Il
rumore di un ricordo
Nel
Dormitorio Luna aleggiava un silenzio quasi irreale ed una quiete
insolita.
Nelle camere vuote, un
lievissimo strato di polvere si stava posando su tutto, dando al luogo un senso
di abbandono. Ma non tutti erano partiti per le vacanze.
Hanabusa Aidou era sdraiato
sul suo letto, gli occhi azzurri nascosti dietro le palpebre abbassate; stretta
nella mano sinistra teneva una biglia verdazzurra, apparentemente identica a
tante altre. Per il giovane, però, non era una qualsiasi sfera di vetro: era un
oggetto capace di riportarlo indietro nel tempo, ad un periodo felice e sereno
in cui la sua unica preoccupazione era rendere fiero il padre.
Poi…
Poi
nella sua vita era entrato Kaname e niente era stato più come prima: ora c'era
l'insicurezza, la paura d'aver riposto la propria fiducia -e il proprio amore-
nelle mani di qualcuno privo di scrupoli, teso unicamente al concretizzare i
propri fini, qualsiasi essi fossero. E che, per portarli a termine, era disposto
a sacrificare ogni pedone della scacchiera. Forse fino a rimanere l'unico in
gioco.
Il
re. Colui che teneva i fili delle marionette.
"Anche se mi tradisse, io
continuerei ad avere fiducia in lui."
-Yuuki…- sussurrò il
vampiro, stringendo la presa sulla biglia.
"L'autunno era iniziato e il freddo pungente, preludio
dell'inverno, si insinuava sotto le porte delle case e stringeva d'assedio le
persone.
Il piccolo
Hanabusa però, pareva non accorgersene nemmeno; con il naso appiccicato al vetro
della finestra, osservava le foglie variopinte che fluttuavano sospinte dal
vento: sembravano splendide ballerine nei loro abiti dalle sfumature aranciate,
impegnate a danzare sulla pista del cielo.
E i pensieri
vagavano liberi, quasi trasportati anche loro dalla brezza: pensava a Kaname,
quel bambino dall'aspetto mite e fragile che in realtà portava sulle spalle il
peso dell'eredità dei Purosangue. Impeccabile, perfetto, doveva incarnare un
modello e non deludere le aspettative che tutti riponevano in
lui.
Era diverso
dagli altri, lo aveva capito all'istante.
Malgrado la
giovanissima età, Aidou aveva avvertito la sua potenza: aveva provato qualcosa
di strano nel guardarlo, qualcosa che ora se ne stava bloccata tra il cuore e lo
stomaco, una sorta di intruso che non riusciva a
scacciare.
Forse era
colpa di quegli occhi nocciola in cui si agitavano sentimenti intensi e
contrastanti, un caos che rendeva impossibile comprendere se fosse la vittima o
l'artefice del gioco.
Forse era
colpa delle voci e delle chiacchiere che lo precedevano e accompagnavano, dando
di lui un'idea opposta a ciò che era realmente.
Forse
semplicemente perché era un Purosangue, un Kuran, e possedeva poteri che
andavano al di là di ogni immaginazione. Il controllo sul ghiaccio che il
biondino aveva appena imparato a padroneggiare, non era niente in
confronto.
-Ti odio,
Kaname Kuran- mormorò a denti stretti, sentendo acuirsi la sensazione nel suo
petto.
Uscì dalla
stanza, percorrendo il corridoio con aria imbronciata e rimuginando sul loro
ospite; suo cugino non si era espresso sull'argomento, com'era tipico di
Akastuki: o elargiva verità spietate, o si barricava dietro un muro di silenzio.
E, normalmente, sceglieva l'atteggiamento sbagliato nel momento sbagliato.
Insomma, non c'era nessuno in quella casa che non si inchinasse al passaggio del
brunetto.
A parte
Hanabusa.
Aprì la
porta della sua camera e venne accolto dal suono di qualcosa che andava in
frantumi. Come al rallentatore, il bambino osservò i cocci di quello che, fino a
pochi secondi prima, era stato uno dei pezzi più "pregiati" del suo tesoro,
spalancando sempre di più gli occhi e la bocca.
-Scusa-
tentennò una vocina, attirando la sua attenzione.
Con un
movimento quasi meccanico, il vampiro spostò lo sguardo al punto da cui era
arrivata quella parola, scoprendo una bambina di due o tre anni più piccola di
lui. Ma ciò che notò immediatamente fu la forchetta che teneva nella minuta e
candida manina. Aidou eseguì uno scatto degno di un centometrista e si fiondò
sull'oggetto, salvandolo.
-Sei al
sicuro, piccola mia- trillò, stringendo a sé la posata ed assicurandosi che
fosse intatta. Gettò poi uno sguardo d'odio alla bimba che lo fissava con i suoi
grandi occhioni castani. –Come ti permetti di entrare nelle stanze degli altri e
di distruggere tutto? Hai rovinato un servizio da the composto da mezze tazze-
si lamentò, osservando le briciole sparse sul pavimento. –Il mio tesoro…-
piagnucolò disperato.
-Non l'ho
fatto apposta- si giustificò lei. –E poi come facevi a giocarci se era
rotto?
-Io non ci
gioco!- esclamò offeso, agitando convulsamente le braccia come pale di un mulino
a vento. –È il mio tesoro! È una collezione
preziosissima!
L'innocenza
e la tranquillità non sparirono dal volto della sconosciuta, incorniciato dai
capelli bruni: avanzò di un passo, schiacciando inavvertitamente ciò che
rimaneva del servizio e riducendolo in polvere.
La mascella
di Hanabusa avrebbe certo toccato terra se la natura non l'avesse fornito di
provvidenziali ossa che ne impedissero il crollo; era una vera e propria
sofferenza vedere la sua raccolta devastata.
-Yuuki!-
chiamò una voce oltre la porta.
La bambina
voltò la testa, con una sorta di apprensione dipinta sul
viso.
-Arrivo!-
rispose. –Ciao, bimbo. E scusa- lo salutò, facendo un leggero inchino. Lasciò la
stanza di corsa, tanto di fretta che il suo congedo assumeva più i tratti di una
fuga.
ma Aidou era troppo preso dal
suo dolore per la perdita di un tesoro, per far caso a quel dettaglio: quella
piccola assassina di porcellane, quella…Yuuki, gliel'avrebbe pagata prima o
poi.
Era una
promessa.
*°*
-Se ne
stanno andando- proferì atono Akastuki, rompendo la quiete del
salotto.
-Chi?-
domandò distrattamente il cugino, cercando di salvare il salvabile tra i cocci,
armato di colla e tanta pazienza.
-I
Kuran.
A quel nome,
le piccole dita del biondino persero la presa sulla tazzina, vanificando il
lavoro appena eseguito: Kaname stava lasciando la loro
casa.
-Meglio
così: non sopportavo più la sua presenza- affermò, con un'alzata di
spalle.
Kain lo
guardò con un'aria strana, più matura della sua età, come se sapesse il motivo
del turbamento del compagno. Poi si alzò dalla poltrona, abbandonando la
sala.
Il vampiro
aspettò che la porta si chiudesse per avvicinarsi alla finestra: l'automobile
era già pronta all'ingresso della villa, con la portiera aperta; i coniugi Kuran
stavano salutando i suoi genitori.
Lo sguardo
ceruleo però cercò Kaname, sorprendendolo mano nella mano
con…
-Yuuki-
sussurrò, riconoscendo la bambina vicina al Purosangue
Che ci
faceva con lui? E perché vederla al fianco del ragazzino gli procurava una
specie di ira?
Non aveva
ancora dato corpo alla domanda, che la testa di Kaname si sollevò e i suoi occhi
nocciola trapassarono come proiettili i suoi azzurri. Divennero scarlatti e,
spaventato, Aidou si ritrasse di scatto, ritrovandosi ansante, con la schiena al
muro.
Scivolò
lungo la parete, sedendosi sul pavimento e avvertendo le palpebre farsi di colpo
pesanti…"
Kaname aveva cancellato
dalla sua mente il ricordo di quell'incontro con Yuuki: ora Hanabusa aveva
finalmente chiaro cos'era accaduto quel giorno, quando i genitori lo avevano
scoperto nel salotto, addormentato sul pavimento proprio sotto la
finestra.
Era
riuscito a ricordare, spezzando l'incantesimo del bruno: il racconto di Yuuki,
le sue parole, la biglia…avevano sbloccato quella parte di memoria, forse
aiutati dalla sua esitazione nel concedere ancora fiducia
all'amico.
Un tempo, il giovane Kuran era stato per lui una sorta di idolo, un altare su cui aveva bruciato un sentimento mai ricambiato. Adesso non aveva più le idee così chiare: sapeva che la verità era un puzzle complicato i cui pezzi erano difficili da scovare.
Ma
doveva portarlo a termine se voleva avere una risposta ai mille quesiti che lo
tormentavano.
-Scacco al re- disse,
notando una crepa nel vetro della finestra.
FINE
Note dell'Autrice:
Che dire?
Non nutro un amore per Kaname, tutt'altro, quindi non perdo occasione per fargli
fare una figura meschina (cosa per nulla difficile, tra
l'altro).
Per
quanto riguarda la conclusione, i vetri incrinati da Kaname (se non addirittura
distrutti) sono un classico quando qualcuno lo contraria, quindi mi piaceva
l'idea di terminare con il presentimento, o il sospetto, che il Purosangue
avesse intuito quanto accaduto ad
Aidou.