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Autore: OttoNoveTre    20/11/2009    3 recensioni
Romanzo per l'educazione delle giovinette, ove esse troveranno assennati consigli e vedranno che a nulla giova seguire uno sconosciuto, ma non tutti i mali vengono per nuocere.
Genere: Azione, Commedia, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Corin, Santiago, Volturi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Vento focoso e passionale sotto le magnolie'
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Di libri, di ombra e di sangue

Romanzo per l'educazione delle giovinette, ove esse troveranno assennati consigli e vedranno che a nulla giova seguire uno sconosciuto, ma non tutti i mali vengono per nuocere.


- Ragazze, ricordo a tutte che avete un’ora libera per il pranzo. Mi raccomando, non allontanatevi troppo dalla piazza e rimanete sempre in gruppi di almeno tre persone. Ci rivediamo qui dopo per ripartire.-
Le sue compagne cinguettavano entusiaste della libertà appena conquistata.
- E se mentre la direttrice non c’è si andasse a cercare un bell’italiano?-
- Wilhelmina! Ti sembrano discorsi da fare? Se ti sentissero i tuoi genitori…-
- Che come tu sai sono  a Londra, ospiti di qualche marchesa che li ammorberà con muffins e the. Coraggio, già che spendono un mucchio di soldi per mandarmi nell’unica scuola che offra un Grand Tour nel suo programma estivo, godiamoci il giro fino in fondo. Poi non è male questa Firenze…-
Fu tentata per un attimo di correggere la ragazza, ma si era già stufata di cercare un pertugio per inserirsi nel cerchio della conversazione, e non ci teneva a sprecare fiato per dire che la città dove si trovavano era Volterra, che a Firenze erano state due giorni prima e che l’errore era così grossolano da far dubitare che i soldi fossero stati spesi bene, dato che il cervello di Wilhelmina pareva impermeabile a qualsiasi forma di apprendimento.
Si diresse verso un vicolo a caso, facendo molta attenzione alla strada che aveva scelto: doveva assolutamente essere sul luogo dell’appuntamento dieci minuti prima di quanto era loro concesso. L’ultima volta che si era presentata in ritardo l’avevano lasciata nell’androne del British Museum a chiacchierare con il custode, almeno finché all’appello serale si erano resi conto che Corin Wates non aveva risposto.
Sbucò, dopo qualche giro, nella piazza principale, dove i tavolini di un caffè le fecero ricordare che aveva un po’ di fame. Andò al bancone per indicare un po’ con le quattro parole d’italiano che sapeva e un po’ a gesti una pasta e della cioccolata, poi si sedette ad un tavolino, tirando fuori un libro che si era comprata prima di partire per l’Italia.
La sua mente volò via dalla piazza per vagare tra i comignoli di Londra, dove la povera orfana Marie, ignara delle sue parentele reali, faceva la sguattera in un casa di piacere. Ma presto il bel Laurence sarebbe arrivato a donarle una vita migliore.
Peccato che Laurence nascondesse un terribile segreto, che sarebbe stato svelato proprio nel capitolo in corso…
- Marie, anch’io ti amo, ma la mia brama di te porterà alla rovina entrambi!-
- Laurence, al tuo fianco mi imbarcherei per le Americhe, se solo me lo chiedessi. Dimmi dunque, cosa ti angustia?-
- Oh, Marie, se sapessi quale bestia si agita dentro di me, quale istinto primordiale devo soffocare ogni volta che accarezzo il tuo viso…-
La giovine trasalì.
- Oh Laurence, non è forse lo stesso motivo per cui possiamo incontrarci solo dopo il calar del sole? Non è forse il motivo per cui scappasti la volta che portavo al collo una croce?-

“ Vampiro, senza ombra di dubbio. Ah, incontrare uno come Laurence…”
- Una visita al Palazzo dei Priori, signori?-
La voce la fece sussultare, riportandola al tavolino e alla cioccolata. Alzò gli occhi dal libro e vide una donna molto bella, in testa una cuffietta all’ultima moda ed i capelli con un’ondulazione che pareva pitturata.  Ecco, in alternativa a servire come pasto ad un vampiro, le sarebbe bastato un centesimo del fascino di quella là. A chi troppo, a chi troppo poco…
La bionda aveva posto la sua domanda, in francese, ad un gruppo di uomini seduti vicino a lei.
Palazzo dei Priori aveva detto? Strano, loro non erano potute entrarci, perché residenza privata. Forse autorizzavano solo visite in orari particolari.
Gli uomini avevano accettato di buon grado l’invito della bella donna, accodandosi ad un gruppo che aspettava poco distante dalla caffetteria. La voglia di poter fare ciò che le sue compagne, per una volta, non avrebbero potuto fare (ed un’inspiegabile attrazione ipnotica)  la fece alzare dalla sedia e avvicinarsi.
- Posso unirmi anche io? -
La donna le fece un sorriso incoraggiante, e la indirizzò con un cenno nel gruppo con gli altri.

Solo nell’atrio del palazzo le sovvenne che aveva poco più di mezz’ora.
- Signorina, mi scusi se non ho chiesto prima, ma quanto durerà il tour?-
- Non molto, la parte visitabile è solo il salone principale, dove ci stiamo dirigendo adesso.-
Rincuorata, seguì il gruppetto oltre un portone molto fine, tutto intagliato. Una voce maschile li accolse nella stanza successiva.
- Miei cari, benvenuti a Volterra!-
Era un uomo dalla carnagione molto chiara, vestito interamente di nero, elegantissimo. Che fosse il padrone di casa in persona? Però non era solo nella stanza: altre figure attorniavano l’uomo in nero. Le persone con lei cominciarono ad ammirare il salone. Corin gettò lo sguardo su alcuni quadri, ma era distratta da una sensazione indefinibile. La loro guida aveva cominciato a spiegare cosa rappresentasse un grosso affresco davanti a loro. Fu in quel momento, sentendo la voce rimbombare nella sala, che si rese conto di cosa la disturbava.
Le persone attorno a loro non facevano il minimo rumore.
Non un colpo di tosse, un respiro più pesante degli altri, il brusio di una chiacchierata.
“E’ solo suggestione, sciocca ragazzina. Nei musei c’è sempre silenzio.”
Nulla da fare, non riusciva a tranquillizzarsi. Rivoleva la piazza, il sole e la sua cioccolata. Rivoleva le sue compagne che chiacchieravano di sciocchezze. Forse era ora di uscire.
Indietreggiò verso la porta, pregando con tutte le sue forze che per una volta davvero nessuno la vedesse. Che pensiero stupido, al massimo poteva spiegare che aveva paura di mancare l’appuntamento. Si trattava solo di fare una figuraccia sgattaiolando fuori prima degli altri, come una bambina annoiata.
Toccò il legno con la schiena: possibile avesse sbagliato direzione? Era sicurissima di avere l’uscita dritta dietro di lei. Si girò a guardare, per correggere i passi verso l’apertura.
Non aveva sbagliato di un millimetro.
La porta era alle sue spalle.
Ma era sbarrata.  
Il primo ad urlare fu uno degli uomini del caffè, assalito dalla donna bionda: lo aveva morso sul collo.
Vampiri!
In quanto signorina di buona famiglia le erano proibiti certe storiacce sui mostri, ma per fortuna lei ne aveva lette lo stesso un mucchio, ed ora era preparata ad affrontare la situazione. Frugò sotto il colletto della camicia, tirando fuori una crocetta che teneva al collo.
- No, gioia, i libri contengono un mucchio di sciocchezze.-
Qualcosa di freddo le aveva afferrato le braccia e la voce sarcastica le arrivò vicinissima all’orecchio. Come, chi si era avvicinato così in fretta?
Con la coda dell’occhio vide un uomo dai capelli scuri, che con studiata lentezza prese il suo ciondolo tra due dita e lo premette contro la pelle, facendole un graffio dalla gola alla spalla.
Laurence non avrebbe mai fatto una cosa del genere!
- Alla mia salute, bimba.-
Era strano sentire il sangue succhiato fuori dal corpo, si sentiva come la fiaschetta di liquore delle direttrice, la domenica pomeriggio.
- Santiago!-
Il vampiro si staccò dal suo collo e la mollò poco elegantemente a terra.
- Il capo mi vuole, lascio l’ultimo sorso per dopo. Aspettami qui.-
Poi dicevano che erano loro inglesi ad avere un senso dell’umorismo incomprensibile. Sforzandosi di mettere a fuoco la situazione attorno a sé, vide solo la stanza girare, e le persone entrate con lei accasciate a terra, morte. Sentì poco dopo un tonfo sullo stomaco, e si trovò sepolta da un cadavere. Se avesse avuto un po’ di forze, avrebbe voluto urlare, ma non le rimaneva che aspettare in silenzio il suo vampiro per nulla gentile.
- Aprite pure la botola.-
Botola?
Sentì che venivano spinti verso il centro della stanza: i primi corpi caddero in una voragine aperta sul pavimento.
Forse a quell’ora stavano iniziando a preoccuparsi per lei, forse erano in giro a chiedere se avessero visto una signorina ben vestita con i capelli neri.
Ah no, British Museum.
Il guardiano era un ottimo giocatore di bridge, e le aveva pure offerto uno Sherry.
Quando vide l’orlo della botola e sentì il suo corpo fendere l’aria, un’ultima consapevolezza le attraversò il cervello.
Si erano dimenticati persino di darle il colpo di grazia.

Se qualcuno le avesse chiesto se era morta, non avrebbe saputo che rispondere. Di certo, se era morta stava all’inferno: la caduta le aveva spezzato qualche costola, o almeno così le pareva, dato che aveva tossicchiato del sangue.
Il fetore sul fondo era insopportabile: cadaveri e cadaveri, quello vicino a lei che la guardava perplesso, non ancora del tutto convinto di essere morto.
Corin si aspettava da un momento all’altro l’arrivo di qualche diavolaccio che si portasse via i corpi infilzati sul forcone, ma lei pareva l’unica cosa viva nella stanza.
In compenso arrivò il fuoco, fiamme che le arrostivano fino gli ultimi nervetti: sembrava che tutti gli organi premessero per scappare.
Almeno la distraeva dal puzzo.
“ Signore, che ho mai fatto per meritarmi questo? Non ho fatto grandi peccati in vita. Ad essere sinceri, non ho fatto proprio nulla.”
Poi cominciò a passarle la sua vita davanti.
Lei che giocava a nascondino coi fratelli, e solo quando la pendola in salone batteva le otto di sera, si convinceva che nessuno la stava più cercando.
Lei in collegio il giorno delle giornate di incontro parenti, di solito con una lettera in cui i suoi si scusavano, ma per i troppi impegni non sarebbero riusciti a venire.
Lei e le sue pile di libri che insegnavano cose sbagliate.
Lei che si inchinava orgogliosa alla regina, alla quale aveva appena regalato una copia autografata del suo capolavoro letterario.
“ Cervello, sto morendo in un posto da incubo, ma non sono così messa male da potermi rifilare certe menzogne colossali. Vedi di non illudermi.”
Infine qualcuno ebbe pietà di lei, e la fece sprofondare nell’incoscienza.





Piccolo divertimento in due massimo tre capitoli: nello scrivere le drabbles mi venivano sempre in mente alternative stupide, che ho sfogato in questa storiella senza troppe pretese su come Corin potrebbe essere stata trasformata.
Chi è Corin? Ohibò, è la guardia dei Volturi più bistrattata e desiderosa di attenzione. Stephenie Meyer la riduce ad un nome con un asterischetto accanto. Sfruttando la sua non comparsa, me la sono immaginata come una in grado di  nascondersi e manipolare le ombre, amplificazione del fatto che in vita non fosse una notabile. Avevo iniziato a scriverla come una storia seria e molto cupa, ma non ero soddisfatta: la mia Corin non era una emo lamentona. Così è nata la Corin sognatrice e maniaca di romanzi d'appendice, che fa ironia sulla sua condizione e non si piange troppo addosso. La storia è ambientata nella Belle Epoque, quindi la lingua internazionale era ancora il francese, le gite scolastiche una rarità e iniziava il primo turismo. Perchè quest'epoca? mi piaceva come idea, ed era abbastanza presto perchè una persona scomparsa fosse difficile da rintracciare (niente telecamere, telefonini, bancomat...) e perchè erano di moda i romanzetti d'appendice gotici^^
Dedicata al lato-Corin che hanno molti, quello che si sente sempre snobbato e incompreso.

   
 
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