Ok, stavolta è proprio
qualcosa di nuovo.
Un'idea malsana, nata
in uno dei lunghi viaggi in autobus che mi portano da casa all'università e
viceversa. Ci ho ponderato, mi sono buttata e devo dire ho concluso questo
esperimento in poco tempo. Stupefacente, considerando che è più o meno una vita
che non provo la "prima persona"...
A me fa più o meno
orrore, qualcuno dice che non è così e ci si commuove pure.<3
In ogni caso ormai
siamo qui, perciò niente ripensamenti.(Tanto perchè qualcuno non si incarti coi piani temporali: La parte in stampatello normale è la scena "presente", il corsivo nero è un flashback e il corsivo grigio è un "flashback nel flashback". Spero si capisca!x3)
A Joe. con tanto amore.
Amore, sì. Perchè,
in questo caso, è giusto così.
The dawn is breaking,
a light shining through...
You're barely waking
and I'm tangled up in you.
Pioveva.
Mi
svegliai col rumore della pioggia nelle orecchie ed un insolito, morbido peso
all'altezza dello stomaco.
Arricciai
il naso, tirandomi l'orlo del piumone fin quasi sopra la testa per non dover
avere a che fare con il freddo del mondo làffuori. Non ancora. E provai a
muovermi nel groviglio delle lenzuola, prima di potermi accorgere che non ci
sarei riuscita in nessun caso. Era come quando il mio gatto decideva di acciambellarmisi sulla schiena, inchiodandomi contro il
cuscino fresco di bucato... solo senza il rassicurante, ritmico mormorio delle
fusa di Bottiglia. Piuttosto un
soffio leggero, che mi scombinava appena i capelli sulla fronte. Aprii gli
occhi alla luce di un'alba insolitamente lattiginosa. Un debole raggio di sole
si era spinto oltre le tende, spesse e grigie come le nuvole che quel giorno
correvano sopra New York. Infiltrandosi furbescamente nella piccola stanza da
letto, quasi apposta... Per disegnare il profilo di chi - realizzai con un leggero sussulto - mi stava dormendo
accanto.
E
mi accorsi, prima ancora di poter mettere a fuoco altro, che ero io quella acciambellata. Letteralmente
raggomitolata fra un paio di braccia lunghe e abbastanza forti da placare i
miei movimenti. Proprio come un gatto, sì.
- Mhmf'iao... - Borbottò
lui.
Arrossii,
mentre si districava fra qualche altra buffa parola impastata.
E trattenni appena il fiato, rimanendo come
sospesa fra due attimi, mentre la sua mano bollente mi scivolava veloce lungo
la schiena e affondava nel groviglio dei miei ricci freschi di sonno. Poi lo sentii sorridere.
I'm open, you're closed.
I'll follow, you'll go.
I worry I won't see your face
light up again...
-Buonaseraaa...! -
Mi voltai giusto in tempo per vedere
il suo sorriso sornione affacciarsi oltre la porta dello studio . Continuai a
far correre le t-shirt lungo il tubo di metallo lucido, senza prestargli troppa
attenzione.
Anna, invece, abbandonò la manica che
stava appuntando. Si alzò, salutandolo giocosamente da sotto la sua corta
frangia color rame. Li osservai abbracciarsi, di sottecchi, mentre una polo
bianca cadeva sul pavimento.
- I tuoi fratelli sono passati di qui
ore fa, tu dov'eri, signor Appuntamento-Mancato? - Scherzò la mia sartina, saltellandogli
intorno. Era un piccolo vulcano di ventisei anni, quella ragazza.
- Impegni pressanti. - Glissò. - Piuttosto,
è pronta la mia giacca? - Me lo ritrovai accanto, mentre afferravo l'ultima
gruccia libera rimasta. Arrossii un poco, squadrandolo dal basso all'alto.
- Non era per la diretta di domani? -
Chiesi, sostando un ciuffo di capelli dalla fronte. - E comunque
"ciao", eh. - Soffiai, leggermente brusca.
- Quel "buonasera" era
anche per te. - Si imbronciò. - In ogni caso, ciao Mar...! - Spalancai gli
occhi, strizzando l'incolpevole ometto mentre le sue labbra soffiavano il mio nome contro la mia pelle ed accarezzavano la mia
tempia con un bacio.
- Ruffiano. - Mormorai, senza neppure
guardarlo. Schiaffandogli in mano il suo nuovo doppiopetto blu e la cravatta di
lucida seta coordinata. - Mettitelo e fai vedere ad Anna se gli orli sono a
posto... Poi puoi anche portare via tutto. - Raccolsi la polo dal pavimento e
scrollandola la rimisi al suo posto.
Mi azzardai a studiarlo di nuovo
solamente quando fu in piedi al centro della stanza, in bilico su di uno sbilenco
sgabellino di pvc verde
acido. La sua espressione divertita riflessa nel grande specchio di prova,
mentre Anna gli ripiegava il colletto nel modo giusto e sparava una delle sue
irresistibili, inimitabili battutine.
- Vogliamo metterci in tiro per stasera,
eh, rubacuori? - Li sentii ridere insieme. - Devi portare
Camilla in qualche bel locale
elegante per fare colpo? - Mi irrigidii e capii che lui doveva aver fatto lo stesso, sentendone il
nome.
- No. - Sussurrò, sforzandosi di non
crollare. - L'unico cuore che ruberò stasera è quello della mia meravigliosa
mamma...! - Ci scambiammo un'occhiata eloquente e veloce, prima che il suo
sorriso svanisse completamente, provocandomi una dolorosissima fitta allo
stomaco. - E' il suo compleanno, la portiamo fuori a cena. -
Even the best fall down, sometimes.
Even the wrong words seem to rhyme.
Out of the doubt that fills my mind,
I somehow find you and I collide.
Guardai l'orologio, cercando inutilmente di distinguere la posizione
delle lancette nel buio pesto del pianerottolo.
Qualunque ora fosse, era comunque, decisamente troppo tardi.
Per rincasare, per mettere a punto una cena anche solo vagamente decente, per
preparare i nuovi schizzi... Per tutto.
Tuffai una mano nella borsa, scrollando silenziosamente il
suo contenuto, fin quando le mie dita riconobbero un paio dei troppi scooby-doo agganciati alle mie chiavi di casa. Non feci in
tempo ad allungarle verso la toppa: qualcosa attirò magneticamente la mia
attenzione, costringendomi a guardare da un'altra parte.
Lasciai cadere la tracolla e le chiavi sul pavimento freddo,
con un chiasso che avrebbe potuto tranquillamente svegliare Chiara e Nick,
addormentati profondamente al di là della porta. Totalmente incurante. Mi
inginocchiai davanti al primo gradino dell'ampia scala che portava al piano
superiore, trattenendo il fiato nella semioscurità che andava via via facendosi meno confusa... Riconobbi le assurde scarpe
di vernice bianca, i pantaloni dal taglio sportivo e la giacca sbottonata con
quelle particolari rifiniture rosse.
A contrasto. Proprio come la sua figura elegante con
quello scenario spoglio.
- Joe... - Inclinai appena il capo, cercando di sbirciare
oltre la mano nervosamente premuta sugli occhi. Rimase perfettamente immobile.
- Mi tradiva. - Sibilò, scostandosi i riccioli dalla fronte
con un gesto stizzito. - Da... - Sorrise, disperato. - Non so...! Saranno tre
mesi. Mentre io progettavo di comprare una casa per noi, andando contro anche a
mio padre... Lei si rotolava sotto le lenzuola di quel tizio! - Alzò lo
sguardo, puntandomi addosso due occhi in spasmodica ricerca di risposte.
Ed io mi sentii, morire. Come se le piastrelle sbeccate
sotto le mie ginocchia si fossero scomposte e avessero creato una immensa
voragine. Mi appoggiai del tutto sulle gambe, mordendomi il labbro e senza sapere
assolutamente cosa dirgli.
Ogni parola sembrava troppo... o troppo poco.
La verità è che erano - per l'appunto - mesi, che giravano
sul web foto di lei per mano ad un altro. E che Joe era l'unico a non avere mai
voluto vederle davvero.
- Quante volte se lo sarà scopato? - Ringhiò, cattivo. -
Quante volte si sarà presa quello che io non potevo darle? - Scrollò le spalle,
sospirando amaramente.
- Joe. - Ripetei, incapace di articolare qualunque altro
suono.
- Me lo meritavo? - Incalzò, sporgendosi pericolosamente in
avanti. Cercò un qualche appiglio nei miei occhi sgranati, ma io non riuscii a
far altro che scuotere la testa, incredula.
In un momento del genere qualunque cosa sarebbe sembrata
sbagliata, fuori posto. Cosa fosse o non fosse da me fare, onestamente, non mi
passò nemmeno per l'anticamera del cervello. Lo abbracciai, senza neppure la
certezza di saperlo fare nel modo giusto. Strinsi le sue spalle larghe con le
mie braccia sottili, puntando le ginocchia contro lo spigolo del gradino per
colmare completamente gli ultimi millimetri di distanza.
- Quella puttana...! - Soffiai, sollevando una mano ad accarezzare i
suoi ricci spettinati.
- Ehi. - Sussultò
lui, grazie a Dio molto meno infastidito di quanto avrei pensato. Arrossii contro
la sua guancia, mentre le sue dita fredde si infilavano sotto il mio giubbotto
di jeans, arricciandolo ai fianchi.
- Ti ha spezzato il cuore. - Continuai, aumentando appena la
stretta, per quanto sentissi la stoffa rigida della giacca già in tensione
contro la spalla. - Quella grandissima stronza ha osato troppo. E no, Joe. Non te
lo meritavi. - Mi inumidii le labbra, soffocando il bruciore che - lo sapevo bene
- preludeva alle lacrime.
- Che ne so, magari è una sorta di punizione divina per
qualcosa che ho fatto. - Replicò, trattenendo appena il fiato. - Per come ho
lasciato Taylor... Credendo di aver trovato l'amore. - Rabbrividii.
Il suo naso mi sfiorò dolcemente il collo, con tutta
l'ingenuità dovuta al caso, mentre lui nascondeva la guancia umida nella mia
kefiah color zafferano. Sentii il suo singhiozzo scendermi spedito fra un
respiro ed il successivo battito.
Diretto come una pugnalata.
Credevo l'avrei strappata, quella giacca, da tanto forte la
strattonai per abbracciarlo il più intensamente possibile. Lui mi fermò al
volo, prima che le ginocchia sdrucciolassero sul bordo umido dello scalino.
Finimmo a letto ad un orario del tutto improbabile, quella
notte. Nel mio letto - assurdamente stretto per due persone - abbracciati e vestiti
così come eravamo... Fu la prima volta in assoluto che dormii insieme a Joe.
Ci portammo dietro, per giorni, un bel mal di schiena e una
macchia del mio eye-liner sciolto sulla sua t-shirt nuova.
I'm quiet, you know.
You make a first impression.
I've found I'm scared to know
I'm always on your mind.
Strappai bruscamente il filo di nylon,
rischiando di graffiarmi il labbro.
Cucire un bottone non mi era mai
stato un problema, neppure durante i lunghi anni di studi. Forse, allora ero
più imbranata. E comunque non avevo gli occhi color zucchero bruciato di Joe
Jonas puntati addosso.
Lo percepivo distintamente - seduto
all'indiana sul pavimento di legno - scannerizzare ogni mio minimo movimento
con le sue iridi perforanti. Appuntai l'ago al maglione e sollevai la giacca,
scrutandola con attenzione. Mi ci nascosi quasi dietro, cogliendo
quell'opportunità.
C'era ancora qualcosa che non mi
convinceva del tutto. Una sensazione.
Cercai Anna con lo sguardo, giusto in
tempo per vederla saltellare alle sue spalle. Gli scompigliò i riccioli, con
quella sua disarmante naturalezza e una breve, cristallina risata. Troppo
contagiosa.
- Niente romantici tète-a-tetè, allora. - Sorrise, arricciando
appena le labbra. - Non hai paura di rovinarti la media? - Lui alzò le spalle
con fare sforzatamente noncurante.
- Sono Joe Jonas, recupererò in un
batter d'occhio. E comunque c'è sempre qualcuno che mi garantisce di non precipitare ai
piedi della classifica. - Ghignò, nella mia direzione.
- A-ah. - Abbozzai, reprimendo un
piccolo moto di stizza. Strizzai impercettibilmente gli occhi in quello che
voleva essere un cauto avvertimento. Era terreno minato, quello in cui si stava
addentrando. A suo totale discapito.
- La nostra stylist non si smentisce. - Gli diede dietro
Anna, inginocchiandosi alle mie spalle per valutare le ultime impunture della
giacca. - Single compulsiva...! - Divertita, tirò appena una manica nella sua
direzione.
- Con ventiquattro anni di onorata,
imbattibile carriera alle spalle. - La sua risata chiassosa finì quasi
completamente soffocata dal cotone rigido del doppiopetto. Glielo lanciai
rabbiosamente addosso, prima di alzarmi e buttare alla cieca anche lo scatolino
degli spilli.
Si infranse al suolo con un chiasso
deliziosamente assordante.
Scappai, spalancando la porta con il
solo, tacito desiderio che mi seguisse.
E' una sensazione orribilmente assurda,
probabilmente da provare
più che da capire: avevo il cuore in gola, non per lo sforzo di scattare sul
pavimento lucido. Per l'ansia spasmodica con cui aspettavo di sentire la sua
voce chiamare il mio nome... o la sua mano, da qualche parte a contatto con me.
Stupida. E da stupida arrivai appena a
metà corridoio.
- Mar... - Mi bloccai, lasciando le
sue dita bollenti attorno al mio polso. Come per avere la conferma che fosse
lì.
- Cosa, ancora?! - Soffiai, osservando
l'estremità dell'ingresso rimasta in penombra. Appariva tutto come una macchia
informe, sotto un velo di lacrime. E di vergogna.
- Scusami. - Mormorò, salendo lungo
il mio braccio in una lenta, morbida carezza.
- No, scusami tu, se non sono
all'altezza di voi fidanzati seriali...! - Soffocai una risata amara.
- Era solo una battuta. - Abbozzò. -
Una, me ne rendo conto, stupidissima battuta. - Mi voltai di scatto, con una
rapidità e una leggerezza che mi fu quasi impossibile riconoscermi, a
posteriori.
- Perdonami, eh, se non ho il vostro
stesso senso dell'humor...! - Sbottai, stizzita. - Se
quello che a voi pare divertente, io lo trovo solo molto umiliante. -
Esattamente come l'essere capace di
piangere solamente per rabbia. Ed il farlo sempre nei momenti peggiori.
- Sì. Io non ho mai avuto nessuno. - Lo
incalzai, continuando a buttar fuori tutta la frustrazione in cui lui ed Anna
erano riusciti ad annegarmi in appena una manciata di minuti. - Lo sto ancora
aspettando, quello giusto...! Lascia che mi illuda in pa-
-
La parete liscia entrò in collisione
con la mia schiena ad una velocità impressionante. Sentii lo schiocco della
molletta di plastica con cui avevo raccolto i capelli contro le mattonelle
sbeccate e poi, improvvisamente, le sue labbra sulle mie. Decise, quasi prepotenti...
E dolci. Incredibilmente dolci. Proprio come il
miele che a me piaceva tanto.
( Don't stop here... I lost my place. I'm close behind. )
- Ma... - Esalai, quando decise di
rendermi il fiato. - Dopo Taylor, Camilla... io? - Sembrava assurdo perfino
dirlo.
- Tu. - Mormorò, regalandomi lo
sguardo più incredibile che gli avessi mai visto. - E dimmi, tu le sai queste
cose, Mar... Ti merito? -
- Come...? - Sentii la gola
improvvisamente secca e le parole spegnersi, senza più un briciolo di forza. -
Sei impazzito. -
- Forse. - Ghignò, premendomi appena
il palmo aperto contro la guancia.
- Sono io a non meritarti, Joe. - Sbuffai,
stringendo i denti. - Per essermi impedita di guardarti davvero. Lo sapevo che ci sarei cascata
immediatamente, se solo mi fossi concessa di pensare a te. - Arrossii
all'inverosimile, nel soffiargli contro quella confessione. - Mi piaci. E avevo
paura di sbattere contro qualcosa di più grande di me... Ce l'ho anche ora,
tanta. Perchè, onestamente, quante puoi averne di
migliori? -
Il secondo bacio arrivò inaspettato. Perfino
più del primo.
Più lento, più lungo, più profondo...
Anche il brivido caldo che mi si arrampicò lungo la schiena come una ragnatela.
Sospirai sulle sue labbra disegnate, rendendomi improvvisamente conto di quanto
intensamente desiderato fosse, quel contatto. C'era Joe, ovunque Joe. Soltanto
Joe.
Non sapevo nemmeno se fosse possibile...
sentire un'altra persona a quel modo.
- Nessuna. - Rispose ad occhi chiusi.
Allontanandosi appena quando il mio viso bollente fu saldo fra le sue mani.
Solo allora spalancò di nuovo quelle pozze di ambra liquida. - Proprio nessuna.
-
Puntandomele addosso come un'arma
letale, appena fu certo che non avrei più, mai più, voluto sfuggirgli.
Even the best fall down sometimes
Even the wrong words seem to rhyme
Out of the doubt that fills my mind
I finally find you and I collide
-
Joe. -
-
Cosa? - Sorrise ancora, di più, accarezzando con gli occhi la mia espressione
confusa. Poi strofinò piano il naso contro il mio. Mi spinsi contro di lui,
stringendolo sotto le coperte.
- Stiamo insieme...? - Presi a mordermi il
labbro appena dopo averlo detto, come se fossi inconsciamente certa di aver fatto
una domanda tanto idiota, da risultare allucinante.
- L'ho detto alla mia famiglia. - Soffiò, facendosi
serio. - Ieri, subito. Mentre mia
madre apriva i suoi regali... - Portai una mano alle labbra, premendocela sopra.
Se
Denise sapeva di me, era tutto, tutto dannatamente vero.
Era
rimasto con me fino all'ora di chiusura dello studio, avevo praticamente dovuto
costringerlo ad andare dai suoi. E me l'ero ritrovato davanti alla porta, dopo
la cena. Impaziente come un bambino e a mezzanotte spaccata, come nelle fiabe.
C'era
stata una serie infinita di baci sul pianerottolo freddo, il sorriso di Chiara,
Nick che saliva di corsa le scale e ci spingeva a rientrare in casa... Poi la
mia camera ed il solito letto troppo piccolo per chiunque, tranne noi due.
Avevamo
imparato subito a dormirci addosso.
Letteralmente.
Vicini
al punto che ci sarebbe bastato poco più che lo spazio di una sola persona. Ora
che conoscevo il suo calore, sapevo anche
che non sarei mai riuscita ad addormentarmi così,
al fianco di qualcuno che non fosse Joe. Lasciai correre le dita fra i suoi
capelli, corti e spettinati, mentre mi sussurrava all'orecchio l'unica richiesta.
- Amami. - Semplicemente. "Stiamo
insieme, amami".
Tanto
dolce da essere disarmante. Annuii piano. Realizzando che quello giusto l'avevo appena trovato.
I finally find you and I collide.
(Collide - Howie Day)