Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
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Autore: Minako_86    04/12/2009    4 recensioni
[...]C'era Joe, ovunque Joe. Soltanto Joe.
Non sapevo nemmeno se fosse possibile... sentire un'altra persona a quel modo.[...]
Nuova shot sperimentale, tutta per Joe.
Genere: Romantico, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ok, stavolta è proprio qualcosa di nuovo.

Un'idea malsana, nata in uno dei lunghi viaggi in autobus che mi portano da casa all'università e viceversa. Ci ho ponderato, mi sono buttata e devo dire ho concluso questo esperimento in poco tempo. Stupefacente, considerando che è più o meno una vita che non provo la "prima persona"...

 

A me fa più o meno orrore, qualcuno dice che non è così e ci si commuove pure.<3

In ogni caso ormai siamo qui, perciò niente ripensamenti.(Tanto perchè qualcuno non si incarti coi piani temporali: La parte in stampatello normale è la scena "presente", il corsivo nero è un flashback e il corsivo grigio è un "flashback nel flashback". Spero si capisca!x3)


 

A Joe. con tanto amore. Amore, sì.  Perchè, in questo caso, è giusto così.

 

 

 

~ Collide


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The dawn is breaking,
a light shining through...
You're barely waking
and I'm tangled up in you.

 

 

 

Pioveva.

 

Mi svegliai col rumore della pioggia nelle orecchie ed un insolito, morbido peso all'altezza dello stomaco.

 

Arricciai il naso, tirandomi l'orlo del piumone fin quasi sopra la testa per non dover avere a che fare con il freddo del mondo làffuori. Non ancora. E provai a muovermi nel groviglio delle lenzuola, prima di potermi accorgere che non ci sarei riuscita in nessun caso. Era come quando il mio gatto decideva di acciambellarmisi sulla schiena, inchiodandomi contro il cuscino fresco di bucato... solo senza il rassicurante, ritmico mormorio delle fusa di Bottiglia. Piuttosto un soffio leggero, che mi scombinava appena i capelli sulla fronte. Aprii gli occhi alla luce di un'alba insolitamente lattiginosa. Un debole raggio di sole si era spinto oltre le tende, spesse e grigie come le nuvole che quel giorno correvano sopra New York. Infiltrandosi furbescamente nella piccola stanza da letto, quasi apposta... Per disegnare il profilo di chi - realizzai con un leggero sussulto - mi stava dormendo accanto.

 

E mi accorsi, prima ancora di poter mettere a fuoco altro, che ero io quella acciambellata. Letteralmente raggomitolata fra un paio di braccia lunghe e abbastanza forti da placare i miei movimenti. Proprio come un gatto, sì.

 

- Mhmf'iao... - Borbottò lui.

 

Arrossii, mentre si districava fra qualche altra buffa parola impastata.

 

 E trattenni appena il fiato, rimanendo come sospesa fra due attimi, mentre la sua mano bollente mi scivolava veloce lungo la schiena e affondava nel groviglio dei miei ricci freschi di sonno. Poi lo sentii sorridere.        

 

 

I'm open, you're closed.
I'll follow, you'll go.
I worry I won't see your face
light up again...

 

 

-Buonaseraaa...! -

 

Mi voltai giusto in tempo per vedere il suo sorriso sornione affacciarsi oltre la porta dello studio . Continuai a far correre le t-shirt lungo il tubo di metallo lucido, senza prestargli troppa attenzione.

Anna, invece, abbandonò la manica che stava appuntando. Si alzò, salutandolo giocosamente da sotto la sua corta frangia color rame. Li osservai abbracciarsi, di sottecchi, mentre una polo bianca cadeva sul pavimento.

 

- I tuoi fratelli sono passati di qui ore fa, tu dov'eri, signor Appuntamento-Mancato? - Scherzò la mia sartina, saltellandogli intorno. Era un piccolo vulcano di ventisei anni, quella ragazza.

 

- Impegni pressanti. - Glissò. - Piuttosto, è pronta la mia giacca? - Me lo ritrovai accanto, mentre afferravo l'ultima gruccia libera rimasta. Arrossii un poco, squadrandolo dal basso all'alto.

  

- Non era per la diretta di domani? - Chiesi, sostando un ciuffo di capelli dalla fronte. - E comunque "ciao", eh. - Soffiai, leggermente brusca.

 

- Quel "buonasera" era anche per te. - Si imbronciò. - In ogni caso, ciao Mar...! - Spalancai gli occhi, strizzando l'incolpevole ometto mentre le sue labbra soffiavano il mio nome contro la mia pelle ed accarezzavano la mia tempia con un bacio.

 

- Ruffiano. - Mormorai, senza neppure guardarlo. Schiaffandogli in mano il suo nuovo doppiopetto blu e la cravatta di lucida seta coordinata. - Mettitelo e fai vedere ad Anna se gli orli sono a posto... Poi puoi anche portare via tutto. - Raccolsi la polo dal pavimento e scrollandola la rimisi al suo posto.

 

Mi azzardai a studiarlo di nuovo solamente quando fu in piedi al centro della stanza, in bilico su di uno sbilenco sgabellino di pvc verde acido. La sua espressione divertita riflessa nel grande specchio di prova, mentre Anna gli ripiegava il colletto nel modo giusto e sparava una delle sue irresistibili, inimitabili battutine.

 

- Vogliamo metterci in tiro per stasera, eh, rubacuori? - Li sentii ridere insieme. - Devi portare Camilla in qualche bel locale elegante per fare colpo? - Mi irrigidii e capii che lui  doveva aver fatto lo stesso, sentendone il nome.

 

- No. - Sussurrò, sforzandosi di non crollare. - L'unico cuore che ruberò stasera è quello della mia meravigliosa mamma...! - Ci scambiammo un'occhiata eloquente e veloce, prima che il suo sorriso svanisse completamente, provocandomi una dolorosissima fitta allo stomaco. - E' il suo compleanno, la portiamo fuori a cena. -  

 

 

 
Even the best fall down, sometimes.
Even the wrong words seem to rhyme.
Out of the doubt that fills my mind,
I somehow find you and I collide.

 

 

Guardai l'orologio, cercando inutilmente di distinguere la posizione delle lancette nel buio pesto del pianerottolo.

Qualunque ora fosse, era comunque, decisamente troppo tardi. Per rincasare, per mettere a punto una cena anche solo vagamente decente, per preparare i nuovi schizzi... Per tutto.

 

Tuffai una mano nella borsa, scrollando silenziosamente il suo contenuto, fin quando le mie dita riconobbero un paio dei troppi scooby-doo agganciati alle mie chiavi di casa. Non feci in tempo ad allungarle verso la toppa: qualcosa attirò magneticamente la mia attenzione, costringendomi a guardare da un'altra parte.

Lasciai cadere la tracolla e le chiavi sul pavimento freddo, con un chiasso che avrebbe potuto tranquillamente svegliare Chiara e Nick, addormentati profondamente al di là della porta. Totalmente incurante. Mi inginocchiai davanti al primo gradino dell'ampia scala che portava al piano superiore, trattenendo il fiato nella semioscurità che andava via via facendosi meno confusa... Riconobbi le assurde scarpe di vernice bianca, i pantaloni dal taglio sportivo e la giacca sbottonata con quelle particolari rifiniture rosse.

 

 A contrasto. Proprio come la sua figura elegante con quello scenario spoglio.

 

- Joe... - Inclinai appena il capo, cercando di sbirciare oltre la mano nervosamente premuta sugli occhi. Rimase perfettamente immobile.

 

- Mi tradiva. - Sibilò, scostandosi i riccioli dalla fronte con un gesto stizzito. - Da... - Sorrise, disperato. - Non so...! Saranno tre mesi. Mentre io progettavo di comprare una casa per noi, andando contro anche a mio padre... Lei si rotolava sotto le lenzuola di quel tizio! - Alzò lo sguardo, puntandomi addosso due occhi in spasmodica ricerca di risposte.

 

Ed io mi sentii, morire. Come se le piastrelle sbeccate sotto le mie ginocchia si fossero scomposte e avessero creato una immensa voragine. Mi appoggiai del tutto sulle  gambe, mordendomi il labbro e senza sapere assolutamente cosa dirgli.

 

Ogni parola sembrava troppo... o troppo poco.

 

La verità è che erano - per l'appunto - mesi, che giravano sul web foto di lei per mano ad un altro. E che Joe era l'unico a non avere mai voluto vederle davvero.

 

- Quante volte se lo sarà scopato? - Ringhiò, cattivo. - Quante volte si sarà presa quello che io non potevo darle? - Scrollò le spalle, sospirando amaramente.

 

- Joe. - Ripetei, incapace di articolare qualunque altro suono.

 

- Me lo meritavo? - Incalzò, sporgendosi pericolosamente in avanti. Cercò un qualche appiglio nei miei occhi sgranati, ma io non riuscii a far altro che scuotere la testa, incredula.

 

In un momento del genere qualunque cosa sarebbe sembrata sbagliata, fuori posto. Cosa fosse o non fosse da me fare, onestamente, non mi passò nemmeno per l'anticamera del cervello. Lo abbracciai, senza neppure la certezza di saperlo fare nel modo giusto. Strinsi le sue spalle larghe con le mie braccia sottili, puntando le ginocchia contro lo spigolo del gradino per colmare completamente gli ultimi millimetri di  distanza.                

 

- Quella puttana...!  -  Soffiai, sollevando una mano ad accarezzare i suoi ricci spettinati.

 

- Ehi.  - Sussultò lui, grazie a Dio molto meno infastidito di quanto avrei pensato. Arrossii contro la sua guancia, mentre le sue dita fredde si infilavano sotto il mio giubbotto di jeans, arricciandolo ai fianchi.

 

- Ti ha spezzato il cuore. - Continuai, aumentando appena la stretta, per quanto sentissi la stoffa rigida della giacca già in tensione contro la spalla. - Quella grandissima stronza ha osato troppo. E no, Joe. Non te lo meritavi. - Mi inumidii le labbra, soffocando il bruciore che - lo sapevo bene - preludeva alle lacrime.

 

- Che ne so, magari è una sorta di punizione divina per qualcosa che ho fatto. - Replicò, trattenendo appena il fiato. - Per come ho lasciato Taylor... Credendo di aver trovato l'amore. - Rabbrividii.

 

Il suo naso mi sfiorò dolcemente il collo, con tutta l'ingenuità dovuta al caso, mentre lui nascondeva la guancia umida nella mia kefiah color zafferano. Sentii il suo singhiozzo scendermi spedito fra un respiro ed il successivo battito.

 

Diretto come una pugnalata.

 

Credevo l'avrei strappata, quella giacca, da tanto forte la strattonai per abbracciarlo il più intensamente possibile. Lui mi fermò al volo, prima che le ginocchia sdrucciolassero sul bordo umido dello scalino.

 

Finimmo a letto ad un orario del tutto improbabile, quella notte. Nel mio letto - assurdamente stretto per due persone - abbracciati e vestiti così come eravamo... Fu la prima volta in assoluto che dormii insieme a Joe.

 

Ci portammo dietro, per giorni, un bel mal di schiena e una macchia del mio eye-liner sciolto sulla sua t-shirt nuova.

 

 

      
I'm quiet, you know.
You make a first impression.
I've found I'm scared to know
I'm always on your mind.

 

 

 

Strappai bruscamente il filo di nylon, rischiando di graffiarmi il labbro.

 

Cucire un bottone non mi era mai stato un problema, neppure durante i lunghi anni di studi. Forse, allora ero più imbranata. E comunque non avevo gli occhi color zucchero bruciato di Joe Jonas puntati addosso.

Lo percepivo distintamente - seduto all'indiana sul pavimento di legno - scannerizzare ogni mio minimo movimento con le sue iridi perforanti. Appuntai l'ago al maglione e sollevai la giacca, scrutandola con attenzione. Mi ci nascosi quasi dietro, cogliendo quell'opportunità.

 

C'era ancora qualcosa che non mi convinceva del tutto. Una sensazione.

 

Cercai Anna con lo sguardo, giusto in tempo per vederla saltellare alle sue spalle. Gli scompigliò i riccioli, con quella sua disarmante naturalezza e una breve, cristallina risata. Troppo contagiosa.

 

- Niente romantici tète-a-tetè, allora. - Sorrise, arricciando appena le labbra. - Non hai paura di rovinarti la media? - Lui alzò le spalle con fare sforzatamente noncurante.

 

- Sono Joe Jonas, recupererò in un batter d'occhio. E comunque c'è sempre qualcuno che mi garantisce di non precipitare ai piedi della classifica. - Ghignò, nella mia direzione.

 

- A-ah. - Abbozzai, reprimendo un piccolo moto di stizza. Strizzai impercettibilmente gli occhi in quello che voleva essere un cauto avvertimento. Era terreno minato, quello in cui si stava addentrando. A suo totale discapito.

 

- La nostra stylist non si smentisce. - Gli diede dietro Anna, inginocchiandosi alle mie spalle per valutare le ultime impunture della giacca. - Single compulsiva...! - Divertita, tirò appena una manica nella sua direzione.

 

- Con ventiquattro anni di onorata, imbattibile carriera alle spalle. - La sua risata chiassosa finì quasi completamente soffocata dal cotone rigido del doppiopetto. Glielo lanciai rabbiosamente addosso, prima di alzarmi e buttare alla cieca anche lo scatolino degli spilli.

 

Si infranse al suolo con un chiasso deliziosamente assordante.

 

Scappai, spalancando la porta con il solo, tacito desiderio che mi seguisse.

E' una sensazione orribilmente assurda, probabilmente da provare più che da capire: avevo il cuore in gola, non per lo sforzo di scattare sul pavimento lucido. Per l'ansia spasmodica con cui aspettavo di sentire la sua voce chiamare il mio nome... o la sua mano, da qualche parte a contatto con me. Stupida. E da stupida arrivai appena a metà corridoio.

 

- Mar... - Mi bloccai, lasciando le sue dita bollenti attorno al mio polso. Come per avere la conferma che fosse lì.

 

- Cosa, ancora?! - Soffiai, osservando l'estremità dell'ingresso rimasta in penombra. Appariva tutto come una macchia informe, sotto un velo di lacrime. E di vergogna.

 

- Scusami. - Mormorò, salendo lungo il mio braccio in una lenta, morbida carezza.

 

- No, scusami tu, se non sono all'altezza di voi fidanzati seriali...! - Soffocai una risata amara.

 

- Era solo una battuta. - Abbozzò. - Una, me ne rendo conto, stupidissima battuta. - Mi voltai di scatto, con una rapidità e una leggerezza che mi fu quasi impossibile riconoscermi, a posteriori.

 

- Perdonami, eh, se non ho il vostro stesso senso dell'humor...! - Sbottai, stizzita. - Se quello che a voi pare divertente, io lo trovo solo molto umiliante. -

 

Esattamente come l'essere capace di piangere solamente per rabbia. Ed il farlo sempre nei momenti peggiori.

 

- . Io non ho mai avuto nessuno. - Lo incalzai, continuando a buttar fuori tutta la frustrazione in cui lui ed Anna erano riusciti ad annegarmi in appena una manciata di minuti. - Lo sto ancora aspettando, quello giusto...! Lascia che mi illuda in pa- -

 

La parete liscia entrò in collisione con la mia schiena ad una velocità impressionante. Sentii lo schiocco della molletta di plastica con cui avevo raccolto i capelli contro le mattonelle sbeccate e poi, improvvisamente, le sue labbra sulle mie. Decise, quasi prepotenti... E dolci. Incredibilmente dolci. Proprio come il miele che a me piaceva tanto.    

 



( Don't stop here... I lost my place.
I'm close behind. )

 

 

- Ma... - Esalai, quando decise di rendermi il fiato. - Dopo Taylor, Camilla... io? - Sembrava assurdo perfino dirlo.

 

- Tu. - Mormorò, regalandomi lo sguardo più incredibile che gli avessi mai visto. - E dimmi, tu le sai queste cose, Mar... Ti merito? -

 

- Come...? - Sentii la gola improvvisamente secca e le parole spegnersi, senza più un briciolo di forza. - Sei impazzito. -

 

- Forse. - Ghignò, premendomi appena il palmo aperto contro la guancia.

 

- Sono io a non meritarti, Joe. - Sbuffai, stringendo i denti. - Per essermi impedita di guardarti davvero. Lo sapevo che ci sarei cascata immediatamente, se solo mi fossi concessa di pensare a te. - Arrossii all'inverosimile, nel soffiargli contro quella confessione. - Mi piaci. E avevo paura di sbattere contro qualcosa di più grande di me... Ce l'ho anche ora, tanta. Perchè, onestamente, quante puoi averne di migliori? -

 

Il secondo bacio arrivò inaspettato. Perfino più del primo.

Più lento, più lungo, più profondo... Anche il brivido caldo che mi si arrampicò lungo la schiena come una ragnatela. Sospirai sulle sue labbra disegnate, rendendomi improvvisamente conto di quanto intensamente desiderato fosse, quel contatto. C'era Joe, ovunque Joe. Soltanto Joe.

 

Non sapevo nemmeno se fosse possibile...  sentire un'altra persona a quel modo.

 

- Nessuna. - Rispose ad occhi chiusi. Allontanandosi appena quando il mio viso bollente fu saldo fra le sue mani. Solo allora spalancò di nuovo quelle pozze di ambra liquida. - Proprio nessuna. -

 

Puntandomele addosso come un'arma letale, appena fu certo che non avrei più, mai più, voluto sfuggirgli.

 

 


Even the best fall down sometimes
Even the wrong words seem to rhyme
Out of the doubt that fills my mind
I finally find you and I collide

 

 

- Joe. -

 

- Cosa? - Sorrise ancora, di più, accarezzando con gli occhi la mia espressione confusa. Poi strofinò piano il naso contro il mio. Mi spinsi contro di lui, stringendolo sotto le coperte.

 

- Stiamo insieme...? - Presi a mordermi il labbro appena dopo averlo detto, come se fossi inconsciamente certa di aver fatto una domanda tanto idiota, da risultare allucinante.

 

 - L'ho detto alla mia famiglia. - Soffiò, facendosi serio. - Ieri, subito. Mentre mia madre apriva i suoi regali... - Portai una mano alle labbra, premendocela sopra.

 

Se Denise sapeva di me, era tutto, tutto dannatamente vero.

 

Era rimasto con me fino all'ora di chiusura dello studio, avevo praticamente dovuto costringerlo ad andare dai suoi. E me l'ero ritrovato davanti alla porta, dopo la cena. Impaziente come un bambino e a mezzanotte spaccata, come nelle fiabe.

C'era stata una serie infinita di baci sul pianerottolo freddo, il sorriso di Chiara, Nick che saliva di corsa le scale e ci spingeva a rientrare in casa... Poi la mia camera ed il solito letto troppo piccolo per chiunque, tranne noi due.

 

Avevamo imparato subito a dormirci addosso. Letteralmente.

 

Vicini al punto che ci sarebbe bastato poco più che lo spazio di una sola persona. Ora che conoscevo il suo calore, sapevo anche che non sarei mai riuscita ad addormentarmi così, al fianco di qualcuno che non fosse Joe. Lasciai correre le dita fra i suoi capelli, corti e spettinati, mentre mi sussurrava all'orecchio l'unica richiesta.

 

- Amami. - Semplicemente. "Stiamo insieme, amami".

 

Tanto dolce da essere disarmante. Annuii piano. Realizzando che quello giusto l'avevo appena trovato.

 

 


I finally find you and I collide.
(Collide - Howie Day)

  
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