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Autore: Anle    20/11/2009    2 recensioni
[Symbiosis/Like Minds]Nel frattempo, Nigel aveva avvicinato il proprio viso al suo orecchio, una mano sempre sotto la camicia, cercando le labbra di lui con lo sguardo. "Jack" sussurrò, spostando il corpo in avanti, e allentando perciò la presa sui fianchi. "A che pensi?" richiese, gli angoli della bocca rivolti verso l’alto, con fare sornione.[NigelxAlex][Lime; Death Character]
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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lm

a Mì,

buon compleanno.

 

 

 

 

 

 

 

 

Era la terza volta quella settimana che si svegliava di soprassalto; percepiva qualcosa di diverso nell’aria, qualcosa di talmente estraneo da  fargli aprire gli occhi nel pieno della notte. Alex si strinse le ginocchia al petto, respirando il caldo soffocante della stanza.

Si sentiva continuamente spiato, eppure aveva la consapevolezza che non c’era nessuno ad osservarlo agli angoli dei corridoi, in biblioteca, negli spogliatoi, o proprio lì, adesso, fra le  lenzuola del suo letto. Né tanto meno tardò a comprendere che il disturbo non proveniva  da ciò che lo circondava, ma da dentro di sé.

 

 

 

 

Like minds

-

insomnia

 

 

 

My head is talking me,

I don’t know what it needs

but the loudest voice is the one I heed

 

 

 

Già da quando aveva svoltato l’angolo, un brutto presentimento aveva cominciato a farglisi strada nella testa. E infatti…

<< Necrofilo del cazzo >> sbottò entrando nella stanza, con il braccio alzato a coprire il naso. Stavolta, il fortunato vincitore della ruota della vivisezione era un passerotto di sì e no qualche mese di vita; gli arnesi da lavoro erano ancora vicino alla povera vittima, con accanto alcune provette e prodotti chimici. Ma Nigel non c’era.

Rimase per qualche istante al centro della stanza, indeciso se essere sollevato o meno della sua assenza, mentre con la manica della giacca seguitava a strofinarsi ancora il naso, cercando invano di allontanare l’odore nauseante che aleggiava nella camera.

Si sedette poi sul letto, scrutando da lontano il lavoro di un folle, con la luce dell’abat-jour che illuminava asettica l’oggetto dell’operazione. Un improvviso brivido prese a scendergli lungo la schiena, e Alex cominciò a provare verso il “tavolo da lavoro’’ un’attrazione del tutto inaspettata. Si stupì, perciò, quando si ritrovò a camminare attorno al bordo della scrivania, comunque con un vago sentore di disgusto - le mani ora ostinatamente nelle tasche, come a ricordarsi di “non toccare”: il ventre del pennuto era percorso da una lunga linea verticale e, malgrado il piumaggio folto, sembrava come sgonfiato. L’occhio gli cadde poi sulle fiale, e si rese conto con orrore che erano quelle stesse a contenere gli organi del piumate. Continuò a lasciar correre lo sguardo lungo il tavolo, notando come gli arnesi fossero tutti strumenti squisitamente professionali, e tenuti con cura maniacale. C’era da chiedersi se il preside avesse idea di quanto l’intelligenza di quel ragazzo sfociasse nella depravazione…

Storse la bocca: il padre l’avrebbe difeso a spada tratta anche dopo averlo trovato con un bidone di benzina in mano, e la scuola in fiamme alle spalle. Ridacchiò, sebbene quel ghigno lo sentì solo sulla pelle, ma non come un qualcosa che gli appartenesse.

La luce della lampada colpì un bisturi, che si rifletté sull’espressione di Alex, facendogli assottigliare gli occhi, infastidito; la mano destra  si mosse all’improvviso da sola verso lo strumento, lasciando la sicurezza della stoffa dei pantaloni, a toccare con decisione la fredda consistenza del metallo. Rigirandoselo fra le dita, e sotto quella luce, l’arnese assumeva una certa aria accattivante, di cui si meravigliò: era come guardare Nigel negli occhi, pensò. E d’un tratto si sentì colpevole, disturbato, come se quel pensiero fosse tanto inadatto, quanto appropriato.

Conficcò i denti nella lingua, e così come velocemente l’aveva afferrato, altrettanto lo fece scivolare dalla mano. Dei tin insistenti scossero poi tutto il tavolo.

<< Mi hai rovinato la sorpresa >>.

Alex si voltò di scatto, il cuore che faceva quasi male per lo sforzo di pompare così velocemente sangue; cercò di ricomporsi. << Ti ho detto che non voglio che usi il dormitorio per i tuoi giochetti >> disse infine lui,  contrariato. Cazzo, quanto odiava la sua stramaledetta voce…

Nigel avanzò nell’ombra della camera, lo sguardo sempre verso il compagno, le braccia che ciondolavano lungo i fianchi.

<< Stavi curiosando? >> lo stuzzicò, notando alcune dita del biondo lambire ancora la scrivania, mentre un sorriso sornione in parte mascherato dal buio gli segnava il viso.

<< Non… >> Alex si passò l’altra mano sulla faccia. << Non paragonarmi a te >>.

È più un timore nascosto il suo, e di certo quelle parole sono ben lontane dal suonare come una minaccia. Il moro rimase in silenzio, con lo sguardo che sembrava studiare di nuovo il compagno; ora era fermo a qualche passo da lui.

<< Fa’ sparire questa roba prima del coprifuoco >> continuò l’altro. << Non voglio dormire con questa puzza terribile >>. Non si aspettava affatto una risposta, né tanto meno era così ingenuo da credere Nigel capace di una tale accortezza; tuttavia ci provò, e i passi successivi che rivolse verso la porta erano un blando tentativo di disfarsi di quel peso. Passandogli accanto, Alex lo sentì sogghignare.

<< Ti stai trattenendo >> sussurrò quasi, nel dirlo – la voce che ad ogni abbassarsi di ottava  risultava sempre più suadente. Il biondo si paralizzò, le dita strette l’una con l’altra: se si riferiva al suo trattenersi dal prenderlo a pugni, era sulla buona strada. Ma sapeva che la questione era tutt’altra; voltò la testa verso di lui.

<< Una rissa è quello che mi ci vorrebbe per chiudere l’anno in bellezza >> ribatté tuttavia, non dandogli adito di continuare. Quindi imboccò l’uscita, deciso a non voler proseguire ulteriormente la conversazione.

<< Picchiami, allora >> Nigel si girò, guardando ora le spalle di lui. << Coraggio >>.

La mano di Alex era già scattata in avanti ad afferrare la maniglia e tirarla verso di sé, quando le parole del moro lo freddarono per la seconda volta: strinse le labbra, deglutendo a fatica una provocazione amara da mandar giù. Anche se girato, s’immaginava benissimo il ragazzo con le braccia aperte e la sicurezza negli occhi di chi sa di aver già vinto in partenza. Si risparmiò perciò lo sforzo di guardarlo in faccia, congedandosi sbrigativamente. << ‘Fanculo >>.

Lo sbattere della porta accompagnò per qualche secondo il silenzio intorno a Nigel, e le maniche della giacca gli scivolarono lungo le mani, avvolgendole, quando poi si sedette alla scrivania ad aspettare il coprifuoco.

 

 

 

<< Ti dico che quello ti sta fissando >> insistette Josh, adocchiando sospettoso il nuovo arrivato.  << E da parecchio, anche >>.

Alex si voltò, vedendo Colby impegnato a mangiare la propria zuppa. << Smettila di dire cretinate e sbrigati a finire quella torta >> si lamentò invece lui, mentre muoveva frenetico la gamba sotto al tavolo. << Se non facciamo in fretta, non ci sarà più possibilità di sgattaiolare via di qui >>.

L’amico si portò alla bocca due grandi cucchiaiate di dolce, sempre tenendo lo sguardo fisso sul ragazzo tre tavoli più indietro.  << A che ora hai detto che comincia la partita? >> biascicò.

<< Alle 16.30 >>  gli ricordò impaziente, mentre allungava il collo verso l’entrata della sala mensa.

<< Guawda >> fece d’un tratto Josh indicando con il mento alle sue spalle – deglutì e riprese fiato. << L’ha fatto di nuovo >>. Altra generosa cucchiaiata.

<< Muoviti, ho detto >> replicò Alex a denti stretti, ignorando i farnetichi dell’amico.

Quello bofonchiò qualcosa contrariato, per poi posare il piatto vuoto sul tavolo con malagrazia. << Okay, andiamo >> ribatté infine, e seguendo l’esempio dell’altro s’alzò in piedi. Il biondo cominciò quindi a dirigersi verso l’uscita con passo affrettato, accompagnato da Josh; inspiegabilmente, mentre camminava, si sentì punto sulla schiena, come se qualcuno seguisse con insistenza i suoi movimenti. Ma evitò di voltarsi, colto improvvisamente da una sensazione sgradevole,  e aprendo la porta se la richiuse velocemente alle spalle.

 

 

 

***

 

Your sins into me,
oh, my beautiful one

 

 

 

Nigel aveva finito di riporre le proprie cose dentro gli scatoloni, che il sole filtrava ancora debole dalle vetrate. Si mise quindi la giacca attorno al braccio, lo zaino in spalla e lo sguardo imperturbabile di sempre, sebbene alcuni pensieri continuassero a solleticargli la mente.

Non aveva commentato in alcun modo la decisione del preside di spostarlo dalla camera del figlio, per trasferirlo in una – così disse – più confortevole ai suoi studi e necessità. Certo era che il suo quoziente intellettivo sarebbe andato sprecato, se perso a ragionare sul vero motivo del suo allontanamento da Alex. Si era perciò limitato a ringraziare e fare silenziosamente i bagagli, anche perché la sua posizione non era delle più convenienti: l’accusa del compagno di stanza era comunque grave, sebbene non confermata e di conseguenza archiviata. Storse sornione un angolo della bocca al pensiero della faccia di Alex, mentre l’amico cadeva giù dal treno… Non gli aveva più rivolto parola per tutto il viaggio.

Ma comunque, nonostante la reticenza del Forbes, avrebbe trovato lo stesso la maniera di avvicinarlo e convincerlo che loro due erano destinati ad essere una cosa sola, un unico corpo e mente; era solo questione di modi e tempi, tutto lì.

Mosse quindi qualche passo verso la porta, fin quando la figura del ragazzo intercettò la sua. Nigel non abbassò lo sguardo, ma si limitò a rimane in piedi con uno scatolone quasi casualmente fra le mani, in silenzio. Lo vide tentennare un momento, l’espressione mista a rabbia e disgusto – notò il Colby – non solo verso di lui, ma anche per se stesso.

<< Sei un lurido figlio di puttana >> disse poi, la voce che gli tremava leggermente, a mo’ di commiato nei confronti di un capitolo della storia che avrebbe voluto in fretta superare e gettare nel dimenticatoio. Sebbene Nigel Colby non fosse certo uno che si poteva cancellare facilmente dalla testa.

Il moro continuò ad ostentare una calma quasi graffiante, tanto era disinteressata, senza seguitare a ribattere nulla. E Alex, a quella “risposta”, afferrò impulsivamente il bavero della camicia di lui avvicinando i loro volti. << Di’ qualcosa, vigliacco >> insistette, l’emozione che continuava a rapirgli la gola, quasi soffocandolo.

Nigel senza interrompere il contatto visivo posò allora la mano libera su quella del ragazzo, che lo stringeva con forza attorno al collo; per contro, Alex sussultò impercettibilmente al contatto, colto dalla sorpresa. Quando poi Nigel allontanò la sua mano dal proprio

cravattino, il biondo non se ne rese quasi conto: continuavano a scrutarsi l’un l’altro, giocandosi da che parte l’ago della bilancia avrebbe proclamato il vincitore.

Al di là delle prospettive, la contesa fu breve: Nigel si scostò subito dopo da lui urtando leggermente la sua spalla, ed uscì dalla stanza bisbigliando appena << Gli altri vengo a prenderli dopo >>. Ma già sapeva che Alex avrebbe fatto in modo di non farsi trovare.

 

 

 

Il sole illuminava tiepidamente la strada, mentre un vento freddo soffiava costante fra la folla di ragazzi nel cortile della scuola, facendo alzare i colletti delle loro divise.

Alex teneva la borsa poggiata su una spalla, una mano in tasca e l’altra a coprire uno sbadiglio. Nigel raggiunse poco dopo la panchina su cui era seduto, imitandolo.

Il biondo non si voltò neanche, ma rimase a fissare qualcosa davanti a sé, stringendo le labbra: un uccellino cinguettava su un albero di ciliegio, scuotendo vivace le ali.

<< Ne volava uno simile nel giardino di casa nostra a Londra >> fece, guardando il passerotto volare su un albero più in basso. << Almeno, nelle estati in cui mia madre era ancora viva >> spiegò, senza davvero interessarsi se Nigel lo stava ascoltando o meno.

Il moro voltò appena lo sguardo verso il pennuto, per poi ritornare a scrutare l’espressione di lui, ora leggermente incupita. Quindi la campanella d’inizio lezioni cominciò a trillare ed Alex si alzò. << Andiamo >> fece poi, rivolto a Nigel che sembrava avere la testa da un’altra parte. << Vengo subito >> rispose, lo sguardo verso un albero di ciliegio poco più avanti. << Comincia ad andare >>. Il biondo non replicò, mentre intanto s’incamminava lungo il viale, distratto dai propri pensieri.

 

 

 

***

 

 

You say I’m scaring you now,

but I’m tired from watching you sleep

 

 

 

Stavano parlando spalla contro spalla da più di mezz’ora, dentro quella sottospecie di cantina. O meglio, Nigel parlava e Alex ascoltava. Non era riuscito a dire comunque granché dopo che l’altro aveva tirato fuori la storia dei Templari, e la loro improbabile parentela. Ma lui l’aveva lasciato fare, tanto più che tentare di ragionare con i matti era solo un spreco di energie. Poi Nigel fece un gesto involontario con la mano sfiorando la coscia di lui, ed Alex si ritrovò a pensare a quanto la situazione, vista da occhi esterni, fosse piuttosto fraintendibile: loro due, soli, rinchiusi in uno scantinato. Due promettenti cospiratori e possibili checche da lanciare sul mercato dell’oscenità, insomma. Certo che quella mano poteva anche toglierla da lì… Alex si ritrasse, d’un tratto a disagio. Per contro, il moro aveva smesso di parlare, vedendo l’amico guardarsi attorno nervoso: gli occhi di Nigel presero a cercare i suoi, insistentemente.

Se prima era in imbarazzo, ora non poteva di certo sentirsi meglio, con il suo sguardo puntato addosso.  <<  Cosa? >>  fece poi il biondo voltandosi, senza riuscire comunque a soffermarsi sugli occhi di Nigel. Lui seguitò a scrutarlo, ma non rispose; poi avvicinò il volto al suo come per studiarlo meglio, e Alex sentì il respiro del moro contro il collo.

<< A che pensi? >> gli rispose invece con una domanda, la voce bassa quasi fosse un sussurro. Il biondo fece spallucce. << Niente >> la testa ora leggermente tirata indietro.

<< È solo che questo posto mette un po’ i brividi >>.

Gli occhi di Nigel rimasero ancora su di lui, indagatori: era evidente che non se l’era bevuta. D’altro canto, Alex portò lo sguardo ai piedi, mentre con le dita prese a picchiettare le ginocchia, in un gesto casuale. Quindi si alzò in piedi, la testa rivolta ancora verso il

basso. << Meglio andare >> suggerì, anche se sembrava una frase buttata lì ad àncora di salvezza per una situazione tutt’altro che piacevole. Ma Nigel rimase dov’era, le braccia incrociate al petto, come ad aspettare qualcosa. Alex strinse di nuovo le labbra, e cercando di disfarsi di un silenzio che suonava pericoloso, allungò un braccio verso di lui, invitandolo ad alzarsi. Il ragazzo, per contro, guardò appena la mano offertagli per poi soffermare nuovamente l’attenzione sull’amico. Quindi si decise ad afferrarla, e successivamente Alex avvertì la sgradevole sensazione di essere tirato in avanti: si ritrovò a trattenere il respiro e a cadere di spalle al muro, con Nigel sopra di lui che gli cingeva i fianchi con le gambe. << Che cazzo fai? >> imprecò, colto alla sprovvista, cercando di allontanare il moro che lo tratteneva a terra. Ma lui non sembrava intenzionato a cedere, e difatti ribadì il concetto stringendo la presa attorno al bacino.

<< Smettila di mentirmi >> replicò sottile, e stavolta i suoi occhi non ammettevano fughe di sorta; Alex aveva smesso di agitarsi, ma l’espressione sul suo volto non nascondeva una certa inquietudine, come il respiro affannato che gli serrava la gola.

<< Tu sei fuori >> ribatté invece, accigliandosi. << Levati di mezzo>> fece poi, cercando di essere perentorio, ma la voce suonò più roca e incerta di quanto avrebbe voluto.

Lo sguardo di Nigel s’indurì. << Non sei sincero >> seguitò, il tono sempre più basso e ipnotico. << C’è qualcos’altro che mi nascondi >>.

Alex tentò di alzare la schiena, ma inutilmente. << Ti ho detto di toglierti >> insistette, quasi a denti stretti ora, la testa che d’un tratto pulsava con forza. Ma la situazione non migliorò, quando il moro posò una mano sul suo petto: Alex poté giurare che la testa fosse sul punto di esplodergli. Nigel lo vide stringere gli occhi, e lui prese a scostargli la giacca, per poi afferrare il maglione e sollevarlo. Quindi le sue dita arrivarono ai bottoni della camicia, cominciando a slacciarli con meditata lentezza: Alex sentiva come se un vortice estraneo di pensieri gli avvolgesse la mente con prepotenza, ed emozioni ed immagini che non gli appartenevano presero a scorrere assieme alle sue. La mano fredda del moro sulla sua pelle lo ridestò un momento da quella sorta di trance, anche se il flusso nella testa seguitava a vorticare.

 

 

La sala era vuota, quando Alex la percorse per l’ultima volta; svoltò il corridoio che portava ai dormitori, le mani in tasca e la testa decisamente altrove.

Quando entrò nella stanza, gran parte delle cose erano state portate via e il restante accuratamente ammassato per terra. Rimase ad osservare per qualche istante la desolazione della stanza, per poi sedersi sul letto sfatto, incrociando le gambe in un gesto casuale: una mano nella tasca stringeva un pacchetto, ormai da un po’.

Lo tirò finalmente fuori, la scritta sopra che ora si leggeva quasi a malapena, la carta stropicciata e rigonfia, aperta a un estremo.

<< L’abbiamo trovato nella sua stanza >> gli aveva detto la psichiatra, mentre Alex l’afferrava, il nome che allora spiccava nitido, sulla busta: Per Jack.

Se lo rigirò un paio di volte, prima di decidersi a tirarne fuori il contenuto, temendo che fosse un altro dei suoi macabri regali. Ma le mani si ritrovarono ad afferrare qualcosa di morbido e piccolo: era un pettirosso imbalsamato. L’espressione di Alex s’accigliò quasi subito, confuso, ancora di più quando dalla busta scivolò una familiare carta da poker, col dorso differente. My Beloved Maraclea, recitava, e questa lo impressionò inspiegabilmente più di molto altro.

 

 

***

 

 

I can’t get it right,

get it right,

since I met you

 

 

Nel frattempo, Nigel aveva avvicinato il proprio viso al suo orecchio, una mano sempre sotto la camicia, cercando le labbra di lui con lo sguardo. <<  Jack  >> sussurrò, spostando il corpo in avanti, e allentando perciò la presa sui fianchi. <<  A che pensi?  >> richiese, gli angoli della bocca rivolti verso l’alto, con fare sornione.

Alex continuava ad espirare affannosamente, gli occhi ora aperti, mentre le parole dell’altro s’insinuavano fra i suoi pensieri, facendogli stringere i pugni: era chiaro che Nigel si stava prendendo gioco di lui, usandolo per uno dei suoi tanti esperimenti. Contemporaneamente, un dito del moro gli percorse il torace in senso verticale fino ad arrivare all’ombelico, dove si fermò; rivolse poi lo sguardo su quello del biondo, mordendosi il labbro inferiore come per assaporare l’attimo, e proseguì sul basso ventre. Ma la reazione dell’altro non tardò ad arrivare: Alex lo spinse d’improvviso indietro con entrambe le braccia, e Nigel cadde a terra colto alla sprovvista: le posizioni s’invertirono, e ogni cosa attorno al biondo smise di girare. Ora che era lui ad avere il controllo della situazione, il moro lo studiava interessato, tenendo la bocca aperta per recuperare il fiato perso. Anche Alex non era da meno, e i suoi ansimi si aggiunsero ai propri, mentre stava attento che le gambe gli cingessero bene il bacino. << Credi… di sapere tutto, eh? –  arricciò  il naso – Tu non mi conosci affatto >> sibilò, ma Nigel rimase in silenzio, lo sguardo imperturbabile e allo stesso tempo incerto, di chi riconosce nella propria preda un temibile predatore. Alex storse un angolo della bocca. << Vediamo se riesco a toglierti questa cazzo d’aria di superiorità dalla faccia >>. Quindi una mano guizzò sul cavallo dei pantaloni di lui, prendendo a smanettare con la lampo; il moro tuttavia non distolse lo sguardo, né cercò di ribellarsi in qualche modo, cosa che in fondo Alex sperava. Aperta la cerniera, sembrò titubare un attimo, aspettando forse che Nigel reagisse in qualche modo: ma lui, in tutta risposta, non si mosse. Era una sfida implicita, la sua.

Il biondo allora posò una mano sul suo sesso e in maniera un po’ impacciata cominciò a sfregarla contro la stoffa dei boxer. Dapprima, sembrò che l’espressione di Nigel fosse rimasta la stessa, lo sguardo imperscrutabile sempre rivolto a quello di lui: poi Alex sentì il suo respiro accelerare e farsi affannoso, la bocca ora leggermente socchiusa, mentre la durezza da sotto la stoffa era la conferma che le attenzioni della mano del biondo erano state percepite. Continuavano a scrutarsi l’un l’altro, Nigel con un’eccitazione crescente che trapelava lenta dagli occhi, ed Alex stavolta con lo sguardo concentrato e deciso di chi è cosciente di avere in mano la situazione; ma d’un tratto anche lui si ritrovò a dischiudere le labbra, un’emozione che prese a pervadergli il basso ventre, mentre il movimento del suo braccio si faceva sempre più veloce.

Nigel inarcò leggermente la schiena, quando Alex premette con più forza avvicinando in un gesto involontario il proprio bacino al suo: all’altro sfuggì un sospiro più profondo degli altri, e alcune goccioline di sudore comparvero all’attaccatura dei capelli. Alex ora boccheggiava quasi, ritrovandosi improvvisamente a deglutire a fatica, e al momento che si accorse che Nigel non era l’unico ad essere eccitato in quella stanza, bloccò di colpo la mano. Al moro si mozzò il fiato appena il movimento sul cavallo dei pantaloni cessò, e il suo sguardo reclamava impaziente che l’altro riprendesse da dove aveva interrotto. Ma Alex non sembrava avere alcuna intenzione di continuare, e togliendo la mano distolse poi lo sguardo.

 

 

 

Susan si sfregava le mani per il freddo, le labbra socchiuse, mentre voltava di continuo la testa da una parte all’altra della strada: del Forbes, neanche l’ombra.

<< Andate avanti >> aveva detto, poco prima che le sue amiche entrassero nel cinema, col biglietto già in tasca.

<< Susan >>. La ragazza si voltò, sentendosi chiamare, le pupille leggermente dilatate per la sorpresa. << Sei Susan, giusto? >> ripeté.

<< Tu chi sei? >>.

<< Un amico di Alex >> fece, tendendo poi una mano in avanti. << Nigel >>. Ma lei non la strinse. << Mi ha mandato a dirti che non potrà venire >> spiegò, e Susan si limitò a guardarlo.

<< Ti riaccompagno a scuola, se vuoi >>.

<< Le mie amiche mi stanno aspettando >>.

<< Vuoi davvero rimanere qui, con questo freddo? >> chiese a mo’ di sfida. <<  È tardi, non ti lasceranno passare >> una smorfia accennata sul volto, e nel frattempo la tapparella del gabbiotto della biglietteria venne tirata giù, e Susan vide passare davanti a suoi occhi anche l’ultima possibilità di guardare il film.

<< Andiamo? >> le propose Nigel di nuovo, e stavolta a percorrere la strada al contrario furono in due.

 

 

 

***

 

 

 

I don’t know where I end

and where you begin

 

 

Passò così qualche istante, i respiri affannosi dei due che si confondevano l’uno con l’altro, e finalmente il biondo fece per alzarsi, le gambe malferme nel tentativo. Ma Nigel lo precedette, e puntellandosi sui gomiti portò il busto in avanti, finché si ritrovò a pochi centimetri da lui: Alex dovette poggiarsi sui palmi delle mani per non cadere di nuovo di schiena. Il moro prese a fissarlo con invadenza, le labbra ancora socchiuse nel tentativo di far entrare aria il più possibile; d’altro canto, il biondo evitava lo sguardo di lui, le dita che stringevano la polvere, mentre sentiva il sangue fluire alle guance. Inaspettatamente, Nigel portò un braccio avanti cercando la mano dell’altro, mentre l’amico ora lo guardava confuso e inquieto, l’ossigeno che intanto faticava ad arrivargli ai polmoni. E quando la trovò, Alex perse l’equilibrio, e fece per andare indietro, ma l’altro lo attirò verso di sé, tirandogli il braccio non troppo delicatamente e facendosi poi indietro con la schiena: adesso le fronti dei due quasi si sfioravano, il moro praticamente inginocchio fra le sue gambe. In tutto questo, gli occhi di Nigel continuavano a rincorrerlo, soffermandosi prima sull’espressione di lui, poi sulle labbra ed infine sul collo.

La mano di Alex era ancora ben stretta in quella di Nigel, finché il moro non sciolse il contatto e posizionò la propria di mano sul cavallo dei pantaloni dell’altro, che si ritrovò ad inspirare suo malgrado con la bocca. Colby storse compiaciuto un angolo delle labbra, riprendendo quello che lui aveva interrotto: dapprima Alex portò un braccio avanti, cercando di spingerlo via, ma si ritrovò a poggiarsi sulla sua spalla e poi a stringere la stoffa della giacca. << Togli-, merda >> tentò di nuovo, cercando di riacquistare lucidità, ma ricadde di schiena, spinto con malagrazia da Nigel. << Vuoi che mi sposti? >> chiese, la voce fastidiosamente roca e la solita smorfia sul viso, mentre continuava a masturbarlo.

<< Tu… sei… >>. Malato? Disturbato? Per quanto si sforzasse, nessun termine riusciva a racchiudere tutta la rabbia e il disgusto che avrebbe voluto provare verso di lui.

Non sono come te, si ripeteva nella testa, tentando a non impazzire del tutto, Io non sono te. Una mano di Alex rimase sul suo petto, anche se la distanza che li divideva non era comunque troppa; e quando Nigel riuscì ad aggirare la resistenza del Forbes, raggiunse l’incavo del suo collo prima con gli occhi e poi con le labbra, finché i suoi gesti non divennero ipnotici.

E con tutto se stesso, Alex si sforzò di non pensare né alle mani di lui sul suo corpo, né ai vestiti ora ammucchiati per la stanza, né al piacere, né ai loro respiri che si confondevano l’un l’altro: semplicemente, si limitò a viverli.

 

 

 

  << Non capisci, vero? >>. Il fucile freddo puntato sulla guancia, la pioggia che faceva da lenitivo, a contorno di una fine già preannunciata.

<< Smettila, ti ho detto >>.

<< Sei tu che sei entrato nella mia testa, Alex >>.  Sentire pronunciare il suo nome da lui stonava troppo con la realtà di adesso.

<< Sta’ zitto >> gridava quasi, gli occhi lucidi di chi ha un dannato bisogno di piangere,

<< zitto, zitto >>.

<< Spara, Jack >> continuava l’altro, tornando alla loro, di realtà. << Spara! >>.

Ma Alex si limitava a stringere il fucile, un formicolio diffuso nelle mani, che faceva quasi male. << Io… non volevo questo >> la voce è stridula, e ora non sono solo le mani a tremare.

Nigel solleva un angolo della bocca, nonostante tutto. << Perché sei qui, allora? >>.

Ma lui non sa rispondere, e non vuole, perché la risposta la legge nella mente dell’altro, dolorosamente nitida. << Piangi, se vuoi>> le gocce che continuavano a picchiettare sulle palpebre, << ma spara >>.

<< Prima Susan… e ora… >> mormora invece Alex, completamente fradicio dalla testa ai piedi, come del resto Nigel. <<  Che diavolo avevi in testa? >>.

<< È finita >> replica, i palmi delle mani rivolti verso l’asfalto. << Non è questo, quello che volevi? >>. Cliché.

Eppure, no: c’era qualcos’altro, al di là di ora, del disgusto e dell’odio che Alex non riusciva ad afferrare, o semplicemente evitava di farlo. << È finita >> ripete Nigel, come a rispondere alla sua domanda. << Non c’è nient- >>.

<< Tu lo sai, vero? >> l’arma  ora più ferma, fra le mani. << Eh, lo sai cos’è? >> seguita, ma il moro non sembra seguire il suo stesso corso di pensieri.

<< Un solo colpo, Jack >> gli occhi che cercano senza difficoltà i suoi. << Uno solo >>.

<< Rispondimi, dannazione >> insiste, sputando le parole a denti stretti, ma Nigel ha già proteso le mani avanti. << Rispond- >>.

Ma la risposta si confonde nello sparo, Alex che quasi cade all’indietro per il contraccolpo, mentre ora nelle sue orecchie rimbomba solo un sordo bang.

 

 

 

 

 

 

End

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice:

 

Shot tratta dal film Symbiosis - o Like minds, in inglese - partorita dopo un travaglio di tre mesi e qualcosa: be’, non è un tentativo granché riuscito, ma l’impegno – assicuro – c’è stato. Spero vivamente di non essere scaduta nell’Out of Character, sebbene per i cliché non si possa fare molto. xD

È naturalmente una What if?, poiché ho tentato di rivedere alcune scene, e di analizzare dei missing moments tra Nigel e Alex in chiave slash. Le frasi che compaiono qua e là sono spezzoni di canzoni, di cui riporto i titoli originari e i nomi degli artisti in ordine di apparizione:

1)      Insomnia, Megadeth;

2)     Silver and Cold, AFI;

3)     Closer, Burn Season;

4)     Map of Problematique, Muse;

5)     Discipline, Nine Inch Nails;

 

Il tutto è dedicato a , aka Mika-mika, aka Giuditta per i suoi 19 (e tre mesi) anni: lo’ ya, gal.  <3

 

 

 

 

 

 

  
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