Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Anthy    30/11/2009    6 recensioni
Dicono che il suono del violoncello sia quanto di più vicino alla voce umana.
Dicono che la sua forma è simile al corpo di una donna, armoniosa e morbida. Elegante.
Dicono che per suonarlo ci vogliono mani abili.
Ma questo Sophie non lo sa... Fino a che nella sua vita non entra un violoncellista dall'aria tenebrosa e tormentata. Solitario.
O forse... E' lei che è entrata nella sua vita?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cello2 Note: in questa pagine, ho inserito in fondo un mp3 player. Non partirà automaticamente, ma vi invito a farlo partire quando il violoncellista dirà il brano da lui eseguito. In questo modo vi sarà più chiara la scena che verrà descritta.
In ogni caso, non dovesse coincidere con ciò che leggerete, vi avviso che la prima canzone è composta da due parti, la seconda che comincia dopo i 2.10. Spero la cosa vi faccia piacere. ^^
Edit: non so se si vedrà. In questo caso, vi lascio i link: Vivaldi - Cello Sonata in A Minor RV44 - Mov. 1-2/4 (a cui faccio riferimento nel brano) e Vivaldi - Cello Sonata in A Minor RV44 - Mov. 3-4/4 (la parte finale)



LE FANTAISIE DU VIOLONCELLE






<< La musica non è fatta di note corrette,
ma di passione, dedizione, intenzione travolgente.>>
Giovanni Allevi


Le Prince Charmant poteva considerasi l’uomo ideale di ogni donna: garbato, romantico ed intelligente. Di fronte a queste qualità, perdeva importanza il fatto che fosse privo di occhi azzurri o capelli dorati: l’avere accanto a sé un uomo pieno di premure ed innamorato era già il più grande traguardo.
Questa era la realtà.
Tuttavia, in ogni donna esisteva un mondo più privato: il mondo dei desideri. In esso non c’era nessun principe azzurro, nessuna preoccupazione. Era un mondo fatto d’evasione, un mondo dove le fantasie potevano divenire realtà. E spesso, l’uomo al suo interno idealizzato aveva poco a che fare con le qualità sopra descritte. Il vero sovrano di quel regno era un Prince Ténébreux, capace di farti provare emozioni fuori dall’ordinario, di sconvolgerti con una passione di cui alla luce del sole si potrebbe aver paura.
Per quanto poco io ne sapessi dell’amore, rientravo pienamente in questa categoria: cercavo l’amore vero, puro; sognavo l’amore passionale e tormentato, molto più scenico. Tuttavia, non avrei mai immaginato di potermi trovar di fronte un vero Principe delle Tenebre.







Chapitre 2 – Le violoncelliste


Croissant de Lune, 10.50 pm

Sentivo il cuore battere impazzito. Mai prima d’ora un uomo mi aveva fatto questo effetto! Eppure ero amica di Bernard e Christian, che si difendevano piuttosto bene.
Tuttavia non possedevano nulla della distratta eleganza che emanava René Duvall. Alto, i capelli corvini che si fermavano un po’ prima delle spalle, ma che nulla toglievano alla virilità di quei lineamenti. La pelle era chiara, non troppo né abbastanza da risultare malaticcia, semplicemente candida; il mio sguardo era catalizzato sul suo braccio, dove la manica ripiegata sopra il gomito lasciava intravedere un sodo avambraccio e delle mani dalle lunghe dita sottili. Dita fatte per sfiorare, toccare con gentilezza…
Arrossii di botto alla piega che i miei pensieri stavano prendendo. Poggiai il bicchiere che stavo pulendo, o meglio, che stavo per rompere, nel tentativo di calmare l’ondata di eccitazione che mi aveva colto.
Ecco cosa comportava l’assenza di un uomo nella propria vita: a fantasticare troppo velocemente!
Afferrai un altro bicchiere e mi azzardai a lanciare un’occhiata al palco. Il capo stava facendo le presentazioni di rito, ma ancora una volta, la mia attenzione era indirizzata all’uomo al suo fianco e non alle sue parole. Solo allora notai lo strumento che teneva in una mano: un magnifico violoncello, in legno chiaro. Possedeva una semplice bellezza, la stessa che aveva il suo proprietario. Osservai il volto di quest’ultimo.
Sembrava… annoiato. Il suo sguardo vagava per la sala, ma non sembrava fermarsi in un punto particolare; assomigliava più ad un gesto abitudinario, ad una situazione già vissuta. Come quando si ospitava parenti a casa, che non si vedevano da molto tempo: sorrisi sempre presenti, domande sempre uguali, risposte pure.
Non potei evitare un fremito quando i suoi occhi si posarono su di me: erano di un nero profondo, che mal stonava con la vacuità ora presente nel suo sguardo.
Fu un contatto breve, ma sentito. Almeno da parte mia.

<< Mon dieu, il est vraiment fascinant! C’est vrai, ma petite?>>

La voce di Bennie mi colse alla sprovvista e per la seconda volta rischiai di rompere un bicchiere.
<< Cosa diavolo ci fai qua?>> mi limitai ad ignorare la domanda: affascinante era troppo poco per definire come quell’uomo mi attraesse.
<< Ho un momento di pausa e volevo venire a commentare con te il violoncellista. Comunque non hai risposto alla mia domanda. Anche se ovviamente non c’è molto da dire, te ne do atto.>> gli rivolsi un’occhiata torva, che purtroppo non colse, visto che era appoggiato con i gomiti sul bancone, intento a squadrare le monsieur Duvall.
<< Bernard, devo ricordarti che sei fidanzato?>> si sollevò dalla sua posizione, incrociando le braccia al petto. Stavolta fui IO fulminata dal suo sguardo. Quando voleva, sapeva assomigliare ad un bambino piccolo.
<< Stavo cercando di dimenticare la mia attuale situazione sentimentale, ma grazie di avermela ricordata.>>
Mi trattenni a stento dall’alzare gli occhi al cielo. << E pensi di dimenticartene ammirando altri uomini? Molto maturo, davvero.>>
Si limitò ad alzare le spalle. << Occhio non vede, cuore non duole.>> che razza di discorsi erano? Non sopportavo questo genere di risposte.
<< Beh, quindi anche il tuo cuore non deve aver sofferto se Chris, ieri sera, ha guardato qualcun altro nella stessa maniera.>> era stato più forte di me. Odiavo sentire certe frasi dette così, a cuor leggero. Se il mondo andasse avanti in questo modo, con tale detto, si starebbe veramente meglio? Il fatto che non si possa vedere il proprio amato nell'atto del tradimento non stava a significare minor dolore quando lo si fosse scoperto. Né era giusto attuarlo con l'ottica che il tradimento non sarebbe mai stato scoperto. Era una cosa orribile ed irrispettosa.
Notai subito l'irrigidimento del corpo del mio amico, lo sguardo improvvisamente ferito.
<< Hai ragione.>> mormorò, afflitto.

Allungai il braccio, accarezzandogli il braccio. << Perdonami, so che non stavi sul serio prendendo in considerazione un possibile tradimento, solo che sai quanto odio certe espressioni. E quando le sento, la mia bocca scatta prima che il cervello si metta in moto.>>
<< Sì, ti conosco. Solo che ho veramente paura. Ultimamente non siamo più vicini come prima: io a causa degli ultimi esami, lui per il lavoro. Poi vuoi che non lo sappia come lo guardano all'università?! Come può essere guardato un giovane trentenne in mezzo a tutti quegli ormoni impazziti? Lo so io come...>> mi scappò una risata. Mi avvicinai a lui e mi sollevai sulle punta dei piedi, schioccandogli un bacio sulla guancia.
<< Oh, Bennie, lui ti ama. Altrimenti non ti avrebbe sopportato per tutti questi anni. Forse era nervoso anche lui. Dagli tempo.>> sorrise, stavolta più apertamente.
<< Guarda che potrei pensare che ci stai provando con me.>>
Mi finsi shoccata. << Con un bruto come te? C'è di meglio in giro.>>
Ghignò, malizioso. << Ah, sì? Come magari un bel violoncellista tenebroso? L’ho visto, sai, come te lo mangiavi con gli occhi, cattiva bambina.>> inevitabilmente arrossii.

Puntai lo sguardo sul musicista. Non mi ero accorta che si fosse seduto. Grazie al cielo non mi ero persa l'inizio.
Mi incantai sulla sua figura, intenta a controllare le corde del violoncello che teneva fra le gambe; i capelli gli ricadevano delicati sul volto, coprendone buona parte. Le labbra erano serrate, sottili, che davano l'impressione di aver conosciuto raramente cosa fosse un sorriso. E poi, di nuovo, le mani, che andavano a saggiare la tensione delle corde, pizzicandole di tanto in tanto.

<< Ma cheri, ricomponiti! Hai la stessa espressione di un bambino di fronte alla vetrina di una pasticceria. Su, contegno.>> immaginavo che fossero vere le sue parole, ciò non significava che doveva averla vinta lui, vero?
<< Hai altro da fare che scocciare me?>> volevo sentire la sua musica e avere Bennie vicino voleva dire ascoltare meno della metà di quanto sarebbe stato suonato. Insomma, di certo Bernard non era conosciuto per il suo silenzio o la sua concentrazione. Avrebbe passato tutto il tempo ad esaltare la lucentezza dei suoi capelli, la virilità dei suoi lineamenti, l'eleganza del suo portamento e la muscolatura non troppo accentuata me estremamente seducente del suo corpo.
Che dopo io pensassi le stesse cose, erano dettagli.
<< Effettivamente dovrei portare tre Bordeaux ai signori laggiù, ... >> con la testa mi indicò un tavolo dove c'erano una donna e tre uomini, ben vestiti. << Credo che quello a destra sia gay. Ho sentito qualcosa sfiorare il mio sedere e sono certo che l'aria sia ancora incorporea come quando l'ho studiata per la prima volta a scuola. Comunque, avrei dovuto servir loro il vino, ma non è colpa mia se l'addetta al banco si perde in chiacchiere.>

Senza profferire parola, mi volsi verso lo scaffale alle mie spalle, prendendo la prima bottiglia di vino rosso e la posai sul basso ripiano davanti a me; presi pure due bicchieri per Bordeaux e vi versai dentro il vino. Stando attenta, li posai poi su un vassoio, che misi sul bancone accanto al mio amico, che mi fissava a bocca aperta.

<< Sia mai che l'addetta al banco troppo chiacchierona si dimentichi il suo lavoro. A toi, mon ami.>> il tutto condito con il sorriso più ingenuo e palesemente falso del mio repertorio.
<< Sei perfida.>> borbottò afferrando il vassoio. << Ecco perché sei zitella.>> feci finta di niente, tornando al mio bicchiere ormai pulito ma ancora leggermente opaco.
Forse aveva ragione, il mio carattere a volte acido e vendicativo mi portava ad allontanare le persone. Ma non potevo farci niente se per difesa assumevo atteggiamenti scostanti o diffidenti mentre ero in compagnia di altri uomini.
Il bacio improvviso che ricevetti sulla guancia fu il terzo attento per l'oggetto fragile che avevo in mano. << Ma è anche per questo che ti voglio bene, mon coeur.>>

Stavolta fui io a rimanere sconvolta e ad osservarlo dirigersi verso il tavolo a cui doveva servire, prima che un sorriso piegasse le mie labbra. Anch'io gli volevo bene, era quanto di più simile ad un fratello avessi.

<< Eseguirò Vivaldi, sonata per violoncello in A minore.>>

Una voce bassa, profonda, con un'erre leggermente moscia ma che non guastava, mi portò a voltarmi verso René Duvall. Con la mano sinistra sulle corde in alto, il manico poggiato sulla spalla, e la destra che stringeva  l'archetto, teneva gli occhi chiusi e la testa piegata. Sembrava così... rilassato. Non c’erano tracce di tensione sul suo volto, solo calma.
E poi, incominciò.
Fu la prima nota, e subito quelle a seguire, a spezzare l'incantesimo. O, forse, a rafforzarlo.
L’unica cosa certa era che il mio corpo era attraversato da brividi, il mio cuore aveva ripreso a battere velocemente. Rimasi subito conquistata, non sapevo neppure io se dalla musica o dal vederlo suonare. Sì, perché anche il suo modo di eseguire il brano era affascinante. I suoi occhi, quando si aprivano, erano puntati solo sul suo strumento. La testa si muoveva a ritmo della sonata, il braccio con l’archetto scorreva veloce. Sembrava perso in un suo mondo, dove esistevano solamente lui e il violoncello che teneva fra le mani. Non esisteva la sala, non degnava di uno sguardo, neppure di sfuggita, le persone presenti, che invece, notai, ascoltavano rapite la sua esecuzione.
Osservai che non ci fosse nessuno vicino e chiusi anch’io gli occhi. Mi sentivo cullata.
Questo primo tempo era lento, malinconico, eppure eseguito alla perfezione, per quanto io ne sapessi di musica. Lasciando vagare la mente, immagini di sale da ballo, di costumi d’epoca, mi apparvero. Un osservarsi lento, da lontano, fra dama e cavaliere, girandosi intorno. Gioco di sguardo, gioco di sensazioni. Come un’adolescente alla prima cotta, non potei non immaginare che i protagonisti fossimo noi due. Del resto, monsieur Duvall sarebbe stato perfetto con abiti antichi. Lentamente la distanza fra noi diminuiva, fino a che pochi ormai erano i centimetri a dividerci.
Ed improvvisamente la musica cambiò, il ritmo pure. Ora i corpi volteggiavano, si avvicinavano e si distanziavano. Un cercare e scappare che sapeva di sfida sensuale. Mai troppo vicini,  mai troppo lontani. Un’attrazione che mi lasciava senza fiato e che non avrei mai creduto di poter provare. Possibile sentire queste emozioni verso uno sconosciuto? Era innegabile, ero rimasta conquistata da quell’uomo così intrigante. Mi immaginai poter passare le mani sulla sua guancia, di posare la bocca sulla sua, in un bacio veloce come la musica, che sapeva di passione sconosciuta.
Riaprii gli occhi, senza fiato, le immagini che ancora non mi volevano abbandonare alimentate dalla melodia che ancora aleggiava nella sala. Ero sconvolta, non credevo di poter sognare cose del genere. Senza farmi vedere, versai del vino sul bicchiere che già da un po’ avevo abbandonato e bevvi avidamente.
Il sapore dolciastro scese per la gola, facendomi lievemente tossire: non ero abituata agli alcolici e io avevo bevuto d'un fiato il mio calice. In ogni caso, fece il suo dovere. Mi risvegliò dai miei vaneggiamenti di donna sola e facilmente eccitabile.
Se avessi raccontato questa cosa a Bennie, mi avrebbe sicuramente indirizzata ad un sexy shop, era poco ma sicuro. Secondo lui, ogni donna aveva delle proprie esigenze che sbagliava a trascurare, se per pudore o per mancanza di tempo non importava. Si era autoeletto mio guru sul sesso, elencandomi ogni vantaggio e dimenticandosi tutti gli svantaggi.
Tutto per non ammettere che in realtà era solo un pervertito.

<< Mi scusi signorina?>> sobbalzai nell’udire una voce a così stretta vicinanza. Davanti a me, un cliente dall’aria seria mi osservava con un sopracciglio arcuato.
Cercai di ricompormi e di assumere la miglior aria professionale che conoscessi. Anche se era difficile dopo aver immaginato di aver baciato un uomo come René Duvall. Ed era solo un bacio, neanche avessi sognato di… Scossi la testa, impedendo ad i miei pensieri di divagare.
<< Sì, mi dica.>>
<< Ecco desidererei…>>

Fu così che trascorsi il resto del tempo, a servire le persone che si succedevano al bancone, cercando di tenere la mente lontano da pensieri poco consoni.
Fu tremendamente difficile.
I miei occhi non ne volevano sapere di stare lontano dalla figura del violoncellista poco lontano da me, che imperterrito continuava a suonare, distante da tutto e tutti. Mi sarebbe piaciuto avvicinarmi, anche solo per esprimergli i miei complimenti.
Beh, come se fossero importanti i pareri di una serveuse, quando c’era sicuramente gente più colta e competente di me. E poi, un uomo come lui sicuramente era circondato da donne molto più belle di me. Ora, non che la bellezza fosse fondamentale nell’esprimere un giudizio sull’esecuzione di un brano, però non potei non pensare alla mia figura paragonata a quella di un’elegante signora vicina a lui.
Cielo, questa sera la mia mente era più pazza del solito. In ogni caso, pensai, avevo davanti a me due settimane per avvicinarlo… Sì, e poi farsi ridere in faccia.
Cosa mi stava prendendo? Mi sembrava tutto così fuori luogo, così esagerato.
Un sospiro di sollievo mi uscì dalle labbra nel notare che finalmente l’esecuzione era terminata. Forse, finita la musica, sarebbero finiti pure i vaneggiamenti.
Osservai monsieur Duvall distendere il braccio destro e sollevare lentamente il volto. Notai come i suoi occhi, per un attimo, sembrarono confusi, per poi riprendere quel freddo distacco che li contraddistingueva. Si alzò sempre con lentezza, il violoncello stretto a sé, quasi un bastone da cui dipendesse il suo equilibrio. O almeno, così mi parve.
Si piegò in avanti, in un elegante inchino e subito si levarono gli applausi.

Ciò che mi sorprese, e probabilmente sorprese pure i presenti, fu che non aspettò le eventuali domande o le richieste di riesecuzione. Rialzò la schiena e lasciò il palco, diretto alla porta che portava ai camerini. La sala restò per un attimo in silenzio, prima che un basso brusio prendesse vita.
Era sfrontato, a quanto sembrava. Probabilmente era pure dotato di un grande egocentrismo, se era così poco interessato alle opinioni del pubblico. Ciò non diminuì l’attrazione che sentivo verso di lui.
La fine dello spettacolo coincise, come sempre, all’aumento delle ordinazioni al banco. La mente lontana dalle scene vissute, cominciai a preparare ciò che mi veniva richiesto. Era un duro lavoro, quello dietro al bancone. Di solito, quando erano richiesti dei vini, il più delle volte il cliente si limitava ad indicare che tipologia di vino volesse, rosso, bianco, oppure richiedeva un liquore, un cognac o altro. Altre volte, invece, richiedeva pure un vino di una determinata cantina. A tutto ciò, si aggiungeva la difficoltà di ricordarsi quale bicchiere servisse per quel determinato tipo. Era ovvio quindi che ora la mia mente fosse totalmente rivolta al cercare di non commettere errori.
Del resto, avevo tempo per pensare a ciò che avevo provato in questa sera nella solitudine del mio appartamento universitario.

<< Excuse moi, madamoiselle.>> mi voltai verso l’ennesimo cliente, il sorriso già pronto in volto. Sorriso che si gelò quando incrociai due pozze nere, così inquietanti da quanto erano scure ma così attraenti da quanto erano profonde. René Duvall mi osservava in attesa davanti a me, seduto sullo sgabello, le braccia piegate sopra il bancone.
<< O-oui?>>
<< Je voudrais a cognac. A Remy Martin, s’il vous plaît.>> a quanto sembra, ero destinata a rivolgergli la parola prima di quanto pensassi.

Il che non sapevo se fosse un bene o un male…

Note: colpa di un’ispirazione improvvisa, ho postato prima di quanto pensassi. Come avrete visto, il titolo è cambiato. Ringrazio BlueSmoke, che mi ha fatto notare il modo inappropriato con cui avevo usato il termine “Sinfonia”.
Dal prossimo capitolo ci sarà il vero e proprio contatto. Ho deciso di fermarmi prima e far in modo di mostrarlo nel prossimo, invece che dividerlo in due parti!
Ringrazio le tre persone che hanno aggiunto la storia alle preferite e le sei che l’hanno messa fra le seguite.
Un ringraziamento speciale va a chi ha commentato!

Valespx78: il principe è solo apparso in questo capitolo, ma nel prossimo lo conosceremo per quello che è! Spero che il capitolo ti sia piaciuto lo stesso. ^^ Un bacione!!!

Himechan: ti ringrazio per la segnalazione dell’errore, una svista che ho subito corretto! Sono felice che ti sia piaciuta la scena, io provo un po’ di odio nel descrivere luoghi o ambienti, preferisco le persone. ^^ Spero che anche questo capitolo Spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento! Un bacione!!!

MsEllie: sono felice che ti piaccia e ancora di più ti ringrazio per i complimenti: mi fa piacere sapere che il mio modo di scrivere ti attiri! Ho postato prima che potevo. ^^ Un bacione!!!

BlueSmoke: il messaggio subliminale è stato recepito e arriverà appena possibile un nuovo capitolo. La mia ispirazione è più ballerina del tempo. La storia di Bernard non so se la svilupperò, ma ovviamente lui sarà un personaggio importante nella storia! Io ci provo con il violoncellista a non farlo troppo arrapante, ma dubito che riuscirò a farcela. Questo è il bello di personaggi maschili barra inesistenti. Uff, triste verità. Un bacione!!!
                                                         



   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Anthy