Cosa canta il soldato, soldatino
Dondolando dondolando gli scarponi…
(Mercanti di Liquore)
Tutti
fermi.
Mi
trovo nella prima fila. Dietro di me, altri novanta.
Siamo
vestiti tutti uguali: caschetto che copre quasi gli occhi, divisa da guerra e
pantaloni militari, guanti in pelle, stivali contro le
intemperie, fucile leggero.
Però qualcosa, sotto di noi, impedisce di muoverci.
Qualcosa
di freddo, inossidabile, duro.
Sempre
nella stessa posizione: gomito destro piegato verso il basso,
mano sinistra alta per reggere la canna del fucile, occhi che fissano il
vuoto, faccia seriosa. Qualcuno è anche piegato, con il sinistro alzato e la
gamba destra a terra, e con gli occhi fissa il mirino:
sono i cecchini.
La
fanteria leggera è sempre la prima a muoversi in battaglia. Noi poveri
soldatini di plastica non abbiamo il dono del movimento, ma c’è qualcosa che
ogni tanto ci alza e ci fa cambiare postazione. Che
cosa sia di preciso non lo so, ma so di certo che ci alza, ci fa muovere, ci fa
cadere, ci fa combattere.
Noi
la chiamiamo “La Cosa”.
Dietro
la fanteria leggera di solito ci sono due schieramenti: cavalleria e fanteria
pesante. I nostri cavalli hanno tutti una zampa anteriore alzata,
e il muso diagonale rivolto verso il basso. I carro armati
hanno i cingolati che si muovono davvero, ed emettono un leggero scricchiolio
ogni volta. Il loro cannone non spara, ma a noi ci fa lo
stesso paura. Li invidio, almeno loro possono muoversi
quasi autonomamente.
La
Cosa non pensa ai sentimenti di noi poveri soldatini di plastica della fanteria leggera. Non avete idea di quanto faccia male perdere i propri fratelli, vederli cadere
schiacciati sotto i carro armati, o sbranati da mostri, dinosauri, o animali che
la Cosa ci manda contro. Il fatto strano è che ogni volta li ritrovo sempre
affianco a me, pronti per una nuova battaglia.
Non
è proprio un bene.
Li
perdo più e più volte, e soffro ripetutamente il dolore per la perdita dei miei
amici.
Le
battaglie le perdiamo. La Cosa non ci fa mai vincere.
Mai.
Combattiamo
contro tutto e contro tutti. Non posso dire con
coraggio, siccome non ci muoviamo da nessuna parte e non facciamo nulla. Non respiriamo
nemmeno.
E’
la Cosa che ci comanda.
Siamo
assoggettati da questo essere superiore, che fa di noi ciò che vuole.
Ho
pianto parecchie volte. Ho visto i miei compagni, amici, morire per mano di
qualcosa di superiore. Anch’io sono morto, sotto un
carro, ucciso dalla fanteria nemica, sbranato da strani animali. Poi diventa
tutto buio, ed ecco che in un attimo sono di nuovo sul campo di battaglia,
nella prima fila della fanteria leggera.
A
quale scopo questa tortura continua?
Perché la Cosa ci fa continuamente combattere e continuamente
soffrire?
Si
pensa che ci vuol vedere morire per i suoi scopi. Quali siano
non lo so, ma di certo richiedono un sacco di morti prima di soddisfarli.
Spero
che prima o poi le battaglie finiscano, e che noi
piccoli soldatini di plastica potremmo finalmente vivere in pace.
Ora
sono qui, davanti ad un’altra schiera di soldatini di plastica colorati di rosso.
La
Cosa ne sposta uno verso di me.
Punta
il suo fucile sul mio collo.
La
Cosa mi fa cadere a terra.
Una
volta come tante, mi fa cadere e mi fa morire, per
terra, ucciso da un soldatino ignoto.
Ma
questa volta è diverso.
Vedo
la Cosa, sopra di me.
Mi
guarda.
Spero
di aver soddisfatto il suo volere.
Piccola storiella, narrata dal punto di vista di un
soldatino di plastica. Chi non ha mai giocato con i soldatini, facendoli
morire contro altri soldatini o contro strani mostri? Ma qualcuno si è mai chiesto se questi soldatini provassero
dolore, se pensassero qualcosa di noi che li facciamo morire, se ci chiamano in
qualche modo?
Penso ci sia molto da riflettere.
Nemo.