva terminato di pronunciare a mezza voce il suo incantesimo e stava per lanciare un’altra sfera di energia oscura contro di loro; tuttavia, Kurogane fu più lesto e riuscì a bloccargli il polso prima che la scagliasse. La sfera di luce nera dopo qualche secondo si dissolse completamente.
“Stupido mago! Quando qualcuno muore, non può tornare in vita! Lascia in pace i defunti!” gli urlò rabbioso, ripensando a molti anni prima, quando sua madre era morta e lui era andato da Tomoyo, la giovane maga che viveva nel suo villaggio, per farle la stessa richiesta; a suo tempo, quando la fanciulla gli aveva risposto con quelle stesse parole, l’aveva detestata ed aveva capito che la magia è soltanto una stupida illusione che ti fa credere di poter fare qualsiasi cosa, ma che poi ti tradisce quando più hai bisogno del suo aiuto; con il tempo, però, aveva compreso che la donna aveva avuto ragione, nonostante la sua avversione per le arti magiche fosse comunque rimasta.
“Lui è morto per colpa mia!” urlò allora il mago, ormai tra le lacrime.
Solo in quel momento, Kurogane comprese: quell’energia oscura che circondava il mago non era dovuta soltanto a qualche strano incantesimo di quel tizio; era anche tutto il dolore racchiuso nel suo cuore che probabilmente quell’essere aveva solo riportato alla luce e intensificato.
“Non è vero Fay-san!” intervenne Sakura, che aveva ascoltato tutta la conversazione tra i due. “Mio padre me l’ha raccontato, perché era stato proprio Yuhi-san a chiedergli un consiglio. Tuo fratello era malato da tempo e non aveva molto da vivere, così aveva chiesto a mio padre di insegnargli un incantesimo per regalare la sua energia a te. In realtà tu non l’hai ucciso, ma hai salvato una parte di lui!”
Fay sgranò gli occhi per lo shock causato dalla rivelazione, la sua aura nera che lentamente riduceva la sua intensità.
“Che cosa ti prende, Fay?” rincarò invece Fei Wong “Non vuoi più rivedere tuo fratello? Se li uccidi, potrai prendere da loro l’energia necessaria per riportarlo in vita!”
“Sta’ zitto tu!” urlò Kurogane balzando sull’uomo furioso. Non gli avrebbe permesso di dire altre stupidaggini di quel genere. Come diavolo aveva potuto essere così stupido, quel mago da strapazzo, da lasciarsi abbindolare dalle parole di quello lì?
Fei Wong, sorpreso dalla velocità di Kurogane, non ebbe neanche il tempo di reagire, perché la spada del guerriero lo trapassò completamente.
Nell’istante stesso in cui il copro di Fei Wong si volatilizzò, anche l’aura che aveva avvolto Fay scomparve completamente; pure i suoi occhi tornarono della solita tonalità di azzurro.
Il mago cadde in avanti, troppo sconvolto per guardare i suoi compagni.
“Io… io… stavo per…” si coprì il volto con le mani.
Sakura si inginocchiò subito davanti a lui: “Non ha importanza, Fay-san. La colpa è tutta mia che non ti ho mai raccontato questa storia. Perdonami. L’importante adesso è che tu stia bene.”
I due si guardarono e si sorrisero a vicenda: le ombre del passato si erano dissolte per sempre.
“Avete finito con tutte queste smancerie? Su, ragazzo, torniamo all’allenamento!”
“Uh, Kuro-bau, non mi dire che sei geloso!” Un lampo omicida passò velocemente negli occhi di Kurogane, ma Fay fece finta di non averlo minimamente notato. “Invece, che ne dite di una bella torta al cioccolato, per riprenderci?”
I due ragazzi mostrarono la propria risposta positiva trotterellando accanto al mago felici.
“E tu, Kuro-rin, non vuoi venire? Prometto di non avvelenarti!”
Per un attimo, il guerriero fu tentato di rispondergli che se in cucina era una frana come lo era con la magia, allora non si fidava proprio per niente delle sue promesse, tuttavia, alla fine, gli bastò fissare quegli occhi nuovamente azzurri e per una volta davvero sereni per sospirare e annuire: del resto, gli aveva già fatto perdere un sacco di tempo, quel giorno, e avrebbe considerato quello spuntino come un risarcimento per il tempo sprecato.


Fine


Note dell'autrice
Sì, lo so. La prima volta che entro come autrice in questo fandom e lo faccio con una storia così… così… bah. Non ho manco io delle parole adatte per descriverla. La colpa è di Graffias * annuisce con convinzione * che propone bellissime iniziative e dà delle idee ancora più belle. Ok, l’idea non l’ho seguita alla lettera, cambiando qual cosina (perché, se con questa storia già voglio nasconderla, con quella che mi sarebbe uscita con quell’altra, mi sarei sotterrata e non mi sarei più fatta vedere per decenni). Quindi un immenso grazie al Fairy Tale indetto da Fanworld.it e alla Criticombola di Criticoni (prompt #11 nero), a cui questa storia partecipa.
Se notate che lo stile differisce un po’, dalla prima alla seconda parte, sappiate che non l’ho fatto apposta. XD La colpa è tutta di Kurogane: appena ha iniziato a parlare lui, l’atmosfera fiabesca della prima parte è andata completamente a farsi benedire XD e alla fine ha preso una strada completamente inaspettata, devo ammetterlo. °_° Non avrei voluto farla così cupa! E Shaoran è risultato parecchio inutile! °_° Mi rendo anche conto che la battaglia con Feil Wong è stata molto veloce, e soprattutto gli altri sono stati inutili, ma uno scontro troppo lungo avrebbe allungato inutilmente la narrazione di una storia che, in teoria, dovrebbe essere una favola. E poi, nella favola originale è il cacciatore che salva la nonnina e Cappuccetto Rosso, quindi ovvio che tutti i meriti se li sia presi Kurogane! XD Fay non mi convince molto, ma lui ha detto che si è divertito, in questi panni, e se è contento lui! XD Per festeggiare la fine di questa fic ha preparato una torta enorme, che mi ha chiesto di condividere con i lettori * passa fette a tutti *.
Ok, la follia di Fay ha contagiato anche me. XD
Come sempre, commenti, critiche e pomodori sono sempre ben accetti!
   
 
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