Mi
sono concessa l'ennesima
oneshot non ambientata in una AU, in attesa di ritornare a scrivere
sulla mia long principale di Bleach.
Il mio intento, era di scrivere una
TeslaHime (datemi della pazza ù_ù) fin dal
principio, ma dato che
non riuscivo a decidermi su che lato introspettivo scriverla, ho
puntato di mostrare il tutto attraverso gli occhi di Ulquiorra.
Quindi, è più una Ulquiorra
centric che una oneshot su una coppia, e dato che sempre del Cuarto
Espada parliamo, è tutto mostrato attraverso i suoi pensieri
piuttosto sibillini.
Buona lettura!
Chess liars
Negare.
Negare sempre l'evidenza.
È la cosa che riesce
sempre bene alla spazzatura che lo circondava.
Ulquiorra Shiffer era
saturo di spazzatura fino al collo, e benché sopportava il
tutto con
un certo stoicismo, era snervante vedere i suoi simili raccontare
balle per nascondere certi fatti.
Il negare una realtà,
qualunque essa sia, era un sinonimo di debolezza. Ed in mezzo a quel
luogo dimenticato, solo Aizen sama non mentiva a se stesso.
Mentre persino una
patetica Fracctiòn, era capace di raccontare balle anche
inverosimili.
Forse magari era lui ad
essere troppo onesto, oppure pretendeva troppo da un semplice
ragazzo.
Ma Tesla era un tipo di
spazzatura decisamente singolare, che ostentava un patetico orgoglio
e onore per il proprio sire.
Ammirare uno come Nnoitra
Jilga ci voleva fegato, ma continuare a raccontare fandonie anche
davanti al suo sguardo freddo e assassino, era più che avere
fegato.
Era avere pazzia.
E come potesse questo
giovane ragazzo possedere così tanta pazzia in corpo, non lo
comprendeva e voleva quindi farci luce.
Anche se in quel preciso
momento, si trovavano in una camera isolata e semibuia del castello
di Las Noches. Una sorta di sala degli interrogatori provvisoria,
spoglia e priva di mobilio alcuno, prima che si decidesse che uso
farne.
Immobile come una statua,
con le braccia incrociate dietro la schiena e fermo come un soldato
di guardia, Tesla sembrava pronto a ricevere una frustata
anziché
una semplice domanda.
E questo, fece sospirare
di noia Shiffer in modo interiore.
“Che cosa stavate
facendo li dentro?”
Ancora quella domanda
scontata che si perdeva nel piccolo eco della stanza, e ancora un
altro lungo silenzio prima della risposta del ragazzo. Che sembrava
tardare come indeciso sulla risposta da dare, o divorato dal rimorso.
Un attimo prima di far
uscire le parole tutte d'un fiato, il Cuarto Espada non potè
non
notare il lieve mordersi il labbro superiore del ragazzo, e
l'evidente gesto di deglutizione.
Nonostante il suo occhio
fermo a guardare il vuoto da bravo soldato.
“Stavamo giocando a
scacchi, signore”
Ancora balle che
giungevano alle sue orecchie. Ancora un piccolo brivido di
irritazione che gli sfiorò appena l'anima.
Ulquiorra
detestava la spazzatura bugiarda.
Quel ragazzo stava negando
l'evidenza dei fatti, ed era quasi sicuro che lo zampino del suo sire
c'entrava un poco. Doveva averlo istigato lui per forza di cose.
Si, doveva essere così
per forza. Quell'Arrancar aveva atteggiamenti squallidi e per lui
totalmente inspiegabili. Sembrava quasi che alle volte plagiasse la
testa degli individui più deboli tipo l'individuo che aveva
dinnanzi.
“Giocando a scacchi...”
Ripeté lui con la solita
flemma.
Quasi come a fargli
comunicare un presunto scetticismo che poteva, nella voce di
Ulquiorra, anche trasformarsi in strafottenza e derisione.
Sempre e comunque a modo
suo.
“Esattamente signore”
Il giovane rimase fermo di
voce e comportamento, nonostante l'Espada sapesse alla perfezione che
quel giovane Arrancar, stava trattenendo dentro di se una forte
tensione.
Seccante e stupido, ma non
poteva pretendere di più da della spazzatura simile.
E pensare che in parte era colpa sua.
Da circa una settimana, la
donna che corrispondeva al nome di Inoue Orihime, soggiornava come
loro ospite all'interno del castello.
Stranamente, sia Ulquiorra
che Aizen sama, si sarebbero aspettati che gli amici di tale femmina,
sarebbero arrivati il prima possibile a salvarla, ma i casi
evidentemente erano due.
O si stavano preparando
ben bene per venire a riprendersela, oppure l'avevano ormai
etichettata come traditrice.
Tipico della spazzatura
comportarsi così. Intanto tuttavia, nonostante la femmina
ostentasse
una maschera fiduciosa e severa, gli era chiaro a lui e a tutti gli
altri che stesse fingendo.
Che perdesse fiducia in
tutto questo era ovvio, e il fatto di non possedere distrazioni
concrete in quella lunga permanenza forzata, le stava dando sui
nervi.
Diventando sempre più
indisposta alle conversazioni spicce del Cuarto Espada.
Fu in quel periodo
tuttavia, che la Quinta Espada si era interessato dell'ospite e dei
suoi lunghi e noiosi pomeriggi.
Ulquiorra aveva già
sospettato che a Nnoitra ronzasse qualcosa in testa dopo una loro
prima chiacchierata, ma che arrivasse ad attuarla concretamente non
ci aveva pensato. Il sospetto comunque c'era, e per questo tanto
sorpreso alla fine non lo fu.
Piuttosto, si sorprese che
avesse mandato la propria Fracctiòn in mezzo e non lui
stesso.
Rendendolo alquanto sospettoso.
“Vorresti negare un
po' di svago a due ragazzi, Ulquiorra?!”
Testuali parole lo
lasciarono in silenzio per diversi minuti, di fronte al sorriso di
Nnoitra che invece di scomparire, si allungava a dismisura.
Ma dato che Aizen sama
alla fine non aveva negato a nessuno l'accesso alle stanze della
femmina, e del trattamento che avrebbe ricevuto dato che l'unico
ordine era che rimanesse in vita, acconsentì che si attuasse
quella
stranezza.
Ma ad una condizione
personale, avrebbe tenuto d'occhio Tesla durante le sue visite che
non dovevano superare mediamente un ora precisa di orologio.
E il giovane Arrancar
accettò in silenzio la condizione da buon soldato. Incurante
di un
fin troppo evidente sorriso complice del proprio sire.
Per circa una settimana, i
due ragazzi avevano giocato regolarmente a scacchi scambiandosi poche
parole che non fossero quasi tutte legate al gioco stesso.
Il primo giorno, la
giovane Fracctiòn di Nnoitra aveva quasi speso il suo tempo
ad
insegnare alla femmina l'antico gioco di strategia.
Muovendo le sue pedine
d'onice in direzioni prestabilite, e facendo altrettanto con quelle
d'avorio di lei. Su quella preziosa scacchiera in legno intagliato,
Ulquiorra aveva calcolato decine e decine di mosse e strategie
possibili. E quei due decisamente, risultavano prevedibili nei
movimenti e nelle scelte di di manovrare le pedine.
Ad ogni modo comunque,
poté constatare come quei giorni per la femmina fossero
decisamente
più “passabili” degli altri.
Nonostante la diffidenza
iniziale e la perplessità, aveva accettato la presenza di
quel nuovo
individuo, e questo sembrava renderla più
“serena” se si poteva
passare il termine.
Ulquiorra era un buon
osservatore, sapeva scrutare le debolezze delle persone che lo
circondavano, esattamente come riusciva ad anticipare le mosse dei
due sulla scacchiera.
Quello che non sapeva
vedere però, erano le cose che stavano oltre quelle mosse
strategiche.
E questa piccola mancanza,
era alla base dell'interrogatorio che fece in seguito ai due.
Perchè sarà vero che lui
per una settimana non aveva mai abbassato la guardia, ma era anche
vero che certi avvenimenti potevano scatenarsi anche in pochi minuti
scarsi.
All'ottavo giorno, si era
dovuto scostare da quella partita silenziosa quasi subito, a causa di
un colloquio immediato alla sala dei grandi dieci.
Non vi era sospetto alcuno
che macinava nella sua mente, e gli ordini comunque, andavano
eseguiti. Ma non si aspettava di tornare dopo due ore interminabili e
di notare un quadro insolito rispetto tutti gli altri giorni. Una di
queste stranezze, era il fatto che Tesla – nonostante fossero
passate ben due ore oltre gli ordini – era ancora li in
stanza.
L'altra era nell'ambiente circostante.
Normalmente i due
impiegavano le loro partite sul piccolo tavolo presente nella stanza.
Tanto che l'ordine delle pedine e della scacchiera preziosa su quel
tavolo, lo conosceva alla perfezione.
Ma quando entrò, notò
che l'ordine delle cose in quel piccolo mondo, erano state stravolte.
La preziosa scacchiera non
era più messa centralmente il tavolo così come
l'aveva vista
l'ultima volta, ma era spostata di lato. Verso il bordo del tavolo
sospesa nel vuoto quasi per metà.
Idem le pedine preziose,
alcune sparse in terra altre cadute sul ripiano, anziché
disposte
ordinatamente sulla superficie lustra e dai colori monocromi.
E i due sfidanti, i due
giocatori silenziosi, erano per un misterioso motivo seduti sul
grande e candido divano presente in stanza non lontano da quel
tavolo.
I suoi occhi verdi si
indirizzarono lenti e apparentemente apatici verso quelle due figure
inspiegabilmente silenziose.
Avvicinandosi con placidi
passi, iniziò ad avvertire una strana tensione nell'aria.
Era successo qualcosa di
strano durante la sua assenza, qualcosa che percepiva nel disordine,
e nell'odore dell'aria che si faceva più viziata
mentre si
avvicinava ai due.
Qualcosa che aveva portato
i due dai semplici sgabelli del tavolo, al comodo canapè.
Analizzò quindi con cura
l'ambiente circostante e gli individui in apparenza tranquilli e
silenziosi. Che cosa da catalogare alle stranezze rinvenute, c'era
anche il fatto che una volta entrato nessuno dei due aveva reagito.
Continuando a fissare un punto imprecisato nel tappeto arabo
finemente lavorato, dalla trama rossa che si incorporava nelle
decorazioni ocra e blu, fino a formare inquietanti motivi floreali.
Si sarebbe aspettato
quantomeno che la giovane Fracctiòn reagisse sul momento.
Che si
alzasse in piedi sull'attenti invece di guardare con sguardo vuoto il
pavimento e ciò che era presente in esso.
Ci volle quasi mezzo
minuto affinché Tesla si accorgesse della presenza
Dell'Espada
prossimo ai due, indirizzando lo sguardo verso le due ametiste verdi
di Ulquiorra.
Svegliandosi quasi, da un
lungo sonno tormentato. Scattando in piedi trattenendo nel petto un
sospiro dovuto allo sforzo e mormorando un
“signore” udibile
giusto da chi lo circondava.
Come se fosse stato
beccato in flagranza di reato, a questo dettaglio Shiffer ci fece
caso.
Non si arrabbiò per la
tardività del saluto militare da parte del suo simile, dato
che
comunque stava cercando di capire il motivo di tanto silenzio.
Persino la femmina umana,
sembrava indifferente alla sua entrata di scena. Guardava verso il
basso osservandosi attenta i calzari, e le mani che, più che
tormentare la stoffa della gonna, sembravano sistemare
le
pieghe sgualcite.
Volutamente ignorò la
presenza di Ulquiorra, come se all'improvviso fosse diventata ancora
più scomoda degli altri giorni passati. Deviando quello
sguardo
freddo come se l'orgoglio fosse stato appena ferito dalla candida
presenza dell'Espada.
Non battè ciglio, fino a
quando il suo carceriere non espose una domanda ad entrambi. Se poi
avesse avuto il coraggio di guardarlo dritto negli occhi, avrebbe
maledetto lui e tutto il mondo.
“Che cosa è successo
qui?”
Pacato e diretto come al
solito, Ulquiorra fissò intensamente il giovane ragazzo in
cerca di
una reazione che parlasse da sola prima delle parole.
Il corpo esprime bene i
sentimenti che una persona prova, ma spiegare il motivo del
perchè
di tale causa – del perchè nascevano certe cose
– lui non se lo
spiegava.
Quindi in parte capì.
Notò il busto del ragazzo
irrigidirsi e girare appena il capo verso la femmina, mentre ella,
notando quel timido sguardo, distolse la vista verso il pavimento
indirizzandola altrove.
Tesla si morse appena
l'interno del labbro inferiore prima di parlare.
“Stavamo... - tornò con
lo sguardo verso il superiore e acquistò coraggio -
…Stavamo
giovando a scacchi signore”
Chiunque si sarebbe
quantomeno irritato per una simile risposta. Oppure si sarebbe messo
a ridere con gusto per una simile bugia.
L'Espada tuttavia, non
fece nessuna di queste cose, limitandosi a fissare in silenzio
entrambi i due individui, ed elaborare nella propria testa tutte le
soluzioni possibili.
In effetti, non ci impiegò
poi molto a capire cosa fosse realmente successo in
quella
stanza dopo che lui si era allontanato.
Ma era incomprensibile il
modo in cui negassero l'evidenza dei fatti raccontando stupide
menzogne.
Per le meccaniche che
avevano portato i due a raccontare una simile fandonia, lui non
riusciva a spiegarselo con certezza. Poteva solo fare ipotesi sul
cosa avesse scatenato la scena che li aveva portati dalla scacchiera,
al divano più distante.
Dedurre se era stata
semplicemente una mera questione chimica – il termine adatto
per un
Arrancar sarebbe nostalgia – oppure di
sentimenti di
solitudine misti a disperazione nascosta, si rendeva cosa ardua
quando si mentiva per cose così stupide.
Prese quindi, la sua
decisione nell'immediato, ordinando al giovane Tesla di seguirlo, e
lasciando una femmina con sguardo enigmatico in volto.
Notò comunque, le
continue – ma velate – occhiate del ragazzo a lei.
In un misto di
preoccupazione e disagio sicuro. Un comportamento patetico che faceva
sembrare ancor più infantili le bugie sugli scacchi.
Ed infine l'interrogatorio
in una stanza a parte.
Con Nnoitra che attento
fuori dalla stanza, quasi avesse fiutato aria di guai, se la rideva
in silenzio divertito da tutto quel piccolo trambusto. Compiaciuto
sicuramente dall'impresa del suo servo, era dannatamente ovvio
che lui c'entrava qualcosa in tutto questo.
Ma nulla era in confronto
ai sentimenti di disgusto che Ulquiorra provava per quell'ostentata e
falsa sicurezza.
Osservare come quel
soldatino se ne rimanesse sull'attenti nonostante fosse sottoposto a
quello sguardo distaccato e poco incline alla pietà. Che
attento e
analitico, aveva analizzato la sua giovane figura in tutti i suoi
dettagli.
Gli venne persino da
dirgli “hai un bottone della giacca fuori posto” ma
decise
comunque di lasciar perdere. Quella giacca era solo apparentemente
sistemata bene.
Quello sguardo era solo
apparentemente severo e distaccato.
Un atteggiamento così
infantile che gli venne da sospirare dal profondo per la noia sincera
che provava. Ma come avrebbe poi aggiunto in modo fin troppo
abbondante la Quinta Espada dopo quell'interrogatorio:
“Dopotutto sono
ragazzi”.
Pessima battuta, come
giustificazione alle menzogne ricevute. Il tutto scandito con il
più
perfido dei sorrisi, mentre compiaciuto lanciava un'ultima occhiata
di scorcio ad un Ulquiorra impassibile, nell'atto di riprendersi il
ragazzo una volta terminato quell'inutile interrogatorio.
Se Tesla non aveva
rilasciato informazioni decenti, allora forse la femmina avrebbe
saputo fare di meglio.
In parte non poteva in
qualche modo non fargliene una colpa. Perchè un essere umano
era
così fragile emotivamente, che era una cosa disgustosa
doversene
spiegare le motivazioni.
Lasciando quindi quella
stanza vuota e semibuia utilizzata in precedenza come stanza degli
interrogatori, dopo aver visto i due Arrancar sparire in silenzio
sotto il suo sguardo fermo e demotivato.
Quesiti senza risposta gli
tormentavano con irritazione il cervello mentre nel silenzio di quel
lungo e buio corridoio, attraversava la via che doveva condurlo al
secondo individuo da analizzare.
Poteva benissimo sfruttare
il sonido per raggiungere la stanza dove era rinchiusa la femmina, ma
si concesse una lunga camminata per riflettere.
Una stanza dove da una
settimana, attendeva – invano – che amici fiduciosi
l'andassero a
salvare.
Erano mera spazzatura, e
lei confidava in loro per aver salva la vita. Semplicemente pazzesco.
Una volta raggiunta la
meta, non fu sorpreso di varcare la porta e di trovare ora tutto
l'ambiente in ordine e pulito.
Niente pedine sul
pavimento, niente sottane sgualcite, niente che lasciasse intendere
che lì gli scacchi, erano stati l'ultima distrazione che si
erano
effettivamente concessi.
La donna era li.
In piedi al centro della
stanza, intenta ad osservare un cielo vuoto e nero che si estendeva
oltre le sbarre della sua prigione lussuosa. Dandogli le spalle in
apparenza indifferente alla sua entrata.
Neppure la luna che di
norma era presente nei cieli di quel purgatorio senza dio, sembrava
voler capitolare da oltre i muri per mostrarsi in quella finestrella
troppo lontana e troppo piccola.
Una metafora perfetta di
un qualcosa di troppo lontano da raggiungere e capire.
Ulquiorra si chiuse le
porte alle spalle facendo il meno rumore possibile. Facendo scattare
la serratura con un lieve rumore, che in teoria, avrebbe dovuto
essere udibile solo a lui.
Lei a prescindere lo
sentì. E forse aveva avvertito la sua scomoda presenza
già nel
corridoio.
La sua risposta quindi, fu
come una picca che velenosa gli trapassò il petto.
“Vuoi una risposta
Ulquiorra?!”
In quella voce femminile
di norma remissiva e poco udibile, non sembrava esserci spazio per le
titubanze.
Non vi era spazio per i
chiarimenti, ne tanto per la pazienza di sentirlo parlare e
concedergli risposte alle sue inutili domande.
Complice una smisurata
disperazione e solitudine, che quasi sicuramente la stava divorando
dentro.
“Beh mi spiace, ma non
ci sono spiegazioni!”
Si volta verso di lui
scandendo ancora parole piccate.
Scandendo ogni sillaba con
irritata verità, di chi ormai non temeva più
quello sguardo freddo,
arrivando persino ad osteggiarlo con il proprio fatto di un argento
che, con il passare del tempo, si stava spegnendo ormai preda di
false speranze.
Per una volta stranamente,
Ulquiorra non se la sentì di replicare.
Non se la sentì di
deriderla per quel suo sciocco comportamento, e non se la senti
neppure di porgerle quella consueta domanda.
Il motivo forse era
rinchiuso in quella dannata ostinatezza, che gli stava letteralmente
ribaltando lo stomaco.
Per questo forse, prese
l'unica decisione saggia che poté prendere nell'immediato.
“Capisco”
Si disse quasi rivolto più
ai propri pensieri e alla loro risoluzione parziale, che alla femmina
in se.
Voltandosi infine, dandole
così le spalle a quegli occhi ormai induriti dalla
prigionia, e
lasciandola definitivamente sola per quel giorno particolare.