*Sweet Eighteen*
Capitolo
1:
Respiro
di mare
Heric le
accarezzò dolcemente la nuca e spinse il suo viso contro il suo con la mano.
Capì che era posto giusto, il momento giusto. In fondo avevano ormai 18 anni e
stavano insieme da... da una vita intera. Da quando avevano 11 anni, non si
erano mai divisi per troppo tempo. Certo, c’erano state litigate, divisioni,
piccole pause, ma come due calamite che tirano sempre l’una verso l’altra, lui e
Sana non si erano mai allontanati. Era più forte di loro, più forte di qualsiasi
altra cosa. Heric questo lo sapeva, in fondo al suo cuore, ma non avrebbe mai
saputo metterlo in parole, né tanto meno dirlo ad alta voce. Ma ora... avevano
18 anni, e lui non l’aveva mai desiderata così. Forse, se Sana avesse aspettato
ancora un po’ a sentirsi pronta, lui ne sarebbe morto. Ci avrebbe giurato,
Heric, su un bell’infarto da troppo amore. Ma ora Sana non sembrava a disagio,
anzi, gli gettò le braccia al collo e rispose appassionatamente al bacio.
Quando Heric
spostò le labbra sulle guance, sugli occhi, sul collo, Sana sorrise
impercettibilmente. Certo, in quel buio il ragazzo non avrebbe potuto vedere il
suo sorriso, ma lo sentì sotto le sue labbra. La luna si rifletteva nelle onde
dell’oceano tranquillo, quella sera; la sua luce argentina si frantumava in
milioni di schegge brillanti sulla superficie dell’acqua. Heric fece per sedersi
sulla grossa coperta che avevano steso sulla sabbia per il picnic, ma Sana lo
precedette, sedendosi per prima e tirandolo verso di sé.
In quel
momento, pensò Heric sollevato, non ci sarebbe stato bisogno di parole. Quelle
parole che tanto faticava a pronunciare, quelle parole che avevano sempre dato
un sacco di problemi a un ragazzo silenzioso e chiuso come lui. E baciava Sana
quasi disperato, come una persona in balia delle onde in una tempesta, che cerca
di stare a galla per respirare. Puro istinto di sopravvivenza. In quel momento,
ma da sempre forse, Sana era la sua aria, il suo ossigeno. Il salvagente che
l’aveva salvato dall’affogare, molti anni prima.
Quanto
avrebbe voluto saperle dire tutto questo. Quanto avrebbe voluto, si ripeteva. Ma
non ne era capace. Abbracciò stretta Sana, che di risposta si coricò sulla
coperta e lo trascinò verso di sé prendendolo per la cravatta della divisa. Sana
aveva paura, Heric lo sentiva; ma in fondo anche lui aveva paura. Quasi gli
veniva da ridere al pensiero di tutte le ragazze che, in un modo o nell’altro,
si erano rese disponibili per fare sesso con lui, e tutte le aveva rifiutate.
Sembrava impossibile, ma lui non poteva farlo. Se non con Sana... così aveva
atteso, fino a che lei non si fosse sentita pronta.
“Heric...”
gli sussurrò Sana, mentre il ragazzo la baciava sui capelli e sulle orecchie.
Heric non rispose, ma si fermò e la guardò dritta negli occhi. “Ti amo” disse
Sana. Heric avrebbe voluto rispondere, avrebbe voluto dire ‘Anch’io dal giorno
che ti ho conosciuto, anch’io, ora e per sempre’, ma dalla sua bocca non uscì un
suono. Si limitò a stringerla più forte fra le braccia. Sana gli allentò la
cravatta e cominciò a sbottonargli la camicia, e lui fece lo stesso con lei,
senza smetterla di baciarla disperato. ‘Grazie, grazie, grazie’ avrebbe voluto
dire. Ma non lo fece.
Quando si
slacciò la cintura dei pantaloni, sentì Sana fremere di paura sotto di lui, così
le disse: “Non aver paura”. Lei rispose, in automatico: “Io non ho
paura”.
Lui sorrise
malizioso e le sfilò la gonna a pieghe da perfetta liceale quale era, le tolse
le calze e il reggiseno. Le loro sensazioni, i brividi, le emozioni erano
amplificati nel buio e nel silenzio, mentre l’oceano respirava tranquillo al
ritmo delle sue onde argentate.
Quando non
ci furono più barriere fra i loro corpi, Sana lo strinse di più, avida di lui.
La penetrazione fu un lungo abbraccio, mentre continuavano a baciarsi e
stringersi e cercarsi col viso, le spalle, le mani. Sana non sentì male, anzi.
Fu l’esperienza più bella della sua vita. E le successive due volte.. beh,
anche. Furono meno romantiche, e più appassionate. Quando raggiunsero l’orgasmo
insieme, si guardarono negli occhi e Sana gridò il nome di Heric.
Poi,
sfiniti, si lasciarono cadere sulla coperta, abbracciati. Heric, sempre senza
parlare, si alzò sui gomiti e si sporse per prendere un’altra coperta ripiegata
nello zaino vicino a lui e coprire Sana con tenerezza. Lei sorrise e gli offrì
un po’ di coperta, poi si addormentò, appoggiata con la testa sul suo petto,
nella dolce ninnananna del suo respiro. Heric non riuscì ad addormentarsi
subito. Era ancora disperato di lei, muoveva gli occhi da una parte all’altra,
controllava vigile la spiaggia, il mare, il cielo, perché nessuno arrivasse per
portagliela via... perché nessuno provasse a rovinargli l’unico bel sogno della
sua vita.
Dopo
un’oretta, sempre stringendo Sana fra le braccia, riuscì a chiudere gli occhi, e
il sonno ebbe il sopravvento, dopo che ebbe posato un ultimo bacio sugli occhi
chiusi della ragazza.
***
Si
svegliò poche ore dopo, alle prime luci dell’alba. Angosciato da chissà quale
incubo che non ricordava, controllò che Sana fosse ancora vicino a lui, poi si
rilassò e sollevò la testa per baciarla sui capelli, che profumavano di pesca. E
senza volerlo, la svegliò. Lei aprì gli occhi piano, mentre allargava gli angoli
della bocca in un sorriso compiaciuto, e diede vita e luce al suo volto
addormentato.
Lo
strinse a sé e poi, gongolando felice, disse: “Buongiorno”. “Buongiorno” rispose
in automatico Heric.
Sana
sciolse l’abbraccio e si sollevò sui gomiti. L’alba sul mare era bellissima e
colorava il cielo di viola e rosso e arancio, mentre il mare tranquillo perdeva
il colore nero della notte e diventava di uno splendido blu cobalto. Heric
mugugnò, e tirandola verso di sé, le chiese implicitamente di abbracciarlo di
nuovo. Sana però rise forte e si alzò in piedi, in reggiseno e mutande,
bellissima, con il sole che sfiorandole la pelle, le dava proprio il colore
pesca del suo profumo.
“Dai
svegliati dormiglione, andiamo a fare il bagno!” rise Sana, e si mise a correre
sul bagnasciuga schizzandosi e facendo giravolte, finchè non entrò in acqua e si
tuffò. Per un attimo si immerse tutta, e sparì dalla vista. Il cuore di Heric
perse un battito, e quando un secondo dopo la vide riemergere, decise sbuffando
che si sarebbe tuffato anche lui. Tutto, pur di starle vicino. Così si alzò e la
raggiunse.
I
tiepidi raggi del sole nascente non servivano a nulla contro il freddo notturno
che l’acqua aveva accumulato. I peli sulla nuca di Heric si drizzarono, e lui
imprecò mentalmente contro l’oceano alle sei del mattino.
“Ma
che freddo fa??” rise Sana, guardandolo rabbrividire. Il ragazzo la raggiunse, e
la abbracciò forte per scaldarla, ma sentì che la sua pelle era ancora
piacevolmente calda. L’acqua fredda li aveva svegliati, e ora Sana giocava,
schizzava e spruzzava, così Heric rise e rispose alla sfida. Si corsero dietro
saltellando come due bambini, ridendo e rabbrividendo di freddo. Ma il gioco non
durò a lungo, perché presto si ritrovarono avvinghiati nell’acqua, e Sana
allacciò le gambe intorno ai suoi fianchi. Lo fissò con un sorriso da furbetta e
gli posò le labbra sul collo, affondando la testa nell’incavo delle spalle,
quelle spalle possenti che tanto amava, forgiate da anni e anni e anni di
Karate.
Heric
alzò gli occhi al cielo rosa-azzurro, e con uno sguardo disperatamente felice
pregò le nuvole che non lo privassero mai di lei, che quel momento non finisse
mai. E mentre lei gemeva al ritmo delle sue spinte, soffiando aria calda sul suo
collo, Heric si rese conto di quanto fosse importante per lei... di quanto il
loro legame fosse forte...Si rese conto che l’amava tanto che sarebbe morto, per
lei. Morto, pur di vederla stare bene. Senza rifletterci. Senza rimpianti.
A
fra pochissimo per il prossimo capitolo! Prometto che farò in fretta!!
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Fede....
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