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Autore: Gondolin    01/12/2009    2 recensioni
Saya si considera solo uno strumento di morte. Un'arma. Un mostro da abbattere, alla fine, al pari degli altri.
Hagi invece la pensa in modo un po' diverso. Perché lui vede la bellezza dietro la ferocia. La sua Saya.
Would you love a monsterman?
Could you understand beauty of the beast?
Genere: Romantico, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pairing: Hagi/Saya
Rating: PG
Conteggio parole: triple drabble (337, per la precisone)
Note: partecipa alla fase 3 del Dolcetto o Scherzetto @ fanfic_italia
Anche stavolta il titolo è dei Lordi, Woluld You Love A Monsterman. Un grazie va ad Aphrodite dei Pesci (aka Kijomi) che mi ha fatto conoscere questa canzone.


Could You Understand Beauty Of The Beast?



A lei non importava nulla della bellezza. L'unico motivo per cui viveva era morire. Sterminare tutti i suoi simili e poi morire.
Ma Hagi, che a Saya importasse o meno, la trovava bellissima. Erano state poche le volte in cui aveva avuto l'occasione di dirglielo, sempre assediati dalla fretta o dalla paura. La paura di non farcela, la paura che gli umani avevano di loro, quella paura assurda eppure ben giustificata. Loro li proteggevano dai chirotteri, è vero. Ma chi li proteggeva da Saya? E se c'era una cosa che lei, la cacciatrice, temeva era proprio perdere il controllo. Eppure alle volte spingersi fino al limite della coscienza era l'unica soluzione.

Ad Hagi non piaceva combattere. Non gli piaceva per molti motivi: uno di questi era che non beveva quasi mai sangue, e dunque era debole, troppo debole per affrontare i mostri che erano ormai diventati il suo destino, sin da quando un’inconsapevole Saya l’aveva privato della mortalità. Hagi non era nato per essere un guerriero, lo era diventato per forza di cose. A lui piacevano la musica, la vita tranquilla... Essere buttato giù dal letto nel cuore della notte dalla sensazione di un chirottero in avvicinamento, vagare da una città all’altra come anime in pena -era proprio il caso di dirlo- solo per trovare altro sangue, altra morte, altra paura… Non era questo ciò che egli avrebbe voluto, neanche per Saya. Lei avrebbe meritati tutt’altro.

Ma alla fine, si era abituato. Aveva persino iniziato a vedere una certa triste bellezza nella katana che portava nella custodia del violoncello, e persino nel viso di Saya contratto dalla rabbia e dalla concentrazione dello scontro. Perché in effetti qualcosa di magnetico c’era nel vederla danzare alla primordiale musica delle strida dei morenti, nel vederla muoversi come un’arma. Lei non era solo quello, solo quello che il Red Shield vedeva in lei, né solo quello che lei vedeva in se stessa. C’era molto di più, ma in qualche modo Hagi aveva imparato ad amare anche la belva sanguinaria e letale.
  
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