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Autore: Bobby_Drake    23/11/2009    1 recensioni
Sulle note malinconiche di un pianoforte, un ragazzo medita sulla fine di un'amicizia. "Nessuno sguardo, nessun sorriso. Quei tempi ormai erano finiti. I tempi in cui le cose più semplici lo avevano esaltato, gli avevano fatto credere di aver raggiunto il suo cuore." "Se era davvero così incapace di dirle quanto le mancasse, quanto ci teneva a lei, quanto avrebbe voluto tornare indietro e illudersi di essere uno dei suoi migliori amici, se era incapace di parlarle forse non la meritava."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il piano suonava. Lo si sentiva nonostante il vociare. Nell’aria le tazze fumanti avvolgevano il pianista in una nebbia mista di caffè e cioccolato. Suonava un jazz malinconico che bene si abbinava alla pioggia invernale che picchiettava sui vetri. Gocce d’acqua fredda che colpivano i passanti costretti a ripararsi dentro il locale.



La gente parlava. Sentiva il suono del piano in lontananza. Ma senza ascoltare davvero. Il pianista suonava nel locale pieno ma lui era da solo con la sua musica.



Un ragazzo entrò, si sedette ed ordinò una cioccolata. Era solo, aspettava qualcuno, con aria malinconica. Ascoltava le note che il pianista accarezzava. Aveva la sensazione che ogni nota lo riguardasse, parlasse di lui. Quante volte una lacrima aveva invaso il suo volto ricordandogli che nulla è davvero dolce a questo mondo.



La porta si aprì. Un gruppo di ragazzi entrò e si sedette ad un tavolino. Lei era tra loro. Era avvolta in un jeans stretto. Una camicia bianca lasciava intravedere le sue dolci curve. I suoi lunghi capelli neri ondeggiavano come una barca nel mare ogni volta che si muoveva.



Lui seguiva ogni suo movimento mentre si portava la cioccolata alle labbra ignorando quanto fosse bollente. Ogni gesto, ogni movimento, ogni espressione del suo viso lo colpivano come le note della melodia in sottofondo. Era senza via d’uscita. Avrebbe voluto avvicinarsi al tavolo, portarla via dalle sue amiche, ma non poteva. Non ne aveva il coraggio. Se solo lei lo avesse guardato, gli avesse rivolto uno sguardo, un sorriso.



Nessuno sguardo, nessun sorriso. Quei tempi ormai erano finiti. I tempi in cui le cose più semplici lo avevano esaltato, gli avevano fatto credere di aver raggiunto il suo cuore. Solo ora capiva di essersi solo illuso. Quei tempi erano finiti e non sarebbero più tornati. Sì si era solo illuso ma meglio l’illusione a quel vuoto incolmabile che neppure la cioccolata riusciva a riempire.



Lei rideva con i suoi amici. Più di una volta aveva riso con lei, e lei con lui. Al tavolo ognuno diceva la sua, a volte scaturiva una risata, a volte una risposta, a volte uno sguardo falsamente gelido. Lui osservava soprattutto le sue reazioni, le sue risate, i suoi sguardi.



Un tempo si sarebbe avvicinato. Avrebbe riso con loro, si sarebbe stuzzicato con lei, avrebbe ricevuto uno sguardo che gli avrebbe scaldato il cuore, qualsiasi tipo di sguardo fosse gli avrebbe scaldato il cuore, perché era il suo sguardo.



E se lui fosse rimasto al suo tavolo, sarebbe stata lei un tempo ad avvicinarsi a chiederle con quel bellissimo entusiasmo che la caratterizzava “Che fai?” o semplicemente “Fai?”. E giù a parlare per tutta la sera.



Ora invece erano così. Lei in un tavolo pieno di gente, lui davanti a una cioccolata unica sua compagnia. Sapeva che entrare al locale era un rischio, si era ripromesso spesso di non farvi più ritorno ma come al solito non rispettava mai le promesse che si faceva. Ritornava con la speranza che le cose cambiassero, tornassero miracolosamente come prima.



Sapeva che per far sì che il miracolo avvenisse avrebbe dovuto fare lui la prima mossa ma non era in grado, non ne era capace. Se aveva lasciato che fosse sempre lei a cercarlo il motivo era duplice. Adorava essere cercato da lei e non sapeva come iniziare il discorso.



Se era davvero così incapace di dirle quanto le mancasse, quanto ci teneva a lei, quanto avrebbe voluto tornare indietro e illudersi di essere uno dei suoi migliori amici, se era incapace di parlarle forse non la meritava.



La musica era finita. Il pianista si era preso una pausa. Chiacchierava con una ragazza. Anche la cioccolata era finita. Tutto era finito.



Si avviò alla porta tentando di convincersi che sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto quel locale, che lontano da lei non l’avrebbe più pensata perché tanto lei non lo pensava più. Ma era consapevole che stava mentendo a se stesso.

  
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