Ho
scritto questo piccolo “non so come definirlo” di getto,
nell’attesa di completare il prossimo capitolo di “Fianchi
rotondi”… spero che apprezzerete, parla dei ricordi di Alessandro davanti alla morte di Efestione.
Amore voleva
Gli era sembrato di vederlo ancora, coi capelli
arruffati e lo sguardo smarrito, si rotolava sul prato che l’avrebbe
nutrito, e guardava il palazzo e l’occhio del sovrano, e pensava alla
gloria che l’avrebbe investito, e gliene ne parlava, si confidava, poi
vagheggiavano, e s’addormentavano, e sognavano; ed erano dèi, sul
cavallo bianco, era alato?, sì, gli sembrava; e gli occhi
s’incendiavano, la pelle luceva, su quei giovani corpi che si stringevano
ancora non consapevoli, ma tuttavia convinti, che sarebbero rimasti
così, per tutta la vita, fino alla morte. E così
avrebbe voluto immortalarlo per sempre.
Gli era sembrato di vederlo ancora, spiccava in piedi dinnanzi a lui,
avvolto d’incenso e mirra speziata, gli occhi bistrati e quasi straniti,
e il suo ciglio parlava, parlava d’amore, e amore voleva; e poi si
scopriva, e guardava di lato, e abbassava lo sguardo, e schiudeva le labbra, e
poi lo chiamava, e la pelle era spessa, quasi inasprita; e poi
s’arricciava, lo respingeva, ma poi ruffianava, e dopo sbuffava, e,
sì, gli parlava, gli sussurrava, e poi mugolava; ed era sul letto che si
consumava la sua renitenza di grande guerriero. E cosi
avrebbe voluto immortalarlo per sempre.
Gli era sembrato di vederlo ancora, troneggiava erto su una roccia in mezzo
ad anime oramai sciupate e infelicemente anonime, come l’ultimo baluardo
si erge alla vista dell’invasore e si espone alle onde che sconvolte si infrangono contro le spesse mura; e aveva addosso
l’odore del sangue, e stringeva la lancia nella mano destra, e lo scudo
nella sinistra, e l’elmo era alzato, e scopriva i suoi occhi, infastiditi
dalle violente sabbie delle pianure persiane, ma nessun dio avrebbe potuto
abbassarglielo, e guidarlo sulla sua folle ragione. E
così avrebbe voluto immortalarlo per sempre.
Lo vedeva, sì, e gli stringeva la mano, poteva sentirlo: gli
parlava di sogni, e d’amore, e di guerra, ma non leniva la sua grave
espressione, le labbra socchiuse, e gli occhi sbarrati; non ci credeva, ma non
era il bambino che si rotolava sul prato?, non era
avvolto di mirra speziata?, non era erto sulla roccia fra le anime sciupate?, erano
solo caduche immagini, e colavano veloci dai suoi occhi mentre
s’aggrappava a quelle vesti esanimi e urlava, e gridava, e parlava
d’amore, e amore voleva, ma ignorava che quello non gliel’avrebbe
mai strappato per portarlo via con sé.