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Autore: Ily Briarroot    03/12/2009    6 recensioni
Fanfiction basata sul passato di Ash e dei suoi genitori, costretti ad avere a che fare con il Team Rocket. E non saranno gli unici. Ringrazio ancora una volta Ila!
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Ash, Misty
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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All That I'm Living For

 
Spalancò piano la porta di casa, lanciando un’occhiata fugace in ogni angolo del salotto, all’interno. Vi entrò lentamente, cercando di non fare rumore. Ogni oggetto, ogni minimo dettaglio riposto lì dentro lo facevano sentire tutto d’un tratto bene.
“Sono tornato!” esclamò in modo che la propria voce echeggiasse in ogni stanza. Non dovette aspettare molto; un bambino dai capelli corvini gli corse incontro, saltandogli quasi in braccio.
“Papà!”.
Ridacchiò entusiasta, allungando le braccia nel tentativo di farsi sollevare da quelle del padre.
“Ciao, piccolo. Dov’è la mamma?”.
Non fece in tempo a chiederglielo, però, perché vide la figura di una giovane donna dai capell castani apparire sulla soglia della cucina, fissandolo a braccia incrociate.
“Ciao, Delia”.
Le sorrise dolcemente, percependo qualcosa di strano nell’aria, nel suo sguardo. Sentì il figlio strattonargli leggermente il lembo della manica senza rinunciare all’idea di salirgli in braccio. E lo accontentò. Lo sollevò di scatto, suscitando le risa del piccolo.
“Contento adesso?” gli chiese, sorridendogli finchè non lo vide annuire entusiasta. Si rivolse poi alla moglie, notando di nuovo il suo sguardo fisso e serio.
“Allora… è pronto? Ho una fame… “ ridacchiò contagiato dall’allegra risata del figlio, massaggiandosi lo stomaco con la mano. Notò lo sguardo accigliato di Delia divenire di nuovo improvvisamente duro, senza distogliere lo sguardo dagli occhi scuri di lui. Dopo qualche secondo, si voltò di spalle procedendo dritta verso la cucina, lasciandolo di stucco.
“E’ già tutto in tavola da una decina di minuti. Sbrigati o si congela” rispose con voce fredda, lasciando che la dolcezza e la bontà che l’avevano sempre caratterizzata scomparissero del tutto, in quel momento.
E neanche lui la riconobbe. Sgranò gli occhi, seguendola velocemente. Scostò una sedia, facendovi poggiare sopra il bambino che aveva ancora stretto tra le braccia, e la raggiunse ai fornelli, guardandola di schiena.
“Ehi, si può sapere che ti prende?” le chiese ingenuamente, osservandola mentre serviva i piatti.
“Niente, non è il momento”.
La vide sedersi e la imitò, portandosi alle labbra il primo boccone della cena ormai fredda. Scrutò ogni suo movimento, ogni espressione del viso, non riconoscendo la donna che aveva davanti.
“Ehi, papà. Hai catturato dei pokèmon forti, oggi?”.
I suoi pensieri furono interrotti dalla voce sottile e piena di gioia che aveva di fianco. Si voltò verso di lui, fingendosi pensieroso.
“Uhm… a dire il vero—“.
“Papà non ha catturato nessun pokèmon oggi. Non è ancora partito, lo sai” lo interruppe Delia, lanciando al marito un’occhiata eloquente.
I grandi occhi neri del piccolo si spalancarono ancora di più, mostrando l’espressione ingenua che, molte volte, appariva sul viso del padre.
“Ma porterà anche me quando ripartirà, vero?”.
“Certo. Viaggeremo io e te, e diventeremo i migliori maestri di pokèmon del Mondo. Sei d’accordo, Ash?”.
Voltò di nuovo lo sguardo verso di lui e, per l’ennesima volta, gli parve di rivedere se stesso da bambino. Gli stessi capelli neri, e gli occhi scuri e profondi. E la voglia di chi ha tanto da imparare e da offrire.
Ash scosse la testa, leggermente imbronciato.
“Tu sei già un maestro di pokèmon, non vale!”.
Sorrise, e persino Delia non potè fare a meno di imitarlo.

“Dormi, piccolo”.
Gli baciò la fronte, rimboccandogli le coperte.
“Papà… ?”.
Sgranò gli occhi, credendo che stesse dormendo. Accennò un sorriso, guardandolo. Aveva gli occhi chiusi, e pensò che probabilmente era uno dei suoi soliti dormiveglia. Anche in quello aveva preso da lui.
“Sì, Ash?”.
“… Ti voglio bene”.
“Te ne voglio anch’io. Fai la nanna”.
Aspettò che il suo respiro si fece regolare, dopodiché si alzò dal lettino e spense la luce, uscendo dalla stanza. Lanciò un’altra occhiata piena d’affetto al figlio, e si chiuse la porta alle spalle, scendendo le scale.
Lei lo stava aspettando al piano di sotto, a braccia incrociate come poco tempo prima.
“Allora?” chiese, nascondendo un po’ della durezza che a malapena riusciva a trattenere.
“Si è addormentato”.
Sospirò, fermandosi davanti a lei. La scrutò nelle iridi scure, cercando una qualche spiegazione nei suoi gesti.
“Dove sei stato?”.
La domanda lo colse totalmente impreparato. Continuò a specchiarsi nei suoi occhi finchè non si rese conto che lei aveva ragione. Aveva bisogno di una spiegazione, una spiegazione che non si sentiva di volerle dare, in quel momento.
“… Dove vuoi che sia stato?”.
Delia gli si avvicinò decisa e lui arretrò istintivamente, non potendo sfuggire al suo sguardo pieno di sofferenza, più che di rabbia.
“Sono settimane che torni così tardi senza neanche darmi un motivo, senza… neppure avvisarmi! Ash ti aspetta ogni pomeriggio e tu non fai altro che sparire e riapparire a quest’ora! Ha solo cinque anni e vorrebbe passare più tempo con suo padre!”.
Quelle parole lo lasciarono spiazzato per qualche attimo. Lesse qualcosa di molto simile al dolore nei suoi occhi, qualcosa per cui si sarebbe volentieri buttato da qualche parte, se ne avesse avuto l’occasione. Non avrebbe mai voluto ferirla.
“Ti spiegherò tutto più avanti, davvero. Adesso… non è il momento…”.
Abbassò leggermente lo sguardo, sentendo quello di lei puntato addosso. Sperò con tutto il cuore che lei avesse compreso, che avrebbe lasciato perdere, almeno per il momento. Nonostante ciò significasse vederla soffrire.
“Cos’è che mi stai tenendo nascosto? Cos’è che non puoi dirmi?!”.
Non le rispose, cercando di concentrarsi su qualcos’altro che non fossero il suo volto, nonostante fosse difficile.
“Ho capito, hai… hai un’altra. Che sciocca, come ho fatto a non pensarci prima… ?”.
La vide scuotere lentamente la testa e allontanarsi piano da lui, scostandosi le lunghe trecce dagli occhi.
“No, Delia, hai capito male! Per favore, ascoltami… “.
“Non voglio ascoltare! Non più… “.
E si allontanò da lui, da quella situazione che la logorava pian piano, dal suo sguardo che era così identico a quello di suo figlio. Lo lasciò da solo, senza riuscire a trattenere le lacrime che lottavano per scivolarle sulle guance.
  
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