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Autore: briareos1982    29/11/2009    0 recensioni
La solitudine, l'odio e la pazzia di una ragazza qualunque.
Genere: Triste, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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erica Siamo pulci in groppa da un grosso cane, siamo...non lo so...
quello che erica voleva scrivere è che aveva avuto una settimana storta, il lavoro gli stava stritolando l'anima. E poi c'era la caldaia, c'era il dissalatore e poi e poi. insomma, non andava benissimo.
Ma questo non poteva certo dirlo, è "uncool", è strano, è terribile, è insensato.
Erica aveva davanti la pagina azzurra di facebook e continuava scrivere e cancellare le stesse cose, all'infinito. in un modo o nell'altro quello che aveva dentro doveva uscire, ma non sapeva come. Non sapeva come.
Quella striscia di testo a lei dedicata era così fottutamente claustrofobica...ma era tutto quello che aveva. in fondo si era trasferita da poco a Firenze, non aveva agganci, non aveva fatto gruppo con nessuno, tutto quello che aveva erano i suoni "amici" di facebook. Ho certo, squallido, ma purtroppo la propria realtà è una cosa che prendi come viene, senza fronzoli o nastrini, così. Diciamo che era scivolata, sì, era deragliata sulla propria esistenza. tutto gli faceva muro tutt'intorno, in realtà, uscita a da casa e tornando al lavoro non aveva molte chiamate sul cellulare.
Diciamo che escluse l pubblicità della Tim non aveva proprio messaggi. era un pò deludente, sopratutto per una ragazza di soli 28 anni; all'esterno, o chissà quale fantasia, le persone come lei uscivano, si riunivano, si corteggiavano, si...
....si amavano. era una parola talmente poco conosciuta per Erica che la spezzava in due. Come era possibile che lei fosse rimasta così indietro, così isolata dal Mondo Vero? Era come un incredibile terribile città di sordi, dove ognuno è cieco all'altro, senza speranza,all'infinito. Forse lei aveva qualcosa che non andava? Se lo chiedeva spesso, ma in fondo era quello che era, cristo diamine, siamo tutti esseri umani, e non tutti possono spendersi cinquemila euro di liposizuione o addominoplastica, no?! o forse sì?
Ecco i pensieri che le affollavano la mente,  quella sera di un dì di Novembre, mentre l'aria era intrisa delle ironiche e meravigliose canzoni d'amore dei depeche mode. E davanti, davanti quel terribile schermo blu.
Gesù cristo, pensava, come cazzo ci siamo ridotti. Gli anni 30, 40, 50, i 60 e poi ora noi, i Rincoglioniti dell'Ultima generazione. Erica stava male, avrebbe voluto che qualcuno la chiamasse, Erica si sentiva così sola che poteva sentire i propri battiti rimbombare nelle orecchie.

E allora prese un libro, caso vuole che Uxley occhieggiasse da un'eternità dal suo comodino ikeano. Dio, voleva gettare quell'oggetto angosciante dalla finestra, ma si era attaccato come melassa ai suoi neuroni,.
qual è, qual è il Soma, amica mia? quale dolce essenza artificiale ti tiene in vita, ora, quale illusione ellttroindotta, quale blocco ipnotico regola lo scandire dei tuoi pensieri? Siamo insetti, larvali bruchi ciechi e sordi in un mondo vuoto e freddo, siamo l'immagine nello specchio, siamo l'odio a denti stretti, cosa siamo, cosa siamo?
"Dimmelo tu Uxley" rispose Erica, ada alta voce, nel vuoto solido del suo appartamento.
"Cosa avevi in mente quando associavi il Fordismo alla realtà? In quale mondo d'incubo intingevi i tuo sogni per...concepire questo..."
era alla frutta, parlare da soli può far ridere se qualcuno ti ascolta, altrimenti, altrimenti è solamente patetico.
Non poteva accendere la tv, quello schermo ottuso incastrato nell'angolo insultava la sua intelligenza attimo dopo attimo, non poteva uscire, non...non sapeva dove andare. Comunque decise che un'attimo ancora in quella stanza  si sarebbe uccisa, un gesto di follia, o una ribellione, a cosa non lo sapeva, si sentiva come l' Ignoto davanti a i carrarmati,  in quella famosa foto. Si svestì e decise di affrontare lo specchio.
I jeans scesero dolcemente, seguendo le linee delle natiche, fino ai ginocchi, poi oltre scantonati in un'angolo della stanza.
Si tirò via la maglietta, lanciandola dall'altro lato della stanza, poi domani, un giorno avrebbe fatto la lavatrice.
Forse, ora c'erano cose più urgenti, più ,morbose da scoprire. Erica era insoddisfatta di sè stessa, un'agolo della sua mente bisbigliava cattiverie davanti allo specchio, nell'aria chiusa della stanza vuota.
Perché Erica non concepiva sè stessa come persone, lei stessa in una stanza era una stanza vuota. Tranne per quelle voci...sei uno scarafaggio...sei immonda....sei uno schifo...sei un nulla....
Questa roba non può essere spiegata in un trafiletto di facebook, neppure il fatto di come lei stessa si ponesse con coraggio davanti al plotone d'esecuzione dello specchio, lasciandosi martoriare dalla voce che si faceva sempre più intensa, sempre più maligna, lasciando che parole corrosive come acido la distruggessero. A grandi linee a queste cose lasciava che fosse il tempo a cancellarle, ma da sola, lì, si sentiva abbastanza coraggiosa da affrontarsi. Roba da psicofarmaci, certo, roba da ricovero, certo, era quello che si ripeteva quando scavava tra le foto delle sue amiche lontane, o fra quelle entità che non aveva mai visto di persona, ma che venivano considerate come amici dal sistema. Voci e volti senza suoni, foto perfette e statiche immerse in cristallo di tempo infinito.
Come quelle meravigliose foto che affondavano le unghie nella sua persona. mentre lei era lì, a morire lentamente, altri si divertivano, vivendo la propria esistenza, si intrecciavano, ceravano un futuro. persone splendide che andavano all'erasmus, viaggiavano per chilometri e chilometri con borse di studio, che convivano giosamente la loro gioventù, spalla a spalla, con la freschezza dei loro sogni E si domandava.
Perché a me no?
Perché devo lavorare giorno dopo giorno, in fabbrica, con persone vecchie e finite, inutili carcasse smorte di ciò che erano? spiriti distrutti, anime marce e dementi, volti vuoti, baratri senza fondo.

Doveva tirarsene fuori, e la rabbia  il grido di ghiaccio che gli saliva dentro sfigurava quella immagine nello specchio.
Sei immonda, sei immonda, sei immonda, sei immonda,  sei immonda
Staccò lo specchio dal muro e si guardò senza riconoscersi, guardava quella cosa nascosta dietro i suoi occhi, quello spirito maligno, strinse le dita sui bordi per lanciarlo via, ma riuscì a trattenersi.
spalancò la porta del bagno  come fosse l'unica via di fuga possibile da tutto, e si poi sotto la doccia; gli slip si accantonarono in un lato, il reggiseno compì un' arco nell'aria e fu già dimenticato, l'acqua scivolò ghiacciata sul suo corpo,  poi bollente poi tiepida. e forse riusciva a riprendere il controllo di sè stessa, forse.
quel tocco morbido dell'acqua sui seni, lungo i fianchi le fece rimandare alla mente da quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che aveva fatto l'amore. anni, forse secoli.
Non aveva mai fatto l'amore, nessuno l'aveva amata abbastanza, o forse era tata lei a prendere, il treno aspettandosi chissà chi. Ora vedeva se stessa come una creatura anomala, aliena, vergine a ventinove anni, inutile, strana, fuori luogo, ridicola.
Chissà se era quello che mancava, a lei, alla sua mente, per accordarsi con il mondo?
La porta della doccia era rimasta aperta. L' acqua schizzava irresponsabile ovunque, forse, forse dopo avrebbe asciugato...per fare quello che voleva fare a sè stessa chiuse la porta scorrevole fino al muro. Non c'erano persone nell'arco di chilometri, o almeno persone che la conoscevano, che la avrebbero potuta sentire, ma una straccio di personalità reclamava la propria autostima.
oltre la plastica trasparente lei fece quella cosa a sè stessa,  diventando chi, o cosa, in quegli attimi.
forse carnefice, mentre serrava i denti, mossa dall'odio, o dalla pazzia che la imbrigliava, e faceva quello che credeva doveva essere fatto.
Non posso saperlo, io.









   
 
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