Fanfic su attori > Cast Il Signore degli Anelli
Segui la storia  |      
Autore: MarissaGwyn    17/06/2005    2 recensioni
Questa è una ff che ho scritto qualche tempo fa. Il titolo è quello di una canzone stupenda di Melodie Crittenden e fa parte della colonna sonora di Dawson's creek.
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Orlando Bloom, Viggo Mortensen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A






“Dov’ è Orlando?” chiedo ad uno degli scenografi, indaffarato a sgomberare un angolo del set.
“Mi sembra che sia laggiù, Mr. Mortensen”, risponde lui, e cerca di essere il più gentile possibile, nonostante sia palese che non gli importi nulla né di me, né di dove diavolo si sia cacciata la nostra nuova giovane star.

Scuoto la testa e mi dirigo verso le direzione indicatami. Mi ritrovo in un parcheggio proprio dietro il teatro di posa. E ora, ora sì che lo vedo.

E’ appoggiato ad un’ auto, una jeep, semidisteso sul cofano. Non posso proprio fare a meno di notare quanto quella posizione metta in risalto il suo corpo lungo ed aggraziato, perfetto, le gambe eleganti e affusolate.

Le sue braccia e le sue mani scolpite e i suoi anelli, quelli da cui non si separa mai.

Orli è cresciuto tanto in questi ultimi anni, non è più il ragazzino sbarbatello che conobbi all’ inizio della nostra avventura, quello con i capelli corti ed arruffati come un pulcino che voleva sempre giocare e che poi diventava Legolas e allora, solo allora, si scopriva serissimo e professionale.

Mi passo nervosamente una mano tra i capelli, e mi avvicino a lui.
Sta leggendo un giornale, e sembra totalmente assorto e rapito,e mentre lo raggiungo continuo a fotografarlo mentalmente.
Quella buffa bandana su quei capelli che gli hanno stirato artificiosamente, so che lui li detesta e rivuole i suoi ricci.
Quel foulard al collo, così inglese. In lui tutto racconta qualcosa.

Finalmente sono a un paio di metri da lui, e allora lo chiamo.

“Orli”.

Lui si volta, e i suoi occhi d’ ambra si posano su di me.
Li stringe un po’, la luce intensa del sole mattutino glieli ferisce, e io sorrido.

“Vig”, sussurra.

Io resto fermo, lo aspetto.
Lui abbandona il giornale sull’ auto e con due passi è da me, e mi abbraccia. Io gli passo le mie braccia attorno al corpo e stringo, mentre sento che il mio sorriso pian piano svanisce.

Ultimamente, è sempre così.

E’ così perché quando ci salutiamo mi rendo conto che ci vediamo così poco, che ci separano distanze sempre più grandi e che diventeranno ancora più immense.
E perché ogni volta mi trovo a sperare che lui non mi dimentichi.

Orli si scosta da me per darmi un bacio sulla guancia. Ma non ha il suo solito entusiasmo. Non ha la sua solita energia.

“Hey”, gli dico, sorridendogli. “Come stai, piccolo?”

Lui si appoggia con la schiena all’ auto dietro di noi, gli occhi ancora semichiusi per via del riverbero del sole.

“Sto bene. E tu, Vig?”

La sua voce è così calma. Così…rassegnata.

Devo dirglielo? Devo dirgli che non ci credo che sta bene, che ho visto le foto e che secondo me anzi non sta bene affatto? Devo dirglielo che con me non ha bisogno di mentire?

“Anch’ io. Solita vita”, dico invece.

Lui annuisce, e distoglie lo sguardo.
Io allungo la mano e gli accarezzo la guancia, perché voglio la sua attenzione e infatti la ottengo. I suoi occhi tornano su di me.

“Credi che potrei portarti via da qui per un po’?” gli chiedo, cercando di nascondere l’ incertezza nella mia voce.
Ma vedo i suoi occhi ritrovare un po’ della loro splendida luce, anche se per un attimo, ed allora mi rilasso e posso riprendere a respirare. Non mi ero nemmeno accorto di aver trattenuto il respiro.

“Oh Vig, sarebbe stupendo”, mi dice, guardandomi speranzoso e mordendosi il labbro inferiore.

Orli, non tormentare quelle tue splendide labbra, vorrei dirgli. Ma so che è nervoso.

“Ma non so se posso…voglio dire, stamattina non devo far nulla ma oggi pomeriggio…”

“Solo per un paio d’ ore”, lo interrompo io.

E’ una decisione, non una richiesta. Lui continua a guardarmi, e per un attimo sorride.

“Ok”.


Sto guidando da una ventina di minuti. Non so dove potremmo andare, ma Orli non mi chiede, e allora nemmeno io mi pongo il problema.
Sono contento anche solo di averlo qui con me. Di saperlo al sicuro, almeno per qualche ora.

Perché ogni volta che vedo una sua foto o che leggo di lui mi chiedo sempre come sta, e sono sempre preoccupato da morire e non smetto di esserlo finche non ce l’ ho vicino a me.
Lo so, sono esagerato.
Andiamo, lo so. Ma non posso farci nulla.

Lui è al sicuro solo con me. Io non gli farei mai del male, io non voglio usarlo, per gettarlo via poi quando sarà più vecchio e meno accondiscendente, o quando le ragazzine troveranno un’ altra bella faccia da idolatrare.
Io non lo abbandonerò quando vedrò che lui non mi frutta più nulla e che mi conviene sbatterlo fuori dalla mia vita cosicché i giornali possano parlare di me.

Stringo più forte il volante. So che queste cose non dovrei essere io a dirle. Ma comunque, non ci sono dubbi, mi sto riferendo a persone precise.

Mi volto un secondo. Orli non ha aperto bocca fino ad ora, e questo non presuppone nulla di buono. Lo guardo, lui sta fissando davanti a sé senza realmente vedere.

Sterzo dolcemente sulla sinistra e accosto. Siamo in una stradina di collina, è praticamente isolata. Non darò fastidio se mi fermo un po’ qui.

Orli si volta verso di me.

“Perché ti sei fermato?”

Di nuovo quegli occhi. Di nuovo quegli occhi gonfi.

“Che ti succede, Orl? Voglio che tu me lo dica” rispondo alla sua domanda con un’ altra domanda.
Lui deglutisce, e si morde di nuovo il labbro, e torna a guardare davanti a sé.

Eh, no. Non posso permetterglielo.

“Orli”, lo chiamo, prendendogli il mento con la mano e costringendolo a voltarsi.
Lui sente la fermezza del mio gesto e non si ribella.

Occhi castani e lucidi incontrano i miei. Poi lui si sporge dal suo sedile ed allunga le braccia, mi abbraccia, nascondendo il suo viso contro il mio collo.

E piange.

Non so dire in quanti piccoli pezzettini il mio cuore si frantuma, proprio in questo momento.
Posso dire solo che il dolore che sento è grandissimo. Non riesco a sopportare di vederlo piangere.
Lui, che cerca di vedere sempre il lato positivo di tutte le cose. Lui, quell’ angelo sempre pieno di gioia.

Voglio sapere chi ha ridotto così il mio angelo, ma ora non c’ è spazio per la rabbia, devo solo occuparmi di lui.

Lo stringo contro di me, mentre lui comincia a singhiozzare piano. Non dice nulla, trema solo contro di me mentre mi sembra più indifeso che mai.

E invece non lo è. Lui non è indifeso. E’ solo inesperto, giovane, troppo fiducioso.

Lo sento che singhiozza un’ ultima volta, poi solleva il viso, e mi guarda con gli occhi che brillano per le lacrime.
Mi scruta come se mi stesse vedendo per la prima volta, studia la mia espressione mentre sento le sue mani ai lati del mio viso, un tocco caldo e morbido che mi sembra di sentire le mani di un bambino.

Non mi rendo conto di cosa voglia fare, finchè non lo fa.
Mi bacia.

Le sue labbra si appoggiano leggere sulle mie e poi premono, mentre io resto fermo immobile per lo stupore e vedo i suoi occhi chiudersi forte.

Mio Dio. Avevo dimenticato quale meravigliosa sensazione potessero far provare le labbra di questo ragazzo.
Appoggio le mani sulla sua schiena in tentativo, e lui si spinge contro di me, vuole che io apra la bocca per lui. Trema ed è così ansioso, inquieto, impaziente.

Io apro la bocca. Sento la sua lingua calda, e non posso fare più nulla.

Non posso fare più nulla per controllarmi, per frenarlo, per allontanarlo da me, il desiderio è troppo forte e improvvisamente rivoglio questo ragazzo tutto per me.

Mi muovo contro di lui con forza e prendo il controllo del bacio, mentre spingo la lingua nella sua bocca lui geme piano.
Chi ha toccato queste tue labbra, eh, Orli? Chi ha osato? Sono soltanto mie…

Pensieri incoerenti si spintonano nella mia testa, mentre sento un calore enorme che mi rapisce e mi spingo ancora di più contro quel giovane corpo, tanto forte da farlo indietreggiare.

All’ improvviso però, è come se la razionalità fosse tornata.
Mi morde e mi congela sul posto ed io non posso non pensare che sto sbagliando tutto.
Io devo aiutare Orlando, non sfogare su di lui le mie stupide voglie assetate della sua bellezza e gioventù, non posso pensare di stare bene quando lui sta così male.

Mi stacco da lui improvvisamente, terrorizzato di continuare il mio errore anche solo per un secondo ancora.

Lui singhiozza, e resta fermo mentre io mi tiro indietro, il suo respiro è affannoso e cerca faticosamente di riaprire gli occhi finchè ci riesce, e io vedo tutto il dolore del mondo riflesso in quegli abissi nocciola.

Non voglio che se ne vada. Non voglio.
Non voglio che finisca tutto.

I suoi occhi si riempiono di nuovo di lacrime, e si morde il labbro nello sforzo di trattenerle.
Tento di parlare, ma il cuore mi fa male, e non ci riesco. Così, prendo la sua mano tra le mie e la stringo forte. Non voglio dirgli di non piangere.

Piangi, Orli. Piangi. Puoi piangere finche ci sono io qui con te.

La sua mano è inerme e immobile tra le mie. E’ fredda. Lui stringe forte le labbra.

“Ti ho deluso, Vig. Io ti ho deluso” mormora, con voce terribilmente debole.

Non riesco a credere alle mie orecchie, eppure l’ ho appena sentito. Scuoto la testa, e continuo a guardare in quei suoi occhi che cercano i miei.

“No…”mormoro, e nonostante mi sforzi, non riesco più a trovare voce, o parole.

“Invece si”, insiste lui, annuendo per dare più forza alle sue parole, amaramente.
“Non avrei mai voluto farlo, Vig. Mai. Tu non mi vuoi più…”

Continuo a guardarlo, sono ancora stupefatto e senza parole. Viggo, maledizione, apri quella bocca e di’ qualcosa. Maledizione.

Ma non ci riesco, riesco solo a guardare in quegli occhi d’ ambra in cui vedo una tremenda certezza, amara come il fiele.
Non dubbio, non paura, ma certezza, certezza di avermi deluso, di avermi tradito.

Mi guarda, così spaventosamente calmo ora. Respira piano, posso vedere il suo petto alzarsi e abbassarsi lentamente, ma contemporaneamente sono certo di sentire il suo cuore battere impazzito.
Come il mio.

Posso negarlo? Posso negare quello che mi ha detto?
No. No, che non posso.

Scuoto la testa lentamente, mentre cerco le parole più adatte ad esprimere quello che sento.
Orlando è cambiato, è cambiato tanto, e non soltanto perché è cresciuto.

E’ così difficile trovare sé stessi, ed è così facile perdersi lungo le strade che dovrebbero portare a quello che siamo davvero.
Lui è diverso ora. A volte lo sento disperatamente lontano, ma quello che mi ripeto, ogni volta, è che non posso pretendere che lui resti il mio Orli per sempre.
Anche se lo vorrei, e mi do dell’ egoista ogni volta che ci penso, ed ogni volta che guardo le nostre vecchie foto scattate in quel piccolo mondo soltanto nostro che era la Nuova Zelanda.

Io sono rimasto più o meno lo stesso da allora.
Si, andiamo, ho già una certa età, perché diavolo dovrei cambiare proprio ora. Ad un certo punto non si cambia più.
Ma lui…lui era il mio piccolo Elfboy. Era ingenuo e pieno di vita. Era quello che non vedeva l’ ora che finissero le riprese per andare a rotolarsi nell’ erba con gli altri ragazzi. Per scherzare, e per guardare ogni alba con me e scoprirla diversa ogni volta.

Io so che quel ragazzo esiste ancora, anche se Orli l’ ha scacciato, perché ne aveva paura. Esiste ancora, e lui può ritrovarlo.

Scuoto di nuovo la testa lentamente, perché non voglio che quelle maledette lacrime che non ho versato per tanto tempo arrivino proprio ora, e lo prendo tra le braccia stringendolo a me.

“Tu sei il mio angelo, Orli”, gli sussurro tra i capelli, godendomi quella calda morbidezza.
“Avrai sempre un posto speciale nel mio cuore. Anzi, il posto più speciale”.

Lui si muove solo un poco, si riaggiusta spingendo la bocca contro la mia spalla, e ascolta, assorto.

“Vorrei poterti evitare di soffrire, ma non posso, dolcezza. Non posso evitarti di sbagliare. Tu devi farlo. Devi sbagliare”.

Stringo forte gli occhi, sapendo perfettamente a cosa alludono le mie parole.

“Ma poi devi anche saper ritrovare la tua strada. E non devi permettere che altri lo facciano al tuo posto, perché solo tu sai qual’ è…”

Gli bacio i capelli, e sento che lui si stringe più forte, sento il muscoli del suo braccio che si tendono. E finalmente un pallido sorriso appare sulle mie labbra.

“Ma qualsiasi strada mi conduce a te, Vig”, lo sento mormorare.
“Tu ci sei sempre. Sei sempre qui con me. A prendere la mia mano, quando sta cercando la tua”.

Anche lui sorride, tra le lacrime. Io sospiro, mentre il mio cuore trema, e, come ogni volta, si stringe al pensiero di quanto io ami questo ragazzo. Non ho mai amato nulla così tanto, in tutta la mia vita.


Orli si riappoggia al sedile, guardandomi negli occhi, riluttante a lasciar andare la mia mano.
Io sollevo la sua,e gli bacio il palmo, mentre abbandoniamo quella stradina interrotta, e riprendiamo il nostro viaggio.

…Now I'm just running home
Into my lover's arms....This much I know... I know it's true
(That) God blessed the broken road,
And led me straight to you.
(Yes) God blessed the broken road,
And led me straight
to you…


  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Il Signore degli Anelli / Vai alla pagina dell'autore: MarissaGwyn