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Salve!
Allora,
ho solo una premessa da fare: i personaggi
principali, essendo due, saranno separati da questo simbolo
*§*. Per rendere
più chiara la scrittura!
Bene, beh, direi di
poter iniziare! Il titolo è
scritto sotto forma di banner: London Bridge is Falling Down!
MollY_gIaDa
- Diversivo……-
irruppe lei incrociando
le braccia al petto.
- Cosa?-
- È uno stratagemma per
depredare
la stanza dei gioielli reali!-
- Impossibile signorina Greengrass!
Non dica assurdità!- urlò il signor Rachof
battendo il pugno sulla scrivania di
vetro opaco. Fogli erano sparsi qua e là, come se un ciclone
fosse appena
passato. Astoria aggrottò le sopracciglia e si
appoggiò di peso su una gamba.
I lunghi capelli biondi erano
sciolti tranne qualche ciuffo trattenuto dietro alla nuca.
Gli occhi di color verde chiaro,
evidenziati
dal mascara nero, rivolti al cielo rivelavano la sua impazienza.
L’agilità
della sua figura era sottolineata da una divisa di pelle nera, che
metteva in
risalto il corpo minuto ma atletico.
Nell’ufficio di Rachof, capo
del
gruppo Fenix, sezione del Dipartimento di Protezione Magica della
Corona Inglese,
in quel momento si respirava un’aria inquieta e densa
d’attesa.
Ok, mi
considerano sempre una cretina…. Pensò tra sé
Astoria appoggiandosi al muro grigio dello
studio e osservando annoiata le foto appese alle pareti.
- Bene, direi di far evacuare
immediatamente tutti gli edifici all’interno delle mura!
Soprattutto questo! Sbrighiamoci!
Chi vuoi che riesca a penetrare le difese, Greengrass, visto che il
museo è
blindato???- ordinò Rachof, uomo sulla cinquantina, con i
capelli brizzolati e
occhi neri che infondevano sempre una certa sicurezza.
Mentre tutti gli altri agenti
presenti alla riunione annuirono convinti e impazienti di andarsene
velocemente
la Tower of London Astoria replicò a denti stretti
– Nessuno….- rivolgendo al
capo un’ironica espressione.
Aveva imparato che nella vita era
necessario adattarsi alle situazioni ma concedere ai propri pensieri di
vagare
liberi per il cervello.
Schiva con il genere umano e
amorevole solo con Scorpius, suo figlio di un anno e la
quantità smisurata di
rettili che possedeva a casa, viveva in un piccolo appartamento del
centro, ma passava
quasi tutto il suo tempo in ufficio, dove aveva la
possibilità di tenere con se
il bimbo, non rinunciando così al suo ruolo di mamma.
Non si lasciava intimorire da
nulla e per questo a volte si sentiva in qualche modo al di fuori del
mondo,
come se per lei essere sulla terra fosse una semplice
casualità.
- Perfetto! Dunque, usciamo
immediatamente!- confermò il vicedirettore, tipo biondo e
con un’aria da saputello,
come chi conosce troppo bene le regole.
I membri della Fenix in divisa
nera, come Astoria, si dileguarono immediatamente e iniziarono rumori
convulsi
di porte degli uffici che sbattevano nella corsa frenetica per
raccattare le
ultime cose.
La Fenix, associazione di maghi
era nata dopo la guerra contro Lord Voldemort con il compito di
proteggere i
luoghi del paese di maggior interesse e affluenza.
Uno di questi era la Tower of
London, soprattutto la stanza dei gioielli reali.
Astoria però
uscì per ultima e
lentamente chiuse la porta dell’ufficio alle sue spalle.
Tutto era iniziato quella mattina,
quando un messaggio anonimo indicava la presenza di una bomba sul
London
Bridge, perciò, senza indugio l’intera zona era
stata evacuata, tranne il loro
dipartimento che doveva mettere prima in sicurezza l’intero
museo.
Che
babbei! Sbuffò
Astoria scuotendo la testa e avviandosi verso l’esterno degli
uffici.
Camminò lentamente
attraversando i
lunghi corridoi di un bianco algido.
Il luogo solitario era impregnato
solo dall’odore acre di prodotti per la pulizia dei
pavimenti, che indicavano
l’ora dell’alba, quando gli edifici sono appena
aperti.
Scese velocemente le scale di
marmo e serrò la porta.
L’aria fredda e gelida la
investì
come uno tsunami e si ricordò di aver dimenticato il
cappotto in ufficio.
Estrasse la bacchetta e
cominciò a
correre verso l’edificio dei gioielli reali.
Era nel cortile interno della
Tower of London che di solito è visitato da persone di ogni
nazionalità attratte
dalla fascino dei vari edifici storici.
Diede uno sguardo fugace alla
White Tower, dove erano contenute le armi di Enrico VIII; infatti sin
da
piccola le storie babbane e i racconti che parlavano di epoche lontane
la
affascinavano.
Mentre correva, piccoli sbuffi di
vapore, che s’inseguivano rapidamente fino a scomparire nel
cielo plumbeo, le
uscivano dalle labbra dischiuse.
Il pavimento lastricato era cosparso
da pozzanghere tipiche delle precipitazioni piovose di Londra.
Le grandi querce, rinsecchite per
la bassa temperatura, erano radicate sul manto verde del tipico prato
inglese
in netto contrasto con il grigio paesaggio e ciò creava un
violento effetto
cromatico.
Astoria continuò la sua
corsa fino
a fermarsi di colpo davanti al lungo edificio, al cui interno, dentro
ad una
camera blindata e protetta da incantesimi, erano conservati i gioielli
della
corona.
Alzò la bacchetta fino a
puntarla
dritta davanti a sè in un gesto difensivo mentre il respiro,
diventato più
calmo faceva muovere piano il torace della giovane donna.
Si guardò intorno prudente
anche
se un po’ preoccupata, come solo lei alla Fenix faceva; era,
infatti, la
responsabile delle investigazioni contro i ladri e i vandali del
territorio, oltre
che dell’elevato livello di difesa dei gioielli.
Aprì il grosso portone
calciandolo
con lo stivale ed entrò sigillando l’entrata con
lunghi e complicati incanti.
Si sarebbe fatta esplodere con i
gioielli piuttosto che lasciare il posto incustodito.
I lunghi corridoi aperti al
pubblico erano tappezzati d’immagini, scritte colorate e in
qualche sala veniva
proiettato il filmato dell’incoronazione della regina.
La stanza in cui doveva entrare
Astoria si trovava dietro ad un pesante portone d’acciaio
blindato, protetto da
una combinazione che pochi conoscevano; sulla parete accanto spiccava
un
congegno a raggiera simile a un timone per barche.
Si guardò intorno
furtivamente
prima di digitare la combinazione nel touch screen a lato della porta.
Bip
La stanza, protetta
all’ingresso
da una spirale d’energia magica, conteneva una ventina di
teche che racchiudevano
i gioielli più preziosi del mondo.
- Finite
Incantatem…....- pronunciò alzando la
bacchetta con
noncuranza.
Con passo marziale sfiorò i
vetri
di protezione grossi quanto il suo pollice.
Corone, collane e mantelli regali
erano contenuti lì dentro.
In quel momento si sentì
fiera e
le venne naturale gonfiare il petto pensando che proteggeva con la sua
vita
tutto quel tesoro. Quella che ora provava non era certo la sensazione
di quando
attraversava distrattamente quelle sale piene di turisti che
mormoravano parole
di stupore.
Cavolo,
uno di questi oggetti vale quasi come il Pil di tre
stati!
Pensò ingenuamente, come a
convincersi che lei non valeva quanto quei gioielli.
Un oggetto la riportò alla
realtà
facendola bloccare all’istante: lo scettro con incastonato il
diamante più
grande del mondo. Il brillante dalle mille sfaccettature luccicava
quasi di
luce propria, irradiato solamente da una piccola lampada. Il bastone
dello
scettro era in oro puro, intarsiato e decorato con motivi vegetali.
Astoria sospirò e, in
attesa del
suo paventato avvenimento, si sedette sul pavimento e dalla tasca
estrasse
l’accendino per accendersi una lunga sigaretta nera.
Un piccolo vizio, che non osava
smettere. Non ne era dipendente e sapeva che non ne aveva bisogno per
vivere.
Solo nei momenti di stress o di rilassamento riaccarezzava
quest’abitudine.
Il fumo grigio cominciò a
vorticare verso l’alto, quasi a imitare il movimento sinuoso
dei suoi pensieri
che ora sgusciavano via, lasciando posto a una solitudine asfissiante,
che la opprimeva
e che ogni sera la invadeva più intensamente.
Una donna bionda, questo le
passava per la testa, giovane, identica a lei, ma più
matura.
Poi si rivedeva
all’età di
diciassette anni con i suoi capelli lunghi ma il viso da adolescente.
La donna aveva
un’espressione
preoccupata sul volto e iniziò a correre: scappava dalle sue
urla, simili al
gracidare di una rana nella palude.
Era Astoria che la cacciava,
minacciandola con una vanga agitata a mezz’aria.
Poi, come un ruggito nella
desolata savana, irruppe nella sua mente un altro ricordo,
più vivido anche se
più remoto.
Un uomo.
Capelli biondi, quasi bianchi,
pettinati
alla perfezione, un ghigno sul volto, il mento squadrato e rigido in
contrapposizione
alla simmetria di linee curve della sua faccia. Occhi grigi come il
fumo che ora
aleggiava nella stanza del tesoro.
Le sorrideva e abbracciandola
l’amava
e lei respirava di felicità come se, fino ad allora, fosse
stata in apnea.
Infine un bimbo, il suo: ciuffi
biondi su una testolina tonda, occhi grigi e malinconici persino per un
bambino.
Lei lo aveva cresciuto da sola, soffrendo ogni volta che ne incontrava
lo
sguardo, troppo simile al padre, l’unico uomo che aveva
amato.
Poi più
nulla……
Solo buio nella sua testa, che
però pareva parlarle più di mille silenzi e la
confortava pur nella sua
staticità, come se ora Astoria sapesse bene che
quell’oscurità per lei ci
sarebbe sempre stata.
Tumt
Un rumore sordo poco dopo
risuonò per
le stanze dell’edificio giungendo alle sue orecchie come il
più forte degli
allarmi.
Balzò in piedi e senza
indugiare
oltre, si nascose velocemente dietro ad una colonna,
nell’angolo più buio della
sala.
- Nox….-
sussurrò facendo un piccolo movimento con la bacchetta e le
luci si spensero.
Astoria cominciò ad
ansimare al
ritmo del suo cuore impazzito che sembrava ubriaco
dell’adrenalina che iniziava
a scorrerle nelle vene e che le arrivava fino al cervello. Provava
sempre un
certo brivido ad agire e si sentì come la ragazzina che
scorrazzava per i
corridoi durante la notte e non la ventiduenne di adesso.
- Dai scemo! Non facciamo
idiozie….- una voce di donna, come il più grande
dei terremoti, scosse il
silenzio.
Quella
voce……così familiare per
lei……risuonava nella sua mente come un
tornado……
Sentì dei passi: due tipi
di
rumore differente, uno felpato come di scarpe da ginnastica e uno dal
suono
ticchettante scandito da tacchi.
Uomo e
donna…… le
venne spontaneo catalogare così i due ritmi.
Prese respiro e si sporse dalla
colonna e nella penombra distinse le due figure.
Le mancò il fiato e si
trovò
catapultata nel passato.
*§*
- Perché no, scusa?- chiese
con
fare sbruffone Draco Malfoy.
Capelli biondi ormai un po’
spettinati
e vissuti che mantenevano comunque la loro lucentezza; i suoi occhi,
alla luce
delle loro bacchette accese, fissavano ogni minimo dettaglio. Il suo
corpo, irrobustitosi
negli anni, ora era all'altezza per compiere il colpo del secolo:
rapinare i
gioielli della corona.
Rimise la bacchetta nella tasca
della giacca da viaggio nera e sistemò i jeans con un
movimento rapido delle
mani.
Poi si volse verso la donna che
era con lui, la sua complice da anni: Daphne Greengrass.
Capelli biondo chiaro e occhi
azzurri grigi sempre felici di incontrare il suo sguardo.
Sbuffò quasi
d’impazienza,
squadrando la donna.
Aveva una relazione con lei, ma
non era così importante per lui.
- Perché rischiamo di fare
tardi!-
replicò lei con voce stridula, avvicinandosi.
Draco però la strinse
improvvisamente
tra le braccia e la baciò con passione, quella che si
sforzava di dimostrare
perchè aveva solo voglia di dimenticare tutto.
Nonostante ciò, si
sentì ancora invaso
dalle emozioni, che lo riportavano a quelle suscitate dal suo amore
passato, quando
gli sussurrava appena qualcosa.
Cavolo, mi
manca! La rivoglio! Pensò
aggrappandosi ancor
di più a Daphne, come fosse il suo salvagente per non
annegare in quella marea
di dannatissimi bei ricordi.
Si staccò da lei e
s’immaginò un
altro volto, un’altra persona che avrebbe voluto
lì, ma Daphne sembrava
assomigliarle talmente tanto che si sentì svuotato, come se
gli avessero preso il
cuore.
Gli rimase la solitudine e
l’amarezza di aver gettato la spugna.
- Ehm…. Ci conviene
metterci al
lavoro……- bisbigliò Daphne,
riscuotendo Draco dai suoi amari pensieri.
Lui annuì lentamente ed
estrasse
la bacchetta avvicinandosi alle teche.
- Che diamine credete di fare?-
domandò una voce dura e ferma.
Un respiro alle loro spalle si
fece più pesante.
Capelli biondi, quasi bianchi alla
luce delle bacchette e occhi verdi spiccavano più minacciosi
che mai.
Draco smise per un attimo di
respirare vedendo il volto di colei che tormentava ogni suo singolo
istante,
come un fantasma malvagio.
Il suo sguardo la percorse in ogni
dettaglio captando, come un radar, i cambiamenti che ora la facevano
più
matura.
Daphne al suo fianco era
impietrita, nel rivedere quella persona dopo quasi sette anni.
- Fuori di qui!- ordinò
Astoria a
denti stretti, fissando sua sorella con disprezzo.
- Astoria……-
sussurrò Draco nel
timore di ferirla, come fosse una bambola di porcellana per lui.
- Che cosa volete? Io lavoro qui e
non vi permetterò di distruggere questo posto!-
urlò Astoria minacciandoli con
la bacchetta.
Draco non sapeva cosa dire, la
fissava a bocca aperta. Rivederla gli aveva provocato una valanga di
emozioni
che scorrevano nella sua testa come un fiume in piena.
Tristezza, nostalgia, rabbia,
colpevolezza, amore……
- Mi dispiace……
Perdonami……-
sussurrò Daphne guardando la sorella con gli occhi pieni di
lacrime.
Astoria aveva la bocca piegata in
un’espressione di disgusto.
- Non perdonerò mai chi ha
ammazzato i MIEI genitori….- confessò, stringendo
i pugni.
Daphne si gettò a
terra….
- Non sono stata io! Credimi! Non
avrei mai potuto ammazzarli!- urlò Daphne aggrappandosi ai
pantaloni della
sorella minore.
Astoria rise beffarda.
- Allora mi puoi spiegare che
diamine ci facevi in giro per la casa, quella notte?- chiese Astoria
con
un’espressione scettica dipinta sul volto.
Draco intanto stava zitto e
immobile; avvertiva benissimo l’odio che trasudava da tutti i
pori della sua
Astoria.
Daphne non rispose.
- Parleremo più
tardi…… Ora, per
favore, uscite di qui! Immediatamente!- scandì le lettere e
indicò loro l’uscita.
Draco fissò
l’orologio al polso.
- Daphne, andiamo via da
qui……
Dobbiamo sbrigarci, altrimenti esplode tutto!- esclamò
trascinandola per le
spalle.
- Coosa? Avete davvero minato il
ponte?- domandò Astoria sgranando gli occhi.
Daphne si avvicinò alla
sorella,
notando che manteneva le distanze.
- Si….- confermò
uscendo dalla
porta. I tacchi neri battevano ritmicamente sul pavimento.
Astoria fissò con tristezza
Draco
e si voltò per seguire la sorella.
No, non ti
posso lasciar scappare ancora….pensò Draco afferrandola
per un polso.
La fissò negli occhi e lei
smise
di divincolarsi.
- Ti prego….- le
sussurrò
all’orecchio, abbracciandola.
Draco si sentiva finalmente
completo, come se avesse finalmente ritrovato l’ultimo pezzo
del suo puzzle. Le
sensazioni negative erano magicamente sparite, al loro posto soltanto
sentimenti
positivi: primo fra tutti l’amore.
Astoria dapprima indifferente, si
abbandonò a quell’affetto stringendolo di
più a sè.
Sapevano entrambi di non riuscire
bene a manifestare il loro legame iniziato il primo anno a Hogwarts,
durante il
quale erano già amici e confidenti. Il rapporto si era
intensificato alla fine
della scuola e avevano capito di amarsi. Dopo due anni però
Astoria decise di
lasciare Draco perché lui era ancora troppo legato alle arti
oscure e si
sorprendeva ad aver paura di lui.
Ora gli anni erano passati e
finalmente il giovane Malfoy si era reso conto di dover cambiare.
Draco alzò il viso dalla
spalla di
Astoria e le diede un bacio in fronte.
- Meglio se andiamo….-
disse afferrandola
per mano e guidandola verso l’uscita.
Daphne li attendeva davanti al
portone e sorrise timidamente alla sorella.
Astoria rimase impassibile, forse
non era ancora pronta a perdonare Daphne, pensò Draco
lasciandole la mano.
Cominciarono a correre.
- Certo è che non sei
cambiato……-
disse improvvisamente Astoria fissando l’uomo.
Lui ridacchiò, ritrovando
quel suo
fare sbruffone e superiore che lo aveva sempre contraddistinto.
- Ovvio! Sono unico, sai
com’è!-
replicò con voce sicura.
- Sempre il solito pallone
gonfiato……- sbuffò Astoria con gli
occhi diretti alla sorella che correndo li
precedeva.
- Già! E tu sei sempre la
solita
cinica!- confermò Draco sorridendo e inarcando un
sopracciglio.
Astoria scosse la testa.
Percorsero tutto il giardino
interno e attraversarono una stradina che conduceva al grande cancello
nero con
l’emblema d’oro della regina.
- Dove andiamo?- chiese Daphne
sbirciando fuori dal portone delle mura.
- Perché? Dobbiamo
raggiungere la
bomba e disinnescarla!-gridò Astoria, come fosse la cosa
più ovvia del mondo.
- Ehm…. Direi che non
possiamo per
il momento….- e indicò con l’indice il
ponte dove una trentina di auto della
polizia attendevano con i motori spenti.
Cavolo….pensò Draco
grattandosi la nuca.
Astoria sospirò.
- Venite a casa mia….
È qui
vicino… Lì penseremo a come farvi scappare dopo
aver disattivato la bomba!- e
senza aspettare risposta li afferrò per mano e si
smaterializzò.
Piombarono, con un tonfo sordo, su
una larga strada trafficata e seguirono Astoria in un vicolo laterale.
Casette
a schiera dai mattoni rossi e neri si affacciavano sul marciapiede.
Astoria estrasse un mazzo di
chiavi luccicanti tra cui ne spiccava una nera e arrugginita con la
quale aprì
un portone verde scuro, dopo aver salito dei piccoli gradini di marmo
bianco e
controllato con una rapida occhiata, la cassetta della posta.
La porta si aprì, cigolando
sui
grossi cardini e rivelò una scala di granito nero che
portava al piano
superiore. Accanto all’ingresso si notavano uno sgabuzzino e
un mobile d’ebano
con sopra una scatola di caramelle. Le tende alle finestre erano chiuse
e le
imposte semi aperte.
- Aspettate
qui……- sussurrò
Astoria e li fece accomodare nel piccolo ingresso che aveva il
pavimento coperto
da un tappeto arabescato.
Salì di corsa i gradini, si
tolse
gli stivali e li appoggiò su uno scalino.
Draco e Daphne intanto si
fissarono con aria interrogativa e si appoggiarono allo stipite.
Avvertirono un gran trambusto.
- Salite pure!- urlò
Astoria dal
piano superiore.
I due ospiti salirono in fretta e
si ritrovarono in un soggiorno arredato sobriamente: pavimento nero,
mobili
d’ebano, un grande divano di pelle bianca,
dell’edera verde ricopriva un’intera
parete. L’unico tocco allegro della sala era rappresentato da
alcuni disegni,
fatti da un bambino, appesi alle pareti; raffiguravano personaggi
strani dai
colori vivaci e talvolta spruzzati da qualche schizzo di tempere.
Accanto al
salotto stava una cucina comunicante, di tonalità verde
scuro con un tavolo
rotondo in noce nel mezzo. Un frigo color argento era addossato a una
parete ed
emetteva uno strano ronzio.
Dall’altro lato della stanza
una
grande vetrata si apriva su una lunga terrazza che dava sulla strada
trafficata.
Una porta di vetro opaco divideva
il corridoio che Draco suppose portasse alle camere e al bagno.
- Accomodatevi – disse
Astoria
facendo loro cenno di sedersi sul divano.
Sprofondarono sul grande
sofà e
Daphne agguantò un cuscino verde scuro.
Il silenzio aleggiava nella stanza.
L’aroma avvolgente del caffè si diffondeva
mischiato al rumore che emetteva la
caffettiera.
- Ehm… Io vado a prendere
il
caffè……- fece Astoria un po’
imbarazzata e si diresse in cucina.
Draco fissò a lungo,
sorridendo,
il corpo della sua sola amata e pensò che forse avrebbe
avuto ancora una
possibilità: anche se remota, questo lo rese più
raggiante.
Un improvviso rumore arrivò
dal
corridoio che conduceva alle stanze.
Astoria si girò di scatto e
agitata lasciò cadere il caffè sul pavimento.
La porta si aprì
lentamente. La
maniglia esitò un paio di volte prima di abbassarsi e Draco
pensò che chi la
stesse impugnando non doveva essere molto alto.
Infatti, fece capolino nella
stanza un bambino, di circa due anni, dai capelli biondi.
L’occhio destro era
di color grigio scuro, l’altro di un nuvoloso chiarissimo. La
bocca era piegata
in un sorriso e rivelava due unici dentini bianchi.
Draco era esterrefatto: i
lineamenti erano così simili ad Astoria che la
verità rivelatasi fu più dura di
un pugno nello stomaco.
Suo
figlio……
Eppure qualcosa lo turbava, alcuni
particolari di quel volto li aveva già visti. Soprattutto il
mento, la forma e
il colore degli occhi.
Indossava una felpa azzurra sopra a
un paio di pantaloncini scuri. I piedini scalzi si appiccicavano un
po’ sul pavimento
liscio.
Gli trasmetteva una sorta di
tenerezza e affetto che non riusciva a spiegarsi.
Solo in quell’istante
capì che i
disegni dovevano suoi.
Sorrise, un po’ imbambolato
davanti alle facce buffe del piccolo.
*§*
- Mama! Chi tono?- chiese con una
vocina acuta e vellutata. Corse e si buttò a capofitto sul
divano.
Astoria lo raggiunse rapidamente e
lo prese in braccio.
- Persone che conosco,
Scorpius…
Ora però torna subito in camera! Me lo avevi promesso!-
disse sfoderando il
tono da madre persuasiva.
Scorpius mise il broncio e
cominciò a scalciare per scendere a terra.
Lo appoggiò sul pavimento e
lui sta
volta corse a sedersi accanto a Draco.
Oddio… pensò sconvolta
vedendo per la prima volta quanto si somigliassero Scorpius e suo
padre.
Per un secondo si maledisse per
non aver mai detto nulla in quegli anni e il rimorso di non aver mai
fatto
conoscere il padre a suo figlio la investì come una bufera
gelata.
Fissò a lungo i tre
identici occhi
grigi, infatti, quello di sinistra di Scorpius era più
chiaro, quasi color artico.
- Non voio! Io to qui! Vicino a
queto signore!- ribatté lui incrociando le braccia al petto.
- Di là!- gridò
Astoria indicando
la porta. Voleva evitare di soffrire doppiamente e si era accorta che
Draco
guardava Scorpius un po’ troppo spesso.
- No!-
- Astoria, lascia pure che stia
qui… Non m’infastidisce…- disse Draco
pacato ma continuando a guardare il
bambino.
Astoria sbuffò e non appena
si
accomodò sul divano, Scorpius corse tra le sue braccia. Lei
lo prese e lo pose in
mezzo alle sue gambe.
- Bene…. Che facciamo?-
chiese
Daphne insofferente, stringendo il cuscino.
- Dobbiamo trovare il modo di
farvi disattivare la bomba sul London Bridge e fuggire
contemporaneamente….-
spiegò Astoria accarezzando i capelli di Scorpius.
- Perché ci vuoi far
scappare?-
domandò Draco staccando gli occhi dal bambino.
Astoria fissò Daphne
duramente.
- Vi voglio lontani da qui…
Inoltre se vi consegnassi alla giustizia ci sarebbero continui processi
e….-
non completò la frase e guardò il vuoto, quasi
per trovare forza.
Tutto quello che le stava capitando,
le costava un grande sforzo, avrebbe voluto sbatterli fuori di casa e
mettersi
a suonare il piano insieme a suo figlio. Ma non ci riusciva, era
inevitabilmente legata a quei due.
Draco si grattò la nuca.
- MAMMA! Sai che ho impaato una
nuova cansone? Fa così…
- Bravo Scorp! Sei bravissimo!-
sussurrò Astoria dandogli un piccolo bacio sulla guancia.
- Mamma a me mi
piace di più il ponte con le due torri grandi grandi!!!-
strillò
alzando le braccia al cielo.
Ma certo! Pensò
Astoria colpendosi con una pacca la fronte e rendendosi conto di quanto
fosse
stata stupida a non pensarci prima.
- IL TOWER BRIDGE!- urlò
Astoria
sorridendo sorniona.
- Scusa… Non ho
afferrato…- si
mortificò Daphne grattandosi la nuca.
- Andremo sul Tower Bridge che per
il momento non è presidiato, lì, ci
smaterializzeremo sul London Bridge,
disattiveremo la bomba e ritorneremo indietro per farvi scappare!-
spiegò
Astoria fissate dalle facce stupite di Draco e Daphne.
- Geniale!- dissero
all’unisono.
- Tutto merito di Scorpius!-
rispose fiera di essere madre.
Il clima nel frattempo si era
alleggerito
e ora persino per Astoria si apriva un piccolo varco in quella specie
di buio
che l’aveva sempre confortata.
Il cielo plumbeo fuori dalla
finestra si era leggermente rischiarato poiché era quasi
mezzogiorno.
Astoria prese Scorpius in braccio.
- Vado a cambiarmi….- disse
prima
di aprire la porta del corridoio.
Se la chiuse alle spalle ed
entrò
con suo figlio nella camera.
Un letto matrimoniale con lenzuola
verde acqua stava su di un piccolo soppalco all’angolo della
stanza, la testiera
d’ebano scuro era intarsiata; una moquette beige ricopriva il
pavimento. Le
pareti, dipinte a righe verticali, in un’alternanza di verde
acqua (lo stesso
del letto) e marroncino, alleggerivano l’atmosfera. Una
piccola finestra
incorniciata da tende blu scuro, illuminava debolmente la stanza. Un
enorme ritratto
di lei e Scorpius, era appeso alla parete, accanto ad uno specchio.
Addossato
al muro, c’era un armadio d’ebano con
un’anta aperta: alcuni vestiti erano
caduti a terra.
Astoria accese la lampada e una
luce giallina colorò la stanza definendone meglio i
dettagli. Scorpius cominciò
a saltellare sul letto della madre.
- Scorp! Stai attento!- lo
richiamò
mentre s’infilava un maglioncino bianco dalla scollatura a V.
Scelse un paio di
pantaloni neri aderenti e finchè chiudeva la lampo sorrise
vedendo Scorpius che
succhiava tranquillamente il pollice. Le faceva sempre tenerezza quando
sfoderava i suoi occhioni dolci.
Astoria chiuse l’armadio e
rincorsa da Scorpius entrarono nella sua cameretta.
Le vetrate strombate coloravano la
stanza di mille tonalità, le pareti bianche erano ravvivate
da piccole mani impresse con
le tempere, una moquette verde
scuro ricopriva l’intera stanza e una miriade di giocattoli
riempiva un’enorme
scatola di plastica color prato. Il lettino era attaccato con dei ganci
al
soffitto e vi si poteva cullare il bambino per farlo addormentare. Di
fronte
alla finestra stava una cassapanca per la lettura ricoperta da cuscini.
- Dai! Ora vai a fare un riposino!-
ordinò Astoria adagiandolo nel lettino.
Lui non protestò, anzi
guardò la
madre con meraviglia mentre lo cambiava e gli infilava una comoda
tutina. Poi
con cautela lo sollevò leggermente e lo infilò
sotto le coperte. Gli occhi
grigi di Scorpius guizzarono su quelli verdi di Astoria
un’ultima volta, come
per catturarne i più importanti particolari, e con la manina
dischiusa la
salutò silenziosamente.
- Buona nanna, piccolo
mio….- gli
sussurrò dolcemente cullandolo per un po’.
Prima di stampargli un piccolo
bacio sulla fronte, Astoria lo percorse con gli occhi e vide che le
palpebre si
chiudevano lentamente.
Uscì dalla stanza
rasserenata e si
chiuse la porta alle spalle cercando di non far rumore.
Percorse il piccolo corridoio e
osservò con curiosità la botola che dal soffitto
portava ad una piccola
mansarda dove conservava oggetti inutili.
Si ricordò di aver gettato
e
rinchiuso lì dentro tutti i regali e le foto di quando stava
con Draco. Per un
attimo avvertì uno strano tremolio che tentava di
convincerla a riguardarseli.
L’unica cosa che rimpiangeva di non avere con sé
ora, era una collana, dono di Draco,
con un pendaglio d’argento a forma di piccola farfalla; lui
sosteneva sempre che
era l’animale più adatto a descriverla.
Sospirò, scrollò
le spalle e tornò
in salotto.
Si sorprese ad arrossire
lievemente notando che Draco era lì da solo seduto sul
divano e con le braccia
comodamente appoggiate sui braccioli.
- Ehm…… Daphne?-
chiese Astoria
quasi timidamente sedendosi di fronte a lui.
- L’hanno chiamata al
telefono… è
uscita sulla terrazza….- rispose Draco con un sorrisetto
malizioso.
Astoria
s’irrigidì non poco… Non
era più abituata alle sue occhiate impertinenti.
- Non fare quella faccia! Sto
scherzando! Sai bene che sono sempre stato
corretto……- fece ridacchiando,
coprendosi però la bocca con la mano.
- Sicuro? Tu corretto? Ma se sei
sempre stato l’impulsivo più matto che
conoscessi!- disse Astoria aggrottando
le sopracciglia in un’espressione di scetticismo.
Draco non ribatté, anzi, si
bloccò
per un istante; il torace fermo e gli occhi persi nel vuoto, come se
volesse
riflettere bene su quelle parole.
- Già…. Hai
ragione…- e si alzò di
scatto.
Attraversò il piccolo
spazio che
li divideva e s’inginocchiò di fronte a lei.
- Che diamine fai?- urlò
preoccupata Astoria sorpresa dall’improvviso comportamento di
Draco.
Lui si slanciò in un
sorrisetto.
- Io sono un impulsivo.- era
un’affermazione, non una domanda.
- Si…… Te
l’ho appena detto……-
rispose Astoria, per la prima volta insicura sul da farsi.
- Quindi continuerò a
essere
così……- e il sorriso si
allargò ancora di più, senza nascondere il suo
fare
sbruffone che Astoria stranamente adorava.
Poi si alzò di fronte a
lei, la
prese per le braccia e la alzò in piedi.
Astoria cominciò a
respirare affannosamente
e il cuore sembrava ballare una sorta di danza. Tutto questo le era
mancato e
per un attimo si sentì egoisticamente bella e più
donna. Non volle però incrociare
il suo sguardo per paura di cadere in una trappola.
Draco le prese il mento e la
obbligò a guardarlo. I loro occhi, verdi e grigi,
s’incontrarono nuovamente, come
quando l’asfalto e l’erba si affiancano in una
strada: si accompagnano
armonicamente, uno accanto all’altro.
Astoria si sentì quasi
soffocare,
le mancava l’ossigeno; fissandolo si era dimenticata persino
di respirare,
tanto era felice ed impaurita allo stesso tempo.
Istintivamente Draco, senza darle
il tempo per riflettere, la baciò. Le labbra dapprima si
sfiorarono lievemente,
poi scacciando un’iniziale timore, le bocche si dischiusero
senza indugi.
Astoria assaporò quel
momento e
capì che forse doveva voltare pagina per essere finalmente
felice.
Il buio che prima la penetrava
sparì, per lasciare il posto a un fuoco che ora ardeva anche
nei suoi pensieri.
*§*
Draco si staccò dalle sue
labbra e
riprese il fiato.
Lo scorrere del tempo, per un
interminabile attimo, si era come velocizzato al ritmo dei suoi battiti
che ora
lo facevano quasi tremare.
Avrebbe preferito non dover parlare
o fare qualcosa, ma rimanere semplicemente così, fermo e
immobile a fissare la
sua amata che forse aveva riconquistato. Capì in
quell’istante che era stato
uno stupido a non lottare per non farsi portar via Astoria dalle
conseguenze
delle sue azioni.
- Ti amo…. Promettimi che
non
fuggirai un’altra volta…- bisbigliò
Astoria.
- Te lo prometto! Ora però
posso
confermarti che sono un VERO impulsivo?- chiese Draco sorridendo. Prese
infatti
una solenne decisione con se stesso: era ora di mettere da parte
l’orgoglio. Una
fitta al cuore colpì il giovane Malfoy: ora aveva un
po’ di timore.
Astoria annuì debolmente ma
lo
sguardo lasciava trapelare una certa curiosità.
- Non ho nulla con me… Ma
ti giuro
che sarò bravo a recuperare! Astoria Greengrass, non ti
voglio perdere, perciò …
Mi vuoi sposare? …- e s’inginocchiò
nuovamente prendendo dal tavolino un
cerchietto di plastica blu dal tappo di una bottiglia. Lo strinse tra
il
pollice e l’indice e finse di farlo luccicare.
Astoria aprì la bocca. La
voce non
le usciva.
Poi fissò il buffo anello e
cominciò a ridere.
- Sciocco! Certo che ti sposo! Era
ora che tu ti facessi avanti!!- e gli buttò le braccia al
collo stringendolo a
sè.
Un cigolio colpì con
violenza
quell’atmosfera felice.
- Che state facendo?- chiese
Daphne, entrando in quel momento.
Draco si alzò in piedi e
mise il
suo braccio attorno alle spalle di Astoria. Per la prima volta dopo
anni, si
fiancheggiavano nuovamente.
Avvertirono entrambi la tristezza
di Daphne che aveva intuito benissimo ciò che era successo.
- Noi ci sposeremo…-
rispose
Astoria, consapevole di ferire la sorella ma ciò non le
importava, voleva solo
vendicarsi.
- Bene… Sono contenta per
voi…-
disse Daphne a denti stretti. Fissò eloquentemente Draco e
poi s’infilò la
giacca.
Astoria corse in cucina e
staccò
un postit giallo dal frigo. Prese il telefono e compose il numero che
c’era
scritto.
- Ciao Ginny! Potresti fare la
babysitter a Scorpius? ... Ora… Ok, ok! Grazie, ti lascio le
chiavi sotto lo
zerbino… Sì, si dorme! Ciao!- e chiuse la
chiamata.
- Ginny Weasley?- chiese Draco con
perplessità, quel nome gli era risuonato nella testa con
fastidio.
Astoria s’infilò
una giacchetta
nera di pelle e chiudendosela riattaccò il postit sul frigo.
- Si… Mi ha aiutato a
partorire,
in ospedale… Lei sa bene cosa vuole Scorpius! È
la migliore babysitter di
Londra…- spiegò indossando gli stivali.
- Fa la Medimaga?-
- Sì, nel reparto
natalità del San
Mungo… Andiamo?- domandò chiudendo le tende scure
alle vetrate.
Draco annuì debolmente, non
voleva
che il suo dissenso fosse avvertito troppo da Astoria.
Daphne non rispose e scese
velocemente i gradini. Quando giunsero tutti e tre nel piccolo ingresso
si
smaterializzarono accordandosi sul punto preciso in cui arrivare.
Si ritrovarono sulla cima del
Tower Bridge, in un lungo camminamento, protetto da una ringhiera
azzurra, riservato
ai soldati della regina, i cosiddetti Beefeaters. In giro non
c’era anima viva,
tranne qualche macchina che passava sporadicamente sul ponte
sottostante.
Si sporsero leggermente dal parapetto
e osservarono a lungo le macchine della polizia ferme accanto al London
Bridge,
il lungo ponte di fronte al Palazzo del Parlamento. Vigili e agenti in
divise
scure, correvano impazziti alla ricerca del luogo minato.
- Guardate… Lì
c’è un piccolo bus accanto
a quelle macchine incustodite…- segnalò Draco,
puntando il dito dritto davanti
a sè. Lungo il ponte, infatti, le auto abbandonate dai
civili erano incolonnate;
un tipico bus rosso a due piani stava, ignaro, sul lato del ponte
accanto alla
bomba.
- Ok, smaterializziamoci
lì, la
disattiviamo e poi torniamo!- disse Daphne guardando il cielo che ora
si stava
aprendo in un ampio spiraglio al sole.
- Aspettaci qui e non muoverti!-
intimò Draco ad Astoria che sbuffò annuendo.
Daphne si smaterializzò in
un
attimo, senza proferire alcunché.
Draco prima di sparire diede ad
Astoria un piccolo bacio sulle labbra e si lasciandosi alle spalle
l’ombra del
suo sorriso.
*§*
Astoria sospirò e si
appoggiò al
parapetto. Il sole, con fare prepotente, ore stava uscendo
completamente dalla
coltre di nubi uggiose.
- Sorella…-
sentì alle sue spalle.
Daphne le si parò davanti e
le
bloccò le gambe con un incantesimo.
- Daphne! Sei impazzita?-
gridò
nuovamente impaurita Astoria chiedendosi perché non fosse
con Draco.
La sua mente vagò a quella
terribile notte.
Si era
svegliata di soprassalto a causa di alcuni rumori
provenienti dalla stanza dei genitori.
Era corsa
di fronte alla porta e aveva notato Daphne che,
in pigiama, usciva dalla stanza e, come magnetizzata, ritornava nella
sua
camera.
- DAPH!
Che succede?- gridò rivolta alla sorella ma non
ebbe risposta.
Si fece
coraggio e aprì con cautela la porta.
Sul grande
letto a baldacchino con le tende blu, stavano i
coniugi Greengrass. I corpi immobili e accoccolati insieme tra i
cuscini. Nella
stanza regnava il silenzio più assoluto.
Astoria
tirò un sospiro di sollievo. Poi si fermò: nessun
respiro si udiva nella camera.
- Mamma?
Papà?- chiese in preda al panico. Si avvicinò al
letto e appoggiò la mano sui corpi inermi dei genitori.
Morti.
Cominciò
a urlare ma sentiva le gambe che cedevano e si
accasciò sul pavimento. Lacrime salate rigavano il suo
giovane volto. La cosa
più incredibile era che non c’erano segni evidenti
del loro assassinio e che potessero,
da un momento all’altro, ancora svegliarsi… Solo
una maledizione senza perdono
poteva provocare questo dolore…
Poi un
colpo più grande; una sola cosa poteva per lei, essere
più forte della morte: il tradimento.
-
DAPHNEEEEE!- gridò sconvolta e corse nella stanza della
sorella
maggiore. La vestaglia svolazzava leggermente.
Non
c’era.
La
distruzione regnava sovrana nella camera: i poster, che di
solito erano attaccati sulle pareti color giallo canarino, ora erano a
terra
tagliati e dilaniati.
Astoria
corse attraversando i lunghi corridoi e le aree
della villa di famiglia e vide che l’ingresso principale era
aperto. Si
precipitò nel grande giardino coperto dalle fronde di
altissime querce. Al centro,
vicino alla fontana, stava Daphne con i lunghi capelli biondi sciolti
al vento.
Lo sguardo impietrito e sconvolto. Astoria le si avvicinò e
rapidamente la fece
voltare.
- Tu? SEI
STATA TU?- urlò scrollando le spalle di Daphne.
Non
ottenne risposta.
-
RISPONDI! Li hai uccisi tu?- le intimò guardandola con odio
profondo, per la prima volta.
- Non lo
so…- fu la banale risposta che fece montare in
Astoria una rabbia disumana che le avrebbe lacerato l’anima
per molti anni.
Prese la
vanga che stava lì, accanto al piccolo capanno degli
attrezzi. La impugnò come fosse una spada e la
puntò verso Daphne, più
minacciosa che mai. Gli occhi rossi dalle lacrime ora sembravano
emanare un
fuoco ardente.
- Da oggi
non ti voglio rivedere mai più…
estranea….- le
disse e in un attimo riuscì a cancellare l’affetto
che provava per la sorella,
lasciando che odio e rancore prendessero il suo posto.
Daphne
cominciò a piangere e non si mosse.
- VATTENE
DA CASA MIAA!- le urlò brandendo la vanga e scagliandola
nella sua direzione.
Lei la
schivò e scappò, voltando la schiena alla sua
famiglia. Le grida di disperazione di Astoria si mischiarono con
l’atmosfera
cupa di quella notte, soffocando il suono del pianto solitario di
Daphne.
Astoria si risvegliò dai
brutti
ricordi e cercò di fissare la sorella, anche se ogni tanto
qualche vecchio
pensiero tornava a fargli visita ed il rancore la inondava.
- No, non sono impazzita…
devo solo
spiegarti… Draco puoi averlo riconquistato, ma non puoi
continuare ad ignorarmi!-
disse ansimando e puntò il dito contro Astoria.
Astoria muta, si limitò a
guardarla con severità.
- Ascolta… Non li ho uccisi
io! Mi
devi credere!- disse aprendo le braccia come per implorarla.
- E allora che ci facevi nella
loro stanza?-
- Io… io non lo
so…-
- Non lo sai? Vedi, è
questo che
odio! Almeno potresti dire la verità!-
- Non lo so…io…
io…. –
- Tu?-
- Oh, insomma…. SONO
SONNAMBULA!-
sbottò, non riuscendo più a stare zitta.
Astoria si bloccò. Il
cervello era
momentaneamente in off, non sapeva cosa pensare.
- Liberami…-
riuscì solo a dire,
facendo un grande respiro.
- Io sono sonnambula… non
mi
ricordo di averli uccisi… mi sono risvegliata in giardino e
tu urlavi contro di
me…-
- Ripeto, liberami…-
Daphne agitò la bacchetta e
l’incanto svanì, lasciando ad Astoria la
possibilità di rilassare i muscoli
indolenziti.
Astoria continuò a fare
grandi
respiri, cercando di riflettere. Ora per lei era anche peggio, i
genitori potevano
essere morti solo per uno strano caso che il destino aveva riservato
alla
sorella.
- Ti rendi conto? Tu li hai uccisi
senza motivo, senza odiarli. Chi è sonnambulo, normalmente
non uccide!- disse
pacata, senza un filo d’emozione. Avrebbe voluto Draco
accanto a sè, l’unico
che dopo questa tragedia, l’aveva sorretta e aiutata.
-… Mi dispiace…-
rispose Daphne,
una lacrima le solcò la guancia, lasciando in Astoria un
maggiore senso
d’indifferenza. Come se più lei soffriva,
più Astoria era soddisfatta.
- Ti odio…- disse Astoria a
denti
stretti, esprimendo tutto il suo stato d’animo.
Poi senza, lasciarle il tempo di
aggiungere altro, afferrò Daphne per un polso e si
smaterializzò.
Si ritrovarono sul London Bridge
accanto al parapetto.
Draco le aspettava nascosto dietro
al bus poco distante; le salutò con la mano ma
un’espressione di terrore
comparve sul suo volto non appena intercettò lo sguardo di
Astoria: feroce e
determinato.
Astoria prese la sorella per le
spalle e la spinse contro un lampione arrugginito.
- Incarceramus
Maxima!- enunciò puntando la bacchetta contro la
sorella. Funi indistruttibili comparvero e imprigionarono la sorella al
palo
del lampione.
- Tu morirai…- le
sussurrò
all’orecchio.
Si allontanò e raggiunse
Draco
- Che hai fatto Astoria? Liberala!
Mancano due minuti!- le urlò scuotendola.
Lei non rispose, si limitò
a
fissare l’acqua scura del Tamigi.
- Astoria!-
- Deve morire… Ha ucciso i
miei
genitori… è sonnambula!- gli rivelò
buttandosi al collo e iniziò a piangere
debolmente.
Draco rimase dapprima in silenzio ma
poi guardandola negli occhi le rivolse un’espressione
risoluta.
- Guardiamole i ricordi, Astoria!-
- Eh?- chiese Astoria imbambolata;
non riusciva a collegare da quanto era stressata per la valanga di
emozioni che
la pervadevano.
- I ricordi!!! Li guardiamo,
così
sapremo la verità! Possibile che tu non ci abbia mai
pensato?-
Astoria sorrise debolmente.
– Sei
un genio amore!- e gli scoccò un bacio sulle labbra.
- Amore?-
- Sì, amore!
Perché?- fece
Astoria, chiedendosi dove avesse sbagliato.
- Così… Mi era
tremendamente
mancato sentirlo…- e sorrise spingendola verso la sorella.
Astoria corse verso Daphne e
appellò il piccolo pensatoio che teneva a casa. In poco
tempo il bacile dorato
arrivò nelle sue mani da pianista.
- SBRIGATI!- le urlò da
distante
Draco che teneva sotto controllo l’orologio.
Astoria annuì ed estrasse
la
bacchetta.
- Che cosa fai Astoria?- chiese
con timore Daphne, il volto lucido dalle lacrime.
- Ti guardo i ricordi…- le
spiegò
appoggiando la bacchetta sulla sua tempia. Poco dopo un leggero
filamento
biancastro uscì dalla testa di Daphne.
Astoria appoggiò il ricordo
nell’acqua e senza indugio si gettò
all’interno per poter conoscere finalmente
la verità.
*§*
Draco fissò
l’orologio: 12.59
Ormai mancava circa un minuto allo
scoppio. Guardò Daphne e con preoccupazione vide che Astoria
non era ancora
riemersa.
Con ostinazione si maledisse di
non aver posto lui stesso l’incanto per la bomba; poteva
scioglierlo solo
Daphne.
Astoria uscì dal pensatoio
cadendo
con un tonfo sordo sul pavimento. Era sconvolta ma appagata. Riusciva a
leggerlo dal suo sguardo, avrebbe saputo farlo anche a chilometri di
distanza,
si erano sempre capiti alla perfezione. Lei era l’unica che
lo aveva veramente
capito quando suo padre lo costrinse a passare tra le schiere di
Voldemort.
Draco fece segno loro di sbrigarsi
agitando le braccia.
Astoria sorrise e impugnò
la
bacchetta sciogliendo l’incanto alla sorella.
- È STATO ZIO ARCIBALD! Ha
fatto
L’Imperius a Daphne! – urlò a Draco per
renderlo partecipe della verità.
Astoria raggiante si girò
verso la
sorella e la abbracciò piangendo.
Draco capiva bene che ora entrambe
si sentivano sollevate, avevano scoperto la verità e dove
stava il “marcio”
della famiglia.
Per
fortuna che Arcibald Greengrass è morto anni altrimenti
non avrebbe trovato scampo alla loro vendetta! Pensò sorridendo;
finalmente poteva riavere il suo amore
tutto per sè, senza complicazioni o rancori.
- Ti voglio bene!- le sentì
dirsi
finchè si abbracciavano.
Ora tutto era tornato alla
normalità, ma non la banale quotidianità ma
quella in cui avrebbero vissuto
finalmente come una vera famiglia.
Astoria e Daphne lo guardarono
sorridendo, una con amore, l’altra con gratitudine.
Draco si figurò Astoria in
abito
da sposa, ora gli veniva naturale e pensò di non averlo mai
immaginato prima di
averla persa.
Ora
potrò recuperare!
E ridacchiò vedendo che ora si stavano stuzzicando
amichevolmente come ai
vecchi tempi.
Silenzio… Aleggiava come un
presagio sopra di loro…
BOOM
Un rumore assordante fece tremare
il ponte fin nelle viscere.
Pietra e lampioni schizzarono in
aria, tra il fuoco e le fiamme provocate dalla bomba, lasciando solo un
enorme
cratere.
Crollò come un debole
castello di
sabbia, massi caddero pesantemente nel fiume e furono portati lontano
dalla
veloce corrente. Le macchine scivolarono dalla strada e finirono nelle
acque
torbide.
Draco s’impietrì,
il punto dove
era lui non era crollato perché era il più vicino
all’altra sponda.
Astoria… pensò
meccanicamente e corse verso l’esplosione.
- ASTORIAA!- urlò disperato
con
tutto il fiato che aveva in gola.
Non c’era traccia delle due
Greengrass.
Si stese a terra e con lo sguardo
si sporse sul grande spacco del ponte.
Astoria era aggrappata a una
piccola sporgenza di ferro. Le mani arrossate e contratte in uno
sforzo. Le
unghie ora raschiavano la parete.
- Amore! Resisti! Ora ti aiuto!- e
accavallando il ponte si sporse con il busto. Le mani allungate per
raggiungerla.
- Dra… Draco…
Non ce la faccio!
Non sono riuscita a salvare Daphne…- disse tra i singhiozzi.
- Si che ce la farai! Afferra la
mia mano!- e si sporse maggiormente. Le vene sul collo spiccavano ancor
di più
per la fatica.
- Ascoltami! Draco ascoltami! Ti
prego!- supplicò lei a fatica.
Draco non la sentì e
ritornò sul
ponte – SOCCORSI! C’È BISOGNO
D’AIUTO!- urlò agitando le braccia.
- Ascoltami!- e non appena vide
che Draco la fissava proseguì -…
Scorpius… Scorp è tuo figlio, Draco!-
Mio figlio? Pensò
sconvolto da quella rivelazione che ora gli sembrava così
verosimile e si diede
dello sciocco per non averci pensato prima.
- Perdonami se non ti ho detto
nulla…. Ora voglio solo che tu ti prenda cura di lui e gli
dica che lo amo
tantissimo da sempre!- e sorrise con tenerezza.
- Glielo dirai tu! Perché
ora ti
salverò! Vedrai che andrà tutto bene, amore…-
- Ti amo e ti ho sempre amato! Non
mi sono mai scordata di te e davvero volevo diventare tua
moglie…Promettimi che
andrai avanti con Scorp e che mi ricorderete serenamente! Lasciati
aiutare da
Ginny!-
Draco la fissò e molte
lacrime gli
rigarono il volto. Non voleva credere di non riuscire a salvarla. Gli
sembrava
una cosa impossibile da concepire. Voleva ancora abbracciarla, baciarla
e
vedere il colore dei suoi occhi.
- Lo amerai per me?- gli chiese
quasi sussurrando, tanta era la stanchezza.
- L’ho amato dal primo
momento che
l’ho visto! Ha così tanto di te e ora capisco,
anche di me! Come potrei non
volergli bene? Ma vedrai che ti aiuterò Astoria!- le rispose
e si guardò
intorno e vide in lontananza l’auto della polizia.
- HO CHIESTO I SOCCORSI! NON LA
POLIZIA!- urlò fuori di sè, mentre gocce di
disperazione gli scendevano dagli
occhi, simili a pioggia. Sentiva che non avrebbe più potuto
vivere senza
l’amore della sua vita, gli sarebbe rimasto solo un tremendo
vuoto.
Il sole sgusciò fuori e
illuminò i
loro visi.
*§*
Astoria si tranquillizzò
quando
sentì il calore del sole scaldarle le gote. Era una bella
sensazione.
Ora aveva la consapevolezza di
riuscire a guardare in faccia la morte.
Fissò Draco ma vide che lui
stava
sollecitando i soccorsi.
- Draco!- lui si girò di
scatto
verso di lei e un’espressione di smarrimento
cominciò a stamparsi sul suo
volto.
- Amore! Ti prego….
re… resisti….-
balbettò tra i singhiozzi Draco.
- Ti amo sbruffone mio, devi dire
al mio Scorpius che mi mancherà…- e sorrise
accarezzata nuovamente dai raggi
caldi del sole.
-
Ce…Certo….glielo dirò! Non
lasciarmi, ti prego!- disse, non riusciva a staccarsi da lei.
Astoria fissò
l’acqua con
espressione afflitta. Poi si rivolse ancora a Draco.
- Guardami!- gli intimò.
Lui si girò, una lacrima
gli cadde
dalle guancie e arrivò sulla fronte di Astoria.
I loro occhi si fissarono
un’ultima volta.
Quel grigio che aveva tanto amato
forse non lo avrebbe più rivisto ma ora era un po’
felice di sapere di lasciare
Scorpius nelle mani giuste. Il terrore di cadere ormai era passato e le
mani
erano quasi insensibili. Il sangue cominciò a rigarle le
dita e iniziò a
scivolarle lungo le braccia stanche.
Si rese conto di cominciare a
morire lentamente.
Lasciò andare le mani che
inesorabilmente
volteggiarono nel vuoto.
Per un attimo interminabile le
parve di volare nell’azzurro e che gli occhi di Draco la
sostenessero. La mente
si svuotò magicamente e tutti i pensieri sgusciarono via.
Sorrise beata guardando il sole e
socchiuse gli occhi.
L’acqua la
inghiottì in un attimo.
Mille spilli ghiacciati la
percorsero dall’alto al basso, come a scoccarle
l’ultimo terribile fendente.
Si sentì trascinata dalla
corrente,
ma non oppose resistenza anzi, si lasciò cullare dalle
avvolgenti onde
violente.
Le auto erano mosse
anch’esse
lungo il fiume.
Il fondale bluastro
l’accompagnò
per un bel po’.
Improvvisamente sentì che
il corpo
cominciava a irrigidirsi e avvertiva un dolore al petto.
Un ultimo spiraglio di sole
penetrò
le acque e la raggiunse fino farle chiuderle dolcemente le palpebre.
Vide solo un unico colore.
Colore che le rese più
facile
abbandonarsi alla morte.
Colore che era prevalso in tutta
la sua vita.
Colore che era la sua esistenza.
Colore che simboleggiava Draco e
Scorpius.
Grigio.
*§*
Draco Malfoy
s’incamminò lungo il
New London Bridge.
La neve ricopriva l’asfalto.
Si tirò su il bavero per
proteggersi dal forte vento ghiacciato e strinse più forte
la manina che teneva
nella sua.
Scorpius camminava tranquillo al
suo fianco e lasciando le sue piccole impronte sulla neve.
Un senso di smarrimento lo riprese
non appena rivide quel luogo.
Da quel giorno non era più
passato
di lì.
Vivevano nella casa di Astoria, ma
lui si era sempre rifiutato di tornare sul ponte.
Ora suo figlio aveva sei anni e capiva
bene che il padre soffriva perciò aveva deciso di obbligarlo
ad andare con lui.
Draco lo aveva cresciuto amorevolmente fingendo di stare bene per non
turbarlo,
ma Scorpius sentiva quando Draco si addormentava piangendo.
Il marciapiede era stato ingrandito
e centinaia di turisti camminavano verso il centro di Londra. Il
periodo
natalizio era già iniziato.
Arrivarono silenziosamente al
luogo dello scoppio. Lì, il ponte era stato ingrandito e una
targa d’ottone era
stata affissa sul muro di pietra scura.
Due piccole foto di Daphne e
Astoria stavano sopra ad un’incisione.
“Qui i verdi prati hanno
trovato un sole
migliore.”
“ Daphne Greengrass
(1981-2002) ”
“Astoria Greengrass (1983-2002)”
Una lacrima solitaria scese sulle
guancie di Draco.
Scorpius si sedette con le gambe
incrociate davanti alla foto della madre.
- Era tanto bella la mamma…
Vero?-
chiese sussurrando al padre, in modo che lo sentisse solo lui.
- Si…
Bellissima… Aveva due occhi
stupendi e i capelli biondi come i tuoi…- gli rispose
accennando un amaro
sorriso.
Scorpius rise e si tirò una
sonora
pacca sulla testa.
- Papà! Mi sono scordato di
portare qualcosa alla mamma! E adesso? Mi metterà in
punizione!- e sbuffando
incrociò le braccia al petto.
- In punizione? Chi?- chiese Draco
guardandolo stralunato.
- Tutte le sfortune che mi
capitano quando non faccio il bravo le fa la mamma! È il suo
modo per dirmi di
stare attento e non farti arrabbiare!- disse come fosse la cosa
più ovvia del
mondo.
Draco sorrise, era felice che
almeno per il figlio ci fosse la possibilità di vivere
felice.
- Mmh… Allora ti dico che
ho
portato qualcosa io, così la mamma non si arrabbia! Ok?-
I suoi occhi di un grigio diverso
s’illuminarono
a quelle parole e le labbra si aprirono in un sorriso.
- Che le hai portato?- chiese,
eccitato
e si avvicinò al padre che intanto si era chinato
all’altezza del figlio.
Draco sorrise e tirò fuori
dalla
tasca la sagoma plastificata di una farfalla nera e arancione.
Appiccicò
l’immagine accanto alla
foto di Astoria e poi sfiorò la targa, quasi come fosse una
tomba.
- Che bello papà!
È il simbolo
della mamma vero?-
- Bravo Scorp! Vedo che ti
ricordi! Ora però andiamo, che dobbiamo cercare i regali per
la famiglia di
Ginny!- e diede un leggero scappellotto sulla nuca di Scorpius. Il
piccolo si
alzò e dopo aver mandato un bacino alla foto della mamma,
cominciò a correre
lungo il marciapiede.
Draco sospirò fissando la
farfalla.
Come te,
non potrà più volare qui…. E dentro di
me…
pensò riassumendo la solita espressione di malinconia e
tristezza.
Ora era consapevole che non
avrebbe più vissuto.
Era solo un morto che camminava.
Nulla gli avrebbe ridato la vera
felicità, solo Scorpius riusciva a rendere meno penosa la
sua sofferenza.
Il vuoto che lo invadeva ogni
notte non sarebbe più fuggito.
Ogni singolo istante si sentiva
smarrito perché l’equilibrio non
l’avrebbe mai più riconquistato.
Solo Draco sapeva del vero difetto
della farfalla.
Difetto che rispecchiava il suo
animo.
La
farfalla aveva le ali spezzate.
# Ecco finita
la
One-Shot, si, è un po’ triste… Ma lo
scopo era proprio quello. Vi dico che
finendola stavo quasi piangendo… Mi sento
un’assassina…XD… Va beh, spero vi sia
piaciuta.
Ahn, una cosa,
se
no mi dimentico. La bomba l’ho fatta esplodere alle ore 13
perché questo numero
è il simbolo della morte e dell’inesorabile fine
di un amore. Mi sembrava il
più adatto.
Mi sono
ispirata
alla canzoncina London Bridge is Falling Down perché
leggendo il testo ci ho
ritrovato molta simbologia.
Costruiscilo
con legna e argilla,
Legna e argilla, legna e argilla.
Costruiscila con legna e argilla,
Mia signora.
Legna e argilla verranno spazzati via,
Spazzati via, spazzati via.
Legna e argilla verranno spazzati via
Mia signora.
Questa
mi sembrava un chiaro riferimento
al ponte in sgretolamento, come tutte le certezze che in uno scoppio di
bomba
vengono portate via.
Costruiscilo
con aghi e spilli,
Aghi e spilli, aghi e spilli.
Costruiscilo con aghi e spilli,
Mia signora.
Spilli ed aghi si piegano e si rompono
Si piegano e si rompono, si piegano e si rompono.
Spilli ed aghi si piegano e si rompono,
Mia signora.
Questa
invece alla morte di Astoria.
Gli spilli ghiacciati dell’acqua si sono rotti grazie al sole
che l’ha
accompagnata verso la morte.
Costruiscilo
con pietra robusta
Pietra robusta, pietra robusta.
Costruiscilo con pietra robusta,
Mia signora.
La pietra robusta durerà molto a lungo
Molto a lungo, molto a lungo.
La pietra robusta durerà molto a lungo,
Mia
signora.
Questo della
definitiva fine,
dove lei vede solo il grigio (pietra robusta) e che durerà
molto a lungo…
All’infinito.
Baci!
MollY_gIaDa
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