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Autore: Ardespuffy    23/11/2009    2 recensioni
Ciò che realmente pensano quando non dicono ti amo.
[SB * RL]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Doggish (Fairy)tales.'
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WARNING: questa è una traduzione

WARNING: questa è una traduzione. L’autrice della storia è un’americana che scrive sotto il nick di AbominableDante (link al suo profilo su fanfiction.net): mia è solo la resa in italiano di una fanfic che ho trovato abbastanza significativa, al punto da cimentarmi nella traduzione con una certa leggerezza.

 

È probabile che coglierò lo spunto di An Exercise in Rhetoric per scrivere qualcosa di mio, tra qualche tempo, ma per trasparenza voglio rendere chiara quale sarebbe, in tal caso, la fonte di ispirazione.

 

Ed ecco qua. Per ogni raffronto, vi lascio un collegamento alla pagina originale. J

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

“Devi smetterla di correre in giro con questo tempo, Remus, o morirai per la febbre!”

Che si traduce in: piantala di cercare collegamenti al Signore Oscuro, ti farai ammazzare.

Sono sulla soglia di casa. La soglia di casa sua. La soglia di casa di Sirius Black. L’uomo con cui non ho avuto una vera conversazione per quasi quattordici anni, da quando gli scagnozzi del ministero lo hanno trascinato ad Azkaban mentre rideva come un matto. Con la stessa follia che aveva aleggiato nei suoi occhi molto prima che James e Lily morissero, molto prima persino del diploma ad Hogwarts.

Doveva essere pazzo, per innamorarsi di un mostro come me.

“Sta diluviando lì fuori, entra e togliti quei vestiti bagnati. Metto a fare un po’ di the.

Che si traduce in: sono preoccupato per te. Ti prego, ferma tutta questa idiozia. 

Mi toglie l’ombrello di mano prima che possa protestare e conduce via dal vestibolo, nel calore umido della sua casa natìa, al numero 12 di Grimmauld Place.

L’aria pesante è piena del suo respiro, dell’odore d’ippogrifo due piani sopra di noi, dei passi di visitatori morti da tempo. Le loro emozioni sono ancora qui, forti abbastanza perché possa avvertirle e dar loro nomi: rabbia, sdegno, paura, speranza.

Lui stesso odora di speranza, persino mentre si muove nell’ingresso – tirando la tenda che copre il ritratto di sua madre e lottando col mio ombrello mentre cerca di infilarlo nella rastrelliera già ricolma. Non ho idea del perché abbia tutti questi ombrelli: so che in casa non c’è nessun altro.

Mi sorride quando lo guardo e scaraventa la giacca che gli porgo nell’armadio, prima di barcollare in direzione della cucina.

“È passato un bel po’ dall’ultima volta che sei venuto, come vanno le cose? Ho sentito che Harry è molto occupato ad Hogwarts, lo ha scritto anche a te?”

Che si traduce in: se avessi saputo della tua visita mi sarei fatto un bagno. A Buckbeak non importa del mio odore, se non dispiace a me, ma vorrei avere un bell’aspetto per accoglierti. Sono preoccupato anche per Harry : lui sa dove vivi? Avrebbe il permesso di rivelarmelo, se glielo chiedessi?

Scivolo sulla panca al lato del caminetto, sfilandomi brandelli di lana bagnata: guanti, sottogiacca, la camicia – ricoperta di buchi – le scarpe e i calzini, entrambi rammendati malamente a mano. Lui li prende e mette ad asciugare su di una mensola. Alla fine puzzeranno di fumo, ma almeno saranno caldi.

Rabbrividisco e lui mi lancia una coperta, prima di sistemare una teiera sul supporto e farla dondolare sopra le fiamme per scaldarla.

“Mi hanno sfrattato da poco,” dico lentamente. “Non potevo pagare l’affitto.”

Non sono riuscito a tenermi un lavoro da quando ho lasciato l’impiego ad Hogwarts, due anni fa. Il mondo dei maghi non vuole un licantropo; il mondo babbano non è interessato ad un tizio che sembra tanto povero quant’è effettivamente. La sciatteria non è apprezzata in un barista, e quella è l’unica cosa che potrei fare. Non ho mai trovato i fondi per la mia idea della biblioteca, e la mia carriera di scrittore è andata in fumo quando hanno sbattuto anche l’ultimo dei miei agganci in prigione.

La teiera fischia e il vapore riempie l’aria. Lo inspiro ad occhi chiusi. C’è più umidità, ma la densità del calore è quasi una coltre, opprimente e rassicurante – come annegare.

Riapro gli occhi quando Sirius mi mette davanti una tazza, piena fino all’orlo di the scuro. Odora di quercia e di miele. La resina sta già sciogliendosi, e i ricordi che porta con sé sono esaltanti quanto il profumo.

Densa, spumosa burrobirra e qualche bicchiere di whiskey incendiario; il ricevimento nuziale di James e Lily.

Non avrei dovuto permettere che mi baciasse. Tutti quegli anni fa… mi ha rovinato per sempre, ha distrutto il mio controllo.

Perché non resti qui da me? Questo posto mi sta facendo impazzire. Non ti chiederei nemmeno l’affitto!”

Eccola di nuovo… la traccia di speranza. Dio, odio quest’odore.

Traduzione: rimani qui, mi sento solo. Possiamo riprendere da dove avevamo interrotto. Possiamo provare ad essere di nuovo amici

Il ticchettio dell’orologio da taschino di mio padre mi rasserena, il suo peso tiene la testa lontana dalle fantasticherie. Lo tiro fuori e controllo l’orario sulla superficie invecchiata, tra le lancette in movimento.

È ora.

“Silente ti manda una lettera. Immagina che potrò restare qui per la notte e poi rimettermi in cammino. Abbiamo tutti un lavoro da portare a termine, Sirius, ed io devo tenere d’occhio le creature oscure… è l’unico modo in cui posso essere d’aiuto, al momento. Faresti bene a restare concentrato sul tuo obiettivo. Potremo ricominciare più tardi, quando tutto questo sarà finito.

Sono sempre quello serio, quello razionale. Non mi è mai piaciuto, come ruolo. Non è la prima volta che desidero liberarmi di questa etichetta e sottomettermi a lui. Lui non ha mai dovuto nascondere i propri sentimenti, ha sempre giocato pulito.

Quanto a me, be’non è che mi piaccia imbrogliare.

Afferra la lettera ma non la apre, ogni speranza svanita dal viso mentre si volge di spalle.

“Puoi restare nella camera che avevi una volta, allora. Mi saluterai prima di ripartire?”

Traduzione: vattene, mi fai sentire vecchio.

Finisco il the e ne osservo i residui, fremendo per il presagio che portano. Il mio futuro è sempre stato pura disperazione.

Prendo la tazza dalle mani di Sirius, sbirciando il suo viso con un certo orrore.

È troppo presto. Non ho mai avuto l’opportunità di dirgli…

Ha un’aria sospettosa mentre mi alzo dalla panca e lo avvicino. Rinuncio quando sono già a portata di mano, e anche se vorrei la mia voce fosse più forte, un sussurro è sufficiente.

“Certo, Sirius.”

Traduzione: ti amo, Sirius.

Mi volto e dirigo su per le scale, nell’oscurità avvolgente della casa in cui vorrei annegare – per la pace che porta in questi ultimi istanti di vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- - -

 

 

 

 

 

 

 

Fin.

  
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