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Autore: Ulissae    19/11/2009    7 recensioni
Vincitrice "Wolf's pack" contest, indetto da Mia90
[one shot Jacob / Leah (L)]
-Cos'hai, ora?- domandò di nuovo, ancora attento.
-Nulla- ripeté, ma con un tono diverso, più dolce, più affettuoso -è solo il sole-
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Leah Clearweater, Quileute
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ululati vari'
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Mi piace sproloquiare: una Blackwater al giorno togile il medico di torno :D perciò, visto che ho il raffreddore, mi pare il minimo che ne metta una al giorno sul sitoXD Ma facciamo le serie u_u. Ho sempre adorato la coppia Jacob Leah, ma per potermi adattare al bando ho deciso di farne un leggero accenno nel passato, descrivendo una classica domenica di sole a La Push, secondo la mia idea. Ho sempre immaginato Lee-Lee e le sorelle Black molto unite, mentre, leggendo le due righe sulle ultime nei libri, ho sempre creduto che Rachel avesse un carattere più deciso e che entrambe non sopportassero Bella –la supposizione è dovuta al fatto che, non so voi, ma io odiavo giocare con le bimbe più piccole-. What else… credo sia tutto. Buona lettura.



It's just the sun





Con la canna da pesca che sporgeva dal bagagliaio nell'abitacolo, il viaggio, soprattutto per Jake, costretto a sedersi al centro, si era rivelato piuttosto stressante. Il bastone pieghevole ballava da una parte all'altra andando a sbattere ad ogni curva sulla testa delle gemelle, che, borbottanti e scocciate, guardavano male il padre.
Billy, al contrario, sorrideva soddisfatto al posto di guida, fischiettando una vecchia canzone.
-Rachel, su! Un bel sorriso per la stampa- scherzò, mentre la moglie si girava a scattare una foto; comparirono i grugni delle due e un sorriso forzato del bambino.
-Papà! Ma perché la dobbiamo portare così?! Tutte intere! Smontiamole, no? Come qualsiasi persona normale- propose inacidita la ragazzina, mentre la sorella si infilava le cuffie del walkman nelle orecchie, isolandosi dalle normali discussioni di famiglia.
-Su, Rachy, lo sai bene- rise Sarah, scompigliando i capelli neri del signor Black, che iniziavano a tingersi di grigio, -non sa montarla senza istruzioni e si vergogna ad ammetterlo davanti a tutti-
L'uomo sbuffò, tetro, mentre i suoi figli iniziavano a ridacchiare, scambiandosi occhiate complici con la madre, che fissava angelica il marito, sorridendo innocente.
Altra curva, altra testata.
-Leah viene?- bofonchiò continuando la ragazza, cercando di distrarsi.
-Uhm, sì … Credo proprio di sì- disse lui, iniziando a parcheggiare il pick up rosso sgargiante -per fortuna siamo arrivati primi!- esultò, spegnendo il motore e facendo guizzare gli occhi  sulle sponde del fiume, ancora senza nessuno.
Jacob sospirò, ringraziando tutti i suoi Power Rangers per la fine di quel viaggio estenuante, uscì dalla macchina veloce, scavalcando Beck, che annoiata stava aprendo la portiera lentamente.
In un attimo tutta la famiglia, come ogni domenica di sole, si sistemò sul prato: Billy seduto sul suo seggiolino da pescatore, in testa il fedele cappello grigio portafortuna; Sarah stendendo la coperta a quadri rossi e blu sull'erba, adagiandoci sopra il cestino del pranzo; Rebecca sfogliando una rivista per adolescenti, curiosando sulle vite dei componenti delle boybands; Rachel leggendo l'ennesimo tomo di letteratura classica, quei pesantissimi volumi colmi di sensazioni, sentimenti, espressi solo attraverso parole; e Jake aspettando impaziente, con la palla in mano, l'arrivo dei suoi amici, Quil e Embry, con i quali avrebbe intrapreso la partita del secolo.
Era sempre così; la riserva appena spuntava il sole correva al fiume, dove gli abitanti, tralasciando tutti  i problemi quotidiani, potevano ritornare alle loro origini, svagandosi con chiacchierate e lunghe sessioni di pesca nelle quali, fumando una sigaretta, potevano affrontare gli argomenti più vari: dalla politica al baseball.
Il fiume era, in qualche strano modo, il collante che li univa.
-Ah, verrà anche Charlie- annunciò Bill, allegro -con la figlia. È venuta in vacanza a Forks- spostò la sua attenzione sulle gemelle -siate gentili- aggiunse eloquente, poggiando la canna a terra e avvicinandosi alla macchina dei Clearwater, appena arrivati.
-Come: viene pure la figlia?!- sbottò Rachel, tirando su la testa dal libro.
-Rack, viene pure Isa perché almeno starà un po' con voi, in compagnia- sorrise dolce la madre, alzandosi a sua volta e andando incontro a Sue, che si stava avvicinando con una gigantesca torta in mano.
Dietro a lei trotterellava allegro Seth, impaziente di passare la giornata con i più grandi, mentre una piccola furia dai capelli lunghi e neri schizzò in direzione delle sorelle Black, salutandole entusiasta.
In un secondo si misero dietro un enorme albero, che le nascose con il suo tronco secolare e le sue fronde enormi, iniziando a parlare di un certo ragazzo più grande che sarebbe dovuto venire.
Si preannunciava un'occasione golosa.
Harry, come il suo amico, non perse tempo e si mise subito a pescare.
Jacob si ritrovò presto solo e scontento, per di più con un piccolo mostriciattolo logorroico come compagno di prigionia.
I capelli scompigliati erano accarezzati dal vento, mentre il sorriso sdentato e bianco era scomparso. Sbuffando si sedette nuovamente a terra, affondando il mento tondo da bambino nei palmi delle mani, già sporchi di terriccio; l'insozzarsi è un ottimo passatempo, era solito dire alla madre quando questa lo sgridava.
Aspettò, sospirando, mentre l'altro gli raccontava duemila cose, velocemente e appassionatamente, senza che lui ne afferrasse anche una sola, semplice “h”.
Dopo un'ora, nella quale li raggiunsero anche la famiglia Altaera e Call, il cellulare di Billy suonò -una tecnologia troppo tecnologica per lui, sottolineavano le gemelle-  e Charlie, con voce sospirante, annunciò che a figlia si era ammalata, -fa così freddo qui... non è abituata-, e che non sarebbe venuto.
Ci fu un primo momento di dispiacere -piacere per Rachel- poi tutto riprese a scorrere, i sussurri sospettosi tra le ragazze ricominciarono, i padri continuarono a guardare rassegnati i pesci che non volevano abboccare.
La cosa non turbò troppo Jake, troppo impegnato nel creare delle squadre equilibrate. Purtroppo per lui, però, nell'estrazione delle accoppiate, era capitato con Seth, il dolce, caro e incapace nello sport Seth.
Con lo sguardo disperato si voltò, mentre gli amici ridacchiavano e si avvicinavano alla porta, due alberi, e posò a terra il pallone, guardò truce il suo compagno di squadra, sorridente ed allegro, e mormorò quasi come una minaccia: -se ne manchi una ...-
Il bambino più piccolo sbatté le palpebre e rispose prontamente: -certo, capitano! Di qui non passerà una palla!-
-Non sono capitano- biascicò l'altro, allontanandosi e andando verso il campo, un bellissimo prato scivoloso, trovandosi davanti a Embry.
Questo si era tolto la maglietta, sfuggendo agli occhi della madre, ed ora aspettava eccitato, già pregustando la vittoria: Quil era il migliore portiere di otto anni di La Push.
-Pronto a perdere?- sogghignò, iniziando a fare la conta per assegnare la palla, l'altro grugnì , quando il dito cicciotto del primo si fermo sul suo petto sospirò: per lo meno poteva tentare una rete.
-Ah, Jake! Posso prenderla con le mani?- la vocina di Seth lo raggiunse, facendogli desiderare di poter sprofondare a terra.
-SÌ! SEI IL PORTIERE! DEVI PRENDERLA CON LE MANI!- gridò, furioso, il viso da bambino scosso da un'espressione frustrata. Alzò gli occhi al cielo, roteandoli, poi, raccogliendo tutta la pazienza che un bambino potesse avere, diede il primo calcio, iniziando la partita.
Durante tutto il match i risolini di Quil e Emb gli perforarono i timpani, trasformandosi poi in fragorose risate davanti al magnifico risultato di dieci a due.
Non era mai successo che lui perdesse, era veloce, impossibile da marcare e, soprattutto, dotato anche di una buona fortuna che lo faceva sempre trovare al posto giusto al momento giusto; questa volta, invece, le cose non erano andate come al solito.
Fortunatamente a interrompere la furia del piccolo Jacob, già scattato contro il suo compagno di squadra, ci fu il richiamo al pranzo, dove i bambini, troppo schizzinosi, disdegnarono il pesce, affondando i denti, per la maggior parte ancora smussati, da latte, negli enormi hamburgers che gli erano stati porti dalle madri.
In un attimo si ritrovarono le bocche e le magliette sporche di ketchup e maionese, che, anarchiche, erano sfuggite dal pane, tuffandosi sui loro cartoni preferiti, che adornavano le loro t-shirt.
Affianco a Jake stava seduta Leah, le labbra all’ingiù, tristi, con Rachel a stringerle una spalla, tentando di consolarla: il ragazzo non era venuto, quindi lei si era truccata inutilmente e, anzi!, non era venuto per una ragione ancora peggiore: era il compleanno della sua ragazza.
Era occupato, quindi.
Fuori dai suoi standard, perciò.
Aveva tutto il diritto di potersi godere i suoi tre giorni di depressione adolescenziale.
Il bambino la guardò attentamente, masticando a bocca chiusa, dopo i richiami della mamma, poi deglutì e continuò a fissarla.
-Come mai stai così?- chiese, pensieroso, scrutando tutte le espressioni del piccolo viso, appena truccato, di lei.
-Niente- rispose, spostando lo sguardo sul fuoco scoppiettante.
-Ah... sei carina, oggi- riprese lui, regalandole un sorriso enorme e raggiante. Sincero.
Rimase interdetta, fissandolo sbigottita, poi arrossì, abbassando un po' la testa, le guance scure si tinsero per l'imbarazzo.
-Cos'hai, ora?- domandò di nuovo, ancora attento.
-Nulla- ripeté, ma con un tono diverso, più dolce, più affettuoso -è solo il sole-

Gli anni sono passati, pure i giorni, perfino i minuti, se uno si fosse messo a contarli, e loro sono cresciuti. I cuori sono stati infranti, da altri ragazzi, da altre ragazze che non si sono presentati all'appuntamento, che li hanno lasciati soli a farsi consolare dagli amici.
Eppure loro sono ancora là, sulla riva di quel fiume.
La gente se ne è andata, le persone sono cambiate, alcuni sentimenti si sono lacerati, altri sono nati, alcuni, perfino, sono riusciti a guarire.
Si guardano, loro due, mentre affondando i piedi nell'acqua.
Si guardano e basta, senza fiatare.
A lei basta questo: studiarlo con li occhi, accarezzarlo con questi, mentre le parole la difendono, impaurite da un possibile attacco; ma lui non è suo e Leah lo sa bene, è una stella troppo lontana per essere raggiunta, che appartiene ad un'altra galassia.
E lei non può fare che rimanere là, come un satellite, e assorbire quella poca luce che la raggiunge.
-Sei strana, oggi, Lee-Lee- mormorò Jacob, studiandola.
Come tanti anni prima lei arrossì, fissando intensamente l'acqua che scorreva.
Era sempre lo stesso, sempre il solito bambino, così ingenuo, così gentile.
-Strana come?- sussurrò lei, i capelli le erano ricresciuti, coprendole il viso, nascondendo quel vecchio rancore, che l’avvizziva.
-Strana... bella, più... tranquilla- disse lui, sorridendole.
Arrossì, Leah, cercando qualcosa con cui nascondersi, senza trovarla.
-Co's'hai?-
Scosse la testa, come per riprendersi.
-Nulla- ripose -è solo il sole-

E lo vorrei tanto raggiungere.



Angolo autrice:
Oh, my, god. Sono arrivata prima! Prima *O* non ci posso ancora credere! È stata la prima storia sui lupacchiotti e su Jake che ho scritto dopo tantissimo tempo e... wow, prima.
Direi di non dilungarmi sulla coppia Jacob Leah, ma sappiate che sono perfetti (L) E tanti saluti al mostriciattolo di Loch Ness!
La storia, come ho detto, si è classificata prima al contest wolf's pack indetto da Mia. Inoltre vorrei ringraziare Enny per il banner veramente molto bello ed elegante... pulito, direi =)
Di seguito vi lascio i risultati, che, secondo me, sono molto meglio della fic stessaXD
It's just the sun” di princess of vegeta6 
 

Ed ecco qui la storia vincitrice. Dunque, uno degli elementi che più mi ha fatto protendere per il primo posto è stata la naturalezza della situazione descritta. La tua storia sembrava un quadretto del realismo ottocentesco, così fresca, genuina e naturale che è stata premiata. 
Difatti i personaggi erano loro, proprio quelli della Meyer (ma senza la presenza a dir poco irritante di Bella Swan il che già ha molto giocato a tuo favore xD), eppure erano normali, in una situazione quotidiana: niente lupi, vampiri, battaglie, spargimenti di sangue... solo un tranquillo pomeriggio di pesca a La Push. 
La prima pagina immerge il lettore in un'atmosfera familiare, descritta con tale vividezza e semplicità che se ne viene quasi risucchiati, obbligati a prenderne parte, ad immergersi in essa, perché è una situazione in cui tutti noi, almeno una volta nella vita, ci siamo ritrovati: in macchina con genitori e fratelli, diretti verso una gita di qualche tipo che nessuno di noi vorrebbe fare. Le reazioni dei ragazzini, poi, sono descritte in maniera deliziosa: con pochi accenni, senza essere né pesante né didascalica, ma hai tracciato perfettamente sia i tratti caratteristici specifici di Rachel, Rebecca e Jake, sia, in generale, comportamenti generazionali, dovuti all'età. In particolar modo mi è piaciuto, all'inizio, come hai descritto Jacob, qui così distante dal diabetico Jake sempre intento a sbavare dietro Bella prima e Renesmee poi, eppure così straordinariamente lui. 
Bella anche la parte dove si innalza l'eterno muro maschi/femmine che, prima dei sedici anni di età e forse anche oltre, non potrà mai essere abbattuto: le gemelle si dedicano alle “cose da donne” con Leah, mentre i maschi si preparano ad occupare il loro tempo con cose che sono la ragione di vita di tutti gli esseri di sesso maschile dai dieci anni in giù (e talvolta anche in su... molto in su xD). Anche il breve accenno a questo rapporto/non rapporto fra Jake e Seth mi è piaciuto molto: l'entusiasmo irrefrenabile del bambino più piccolo coinvolto nelle attività di quelli più grandi di lui e, viceversa, il rifiuto quasi congenito dei bambini più grandi nei confronti dei più piccoli. La parte della partita dipinge questo aspetto con brevi piccole pennellate, leggere e delicate ma estremamente reali. E' stato bellissimo notare il misto di sensazioni che ho provato quando il riso o il sorriso suscitato da un'azione dei bambini si scontrava, invece, con l'estrema serietà con la quale essi si dedicavano alla loro attività, come del resto tutti i bambini piccoli, che considerano il gioco con estrema serietà. La fame però fa dimenticare ogni divergenza. Persino il momento del pranzo lo hai descritto in una maniera così reale che mi ha spiazzato: in poche, semplici parole, riesci a rendere anche i più piccoli gesti, dando loro un senso ed una compiutezza all'interno della trama senza mai risultare ridondante. La maniera in cui descrivi i bambini che, mangiando l'hamburger si sporcano di ketchup mi ha fatto a dir poco impazzire (“In un attimo si ritrovarono le bocche e le magliette sporche di ketchup e maionese, che, anarchiche, erano sfuggite dal pane, tuffandosi sui loro cartoni preferiti, che adornavano le loro t-shirt.) 
Infine, ecco il momento, diciamo, topico della vicenda, anche se tu queste premesse non le hai per nulla fatte pesare sul resto, anzi, il tutto è perfettamente amalgamato e fa parte della storia, perché, pur con la descrizione di attività, di fatti, sei riuscita a penetrare a fondo nella psicologia dei personaggi, pur dando l'impressione di rimanere in superficie, di volare su di essi con la leggerezza di una farfalla e l'impegno di un'ape, intenta a prendere il meglio di ogni fiore per farne il miele. 
Seduti sull'erba, Jake intento a trangugiarsi i suoi hamburger e Leah in piena crisi adolescenziale. La descrizione di questo incrocio di anime dura quindici righe a dir tanto, eppure è affrontato con una delicatezza sublime, senza eccedere in romanticismi sbrodolati ed assolutamente fuori luogo per due bambini, per di più visto e considerato che lui è più piccolo di lei di quattro anni che, in un'età così giovane, corrispondono veramente ad una vita. Parlo di romanticismi perché mi è capitato di leggere delle storie dove Leah e Jake da bambini si comportavano in una maniera molto più consona a ragazzi ben più grandi di come venivano dipinti nella storia, il che rasentava l'assurdo ed il ridicolo: i bambini sono capaci infatti di sentimenti sì estremi (dell'amore più grande e viscerale, come della crudeltà e dell'odio più profondi), ma hanno anche una loro purezza, innocenza e delicatezza, con la quale possono benissimo esprimere amore, apprezzamento o interesse pur rimanendo sé stessi e bambini, come è giusto che sia. E questo è proprio quello che hai fatto tu: hai descritto l'avvicinamento di due anime, che si sono incontrate in una maniera semplice e genuina, attraverso dei gesti puliti, infantili, adatti, insomma, alla loro età. Ti sei mantenuta fedele nel tuo realismo e hai fatto centro perfettamente in quelli che sono i veri sentimenti, senza sbrodolarti e senza cadere nel ridicolo o nell'inverosimile. 
Nella sua spontaneità di bambino, Jake è sincero con Leah; nel suo candore è seriamente interessato al suo stato di infelicità e se ne fa carico, la fa sua, e cerca di consolare la ragazzina delusa, senza quasi rendersene conto, eppure sceglie le parole giuste al momento giusto con una naturalezza quasi spiazzante. Ed il rossore di Leah è il momento che corona tutto. 
Ho fatto il tema della maturità sull'importanza dell'arrossire in amore, ma adesso non sto qui a rifarti tutto il discorso. Ti dico solo, in breve, che nella mia tesi sostenevo che l'amore pudico, schivo, che non si mette in mostra con gesti estremi ed eclatanti, ma semplicemente con una manifestazione pura e spontanea come l'arrossire, ha pari dignità, se non una dignità più vera e superiore, rispetto all'amore passionale. Qui posso sostenere la stessa cosa, che tu hai evidenziato in una riga, ma in maniera molto potente. 
E poi una sorta di déjà vu: una scena così simile eppure così differente rispetto a quella di prima ci si para davanti. Entrambi, Jacob e Leah, sono cresciuti e sono maturati, anche per via di percorsi di vita difficili, non solo a livello amoroso, ma anche e soprattutto per via della loro condizione non umana, che li ha fatti crescere in maniera diversa dagli altri ragazzi della loro età. 
Essi sono finalmente rilassati, sereni e tranquilli dopo una vita difficile, in riva a quello stesso fiume che tanti anni prima aveva sorriso davanti al viso rosso di una ragazzina di undici anni. L'atmosfera è tranquilla, ma c'è una vena di malinconia sottile, quasi impercettibile, che la avvolge (“A lei basta questo: studiarlo con li occhi, accarezzarlo con questi, mentre le parole la difendono, impaurite da un possibile attacco; ma lui non è suo e Leah lo sa bene, è una stella troppo lontana per essere raggiunta, che appartiene ad un'altra galassia. E lei non può fare che rimanere là, come un satellite, e assorbire quella poca luce che la raggiunge.”) 
I due si parlano normalmente, come tutti i ragazzi della loro età, e lui la chiama LeeLee (tu non hai idea di come mi sono sciolta in questo punto! ** Tu mi hai colpito subdolamente nel mio punto debole xD: adoro la coppia Jake/Leah) e lei arrossisce di nuovo, come tanti anni prima, quando entrambi erano piccoli e non ancora segnati dalle esperienze della vita. 
I capelli ormai ricresciuti nascondono il suo imbarazzo insieme ad un sentimento che desidera occultare, forse per paura che la faccia soffrire di nuovo, forse perché sa che sarebbe inutile esternarlo e quando lui, come tanti anni prima, le chiede che cosa abbia lei risponde solo, con la stessa semplicità: “Nulla, è solo il sole.”

Ah, vista che bella scroll? vorrei ringraziare questo spaces: sempre scomoda. Bellissima (L)
E ho finito qui =) vorrei ringraziare le persone che hanno commentato "specchi e margherite" di ieri, veramente grazie.
Au revoir (L)

Notizia inutile: ieri ho composto una canzoncina... è stato forteXD

   
 
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