OURS IS NOT A BROKEN BOND
“Andiamo Bones, la navetta è
atterrata.”
La voce affaticata del capitano riscosse il medico di
bordo dal suo torpore, che lo squadrò con occhio critico, notando con
apprensione la fronte imperlata di sudore e il tremito convulso alle mani, “Jim,
ci penso io a Spock, lei vada a riposare.” esclamò con autorità, sorreggendo il
capitano prima che si accasciasse a
terra.
Il comandante cercò di divincolarsi dalla presa
dell’amico, ma era troppo debole per opporre la minima resistenza, poté solo
lasciarsi scivolare contro il corpo della poltrona, semiprivo di sensi; con
cura, il medico analizzò il battito dell’ufficiale: “Quest’uomo è un pazzo…”
borbottò, passandogli una mano sulla fronte calda, “Scotty, porti Jim nel suo
alloggio e si assicuri che dorma, per favore. Ordini poi a due uomini della
sicurezza di sorvegliarlo. Io vado a recuperare quell’incosciente dal sangue
verde..” sbuffò, affidando l’amico al capo ingegnere, che sollevò il corpo del
comandante con estrema facilità.
Ma non appena si fu messo in piedi, il dottore fu
colto da un violento capogiro, che lo fece barcollare pericolosamente verso la
poltrona di comando, seguito da un senso improvviso di nausea che lo fece
piegare in due dal dolore.
Spasmi violenti scossero le sue membra indebolite
dallo stress cui era stato sottoposto in quei lunghi e tremendi momenti e dalla
massiccia dose di stimolanti che aveva adoperato per mantenersi in
piedi.
A fatica, si aggrappò al bracciolo della poltrona,
cercando di risollevarsi e respirare, ma gli era difficile, tutto era annebbiato
e sfocato; due braccia sottili lo sorressero, facendolo sedere al posto del
capitano: “Dottore, mi sente?” chiese Pavel col suo accento russo marcato e
inconfondibile, una nota preoccupata nella voce mentre, notò il medico con la
coda dell’occhio, segnalava qualcosa a Kyle, “Nyota, porto il dottor McCoy nella
sua stanza, pensaci tu al signor Spock, d’accordo? E avverti la signorina Chapel
di occuparsi dell’infermeria finché non si sarà ripreso.” disse il russo,
facendo passare il braccio dell’americano dietro il collo e trascinandolo via,
al meglio delle sue possibilità.
La tenente annuì: “Ponte a Infermeria, ponte a
infermeria. Christine, sono Nyota, il dottor McCoy non si sente bene, potresti
sostituirlo in infermeria?” chiese la donna, “Certo, qui la situazione si è del
tutto stabilizzata, passo a dargli un’occhiata.” Replicò la voce della giovane
infermiera, chiudendo poi la
comunicazione.
Uhura sistemò le ultime cose, poi afferrò il proprio
taccuino elettronico: “Kyle, aspetta che ritornino Pavel e Scotty, poi va a
riposare qualche ora.” disse lei, correndo verso
l’hangar.
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Il portellone della Galileo Sette si aprì lentamente,
depressurizzando la navicella a mano a mano che si
apriva.
A passo barcollante, ne uscì il Primo Ufficiale, che
si diresse a passo svelto verso il portellone di sicurezza, che ai aprì
autonomamente non appena fu considerevolmente vicino, il viso tenuto basso era
leggermente segnato per la stanchezza, il piccolo borsello colpiva ripetutamente
la coscia del Vulcaniano, muovendosi a ogni suo passo; imboccò il passaggio
aperto e si ritrovò nel corridoio di
comunicazione.
Ad attenderlo trovò il tenente
Uhura.
“Bentornato a bordo signore!” disse lei con aria
sollevata, “Grazie tenente,” disse lui con tono basso, affidandole un dischetto,
“Qui dentro ci sono tutti i dati che ho raccolto, la sezione scientifica saprà
trarne conclusioni interessanti.”.
La donna annuì, sistemando il piccolo oggetto con cura
sopra il taccuino elettronico nell’apposito alloggiamento: “Sarà fatto.” disse
solo lei, segnando qualcosa sul dispositivo, “Vado a fare rapporto al Capitano,
lei intanto porti il dischetto nel laboratorio.” affermò poi, dirigendosi verso
l’ascensore.
“Aspetti!” gridò la donna, bloccandolo a sorpresa, “Il
capitano non è sul ponte, è stato portato dal signor Scott nella sua stanza, ha
avuto un collasso poco dopo il suo attracco.” spiegò la donna, passandogli il
congegno, “E anche il dottore, abbiamo affidato l’infermeria a Christine e Pavel
l’ha portato nella sua stanza. Ha qualche ordine signore?” chiese Nyota, lo
sguardo stanco e opaco.
Il Vulcan sospirò, annuendo: “Si, richiami in servizio
Sulu e affidi a lui, Chekov e Scott il comando, poi dia l’ordine di riposo. Li
avverta inoltre che tra due ore punto tre, se il capitano non si sarà ripreso,
tornerò sul ponte e prenderò io il comando.” disse secco, dirigendosi a passo
sostenuto verso gli alloggi degli
ufficiali.
L’Enterprise era insolitamente silenziosa e cupa
mentre lo scienziato attraversava i lunghi corridoi, peraltro deserti, nessun
membro dell’equipaggio si scorgeva, anche le sale ricreative erano vuote e
tranquille, gli schermi ronzavano pigramente, oscurati, le grandi vetrate
sull’esterno aprivano tutta l’immensità della galassia all’eventuale
osservatore, perso a osservare l’infinito del
cosmo.
Le luci si abbassarono improvvisamente, restando solo
quelle a terra.
Un mantello di pace e tranquillità avvolse l’intera
nave, che lentamente scivolò nella quiete pacifica del
sonno.
Da lontano, la vista ben allenata di Spock distinse
chiaramente due uomini dalle divise rosse montare la guardia dinanzi a una porta
che egli identificò subito come quella del capitano; alzò un braccio per farsi
riconoscere: “Bentornato a bordo signore.” salutarono i due uomini, abbassando i
fucili, “Riposo.” replicò, guardando la porta chiusa, “Cosa sta succedendo?”
chiese, sistemando il borsello al fianco, “Il Capitano ha avuto un collasso e il
signor Scott l’ha portato qui, noi abbiamo il compito di non farlo uscire sino a
nuove disposizioni del medico di bordo.” spiegò uno dei due, giocherellando con
un anello.
Il Primo Ufficiale inarcò un sopracciglio, incrociando
le braccia al petto: “Iniziativa più che lodevole.” riconobbe l’alieno,
schiacciando il pulsante del citofono interno, “Capitano, sono Spock, posso
entrare?”.
Per tutta risposta, un leggero BIP segnalò l’apertura
delle porte.
L’alieno scivolò all’interno, ritrovandosi in una
stanza completamente buia.
“Mi sto annoiando.” ammise una voce nel buio, “Appena
mi sarà possibile mi vendicherò di Bones!”esclamò allegro il capitano, l’alieno
ne distinse chiaramente la forma nel buio, abbandonata sul letto, “non sia
illogico capitano, il dottore pensa solo alla sua salute.” lo rimbeccò lui,
sedendosi sul bordo del letto, “e il suo consumo di stimolanti è stato anche
stupido, la sua vita non è un gioco.” disse con tono
severo.
Nel buio, Kirk sorrise esasperato: “Lei sta troppo a
contatto con Bones, parola mia.” gemette seccato, imbronciandosi come un
bambino, “anzi, mi stupisco che non sia già qui a farmi la predica e a
saltellarmi attorno come un lepricano, insistendo per farmi tutte le analisi
possibili e immaginabili.” affermò, guardandosi attorno come se temesse di
vederlo comparire all’improvviso, “Il dottor McCoy non verrà, almeno non
subito.” replicò l’alieno, serio, “Mi è stato riferito che il signor Chekov ha
dovuto riportarlo nel suo alloggio per un malore.” spiegò brevemente, con voce
stanca e tremolante.
Jim si rizzò a sedere, poggiando le mani sul
materasso: “Cosa ci fa qui allora? Vada a vedere come sta, io posso anche
cavarmela da solo,” nell’oscurità Spock avrebbe giurato che il suo capitano
stesse sorridendo, “Vorrà dire che rimanderò l’eventuale vendetta a più tardi,
per ora, mi limiterò a pensare a quale sia più efficace da applicare.”
sogghignò, sporgendosi verso il muro e schiacciando il tasto d’apertura, “Forza,
vada!” lo spronò, adagiandosi nuovamente sui
cuscini.
Spock annuì e si incamminò verso la porta
aperta.
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Quando il Vulcaniano entrò nella stanza del dottore,
non si stupì di trovare l’infermiera Chapel, intenta a sottoporre il suo
superiore ad accurate analisi ed esami alla luce di un abat-jour sul comodino,
era l’unica fonte di luce nella stanza; stava dritta accanto al letto su cui era
disteso l’uomo profondamente addormentato, il viso pallido e segnato da lunghe
ore di veglia e di stress, segnando ogni dato che il tricoder gli comunicava,
avvolto da un camice da laboratorio così simile a quello degli ospedali
terrestri.
L’alieno si avvicinò silenziosamente, comparendole
accanto quasi senza fare rumore.
Lei abbassò la testa in un leggero cenno d’assenso e
di saluto, continuando a esaminare i dati, controllata attentamente dallo
sguardo penetrante del Primo Ufficiale; l’alieno la squadrò con aria severa,
accorgendosi che l’addormentato, sotto il camice, non aveva più i suoi
vestiti.
L’infermiera non riuscì a reggere lo sguardo
penetrante del vicecapitano e abbassò di scatto la testa, concentrandosi
maggiormente sui dati segnati e
raccolti.
Con un cenno imperioso, congedò la donna, che lo
lasciò subito solo nella piccola stanza semioscura, felice di allontanarsi da
lì.
Spock si sedette sul bordo del letto, esaminando
attentamente le condizioni del povero dottore immerso nel mondo dei
sogni.
Sospirando, si sfregò gli occhi stanchi e incrociò le
gambe sul materasso, in attesa.
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Un mal di testa pazzesco accolse il risveglio di
McCoy, che mosse la testa infastidito e dolorante: “Maledizione!” gemette,
sfregandosi la fronte, “Devo aver esagerato!” imprecò, cercando di mettersi
seduto.
Ma qualcosa bloccava i movimenti delle gambe, un peso
considerevole, quanto bastava per tenerlo fermo,
sdraiato.
La cosa non piaceva molto al dottore, anzi, non gli
piaceva affatto.
Cercò di divincolarsi e di mettersi seduto, ma ogni
suo tentativo fu vano.
“Dovrebbe riposare, invece che sprecare forze in modo
illogico, come tentare di alzarsi.” lo rimbeccò una voce saccente che conosceva
bene; con un sussulto, Leonard cercò di mettere a fuoco ciò che lo circondava, a
fatica, vista la poca luce, ma distinse chiaramente la figura snella e il viso
allungato del Vulcaniano a poca distanza da lui, pacificamente seduto sul suo
letto, in particolare sulle sue
caviglie.
Un brivido freddo percorse tutto il suo corpo,
facendolo rannicchiare maggiormente su se stesso: “Cosa diavolo ho addosso?”
imprecò, sfregandosi le braccia scoperte per scaldarsi; una mano leggera scostò
le sue, facendogli indossare la maglia azzurra della divisa, “Si lamenti con la
sua infermiera, Leonard,” disse severo il Vulcan, lasciandogli le gambe libere
di muoversi, “è stata lei a levarle la divisa e a metterle addosso il
camice.”.
La voce dell’alieno suonava a dir poco
seccata.
Bones sogghignò: “è geloso Spock?” lo provocò l’uomo,
stringendosi nelle spalle, un colpo improvviso di tosse gli spezzò il respiro,
facendolo piegare in due dal dolore; subito lo scienziato fece per aiutarlo, ma
un gesto dell’uomo lo bloccò, “Non è necessario, è passato..” soffiò esausto,
poggiandosi contro la parete; si asciugò la bocca con la mano
tremolante.
“Ahia…” gemette, sfregandosi con forza il labbro
inferiore, su cui spiccava un taglio leggero causato dalla sua stessa unghia;
alla luce bassa della lampada, esaminò con attenzione il rosso lucente del
sangue, che spiccava vivido sul bianco.
“A volte mi sembra di avere a che fare con un bambino
testardo e capriccioso…” affermò sibillino l’ufficiale, sospingendolo
all’indietro, “Ehi! Ma cosa fai?!” esclamò Bones, ritrovandosi bloccato sui
cuscini, il viso dell’alieno pericolosamente vicino al suo, tanto da sentire i
ciuffi neri del compagno ricadergli sulla fronte, “Lasciami, devo andare a
occuparmi dei feriti!” esclamò, cercando di divincolarsi, ma era ancora troppo
debole, “il Capitano sta benissimo, è sorvegliato a vista da due uomini del
signor Scott e per quanto riguarda il resto, se ne può occupare l’infermiera
Chapel.” affermò lo scienziato, fissandolo con aria stanca e, ci vedeva bene il
dottore? Anche un po’ preoccupata?
“Impossibile…” si disse, raccogliendo le gambe, la
schiena poggiata contro il muro, “Non è assolutamente logico… Forse mi sono
sbagliato… Devo essere proprio a pezzi.” concluse, poggiando la testa sul
cuscino e socchiudendo gli occhi.
“Non le ho impedito di salire a bordo della Galileo
per farla finire in queste condizioni, Leonard,” per la seconda volta in pochi
minuti, e le sue orecchie non avevano sbagliato, l’ufficiale alieno lo aveva
chiamato per nome.
Ora Bones poteva dire di aver visto e sentito tutto
nella propria vita.
Una mano sottile sfiorò il suo viso, il contatto era
fresco e piacevole, le dita sottili delineavano il contorno del viso e
percorrevano lente i lineamenti del volto; curioso, aprì piano un occhio,
trovandosi dinanzi l’espressione concentrata di
Spock.
Restò paralizzato per qualche istante, stupito del
comportamento del compagno.
I momenti di affetto erano rari, dati i loro impegni e
obblighi come alti ufficiali ma il legame che li univa a doppio filo era
assoluto; eppure, entrambi se n’erano accorti, quel giorno avevano rischiato che
quel filo si spezzasse, irrimediabilmente, tagliato dalle crudeli lame delle
Parche.
Filo che, più solido di prima, era tornato a
unirli.
Un braccio s’insinuò tra la schiena del medico e il
materasso, sollevando il busto dell’uomo senza fatica alcuna; non ebbe un moto
Bones mentre veniva avvolto dal caldo abbraccio del Vulcaniano, la testa
poggiata sulla spalla.
Non dissero nulla, solo il rumore dei loro respiri si
riusciva a udire nel silenzio.
Silenzio inopportunamente rotto, qualche minuto dopo,
dal gracchiare dell’interfono, seguito dalla voce allegra di Jim: “Bones, contro
ogni sua direttiva sono riuscito a eludere la sorveglianza delle due guardie e
ho già ripreso servizio, la nave è tornata sotto il mio comando. Ma non si
preoccupi, Scotty mi affiancherà nelle operazioni di comando, giusto per farla
star tranquillo. Chiudo.”.
Come era apparsa, la voce scomparve in un
soffio.
Leonard sorrise, stringendosi di più contro il corpo
dell’Ufficiale Scientifico, non c’era bisogno di altre parole in merito,
l’insostituibile calore che li teneva uniti era una risposta più che sufficiente
a qualunque domanda, una soluzione perfetta a qualunque
problema.
E il balsamo perfetto per ogni
ferita.
“Spock?”
La voce timida del dottore ruppe quel momento magico,
si scostò, esaminando alla luce della lampada il viso stanco del Secondo:
“Sicuro di stare bene?” chiese con tono preoccupato; la mano sottile del Vulcan
si spostò sulla schiena, spingendolo contro il suo
viso.
Un leggero bacio a fior di labbra concluse il suo
movimento.
“Mai stato meglio.” soggiunse con tono
serio.
Ok, non
linciatemi.
Questa essere mia prima SpockXMcCoy, me no
esperta…
Bugia, grandiosa
bugia^_^
Ok, lo ammetto, mi sono divertita a scrivere questa
fic, è stata una sfida stimolante…
Beh, che dire, spero che vi sia piaciuta e che vi
abbia fatto entrare un po’ di più nel magico mondo dello slash in STAR TREK!!
XDXD
Piccolo appunto, essa si svolge dopo la puntata, “LA
GALASSIA IN PERICOLO”, forse una delle più palesi puntate su questa
coppia!
Dedicata a Eerya e Rowen (MELINA e MARIPOSA),
webmaster e founder di NESSUNO E’ PERFETTO, sito dedicato interamente ai due
alti ufficiali dell’Enterprise e alla loro tenerissima
relazione!!
GRAZIE PER LE DRITTE E PER AVERMI FATTO PIANGERE CON
SHINE A LIGHT!! *O*
GRAZIE DI
CUORE!!!