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Autore: kiku77    28/11/2009    12 recensioni
Sanae e Tsubasa si sono sposati e vivono a Barcellona con i loro due gemellini. Sembra una favola, ma forse c'è qualcuno che ancora sta cercando se stesso...... Ce l'ho fatta........!!buona lettura!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sanae rimase fissa e immobile di fronte alla finestra della cucina.

I gemellini si erano addormentati da appena mezz’ora. In casa il silenzio creava come un un’eco. Tutto sembrava risuonare e rimbombare. Era il terzo test di gravidanza che faceva. Ed era positivo. Lo teneva in mano e lo fissava ripetendosi “ non può essere, non posso essere ancora incinta.”

Appoggiò l’oggetto sul lavandino e sospirò, indecisa su cosa pensare e cosa fare. I bambini avevano appena cominciato a camminare. Lei era esausta: tenerli sotto controllo tutto il giorno era faticoso e sentiva sempre di più il peso di essere una madre tutto sommato “sola”. Tsubasa non c’era mai. Quando c’era, era talmente preso dai suoi figli che passava tutto il tempo a giocare con loro. Lo stress settimanale per le partite, per tutti gli impegni e gli obbiettivi importanti che la squadra aveva, gli impedivano di avere una vita “normale”. Solo i bambini sembravano un’eccezione per lui.

Sanae era un punto fermo: era la sua Sanae. Sempre presente, sempre attenta. Sempre di buon umore e sorridente. Tutto era in equilibrio perché c’era lei. E più passava il tempo, più lui s’innamorava di lei, del suo modo di essere. Del suo corpo. Il corpo di Sanae era diventato la sua casa. Il suo segreto. Una promessa.

E lei era felice di essere così importante per lui. Ma stava diventando una donna; era cresciuta molto in fretta dopo il matrimonio e di colpo si era dovuta arrangiare in un luogo sconosciuto, spesso sola e dopo poco anche in attesa di due gemelli. Non era stato facile. Anche se aveva fatto tutto talmente “bene” che Tsubasa non si era accorto delle difficoltà, dei pianti, della solitudine. Lui si era potuto concentrare sulla carriera e stava veramente diventando un calciatore importante.

 

Parlavano poco. Non litigavano mai.

La maggior parte del poco tempo disponibile veniva dedicato ai bambini: non arrivava mai il momento giusto per poter fare dei discorsi seri o parlare un po’ di loro, dei loro progetti come persone, come coppia. L’unico progetto della famiglia era che il Barcellona fosse la squadra più forte della Spagna (possibilmente, anche del mondo) e che Tsubasa ne fosse un giocatore esemplare. Non c‘era spazio per altro, pareva, perché questo sogno assorbiva tutte le energie e tutte le attenzioni.

I ritmi della casa ruotavano intorno a Tsubasa e ai bambini. Lei di tempo per sé non ne aveva. Tanto meno aveva “un ritmo” suo. C’era sempre qualcosa da fare o da pensare e quando finalmente tutto era a posto, ecco che stremata non poteva che dormire e cercare di recuperare un po’ di forze.

 

Da qualche tempo però qualcosa era cambiato in lei: In Giappone Yukari e Yayoi frequentavano i loro corsi universitari brillantemente e sembravano molto concentrate su loro stesse. E quando le sentiva per telefono o via mail, poteva cogliere la loro fiducia , la loro speranza per le loro vite. Lei invece? Che speranze aveva? “Fa che Tsubasa non si faccia male…. Fa che vincano anche oggi….. fa che i miei bambini crescano sani……”Ecco.

Non le capitava mai di dire fra sé e sé.” Fa che io un giorno….” Non che dovesse fare chissà che, ma a 20 anni si ritrovava come in balìa degli eventi e degli altri. Si sentiva come staccata da se stessa ed era un qualcosa che riusciva a razionalizzare solo ora.

Doveva fare qualcosa, doveva dirlo a Tsubasa e capire bene cosa stesse succedendo…..

Riguardò il test e si sentì così stupida. “Cosa credi di fare adesso? Chi credi di diventare? Dove pensi di andare col pancione? All’università, forse? A cercare un lavoro? Le donne in maternità stanno a casa, OCA!” si urlò col pensiero stringendo il test quasi a volerlo spaccare.

 

 

Da lì a poco sarebbe arrivato. Doveva buttare la spazzatura e fare finta di niente.

Sentì aprire la porta ed ebbe un sussulto. Pensò: “ Devo restare lucida, devo restare lucida. Non è niente, non è successo niente….”

“Salve Sanae…”

Tirò un sospiro di sollievo quando in cucina entrò la mamma di Pinto.

“Ti ho portato un po’ di pane… l’ho fatto io.”

“Oh che gentile… grazie”

La madre di Pinto era una di casa. Aveva le chiavi e spesso era l’unica a darle una mano con i gemelli e la casa.

Non aveva voluto una donna delle pulizie o una tata anche se Tsubasa avrebbe certamente acconsentito.  Lei era stata educata in un certo modo. Le donne ” dovevano cavarsela da sole” e badare a tutto.

“C’è qualcosa che non va?”

“No no è tutto a posto….” Fece Sanae di spalle gettando il test nella pattumiera, sfilando il sacchetto e richiudendolo repentinamente.

“Vuoi che vada io a gettarla”

“No, vado io….” “veramente volevo chiederti se potevi fermarti un po’ qui, io ho delle cose da sbrigare. Domani partiamo  e ho delle commissioni da fare. Pensi di potermi aspettare?”

La madre di Pinto annuì cortesemente: aiutava molto volentieri quella giovane madre. Le si era molto affezionata.

Sanae infilò le scarpe e prese qualche soldo dalla borsetta, per fare un po’ di scena. Non doveva andare da nessuna parte perché non le mancava nulla per partire per il Giappone. O forse… le mancava tutto.

   
 
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