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Autore: redeagle86    22/11/2009    2 recensioni
Aidou, dopo aver lasciato il Dormitorio Sole, torna nella sua stanza ancora più confuso di prima riguardo a Kaname e al suo comportamento. E un ricordo, apparentemente cancellato, riemerge nella sua mente. Partecipante al contest "When I was a child"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hanabusa Aido, Kaname Kuran, Yuki Cross
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore: redeagle86

Il rumore di un ricordo

 

 

Nel Dormitorio Luna aleggiava un silenzio quasi irreale ed una quiete insolita.

Nelle camere vuote, un lievissimo strato di polvere si stava posando su tutto, dando al luogo un senso di abbandono. Ma non tutti erano partiti per le vacanze.

Hanabusa Aidou era sdraiato sul suo letto, gli occhi azzurri nascosti dietro le palpebre abbassate; stretta nella mano sinistra teneva una biglia verdazzurra, apparentemente identica a tante altre. Per il giovane, però, non era una qualsiasi sfera di vetro: era un oggetto capace di riportarlo indietro nel tempo, ad un periodo felice e sereno in cui la sua unica preoccupazione era rendere fiero il padre. Poi…

Poi nella sua vita era entrato Kaname e niente era stato più come prima: ora c'era l'insicurezza, la paura d'aver riposto la propria fiducia -e il proprio amore- nelle mani di qualcuno privo di scrupoli, teso unicamente al concretizzare i propri fini, qualsiasi essi fossero. E che, per portarli a termine, era disposto a sacrificare ogni pedone della scacchiera. Forse fino a rimanere l'unico in gioco.

Il re. Colui che teneva i fili delle marionette.

 

"Anche se mi tradisse, io continuerei ad avere fiducia in lui."

 

-Yuuki…- sussurrò il vampiro, stringendo la presa sulla biglia.

 

"L'autunno era iniziato e il freddo pungente, preludio dell'inverno, si insinuava sotto le porte delle case e stringeva d'assedio le persone.

Il piccolo Hanabusa però, pareva non accorgersene nemmeno; con il naso appiccicato al vetro della finestra, osservava le foglie variopinte che fluttuavano sospinte dal vento: sembravano splendide ballerine nei loro abiti dalle sfumature aranciate, impegnate a danzare sulla pista del cielo.

E i pensieri vagavano liberi, quasi trasportati anche loro dalla brezza: pensava a Kaname, quel bambino dall'aspetto mite e fragile che in realtà portava sulle spalle il peso dell'eredità dei Purosangue. Impeccabile, perfetto, doveva incarnare un modello e non deludere le aspettative che tutti riponevano in lui.

Era diverso dagli altri, lo aveva capito all'istante.

Malgrado la giovanissima età, Aidou aveva avvertito la sua potenza: aveva provato qualcosa di strano nel guardarlo, qualcosa che ora se ne stava bloccata tra il cuore e lo stomaco, una sorta di intruso che non riusciva a scacciare.

Forse era colpa di quegli occhi nocciola in cui si agitavano sentimenti intensi e contrastanti, un caos che rendeva impossibile comprendere se fosse la vittima o l'artefice del gioco.

Forse era colpa delle voci e delle chiacchiere che lo precedevano e accompagnavano, dando di lui un'idea opposta a ciò che era realmente.

Forse semplicemente perché era un Purosangue, un Kuran, e possedeva poteri che andavano al di là di ogni immaginazione. Il controllo sul ghiaccio che il biondino aveva appena imparato a padroneggiare, non era niente in confronto.

-Ti odio, Kaname Kuran- mormorò a denti stretti, sentendo acuirsi la sensazione nel suo petto.

Uscì dalla stanza, percorrendo il corridoio con aria imbronciata e rimuginando sul loro ospite; suo cugino non si era espresso sull'argomento, com'era tipico di Akastuki: o elargiva verità spietate, o si barricava dietro un muro di silenzio. E, normalmente, sceglieva l'atteggiamento sbagliato nel momento sbagliato. Insomma, non c'era nessuno in quella casa che non si inchinasse al passaggio del brunetto.

A parte Hanabusa.

Aprì la porta della sua camera e venne accolto dal suono di qualcosa che andava in frantumi. Come al rallentatore, il bambino osservò i cocci di quello che, fino a pochi secondi prima, era stato uno dei pezzi più "pregiati" del suo tesoro, spalancando sempre di più gli occhi e la bocca.

-Scusa- tentennò una vocina, attirando la sua attenzione.

Con un movimento quasi meccanico, il vampiro spostò lo sguardo al punto da cui era arrivata quella parola, scoprendo una bambina di due o tre anni più piccola di lui. Ma ciò che notò immediatamente fu la forchetta che teneva nella minuta e candida manina. Aidou eseguì uno scatto degno di un centometrista e si fiondò sull'oggetto, salvandolo.

-Sei al sicuro, piccola mia- trillò, stringendo a sé la posata ed assicurandosi che fosse intatta. Gettò poi uno sguardo d'odio alla bimba che lo fissava con i suoi grandi occhioni castani. –Come ti permetti di entrare nelle stanze degli altri e di distruggere tutto? Hai rovinato un servizio da the composto da mezze tazze- si lamentò, osservando le briciole sparse sul pavimento. –Il mio tesoro…- piagnucolò disperato.

-Non l'ho fatto apposta- si giustificò lei. –E poi come facevi a giocarci se era rotto?

-Io non ci gioco!- esclamò offeso, agitando convulsamente le braccia come pale di un mulino a vento. –È il mio tesoro! È una collezione preziosissima!

L'innocenza e la tranquillità non sparirono dal volto della sconosciuta, incorniciato dai capelli bruni: avanzò di un passo, schiacciando inavvertitamente ciò che rimaneva del servizio e riducendolo in polvere.

La mascella di Hanabusa avrebbe certo toccato terra se la natura non l'avesse fornito di provvidenziali ossa che ne impedissero il crollo; era una vera e propria sofferenza vedere la sua raccolta devastata.

-Yuuki!- chiamò una voce oltre la porta.

La bambina voltò la testa, con una sorta di apprensione dipinta sul viso.

-Arrivo!- rispose. –Ciao, bimbo. E scusa- lo salutò, facendo un leggero inchino. Lasciò la stanza di corsa, tanto di fretta che il suo congedo assumeva più i tratti di una fuga.

ma Aidou era troppo preso dal suo dolore per la perdita di un tesoro, per far caso a quel dettaglio: quella piccola assassina di porcellane, quella…Yuuki, gliel'avrebbe pagata prima o poi.

Era una promessa.

 

*°*

 

-Se ne stanno andando- proferì atono Akastuki, rompendo la quiete del salotto.

-Chi?- domandò distrattamente il cugino, cercando di salvare il salvabile tra i cocci, armato di colla e tanta pazienza.

-I Kuran.

A quel nome, le piccole dita del biondino persero la presa sulla tazzina, vanificando il lavoro appena eseguito: Kaname stava lasciando la loro casa.

-Meglio così: non sopportavo più la sua presenza- affermò, con un'alzata di spalle.

Kain lo guardò con un'aria strana, più matura della sua età, come se sapesse il motivo del turbamento del compagno. Poi si alzò dalla poltrona, abbandonando la sala.

Il vampiro aspettò che la porta si chiudesse per avvicinarsi alla finestra: l'automobile era già pronta all'ingresso della villa, con la portiera aperta; i coniugi Kuran stavano salutando i suoi genitori.

Lo sguardo ceruleo però cercò Kaname, sorprendendolo mano nella mano con…

-Yuuki- sussurrò, riconoscendo la bambina vicina al Purosangue

Che ci faceva con lui? E perché vederla al fianco del ragazzino gli procurava una specie di ira?

Non aveva ancora dato corpo alla domanda, che la testa di Kaname si sollevò e i suoi occhi nocciola trapassarono come proiettili i suoi azzurri. Divennero scarlatti e, spaventato, Aidou si ritrasse di scatto, ritrovandosi ansante, con la schiena al muro.

Scivolò lungo la parete, sedendosi sul pavimento e avvertendo le palpebre farsi di colpo pesanti…"

 

Kaname aveva cancellato dalla sua mente il ricordo di quell'incontro con Yuuki: ora Hanabusa aveva finalmente chiaro cos'era accaduto quel giorno, quando i genitori lo avevano scoperto nel salotto, addormentato sul pavimento proprio sotto la finestra.

Era riuscito a ricordare, spezzando l'incantesimo del bruno: il racconto di Yuuki, le sue parole, la biglia…avevano sbloccato quella parte di memoria, forse aiutati dalla sua esitazione nel concedere ancora fiducia all'amico.

Un tempo, il giovane Kuran era stato per lui una sorta di idolo, un altare su cui aveva bruciato un sentimento mai ricambiato. Adesso non aveva più le idee così chiare: sapeva che la verità era un puzzle complicato i cui pezzi erano difficili da scovare.

Ma doveva portarlo a termine se voleva avere una risposta ai mille quesiti che lo tormentavano.

-Scacco al re- disse, notando una crepa nel vetro della finestra.

 

FINE

 

Note dell'Autrice: Che dire? Non nutro un amore per Kaname, tutt'altro, quindi non perdo occasione per fargli fare una figura meschina (cosa per nulla difficile, tra l'altro).

Per quanto riguarda la conclusione, i vetri incrinati da Kaname (se non addirittura distrutti) sono un classico quando qualcuno lo contraria, quindi mi piaceva l'idea di terminare con il presentimento, o il sospetto, che il Purosangue avesse intuito quanto accaduto ad Aidou.

  
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